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Nemesis e Nibiru - Una conferma dalla Scienza

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Secondo un recente studio,che fra pochi giorni sarà pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics, Coryn Bailer-Jones, astrofisico all’istituto di astronomia Max Planck di Heidelberg, ha simulato al computer le orbite di oltre 50mila stelle e ha scoperto che c’è una probabilità del 90% che una nana bruna passi nell’orbita della nube di Oort, poco all’esterno del nostro Sistema solare, tra 240mila e 470mila anni.

Ciò rilancia la nostra convinzione dell'esistenza di Nemesis (secondo la Dark Star Theory di Andy Lloyd) intorno alla quale orbita Nibiru, utilizzato dagli Anunnaki per raggiungere il sistema solare e il pianeta di Marte.



Putin... Scacco Matto

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Qual è lo spirito dell’America? La maggior parte degli individui si vanta con orgoglio: “la libertà”. Libertà di che? Quando legate i cuori e le menti degli uomini in vari modi e maniere, questo dà loro libertà di linguaggio? Libertà di venerazione? Libertà dalla povertà?…Quali nazioni quindi ? In Russia arriva la speranza del mondo, non come quella a volte chiamata comunista o bolscevica; no. Ma libertà, libertà ! affinché ogni uomo viva per il prossimo! Il principio è nato. Ci vorranno anni perché si cristallizzi, ma dalla Russia viene di nuovo la speranza del mondo. Guidata da che cosa? Quell’amicizia con la nazione che ha addirittura messo sulla sua attuale unità monetaria “In Dio confidiamo”…Quel principio sta per essere dimenticato – – quando tal cosa è il caso, e quello è il peccato dell’America. Edgar Cayce – lettura 3976-29

Nel 1971, il presidente USA Nixon chiuse la ‘finestra d’oro’. Nel 2014, Putin la riapre, senza chiedere il permesso a Washington. Le conseguenze sono enormi.

Le accuse dell’Occidente a carico di Putin di solito si basano sul fatto che lavorava nel KGB. E dunque è una persona crudele e immorale. Putin è colpevole di tutto, ma nessuno l’ha mai accusato di mancanza d’intelligenza. 

Tutte le accuse contro quest’uomo fanno solo risaltare la sua capacità di pensiero analitico e come rapidamente prenda decisioni politiche ed economiche chiare ed equilibrate. Spesso i media occidentali confrontano questa capacità con l’abilità di un grande maestro che partecipa a partite di scacchi simultanee. 

I recenti sviluppi nell’economia USA e nell’Occidente in generale, ci permettono di concludere che in questo caso la valutazione dei media occidentali della personalità di Putin è assolutamente perfetta. Nonostante le numerose segnalazioni dei successi, nello stile di Fox News e CNN, oggi l’economia occidentale, guidata dagli Stati Uniti, è caduta nella trappola di Putin, la cui via d’uscita non viene vista da nessuno in Occidente. E quanto più l’Occidente cerca di uscire da questa trappola, più ne risulta catturato.

Qual è la vera tragica situazione dell’Occidente e degli Stati Uniti? E perché tutti i media occidentali e i principali economisti occidentali non ne parlano, come fosse un segreto militare ben custodito? Cerchiamo di capire l’essenza degli eventi economici attuali, nel contesto dell’economia, mettendo da parte moralità, etica e geopolitica. 

Dopo aver compreso di aver fallito in Ucraina, l’Occidente, guidato dagli USA si proponeva di distruggere l’economia russa con la riduzione del prezzo del petrolio e del gas quali principali proventi dalle esportazioni del bilancio della Russia e della ricostituzione delle riserve auree russe.

Va notato che il fallimento principale occidentale in Ucraina non è né militare né politico, ma risiede nel rifiuto di Putin di finanziare i piani occidentali per l’Ucraina a carico della Federazione Russa. Ciò rende il piano occidentale irrealizzabile nel prossimo e inevitabile futuro. L’ultima volta, sotto la presidenza Reagan, tale tipo di azioni occidentali volte ad abbassare i prezzi del petrolio ebbe ‘successo’ e portò al crollo dell’URSS. Ma la storia non si ripete sempre. 

Questa volta le cose sono diverse per l’Occidente. La risposta di Putin verso l’Occidente assomiglia agli scacchi e al judo, quando la potenza utilizzata dal nemico viene usata contro di esso ma a costi minimi per la forza e le risorse del difensore. La vera politica di Putin non è pubblica. Pertanto, la politica di Putin in gran parte si concentra non sull’effetto, ma sull’efficienza.

Pochissimi capiscono cosa stia facendo Putin oggi. E quasi nessuno capisce cosa farà in futuro. Non importa quanto strano possa sembrare, ma oggi Putin vende petrolio e gas russi solo in cambio di oro fisico. Putin non lo grida ai quattro venti. E naturalmente accetta ancora il dollaro come mezzo di pagamento, ma cambia immediatamente tutti i dollari ottenuti dalla vendita di petrolio e gas con l’oro fisico! Per capirlo è sufficiente osservare le dinamiche della crescita delle riserve auree della Russia e confrontarle con le entrate in valuta estera della Federazione Russa dovute alla vendita di petrolio e gas nello stesso periodo.

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Inoltre, nel terzo trimestre gli acquisti da parte della Russia di oro fisico sono i più alti di tutti i tempi, a livelli record. Nel terzo trimestre di quest’anno, la Russia aveva acquistato la quantità incredibile di 55 tonnellate di oro. Più delle banche centrali di tutti i Paesi del mondo messi insieme (secondo i dati ufficiali)!

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In totale, le banche centrali di tutti i Paesi del mondo hanno acquistato 93 tonnellate del prezioso metallo nel terzo trimestre del 2014. È stato il 15° trimestre consecutivo di acquisti netti di oro da parte delle banche centrali. 

Delle 93 tonnellate di oro acquistato dalle banche centrali di tutto il mondo, in questo periodo, il più impressionante volume di acquisti – ben 55 tonnellate – appartiene alla Russia. Non molto tempo fa, scienziati britannici giunsero alla stessa conclusione, secondo l’indagine dell’US Geological di pochi anni fa: l’Europa non potrà sopravvivere senza l’offerta energetica proveniente dalla Russia. Tradotto dall’inglese in qualsiasi altra lingua del mondo, questo vuol dire: “Il mondo non riuscirà a sopravvivere se petrolio e gas della Russia sono sottratti dal bilancio globale dell’offerta energetica”.

Così, il mondo occidentale, costruito sull’egemonia del petrodollaro, si trova in una situazione catastrofica non potendo sopravvivere senza petrolio e gas dalla Russia. E la Russia è pronta a vendere petrolio e gas all’Occidente solo in cambio dell’oro fisico! 

La svolta del gioco di Putin è che il meccanismo della vendita di energia russa all’Occidente solo con l’oro funziona indipendentemente dal fatto che l’Occidente sia d’accordo o meno nel pagare petrolio e gas russi con il suo oro tenuto artificialmente a buon mercato. Questo perché la Russia, avendo un flusso regolare di dollari dalla vendita di petrolio e gas, in ogni caso potrà convertirli in oro ai prezzi attuali, depressi con ogni mezzo dall’Occidente. Cioè al prezzo dell’oro, artificialmente e meticolosamente abbassato varie volte da FED e ESF, contro un dollaro dal potere d’acquisto artificialmente gonfiato dalle manipolazioni nel mercato.

Fatto interessante: la compressione dei prezzi dell’oro da parte del dipartimento speciale del governo USA, l’ESF (Exchange Stabilization Fund), per stabilizzare il dollaro, è stata fatta all’interno di una legge degli Stati Uniti. Nel mondo finanziario è accettato come un fatto che l’oro sia un anti-dollaro:

Nel 1971, il presidente statunitense Richard Nixon chiuse la ‘finestra d’oro’, ponendo fine al libero scambio tra dollari e oro, garantito dagli Stati Uniti nel 1944 a Bretton Woods.

Nel 2014, il presidente russo Vladimir Putin ha riaperto la ‘finestra d’oro’, senza chiedere il permesso a Washington.

In questo momento l’Occidente spende gran parte di sforzi e risorse nel comprimere i prezzi di oro e petrolio. In tal modo, da un lato distorce la realtà economica esistente a favore del dollaro statunitense e d’altra parte vuole distruggere l’economia russa che si rifiuta di svolgere il ruolo di vassallo obbediente dell’Occidente. Oggi le risorse come l’oro e il petrolio sono proporzionalmente indebolite ed eccessivamente sottovalutate rispetto al dollaro USA. È una conseguenza dell’enorme sforzo economico sostenuto dall’Occidente. 

