Marco Gregoretti, giornalista di inchiesta e investigativo. Nel 1998 ha vinto il Premio Saint-Vincent per i suoi servizi sulle Missioni di pace in Somalia scoprendo stupri e torture. Ha collezionato e vinto querele, ha subito strani furti, è stato minacciato, dossierato e controllato per aver cercato di praticare fin dal 1978, quando iniziò, un giornalismo leale, indipendente e rispettoso del lettore.

Un gruppo segreto che agisce dietro le linee dei cortei. Uomini che si mettono nelle ultime file dei manifestanti e tirano pietre, biglie di ferro con la fionda, molotov (ma anche altro) verso la polizia. I poliziotti in divisa, in tenuta antisommossa, non sanno che quei “giovani“ antagonisti sono loro colleghi.

Oggi si mettono la kefia o la sciarpa per coprirsi la faccia, ieri usavano il mefisto. Oggi si vestono di nero, ieri si mascheravano con l’eskimo. Sono loro che hanno ucciso Giorgiana Masi, sono loro che hanno provocato gli incidenti durante il G8 a Genova, nel luglio 2001, sono loro che ieri a Roma hanno dato il via alla guerriglia.

Questo non significa che non esistano le reti internazionali di gruppi violenti organizzati, di “autonomi“ o no global, significa piuttosto che serve qualcuno che inneschi la miccia, per poi spegnere l’incendio con la forza.
Non sempre entrano in azione. Soltanto quando il Ministero degli Interni ritiene che vi siano le congiunture che lo richiedano.
Non hanno alcuna connotazione politica: possono apparire di estrema destra o di estrema sinistra. Loro sono addestrati all’intossicazione della piazza, alla guerriglia urbana e accettano di far parte di questa unità molto particolare perché sono convinti di rendere un servizio di difesa alla democrazia. In linea di massima sono persone molto preparate e in buona fede e non c’entrano nulla con le vicende come quelle genovesi della scuola Diaz o della caserma di Bolzaneto.
La strategia della tensione, per quel che riguarda le manifestazioni di piazza, è stata possibile anche grazie all’esistenza di questo gruppo di agenti che si infiltrava. Da quanto sono riuscito a ricostruire l’ispiratore di questa metodologia fu Francesco Cossiga: quando fu uccisa Giorgiana Masi, 18 anni, era lui il ministro degli interni. E qualcuno diede l’ordine di sparare quel colpo di pistola durante la manifestazione del Partito radicale a favore dell’aborto. Questi uomini ombra usati per i lavori sporchi in ottemperanza alla “ragion di Stato“, non comparivano e non compaiono in nessun elenco ufficiale, in un nessuna delle “burocrazie ministeriali“, anche se hanno le dotazioni d’ordinanza.


Spesso venivano e vengono mandati anche all’estero a supportare le missioni di pace. Nessuno sapeva e sa della loro presenza nel teatro di operazione, pero’ c’erano, aizzavano, sparavano, colpivano e sparivano. Il punto è questo: hanno capito. E non è escluso che il prossimo ordine lo eseguiranno nei confronti di chi gli lo ha dato.

Mentre le piazze “casualmente“ si scaldano, nei giorni in cui il governo vuole rapidamente cambiare le regole del gioco, durante i dibattiti televisivi sulla sacralità della Costituzione, tra i militari aumenta lo scontento. E si torna a parlare esplicitamente di golpe. “Si faccia un giro nelle caserme“ mi dice un sergente in pensione, ma ancora molto attivo e ascoltato perché ha passato quasi tutta la vita in missioni estere “e si renderà conto che a questi ragazzi che vengono mandati nei teatri bellici di mezzo mondo, non viene fornita neanche la seconda mimentica. Se la vogliono se la devono comprare con i propri soldi.
E non mi faccia dire nulla sui loro stipendi. Questa è gente che rischia lavita…. E’ chiaro che si sono rotti le scatole di fare le body guard di un potere marcio“.

Parole pesantissime. Uno sfogo che ho ricevuto all’interno di una struttura ricreativa delle Forze Armate, dove si palpa l’atmosfera di altri tempi. “Qualche cosa faremo. Qualche cosa dovremo fare. Cosi’ non si puo’ andare avanti: c’è troppo disordine, la corruzzione è ovunque. Anche al nostro interno. Bisogna fare pulizia“. Chi mi ha fatto queste confidenze non è l’ultimo arrivato: conosce bene la situazione reale e aspetta solo che qualcuno gli chieda di “rientrare in servizio“.
Ma la notizia piu’ inquietante, che riguarda un episodio di un anno e mezzo fa, mi arriva da una mia fonte “storica“ e riguarda una cena in un ristorante non distante da Messina durante la quale si sarebbe parlato esplicitamente di Colpo di Stato. Sei persone intorno a un tavolo: un Militare (dell’’Arma dei Carabinieri, secondo la mia fonte) detto il “Generale Bracconiere“ perché appassionato di battute di caccia, un personaggio che si faceva chiamare Mimmo , un certo Betté e altre tre persone di cui non mi ha dato alcun riferimento.“Il Generale Bracconiere“ mi ha raccontato “spiegava che era riuscito a rimanere in servizio nonostante la grave malattia cardiaca grazie ad alcuni certificati medici…“.
Ma la preoccupazione del Generale era un’altra, e riguardava il Colpo di Stato :“Al Comando Generale“ avrebbe detto il Generale Bracconiere“ il 50% è favorevole (al Colpo di Stato, ndr), l’altra metà no. Loro ascoltano Noi e Noi ascoltiamo Loro“. In quel frangente l’alto ufficiale avrebbe anche indicato “il trauma“ che avrebbe potuto scatenare la reazione delle Forze armate: la creazione di Eurogendfor, con l’accorpamento di Polizia e Carabinieri.

A rischio secondo la mia fonte ci sarebbe stato anche il Parlamento. In effetti a settembre del 2012 stava per succedere qualche cosa: all’interno del gruppo che su Facebook si faceva chiamare Catena umana, c’erano anche appartenenti alle Forze dell’Ordine.“Potrebbe succedere“ mi dice la fonte“ che i militari entrino nel palazzo, arrestino un po’ di gente, perché, comunque, lo ha detto anche la Consulta che questo Parlamento è fuori legge. E che venga instaurato un regime miitare per due anni per arrivare a nuove elezioni“.
Quelle giornate del settembre 2012 passarono quasi sotto silenzio stampa, ma la brace, come si capisce, ha continuato lentamente a bruciare. E forse quel 50% di contrari oggi si è assottigliato.