E ora Putin vende risorse energetiche russe in cambio di quei dollari artificialmente gonfiati dagli sforzi dell’Occidente, e con cui compra oro artificialmente svalutato rispetto al dollaro USA per effetto degli stessi sforzi occidentali!

putingold4C’è un altro elemento interessante nel gioco di Putin: l’uranio russo. Una lampadina su sei negli USA ne dipende. La Russia lo vende agli Stati Uniti sempre in dollari. Così, in cambio di petrolio, gas e uranio russi, l’occidente paga la Russia in dollari, il cui potere di acquisto è artificialmente gonfiato verso petrolio e oro dagli sforzi occidentali. Ma Putin usa questi dollari solo per ritirare oro fisico dall’Occidente al prezzo denominato in dollari USA e quindi artificialmente abbassato dallo stesso Occidente.

Questa davvero brillante combinazione economica di Putin mette l’Occidente, guidato dagli Stati Uniti, nella posizione del serpente, che divora aggressivamente e diligentemente la propria coda. 

L’idea di questa trappola economica dell’oro tesa all’Occidente, probabilmente non è stata escogitata da Putin in persona. Più probabilmente è stata ideata dal suo consigliere per gli affari economici, il dottor Sergej Glazev. 

In caso contrario, perché mai un burocrate apparentemente non implicato negli affari, come Glazev, insieme a molti uomini d’affari russi, è stato incluso da Washington nella lista dei sanzionati? L’idea dell’economista dottor Glazev è stata brillantemente attuata da Putin, con il pieno appoggio del suo omologo cinese Xi Jinping.

Particolarmente interessante in questo contesto sembra la dichiarazione a novembre della Prima Vicepresidente della Banca centrale della Russia, Ksenia Judaeva, la quale ha sottolineato che la BCR può utilizzare l’oro delle sue riserve per pagare le importazioni, se necessario. È ovvio che date le sanzioni occidentali, tale dichiarazione sia destinata ai Paesi BRICS, e prima di tutto alla Cina. Per la Cina, la volontà della Russia di pagare le merci con l’oro occidentale è molto conveniente. Ed ecco perché:

La Cina ha recentemente annunciato che cesserà di aumentare le riserve auree e valutarie denominate in dollari USA. Considerando il crescente deficit commerciale tra USA e Cina (la differenza attuale è cinque volte a favore della Cina), questa dichiarazione tradotta dal linguaggio finanziario, dice: “La Cina non vende più i suoi prodotti in cambio dei dollari”. 

I media mondiali hanno scelto di non far notare questo storico passaggio monetario. Il problema non è che la Cina si rifiuti letteralmente di vendere i propri prodotti in dollari USA. La Cina, ovviamente, continuerà ad accettare i dollari come mezzo di pagamento intermedio per i propri prodotti.

Ma, appena presi, se ne sbarazzerà immediatamente, sostituendoli con qualcosa di diverso nella struttura delle sue riserve auree e valutarie. In caso contrario, la dichiarazione delle autorità monetarie della Cina non ha senso: “Fermiamo l’aumento delle nostre riserve auree e valutarie denominate in dollari USA”. Cioè, la Cina non acquisterà più titoli del Tesoro degli Stati Uniti con i dollari guadagnati dal commercio mondiale, come ha fatto finora. 

Così, la Cina sostituirà i dollari che riceverà per i suoi prodotti non solo dagli USA ma da tutto il mondo, con qualcos’altro per non aumentare le riserve valutarie in oro denominate in dollari USA. E qui si pone una domanda interessante: con cosa la Cina sostituirà i dollari guadagnati con il commercio? Con quale valuta o bene? L’analisi dell’attuale politica monetaria della Cina dimostra che molto probabilmente i dollari commerciali, o una loro parte sostanziale, la Cina li sostituirà e di fatto li ha già sostituiti, con l’Oro.

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In questo aspetto, il solitario delle relazioni russo-cinesi è un grande successo per Mosca e Pechino. 

La Russia acquista merce direttamente dalla Cina con l’oro al prezzo attuale. Mentre la Cina compra risorse energetiche russe con l’oro al prezzo attuale. In questo festival russo-cinese della vita c’è un posto per ogni cosa: merci cinesi, risorse energetiche russe e oro quale mezzo di pagamento reciproco. Solo il dollaro non vi trova posto. E ciò non sorprende, perché il dollaro USA non è un prodotto cinese, né una risorsa energetica russa. È solo uno strumento finanziario intermedio di liquidazione, un intermediario inutile. Ed è consuetudine escludere gli intermediari inutili dall’interazione di due partner commerciali indipendenti.

Va notato che il mercato globale dell’oro fisico è estremamente ristretto rispetto al mercato mondiale del petrolio. E soprattutto il mercato mondiale dell’oro fisico è microscopico rispetto alla totalità dei mercati mondiali di petrolio, gas, uranio e merci. Si pone l’enfasi sull’espressione “oro fisico” perché in cambio delle sue risorse energetiche fisiche, non di ‘carta’, la Russia adesso ritira oro dall’Occidente, ma solo nella sua forma fisica, non cartacea. Così anche la Cina, acquisendo oro fisico occidentale artificialmente svalutato per pagare prodotti reali inviati all’Occidente.

Le speranze occidentali che Russia e Cina per le loro risorse energetiche e beni accettino in pagamento “shitcoin” o il cosiddetto “oro cartaceo” di vario genere, non si sono concretizzate. Russia e Cina sono interessate solo all’oro, metallo fisico, come mezzo di pagamento finale. Per pronto riferimento: il fatturato del mercato dell’oro cartaceo, i futures sull’oro, è stimato al livello di 360 miliardi di dollari al mese.

Ma le consegne fisiche di oro sono pari solo a 280 milioni di dollari al mese. Il che fa sì che il rapporto tra commercio di oro cartaceo contro oro fisico sia pari a 1000 a 1.

Utilizzando il meccanismo di recesso attivo dal mercato artificialmente ribassato dall’attività finanziaria occidentale (oro) in cambio di un altro artificialmente gonfiato dall’attività finanziaria occidentale (USD), Putin ha così iniziato il conto alla rovescia della fine dell’egemonia mondiale del petrodollaro. In questa maniera, Putin ha messo l’Occidente in una situazione di stallo priva di alcuna prospettiva economica positiva. 

L’Occidente può usare la maggior parte dei suoi sforzi e risorse per aumentare artificialmente il potere d’acquisto del dollaro, nonché ridurre artificialmente i prezzi del petrolio e il potere d’acquisto dell’oro. Il problema dell’Occidente è che le scorte di oro fisico in suo possesso non sono illimitate. Pertanto, più l’Occidente svaluta petrolio e oro contro dollaro statunitense, più velocemente svaluterà l’oro dalle sue non infinite riserve.

In questa combinazione economica brillantemente interpretata da Putin, l’oro fisico dalle riserve occidentali finisce rapidamente in Russia, Cina, Brasile, Kazakhstan e India, Paesi BRICS. Al ritmo attuale di riduzione delle riserve di oro fisico, l’Occidente semplicemente non avrà tempo di fare nulla contro la Russia di Putin, fino al crollo dell’intero mondo del petrodollaro occidentale. Negli scacchi la situazione in cui Putin ha messo l’Occidente, guidato dagli Stati Uniti, si chiama “Zeitnot”. Il mondo occidentale non ha mai affrontato eventi e fenomeni economici come quelli attuali. L’URSS vendette rapidamente oro durante la caduta dei prezzi del petrolio. 

La Russia acquista rapidamente oro durante la caduta dei prezzi del petrolio. In tal modo, la Russia rappresenta una vera minaccia al modello di dominio mondiale basato sul petrodollaro.

Il principio fondamentale del modello mondiale basato sul petrodollaro permette che i Paesi occidentali guidati dagli Stati Uniti vivano a spese del lavoro e delle risorse di altri Paesi e popoli grazie al ruolo della moneta statunitense, dominante nel Sistema Monetario Globale (SMG). Il ruolo del dollaro USA nel SMG consiste nell’essere il mezzo ultimo di pagamento. Ciò significa che la moneta nazionale degli Stati Uniti, nella struttura del SMG, è l’accumulatore finale degli attivi patrimoniali, e scambiarlo con qualsiasi altro bene non avrebbe senso.

Quel che fanno ora i Paesi BRICS, guidati da Russia e Cina, consiste di fatto nel cambiare il ruolo e lo status del dollaro USA nel sistema monetario globale. Da ultimo mezzo di pagamento e accumulazione del patrimonio, la moneta nazionale degli USA, nelle azioni congiunte di Mosca e Pechino viene trasformata in un mero mezzo di pagamento intermedio, destinato solo allo scambio con un’altra attività finanziaria ultima: l’oro. Così, il dollaro USA in realtà perde il ruolo di mezzo ultimo di pagamento e accumulazione degli attivi patrimoniali, cedendo entrambi i ruoli a un altro bene monetario riconosciuto, denazionalizzato e depoliticizzato: l’oro.

Tradizionalmente, l’Occidente utilizza due metodi per eliminare la minaccia all’egemonia mondiale del modello fondato sul petrodollaro e ai conseguenti eccessivi privilegi occidentali. Uno di tali metodi è costituito dalle rivoluzioni colorate. Il secondo metodo, di solito applicato dall’Occidente se il primo fallisce, sono le aggressioni militari e i bombardamenti. 

Ma nel caso della Russia entrambi questi metodi sono impossibili o inaccettabili per l’Occidente. Perché, in primo luogo, la popolazione della Russia, a differenza dei popoli di molti altri Paesi, non ha intenzione di scambiare la propria libertà e il futuro dei propri figli per un piatto di salsicce occidentali. Questo risulta evidente dal sostegno record per Putin, regolarmente pubblicato dalle principali agenzie di sondaggi occidentali.

L’amicizia personale del protetto di Washington Alexej Naval’nyj con il senatore John McCain è stata negativa per lui e per Washington. Dopo aver appreso questo fatto dai media, il 98% della popolazione russa ora vede Naval’nyj solo come un vassallo di Washington e un traditore degli interessi nazionali della Russia. Pertanto i professionisti occidentali, che non hanno ancora perso la testa, non possono sognarsi alcuna rivoluzione colorata in Russia. 

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Sul secondo metodo tradizionale occidentale di aggressione militare diretta, la Russia non è certamente la Jugoslavia, né l’Iraq, né la Libia. In ogni operazione militare non nucleare contro la Russia, sul territorio della Russia, l’Occidente guidato dagli Stati Uniti è destinato alla disfatta. E i generali del Pentagono che esercitano la vera guida delle forze della NATO ne sono consapevoli.

Sarebbe egualmente senza speranza una guerra nucleare contro la Russia, compreso il caso definito dal concetto del cosiddetto “attacco nucleare disarmante preventivo”. La NATO semplicemente non è tecnicamente in grado di infliggere il colpo che disarmerebbe completamente la Russia del potenziale nucleare, in tutti i suoi molteplici aspetti. Un massiccio attacco di rappresaglia nucleare contro il nemico o gruppo di nemici sarebbe inevitabile. E la sua potenza totale sarebbe sufficiente affinché i sopravvissuti invidino i morti. Cioè, una guerra nucleare con un Paese come la Russia non è la soluzione al problema incombente del crollo del mondo del petrodollaro.

Nel migliore dei casi, sarebbe la nota finale e l’ultimo punto dell’esistenza della Storia. Nel peggiore dei casi: un inverno nucleare e la fine della vita sul pianeta, fatta eccezione per i batteri mutati dalle radiazioni. La struttura economica occidentale può vedere e capire l’essenza della situazione. I principali economisti occidentali sono certamente consapevoli di quanto grave e disperata sia la situazione in cui si trova l’Occidente, caduto nella trappola economica d’oro predisposta da Putin. 

Dopo tutto, sin dagli accordi di Bretton Woods conosciamo tutti la Regola Aurea: “Chi ha più oro detta le regole”. Ma in Occidente stanno tutti zitti. Sono silenziosi perché nessuno sa come uscire da tale situazione.

Se si spiegano al pubblico occidentale tutti i dettagli del disastro economico incombente, il pubblico porrà ai sostenitori del mondo basato sul petrodollaro le domande più terribili, che suoneranno così:

Per quanto ancora l’Occidente potrà acquistare petrolio e gas dalla Russia in cambio di oro fisico? E cosa accadrà ai petrodollari USA dopo che l’Occidente esaurirà l’oro fisico per pagare petrolio, gas e uranio russi, così come per pagare le merci cinesi?

Nessuno in Occidente oggi può rispondere a queste semplici domande. E questo si chiama “Scacco matto”, signore e signori. Il gioco è finito.

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo - La lunga mano dei servizi segreti NATO e occidentali

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Una storia di spionaggio, infiltrazioni e consueta cattiva informazione, dietro la quale si nasconde la lunga mano di NATO e servizi segreti occidentali... 

O davvero pensavate che due scapestrate giovani ragazze potessero entrare e circolare in Siria così facilmente?!?

Dal blog di Paolo Franceschetti

Ecco chi sono IN REALTA’ Greta Ramelli e Vanessa Marzullo

Nella foto SOTTO uno dei due soldati siriani della 93.ma Brigata sequestrati dagli islamisti, ovvero dai fidanzatini delle due odalische d’Italia, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, per le quali ci apprestiamo a pagare un salatissimo riscatto. 


Dopo che i terroristi assassinarono il primo soldato, chiesero al secondo di dire che “Lo Stato islamico è eterno”. Invece, prima di essere ucciso con un colpo alla testa, questi ha risposto: “Giuro su Dio che vi annienteremo!”. I soldati siriani sanno che tra il massacro del loro popolo e la distruzione della Siria ci sono solo loro, ma vediamo chi sono invece veramente le nostre due eroine…


Greta Ramelli e Vanessa Marzullo sono le ‘cooperanti’ filo-islamiste scomparse il 1 agosto nella provincia di Aleppo, in Siria, dopo essere state infiltrate dai servizi segreti italiani e turchi in territorio siriano. La Farnesina, ovvero il ministero degli Esteri italiano, al solito sproloquia di “progetti umanitari nel settore sanitario e idrico” seguiti dalle cooperanti. In Siria e in una zona bellica? Le due ‘cooperanti’ operano assieme a Roberto Andervill, dell’IPSIA Varese, ONG delle ACLI, che dopo essersi distinto in Bosnia e Kosovo, dove la presenza islamista è notevole, è divenuto un attivista a favore della “Rivoluzione antigovernativa”.

Con Marzullo e Ramelli ha creato il progetto Horryaty (“per servizi idrici, sanitari e culturali” da sviluppare in Siria, a credergli) e per cui si sono infiltrti nell’area rurale di Idlib dalla Turchia, accompagnati dai terroristi che affliggono la Siria e con l’evidente supporto dei servizi d’intelligence italiani e turchi, (ovvero della NATO). Andervill, a conferma dei sospetti, il 7 agosto ha chiuso la pagina facebook del progetto Horryaty proprio quando due suoi elementi sono ‘scomparsi’.

Strane le affermazioni del soggetto: “E’ lei che ha mandato le due ragazze in Siria? “Assolutamente no. Intanto chiariamo una cosa: Horryaty non è un Organizzazione Governativa o una Onlus. E’ semplicemente un gruppo di tre persone che hanno a cuore un paese e hanno deciso di fare qualcosa per aiutarlo”.” Quindi? Una comitiva per una scampagnata, o qualcos’altro d’incofessabile? Tale presa di distanza suscita solo ulteriori sospetti.

Come si può notare l’IPSIA godeva della fattiva collaborazione dell’Associazione della Comunità Araba Siriana in Italia, una bella congrega di farabutti vicna la PD della quale abbiamo già parlato in altre occasioni su Informare e che ritroveremo più avanti ma proseguiamo con la vicenda delle due vispe terese.

Già in precedenza Vanessa Marzullo aveva compiuto un rapido viaggio nella Siria assediata e martirizzata dagli stessi criminali che l’accompagnavano. Il 6 aprile era a Homs, il 22 a Duma, centinaia di chilometri più a sud, presso Damasco.


Tutto ciò è impossibile senza l’appoggio delle intelligence dei paesi interessati e dei terroristi operanti in Siria: “Come avete fatto a entrare in Siria? Lei era il più esperto del gruppo, è stato a Gaza, in Bosnia. Chi ha trovato in contatti per passare il confine?”

“Certo, non siamo entrati da soli. Ci ha aiutato un gruppo di persone conosciute prima di partire, persone fidate. Abbiamo anche lavorato con altre associazioni italiane come We are Onlus e Rose di Damasco. Siamo sempre stati tutti e tre consapevoli dei rischi che correvamo e ci siamo organizzati in modo da passare il confine solo quando è strettamente necessario. Non siamo degli stupidi”.

Già, Rose di Damasco, sulla relativa pagina facebook si legge: “MATERIALI RACCOLTI VENGONO PORTATI IN SIRIA ATTRAVERSO I NOSTRI AMICI SIRIANI e da SEGRATE CON CONTAINER poi ritirati e distribuiti in Siria da nostri contatti locali. Altre associazioni fidate che si occupano della Siria in Italia: Comunità araba siriana in Italia, We are, Insieme si puo’ fare, Onsur.it, Ossmei, Auxilia italia, il Cuore in Siria (ovvero Time4life), Insieme per la Siria Libera”.


Tutte associazioni promosse dall’universo dell’umaninitarismo pronta cassa cattocomunista: Arci, Acli e pretonzoli vari alla padre Dell’Oglio non mancano; ma qualcuna riesce ad essere anche più inquietante: l’ONG “Il Cuore in Siria è un progetto di solidarietà che nasce da un incontro di cuore fra Claudia Ceniti, milanese, bancaria, Paola Francia, giornalista freelance di Forlì e Pietro Tizzani, funzionario dell’Arma dei Carabinieri con esperienza in Kosovo”, anche qui il Kosovo (e i servizi d’intelligence, cos’altro è un ‘funzionario dei carabinieri’?) fa curriculum per infiltrarsi in Siria, per ‘scopi umanitari’. 

Sempre sulla pagina facebook di Rose di Damasco, si può leggere tale frase inequivocabile: “CONDANNIAMO IL REGIME DI ASSAD E SUOI ALLEATI IRAN E RUSSIA, COMPLICE SILENZIO MONDIALE E LA DISINFORMAZIONE. CHIEDIAMO LA FINE DEL REGIME ASSASSINO, CHIEDIAMO CHE SIA SALVAGUARDATA L’UNITÀ NELLA MOLTEPLICITÀ DEL PAESE E CHIEDIAMO CORRIDOI UMANITARI PER I RIFUGIATI E GLI AIUTI.”

In sostanza Rose di Damasco è un’organizzazione militante che affianca il terrorismo attivo e operativo in Siria, auspicando perfino l’intervento armato diretto della NATO contro la Repubblica Araba Siriana (i cosiddetti ‘corridoi umanitari’).

A fine luglio le notre due eroine Ramelli e Marzullo vengono infiltrate nel governatorato di Aleppo. “Il 30 luglio (Ramelli) ha mandato un messaggio su facebook a una decina di amici, in realtà è la terza volta che si reca in Siria. 

Doveva stare solo una settimana, ma ci ha comunicato che aveva deciso di fermarsi ancora perché si sentiva più utile sul campo. 

A Varese e Milano organizzava incontri per la raccolta fondi, perché è qui che ha fondato con la sua amica questa organizzazione. In questi mesi ha fatto un lavoro splendido. Ci chiedeva di comprare latte in polvere, materiale medico e altro. Rispetto alle modalità con cui operava, sappiamo che arrivava in Turchia portando i soldi della raccolta fondi e poi entrava da una frontiera di quel paese”.

La Farnesina ovviamente trova normale e auspicabile infiltrare cittadini italiani in territorio straniero, per di più sotto il controllo di organizzazioni terroristiche riconosciute come tali a livello mondiale. Riguardo ai servizi segreti (le cosiddette ‘intelligence & sicurezza’), chiaramente partecipano in prima linea a tale guerra di quarta generazione contro il popolo e le autorità siriane. Per il resto, non c’è alcun dubbio che il progetto ‘umanitario’ Horryaty sia una delle infinite attività di fiancheggiamento del terrorismo che affligge la Siria.


Ma andiamo a conoscere meglio gli amichetti delle nostre due suffragette...

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, nella prima foto in alto, presa durante una manifestazione antisiriana, reggono un cartello su cui è scritto: “Agli eroi di liwa Shuhada, grazie per l’ospitalità e se Dio vuole vedremo la città di Idlib libera quando ritorneremo”.

Liwa Shuhada…ma cos’è l‘Itihad Liwa Shuhada Badr (Unione dei battaglioni dei martiri di Badr)? Il suo capo è Qalid bin Ahmad Siraj Ali (alias Qalid Hayani). 

Il gruppo è dedito a saccheggi e altri crimini contro i civili nella provincia di Aleppo. La liwa Shuhada Badr controlla due centri di tortura soprannominati “Guantanamo” e “Abu Ghraib”, dove detengono avversari politici, militanti baathisti e civili rapiti nei quartieri settentrionali di Aleppo. 

La liwa Shuhada Badr è attivamente impegnata nella lotta contro la locale popolazione di origine curda, ed è nota per l’uso dei famigerati “cannoni inferno”, armi che lanciano grosse bombole di gas caricate di TNT, utilizzate contro i quartieri filo-Baath di Aleppo. Ad aprile, una coalizione di attivisti siriani per i diritti civili di Aleppo aveva definito Hayani un “macellaio” avendo bombardato i civili, incoraggiato i suoi uomini a violentare le donne e i prigionieri, per aver saccheggiato e distrutto le industrie, laboratori e negozi di Aleppo per venderne il materiale alle imprese turche. 

La liwa Shuhada Badr controllava parte dei quartieri settentrionali di Aleppo Shayq Maqsud, Bani Zayd, al-Qaldiya e Ashrafiya e dispiega parte dei suoi circa 3000 islamisti oltre che ad Aleppo anche a Hayan, Bayanun e Haraytan. A giugno, il gruppo terroristico ha bombardato i quartieri occidentali di Aleppo, filo-governativi, in risposta alle elezioni presidenziali siriane.

Le due ragazze sono vicine anche ad organizzazioni come ‘Un esercito unificato per ripristinare la rivoluzione‘, emanazione del Fronte islamico, le cui iniziative hanno questo tenore: “il PYD è criminale quanto i criminali del partito Bath”“. 

Il PYD è il maggiore partito della minoranza curda in Siria, che ha una notevole presenza ad Aleppo. Come visto, i curdi sono oggetto degli attacchi della brigata taqfirista di Hayani, cui le due rapite (e viciniori) esprimono entusiastico supporto e sostegno. In sostanza, le ONG italiane o attive in Italia, con la copertura dei servizi segreti (italiani e turchi), della Farnesina e di altri organismi delle ‘autorità italiane’ (scusate l’ossimoro), supportano attività, in Italia, che sarebbero vietate dalla legge Mancino.

Ma non finisce mica qui…

La ‘cooperante’ Vanessa Marzullo si felicita per le imprese dei terroristi di al-Nusra

Vanessa Marzullo, 10 giugno 2014:

‪#‎Homs‬ – Il 3 giugno, i rivoluzionari hanno preso d’assalto il villaggio di Um Sharhsouh, 10 km a nord della città di Homs e 2 chilometri a ovest della strada M5 (la principale ad unire nord-sud), conquistando il punto più alto del paese, la fortezza di Um Sharshouh. Da allora, guidati da Jabhat a-Nusra, Ahrar al Sham e altri battaglioni, hanno preso controllo del 60% del paese, sottraendo al regime diversi depositi di armi.

La battaglia per Um Sharshouh è parte di una campagna militare della zona periferica settentrionale, dove i ribelli mantengono il controllo di alcune zone: Rastan e Talbise; al-Hula e Dar al-Kabira a ovest.

Osama Abu Zeid, attivista di 23 anni di Homs, spiega perchè alcuni dei rivoluzionari della città vecchia di Homs si sono tirati fuori dagli scontri.

* Qual è l’importanza di Um Sharshouh? La sua posizione geografica. Si trova su una collina che domina il resto dei villaggi che vogliamo liberare. Ha una fortezza, il castello Um Sharshouh – il cui controllo è fondamentale per le battaglie. La maggior parte dei shabiha, miliziani governativi, erano al suo interno.

* Le brigate vogliono riprendere il controllo di Homs? Hanno obiettivi a lungo termine? Quello che sta accadendo nel nord non ha alcun legame con la battaglia per riconquistare Homs, al punto che non tutti i battaglioni che hanno lasciato la città stanno partecipando. Questi battaglioni sono stati intenti a unificare i loro ranghi, al fine di riprendere il controllo della città.

* Qual è l’obiettivo della battaglia per Um Sharshouh, e cosa è accaduto fino ad ora? L’obiettivo è liberare un gruppo di villaggi controllati dal regime: Um Sharshouh, Kufr Nan e Jabourin. Quei villaggi separano Talbise e Rastan da al Houla. Se questi villaggi vengono conquistati, l’Esercito Siriano Libero sarà sul punto di controllare la via di rifornimento del regime per la costa: l’autostrada Homs-Tartous. Fino ad ora i ribelli hanno preso il controllo di una parte di Um Sharshouh, tra cui il castello della città – una delle parti più importanti della battaglia.

Queste le sue parole e queste nella foto le “opere” dei suoi amichetti bisognosi di “cooperazione”:


Ma veniamo ai “fatti” di casa nostra 


Insieme alla piccola e felice vispa teresa cerchiata in rosso, l’uomo all’estrema sinistra è Haisam Saqan (Abu Omar) La tizia che fa la V di vittoria si chiama Nawal Soufi, attivista antisiriana di origine marocchina. Forse tale origine le permette di divinare sempre i carichi di immigrati clandestini che sbarcano in Sicilia, dove lei opera? Digos e servizi segreti italiani, tacciono, acconsentono e proteggono.

E le due farfalline si occupano infatti anche dei flussi migratori, con i quali arriva qui DI TUTTO

“…ci sarebbe il concreto rischio di terroristi siriani infiltrati, che approfittano delle maglie larghe connesse all’Operazione Mare Nostrum per entrare indisturbati nel nostro Paese. … La Sicilia colabrodo, dunque, potrebbe costituire un facile varco d’ingresso per i terroristi dell’Isis, confusi tra la folla dei migranti. Per non parlare di quelli già presenti. Molti sono italiani, altri sono invece immigrati di seconda generazione. Sono duecento e vivono tutti in Italia. Sarebbero stati addestrati nei campi paramilitari in Afghanistan, in Pakistan e in Iraq e adesso sono rientrati in Italia, dove conducono apparentemente una vita normale, senza dare particolarmente nell’occhio. Sono i terroristi islamici di casa nostra, per la maggior parte italiani, addestrati militarmente nelle fila degli integralisti, che avrebbero il ruolo di agire per il reclutamento nel nostro Paese. …


E non è tutto, perché sarebbero invece una cinquantina gli italiani già partiti per Siria e Iraq, che si sarebbero uniti alle milizie jiahidiste dell’Isis, i tagliatori di teste, per intenderci, che impongono la severa legge islamica assassinando tutti coloro che ritengono infedeli o apostati. La notizia più eclatante, qualche tempo fa, è stata quella di un 25enne di Genova, morto fra i miliziani dell’Isis in Siria, mentre combatteva per l’Islam più integralista. … Le preoccupazioni vengono confermate, poi, anche dal direttore dell’Ufficio Antiterrorismo, Lamberto Giannini, … che sottolinea come insieme a persone che hanno già combattuto su altri fronti (come quello afghano), il contagio fondamentalista stia coinvolgendo anche giovani, spesso incitati grazie al web e convertitisi all’Islam in modo rapido e improvviso.” Repubblica

Ed eccolo qui il nostro eroico Haisam Saqar, alias Abu Omar, ripreso in alcuni momenti del suo lavoro…

Nel 2012 …”Haisam, dopo aver partecipato alle manifestazioni per la liberazione della Siria a Milano e Varese (le stesse durante le quali siconoscono anche le nostre due ragazze volontarie rapite agli inizi di agosto, Vanessa e Greta). Prima Haisam diventa tra i leader più attivi del Coordinamento siriani liberi di Milano. 

Nelle manifestazioni è sempre in prima fila, spinge, incoraggia gli altri. Poi prende parte all’assalto all’ambasciata siriana a Roma, nel febbraio 2012. Un video su YouTube lo mostra mentre arringa i compagni. 


Ed è a quel punto che gli inquirenti iniziano ad interessarsi a lui. Si becca una denuncia, viene condannato all’obbligo di firma. E’ esasperato, sul suo profilo Facebook “Haisam Siria” (ora disattivato), i messaggi si fanno sempre più radicali. All’inizio se la prende con il regime. «Il mio piede schiaccia gli alawiti – Dobbiamo bruciare gli alawiti», scrive rivolgendosi al presidente siriano Assad (alawita). Denuncia le torture e i patimenti del popolo siriano, niente di più niente di meno di quanto non facciano tanti suoi connazionali stanchi di assistere ai massacri. Poi, gradualmente, i post diventano sempre più violenti. …

All’incirca nella primavera del 2012 parte per la Siria. Probabilmente passa dalla Turchia, via Gaziantep. Poi al campo profughi di Killis. Lo stesso percorso seguito da Giuliano del Nevo, che si è arruolato tra le file di Isis. In un messaggio postato su un’altra pagina Facebook , si legge: «ll nostro fratello Haisam che ha deciso di lasciare Milano per unirsi all’esercito Siriano Libero». 

Haisam, dunque, sembra essere finito tra le file dei ribelli del Free Syran Army. Quando mette piede in Siria di Isis ancora non si parla. Sulla sua pagina Facebook però inizia a comparire anche la bandiera nera dei gruppi jihadisti nei quali alcuni dei ribelli, stanchi delle sconfitte, stanno confluendo. Più che de Isis, sembra trattarsi dial-Nusra, vicina ad al-Qaida ma meno organizzata e feroce di Isis. Ed è a quel punto che Abu Omar spunta nel videodel New York Times. Di lui, poi si perdono le tracce.

Ora, mentre la procura di Milano riapre il fascicolo a suo nome per indagare su reati di terrorismo internazionale (in Italia arruolarsi in milizie straniere non è considerato reato, mentre lo è reclutare e fare adepti, secondo l’articolo 270 quinquies che prevede l’arresto per chi pratica attività di addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale), l’attenzione sulla presenza di jihadisti e reclutatori nel nostro paese si alza. Ma non basta. 

All’incirca nella primavera del 2012 parte per la Siria. Probabilmente passa dalla Turchia, via Gaziantep. Poi al campo profughi di Killis. Lo stesso percorso seguito da Giuliano del Nevo, che si è arruolato tra le file di Isis. In un messaggio postato su un’altra pagina Facebook, si legge: «ll nostro fratello Haisam che ha deciso di lasciare Milano per unirsi all’esercito Siriano Libero». Haisam, dunque, sembra essere finito tra le file dei ribelli del Free Syran Army. 

Quando mette piede in Siria di Isis ancora non si parla. Sulla sua pagina Facebook però inizia a comparire anche la bandiera nera dei gruppi jihadisti nei quali alcuni dei ribelli, stanchi delle sconfitte, stanno confluendo. Più che de Isis, sembra trattarsi di al-Nusra, vicina ad al-Qaida ma meno organizzata e feroce di Isis. Ed è a quel punto che Abu Omar spunta nel video del New York Times. 

Di lui, poi si perdono le tracce. 

Ora, mentre la procura di Milano riapre il fascicolo a suo nome per indagare su reati di terrorismo internazionale (in Italia arruolarsi in milizie straniere non è considerato reato, mentre lo è reclutare e fare adepti, secondo l’articolo 270 quinquies che prevede l’arresto per chi pratica attività di addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale), l’attenzione sulla presenza di jihadisti e reclutatori nel nostro paese si alza. Ma non basta”. 

Il nostro Governo comincia a preoccuparsi, mentre i media fanno la gara a chi è più incosciente

L’ebetino Gad Lerner intervista il terrorista Haisam Saqan sul modo migliore di esportare la ‘democrazia’ in Siria…


“Secondo alcune indiscrezioni filtrate dal governo ci sarebbe una certa irritazione per il tardivo apprendimento di alcune operazioni di intelligence sia nella zona siriana che in quella libica, e anche per una sottovalutazione da parte dell’AISE di quel che stava avvenendo a Tripoli e Bengasi. Ma il caso che più preoccupa il governo è stata la scelta dei servizi segreti italiani durante il 2013 di seguire acriticamente senza che risulti né autorizzazione preventiva né adeguata informativa le direttive di altri servizi- soprattutto quelli americani- nell’area siriana.

Un particolare sembra inquietare il governo in questo momento: la scelta dell’intelligence italiana, che in quell’area calda aveva una struttura già depotenziata da qualche anno, sarebbe stata quella di aiutare in ogni modo il fermento della rivolta nei confronti del presidente siriano Bashar al Assad. La linea certo è stata simile a quella di altri servizi occidentali, e le operazioni sul territorio non dissimili da quelle scelte dagli stessi americani. 

Dall’Italia secondo la ricostruzione che si sta ultimando proprio in queste ore sarebbero partiti addestratori militari specializzati nelle tecniche di guerriglia destinati in particolare a due campi organizzati, uno in territorio turco e l’altro ai confini della Giordania. 

Lì sarebbero stati addestrati proprio dagli italiani alcuni combattenti – anche miliziani qaedisti- che successivamente sono andati ad ingrossare le fila dell’ISIS, rendendosi protagonisti anche di alcune azioni (come i rapimenti) di cui sono stati vittima cittadini occidentali, e perfino italiani. 

Un errore strategico (visti gli avvenimenti successivi) di questo tipo è stato compiuto dagli stessi americani, con una differenza tecnica non da poco: per ogni miliziano addestrato gli americani hanno raccolto i dati biometrici (impronte digitali, dna, iride etc…), l’intelligence italiana no. Con il risultato che gli americani hanno tracciato i miliziani da loro addestrati, e quindi sono in grado di rintracciarli e identificarli. Gli italiani no”. Analisi Difesa

Una bella signora ben vista dalla Nato… Elisa Fangareggi con con l’ammiraglio Rinaldo Veri, presidente del Centro Alti Studi Difesa, noto ente di beneficenza collegato al Ministero della Difesa.


Elisa Fangareggi con l’ambasciatore della NATO Stefano Stefanini.


In relazione al paragrafo qui sopra, sulle operazioni dei servizi segreti italiani contro la Siria, va rilevata un’altra organizzazione filo-taqfirista, che s’infiltra in Siria sotto mentite spoglie umanitarie: l’ONG Time4life, che, guarda caso, ha una base operativa in Turchia, a Kilis nel paese da cui s’infiltrano migliaia di squadroni della morte taqfiristi per devastare la Siria e danneggiare il suo popolo. Come al solito, anche tali ‘cooperanti’ operano tranquillamente in un territorio controllato dai servizi segreti della NATO, italiani, turchi, qatarioti e le verie organizzazioni terroristiche islamiste.

Come al solito, anche tali ‘cooperanti’ operano tranquillamente in un territorio controllato dai servizi segreti della NATO, italiani, turchi, qatarioti e le verie organizzazioni terroristiche islamiste. Ma questo non è un caso, poiché sebbene si proclami associazione “nata con l’obiettivo di raccogliere donazioni di denaro, cibo, medicinali, abiti e beni di prima necessità da destinare ai bambini in difficoltà, da quelli in Siria, colpiti dalla guerra, a quelli del Nicaragua e della Romania…” é l’ennesima copertura atlantista per interferire negli affari interni della Siria “…al centro dell’attenzione internazionale dopo lo scoppio della rivolta del 2011 trasformatasi ben presto in una sanguinosa guerra civile (Per magia, verrebbe da pensare. NdAL): gli aiuti vengono raccolti in Italia e distribuiti dai volontari dell’Associazione alla popolazioni nei campi profughi allestiti in territorio siriano o sfollati nei paesi confinanti (in principal modo nel comprensorio di Kilis, Turchia)”, già.

E se fossi nei panni del Presidente Ortega, mi preoccuperei, poichè questa ambigua associazione è presente anche in Nicaragua, a Chinandega, dove “sono stati avviati alcuni progetti a sostegno dell’infanzia, dal punto di vista educativo e scolastico”. Il Nicaragua ritorna alla ribalta mondiale grazie alla costruzione cinese di un nuovo canale interoceanico, irritando gli USA per la concorrenza al canale di Panama, saldamente controllato da Washington. 

In relazione, ogni mossa volta a preaparare il terreno all’enneisma primavera colorata, è ben gradita ai burattinai del Pantagono e di Langley. Responsabile di Time4life è tale Elisa Fangareggi, la quale tra un’invettiva contro la Siria baathista e una scappata in Nicaragua, ha il tempo di frequentare esponenti e dirigenti della nota associazione umanitaria North Atlantic Treaty Organization (NATO).

Gli aiuti e i finanziamenti pretesi da tali pseudovolontari per le loro finte missioni umanitarie, sono solo una copertura per occultare delle vere e proprie operazioni d’intelligence e di supporto al terrorismo contro la Siria e il suo popolo. 

Chi fornisce denaro a tali pseudo-ONG, mere organizzazioni di copertura dei servizi segreti della NATO, finanzia il terrorismo e lo stragismo in Siria, che producono quelle stesse vittime che tali oscene organizzazioni sfruttano per racimolare denaro, usurpandolo al popolino di creduloni irretiti dalla propaganda imperialista. E il bello è che la Fangareggi, amicona di generali e ammiragli della NATO, viene spacciata come “…giovane madre di Modena che lotta per salvare i bambini siriani...”, come sicuramente vengono presentati i figuri di quest’enesima operazioni d’infiltrazione made in Germany, ma collegata sempre a The Road to Syria, di Action Syria, associazione di Berlino per finanziare progetti ‘umanitari’ in Siria, e i cui responsabili hanno tutti le stimmate di agenti della Guerra psicologica (PsyWar) contro la Repubblica Araba di Siria: Thomas Rassloff fotogiornalista da 12 anni in Medio Oriente, da Israele all’Afghanistan, e Björn Kietzmann, fotogiornalista che nel 2013 s’infiltrò in Siria tramite le linee di rifornimento dei terroristi islamisti che occupavano Aleppo, per diffondere propaganda antisiriana e condurre la guerra psicologica a sostegno del terrorismo islamo-atlantista e contro il governo socialista di Damasco.

Questo è dunque il sottobosco dove le due ragazzotte si muovevano, fino a qual punto manipolate o consapevoli è tutto da stabilire. Ma si tratta di un ambiente assai infido e tutto a questo punto è possibile. Anche che vengano sacrificate….


Questo è il tracciato del viaggio di Vanessa Marzullo nella Siria martirizzata dalla guerra islamo-atlantista. No Alpitour?

Bohemian Grove in Casa Rotschild - Anno 1972

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Nel 12/12/72 Marie-Hélène de Rothschild diede un ricevimento in maschera al Château de Ferrières, una delle storiche dimore di famiglia.

Le maschere erano ispirate al surrealismo, ma guardando le foto alcune per la verità mi ricordano alcune tematiche riprese poi nei film horror, tipo manichini sezionati sul tavolo (da cena) etc.

Ora, sia chiaro: non voglio dire che un semplice party in maschera significhi satanismo, non sto assolutamente dicendo questo; sto solo dicendo che il gusto a cui si ispirano queste maschere ricorda, per certi aspetti, lo stato mentale "onirico" a cui si richiamano anche le simbologie del satanismo "acido", così come largamente impiegato in molti film horror o in videoclip musicali alla moda.

Rothschild invite

L'invito è scritto al contrario richiedendo l'uso di uno specchio per poter essere letto e compreso

Il castello di Ferrières, dove si è tenua la festa, era illuminato di rosso per farlo apparire come se fosse in fiamme e alcune scene tratte dal film di Roman Polanski su Satana "9th Gate" sono state girate lì e forse al lettore interesserà sapere che in "Eyes Wide Shut", il rituale occulto si svolge in un altro palazzo Rothschild , Mentmore Towers nel Regno Unito.

Château de Ferrières

Guardate qui le foto di quel party: 

Rothschild wearing mask

Baroness Marie-Hélène de Rothschild and Baron Alexis de Redé

Rothschild party mask

Rothschild party horns

Apple from garden of eden

Baron Alexis de Redé in a Dalí designed Hat and Mrs. Espírito Santo

Rothschild party bird cage

Rothschild party baby on table

Rothschild party lady on table

Masks Rothschild party

La Stirpe del Graal

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L'articolo in oggetto nasce dai risultati fin qui conseguiti dalle ricerche realizzate all'interno dei seguenti topic

Gog e Magog - Gli Ashkenazi e il NWO

La Teoria dell'Out of Atlantis

Anunnaki, Elohim ed Arcangeli

ponendosi però l'obiettivo di realizzare una sorta di mappa concettuale dell'albero genealogico della cosiddetta "stirpe del graal" ovvero di quel lignaggio genetico legato al mondo aristocratico elitario che Progetto Atlanticus raggruppa poi nelle correnti di pensiero dei Player descritte nel thread 

La Scacchiera degli Illuminati

Un albero i cui rami si dipartono da quel tronco rappresentato dai semidei e dagli eroi, uomini famosi ricordati nelle leggende e nelle mitologie antidiluviane di molti popoli, Bibbia compresa con i patriarchi antidiluviani, le cui radici vanno ulteriormente ricercate nella genealogia Anunnaka.

http://www.mediafire.com/view/lhfaawx43j7k3bd/Genealogia_Anunnaka.xlsx
(link per scaricare il file in formato excel e consultarlo direttamente sul proprio PC)

Rami che arrivano fino ai giorni nostri e dai quali dipendono la realizzazione del NWO o l'auspicio del Player B.

LA STIRPE DEL GRAAL - Il millenario albero genealogico dei Player


Molte volte abbiamo parlato nel nostro blog e nell'ambito delle ricerche del Progetto Atlanticus di specifiche fenotipicità risalenti, a nostro avviso, alla discendenza degli antichi Nephilim, risultato dell'unione tra i figli di dio (Anunnaki atlantidei) e le figlie degli uomini (i Sapiens)?

Una stirpe questa, quella che non esito a definire la stirpe del Graal (e poi vedremo il perché) che ebbe origine proprio dalle prime unioni tra Anunnaki e i Sapiens, rappresentata e successivamente diversificata nei Player suggeriti dal Progetto Atlanticus e per la quale esistono evidenze genetiche nell'analisi degli aplogruppi presenti nella storia e nel mondo.

Quando la società svizzera IGENEA ha effettuato l'esame del DNA sulla mummia del faraone Tutankhamon e ne ha diffuso i risultati, forse in molti hanno pensato ad una bufala, o ad un errore tanto è radicato nella nostra mente l'immagine stereotipata della storia come l'abbiamo imparata dall'infanzia, ma questa scoperta scientifica di straordinario valore adesso mette in dubbio molte delle certezze proclamate dalla storia tradizionale.


Tutankhamon nacque nel 1341 a.c., figlio del faraone Akhenaton e della sua consorte Nefertiti, Akhenaton precedentemente noto come Amenofi IV o Amenhotep IV è conosciuto anche come il faraone eretico in quanto abolì il culto politeistico istituendo il culto monoteistico del dio ATON, una divinità che contrariamente a tutte le altre non aveva una rappresentazione zoomorfa ma veniva rappresentata come un disco solare che emanava dei raggi che terminavano con delle mani.

Per dare più sostanza a questo profondo cambiamento il faraone della XVIII dinastia spostò la capitale dell'antico Egitto lontano da Tebe, costruendo sul medio corso del Nilo in una zona desertica una città nuova di zecca che fu chiamata Akhetaton che letteralmente significava "l'orizzonte di ATON" e che corrisponde all'odierna Al Amarnah. 

Dopo la caduta di Akhenaton, e la restaurazione del politeismo la città fu distrutta e la sua memoria cancellata dalla storia d'Egitto. Anche il nome di Tutankhamon in origine era differente, egli si chiamava infatti Tutankhaton, ma nelle convulse fasi successive alla caduta del monoteismo, ogni riferimento ad ATON doveva essere drasticamente rimosso, anche il nome del faraone doveva fare riferimento al più rassicurante dio Amon. 

Tutti i sacerdoti devoti ad ATON, tra cui Mosè, dovettero allora abbandonare il paese per stabilirsi ai confini più remoti del regno: la terra di Canaan. 

Questa è la storia che viene raccontata nella Bibbia e che noi conosciamo col nome di Esodo.

Dalla diaspora dei seguaci dell'atonismo sarebbe infatti nata la religione ebraica. Questo troverebbe dei riscontri in similitudini sia stilistiche che di contenuto che si possono trovare tra l'Inno al sole scritto sulla tomba del faraone Ay ed alcune parti della Bibbia come il Libro dei Salmi, ed il Libro dei Proverbi.

E' possibile che il culto di ATON sia continuato anche lontano dall'Egitto, nella terra di Canaan, dove potrebbero essersi rifugiati i seguaci del cosiddetto faraone eretico dando origine al monoteismo. A suffragio di questa tesi vi è uno studio linguistico del 1922 sulla parola Adonai che in ebraico significa Signore e che mette in luce come questa parola non sarebbe di origine semitica ma proverrebbe dall'Egitto. 

Adonai = ATON-Ay e prenderebbe il nome dal sommo sacerdote Ay durante il regno di Akhenaton, che divenne anche faraone nel 1323 alla morte di Tutankhamon. Foneticamente le due parole corrispondono a parte la rotazione consonantica t > d che è abbastanza comune.

Ma questo, anche se di rilevante importanza, ci interessa relativamente. Concentriamoci piuttosto in questa fase su quali fossero le origini genetiche della genealogia dei grandi faraoni.

La sopraccitata ricerca di IGENEA ha dimostrato che Tutankhamon, morto prematuramente all'età di diciannove anni per una seria forma di malaria, apparteneva all'aplogruppo R1b1a2, SNP R-M269, il quale è l'aplogruppo più diffuso in Europa occidentale e identifica le popolazioni che dopo l'ultima grande glaciazione hanno popolato l'Europa. Nella tabella che segue ecco i valori dei primi 15 marker del suo cromosoma Y. 


Sembrerebbe davvero pertanto che l'antico Egitto ai quei tempi fosse in effetti governato da sovrani di origine ancestrale europea, il cui DNA era quindi assai differente dal resto della popolazione che amministravano. Oggi meno dell'1% degli egiziani è di aplogruppo R1b.

Fin troppo ovvio allora che se Tutankhamon era R-M269 allora erano dello stesso aplogruppo tutti i faraoni della XVIII dinastia che regnò sull'Egitto dal 1540 al 1299 a.c., il che troverebbe conferma anche da una rapida analisi di alcune mummie della dinastia come quella di Thutmosi IV, molto ben conservata, che presenta tratti del volto nordici e soprattutto i capelli rossi che sono un tratto peculiare per questo aplogruppo. 

In effetti test diagnostici sono stati compiuti sul DNA della mummia di Amenhotep III, su una mummia sconosciuta ma che si suppone sia di Akhenaton, confermando che le tre mummie erano tra loro correlate da legami di parentela.

Ahmosi1540-1515 Ahmes-Nefertari
Amenhotep I1515-1494 Meritamon
Thutmosi I1494-1482 Ahmose
Thutmosi II1482-1479 Hatshepsut
Hatshepsut1479-1457 
Thutmosi III1479-1425 Hatshepsut Meritre
Amenhotep II1427-1393 Tia
Thutmosi IV1394-1384 Mutmuia
Amenhotep III1384-1346 Tyi
Akhenaton1358-1340 Nefertiti
Smenkhara1342-1340 Meritato
Tutankhamon1340-1323 Ankhesenamon
Ay1323-1319 Tey
Horemheb1319-1299 Mutnedjemet

Ad un più attento esame del DNA di King Tut come viene amichevolmente chiamato nel progetto iGENEA, possiamo notare come il suo DNA corrisponda in maniera molto ravvicinata col cosiddetto SWAMH (Super Western Atlantic Modal Haplotype). 

Facendo il confronto tra il SWAMH e il DNA di King Tut ho calcolato una GD (Genetic Distance) pari a 7 confrontando 18 marker STR. Ammettendo che DYS426=12 e DYS388=12, essendo marker molto stabili e per DYS19=14 e DYS437=14 che nelle analisi hanno un raro (improbabile) doppio picco, probabilmente dovuto a qualche forma di contaminazione.

L'AMH (Atlantic Modal Haplotype) è un aplotipo modale cioè una firma genetica media all'interno di uno specifico aplogruppo. Questo modale è stato sviluppato dalla società texana FTDNA allo scopo di capire quale fosse il modale più diffuso nell'Europa occidentale, si chiama così perchè è particolarmente concentrato nella fascia atlantica dell'Europa nord-occidentale, partendo dalla costa nordatlantica della penisola iberica, passando per le isole britanniche per arrivare nello Jutland e in Scandinavia. 

E' l'impronta genetica tipica dell'aplogruppo R1b1a2 R-M269 ed è caratteristica di alcune subcladi come la L21. Confrontando il modale dei partecipanti al progetto L21+ di FTDNA con quello di King Tut la GD si abbassa a 6.

Occorre anche considerare che la GD più alta = 2 è per il DYS439, che è un marker che cambia molto velocemente attraverso le generazioni soprattutto confrontando un campione di un soggetto che visse più di tremila anni fa.

Una GD = 5 o 6 confrontando 25 marker STR Y-DNA, significa che i due soggetti presi in esame non sono parenti in senso genealogico (1-15 generazioni), ma che molto probabilmente condividono un comune ancestore nel lungo periodo che possono essere anche alcune migliaia di anni. Una GD = 2 significa che i due soggetti sono imparentati soprattutto se condividono lo stesso cognome.

Di questo retaggio resta traccia nella religione degli antichi egizi nel culto del dio Osiride, chiamato anche "il bel dio dell'occidente", signore dei morti e protettore della vegetazione. Il mito di Osiride, probabilmente fa riferimento ad una persona realmente esistita e probabilmente deceduta per morte violenta. Dalla storia dei faraoni emerge anche come essi appartenessero ad una ristrettissima cerchia e fossero costretti per mantenere la purezza della propria stirpe ad incrociarsi tra di loro. Lo stesso faraone Tutankhamon sarebbe stato frutto di un rapporto incestuoso tra un fratello e una sorella entrambi figli di Amenophis III e della sua prima moglie. 

A questo potrebbe essere legata la debole costituzione che fu fatale al faraone adolescente.

Il concetto di stirpe pervade tutta la storia dei faraoni. Si pensi ai complessi rituali di imbalsamazione che venivano fatti allorquando un faraone moriva, la preparazione per la vita eterna ricalcava il mito del progenitore Osiride. Secondo la leggenda Osiride fu fatto a pezzi dal crudele fratello Seth. Iside sorella e sposa di Osiride andò ai quattro angoli dell'Egitto per ritrovarne le parti e poter ricomporre le spoglie dell'amato fratello, in questo fu aiutata dal figlio Horus che perse un occhio.

Mummia di Hatshepsut - Museo del Cairo

Alla morte di Tuthmosis II, colui che diventerà uno dei più grandi faraoni d'Egitto Tuthmosis III è ancora poco più di un bambino, troppo giovane per salire sul trono d'Egitto, al suo posto regnerà per un lungo periodo (1479-1458 a.c.) Hatshepsut figlia di Tuthmosis I e sorellastra di Tuthmosis II. 

La sua mummia fu ritrovata dall'archeologo Howard Carter nella sua campagna di scavi della primavera del 1903 in una tomba catalogata con la sigla KV60, ma non essendo una tomba reale, alle spoglie non fu data una grande importanza. Solo recentemente è stata ritrovata la sua mummia, come si può notare dalla foto, la donna aveva una peculiarità genetica molto rara, aveva i capelli rossi il che conferma le sue origini ancestrali e l'appartenenza della stirpe dei faraoni della XVIII dinastia all'aplogruppo R-M269 e giustappunto il gene responsabile dei capelli rossi è un tratto peculiare per questo aplogruppo

E quindi a questo punto è lecito concludere che King Tut appartenesse all'aplogruppo R1-L21. Ma cosa ci faceva questo aplotipo nell'antico Egitto della XVIII dinastia?

Una possibile risposta è che quell’aplogruppo sia parte del retaggio genetico della stirpe del graal su cui Progetto Atlanticus concentrerà i propri sforzi per meglio tracciare quelle linee dinastiche che dai cro-magnon atlantidei antidiluviani arriva fino all’aristocrazia e all’oligarchia elitaria contemporanea, cercando di partire dalle radici dell’albero: la genealogia anunnaka proveniente da Marte.


Costoro, tra i quali possiamo ben identificare personaggi come Enki, Enlil, Inanna, Marduk e Ishkur, rappresentano l’elite genealogica anunnaka, con tutta probabilità caratterizzata da particolari elementi genotipici esogeni al pianeta e pertanto generanti fenotipi recessivi come possono essere il fattore Rh negativo piuttosto che il gruppo sanguigno zero.

Dall’incrocio tra Anunnaki e Sapiens, possiamo ipotizzare sorgere i semi-dei ricordati con nomi diversi nei miti di tutto il mondo e fautori della civiltà madre atlantidea. Sono essi i Nephilim riconducibili agli adamiti (ovvero ai figli di Adamo) rifacendoci alla descrizione biblica, caratterizzati da peculiari caratteristiche fisiche: capelli rossi o biondi, occhi azzurri o verdi.


Dobbiamo pertanto spendere alcune parole sui discendenti di Adamo divisi nei due rami di Caino e di Set, il quale sostituì Abele quale dopo che quest’ultimo venne ucciso.


Dopo averci detto che “Caino si unì alla moglie che concepì e partorì Enoch egli divenne costruttore di una città, che chiamò Enoch, dal nome del figlio” nella terra di Nod, misteriosa regione a Est di Eden, la stessa dove fu confinata Lilith la quale secondo alcuni sedusse Caino dando origine alla sua discendenza. 

Il testo biblico ci informa di quel che fecero nel giro di cinque o sei generazioni alcuni discendenti diretti del fratricida: Iabal “fu il padre di quanti abitano sotto le tende presso il bestiame”, suo fratello Iubal fu “il padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto”, mentre il fratellastro Tubalkàin fu “fabbro, padre di quanti lavorano il rame e il ferro”.

In altre parole, la figura di Caino assurge al rango prestigioso di iniziatore della civiltà urbana e di creatore - sia pure attraverso i suoi discendenti - delle arti meccaniche e delle arti liberali (oggi diremmo: della cultura tecnologica e di quella umanistica).

Quello fu anche il periodo in cui i duecento “angeli” con a capo Semeyaza discesero sulla Terra sul monte Hebron insegnando agli uomini, o meglio esclusivamente ai figli di Adamo (non certo a tutti i Sapiens esistenti sul pianeta al momento), tutto il necessario per dare l’avvio a quella che noi chiamiamo civiltà.

In particolare Azazel insegnò agli uomini a fabbricare armi (spade, coltelli, scudi e corazze) ed alle donne a fare braccialetti, ornamenti, tinture e tutto il necessario per renderle più belle. Amezarak insegnò a tagliare le piante e le radici ed Armaros insegnò la Magia ed a fare incantesimi. Baraqal e Temel istruìrono gli astrologi. Kobabel insegnò a riconoscere gli astri del cielo e Arsradel insegnò il corso della Luna ed il calendario.

Circa il ruolo di incivilitore attribuito a Caino dal testo sacro, secondo il Westermann il particolare dimostra che gli ebrei consideravano la fondazione della civiltà urbana come avvenuta prima del Diluvio, dando credito all’esistenza delle civiltà antidiluviane, e fuori della loro storia.

Come descritto nel file “Genealogia Anunnaka” che trovate nel nostro portale “Le Stanze di Atlanticus” l’umanità moderna dovrebbe discendere proprio dalla stirpe di Caino, istruita dai Vigilanti, ma decaduta dal ruolo di potere dopo il Diluvio in quanto troppo avvezza alla dispersione delle caratteristiche genetiche ‘pure’ proprie del Graal che invece vennero preservate nel ramo Sethiano dei discendenti di Adamo che comprende Noè e i suoi tre figli: Cam, Sem, Iafet


I capelli rossi sono un indizio genetico facilmente rintracciabile anche nell'antico testamento in riferimento al fratello di Giacobbe: Esaù, anche noto col nome di Edom i cui discendenti sono identificati secondo la tradizione ebraica con il popolo principale stanziatosi stabilmente per primo nella zona dell'Italia, e quindi con l'Impero Romano e successivamente con la Cristianità in generale: una delle fonti è anche Bereshit Rabbah, la raccolta dei Midrashim riguardante il primo libro del Pentateuco del Tanakh, Genesi.

"Quando poi si compì per lei il tempo di partorire, ecco due gemelli erano nel suo grembo. Uscì il primo, rossiccio, e tutto come un mantello di pelo, e fu chiamato Esaù." Genesi, 25,25

Vale la pena osservare come Esaù sposò Giuditta Ittita (cfr. Genesi 26,34-35), Basemath figlia di Elon, anch'essa ittita. Infatti, le origini di Roma vanno ricercate nella fuga di Enea da Troia dopo la caduta della città verso l’Italia e le sponde di Lazio e Toscana. Una vicenda collegata al misterioso popolo degli Etruschi.

C’è infatti chi sostiene che l'origine degli etruschi sia da ricercare in Lidia, Turchia anatolica meridionale, regione collegata storicamente all’arcaica inondazione del Mar Nero, al mito dell’Arca di Noè, all’origine del fenotipo “occhio azzurro”, fondamentali nella ricerca “Out of Atlantis” portata avanti dal Progetto Atlanticus.

Grazie alla genetica. La scoperta è contenuta in uno studio di Alberto Piazza, genetista dell'Università di Torino, presentato alla conferenza annuale della Società europea di genetica umana in corso a Nizza. 

Piazza è andato a cercare la chiave del mistero degli Etruschi, popolo dalla cultura più evoluta rispetto ad altre etnie italiane, proprio dove stanno scritti i segreti più remoti della vita: nel Dna. 

L'equipe del genetista ha analizzato il campione di molecole del codice genetico degli abitanti che vivono da almeno tre generazioni nei centri di Murlo e Volterra, due tra i più importanti siti archeologici etruschi, e a Casentino, dove la cultura etrusca è stata ben conservata. 

L'equipe di studiosi ha messo a confronto i dati raccolti con quelli di persone di altre aree geografiche, in particolare del Nord Italia, della Sicilia, della Sardegna, della Turchia e dell'isola di Lemnos in Grecia. Ebbene, proprio il Dna degli abitanti di quell'area della Toscana è quello che più di tutti somiglia a quello dei turchi. 

"Abbiamo trovato - spiega Piazza - che il Dna degli individui di Murlo e Volterra è molto più simile a quello dei turchi. In particolare una precisa variante genetica è stata trovata nel campione di Murlo e solo nelle persone provenienti dalla Turchia". 

I risultati quindi sarebbero congruenti con la versione data dallo storico greco Erodoto nelle sue Storie, in cui narra che il popolo etrusco emigrò dall'antica regione della Lidia, ora parte meridionale della Turchia, spinto dagli stenti di una lunga carestia. La metà della popolazione, sostiene Erodoto, salpò da Smirne inviata dal sovrano per cercare di trovare migliori condizioni di vita. 

"Penso che la nostra ricerca - sottolinea Piazza - offra prove convincenti che la ragione è dalla parte di Erodoto, e che gli Etruschi arrivano dalla antica Lidia.

Tornando a Esaù e ai capelli rossi dei faraoni egizi, abbiamo visto in precedenza come il gene dei capelli rossi, altrimenti detto rutilismo, è il segno di una mutazione genetica avvenuta migliaia di anni fa e come questa sia un tratto tipico dell'aplogruppo R1b, del resto basta mettere accanto le due mappe della diffusione dell'R1b (Y-DNA) e la mappa della diffusione percentuale dei capelli rossi in Europa (Fonte Eupedia.com) per vedere come queste siano strettamente legate.

Mappa della diffusione dell'aplogruppo R1b in Europa

Mappa della diffusione dei capelli rossi in Europa

A questo punto facciamo un salto di diverse migliaia di anni indietro nel tempo rispetto agli anni di Akenaton. 

Nei laboratori del Max Planck Institute di Lipsia l'equipe del Dott. Svante Paabo ha da poco terminato la campionatura completa del genoma dei Neandertal ricavato dalle ossa degli scheletri ritrovati in alcuni siti archeologici, gli esiti di questa ricerca sono disponibili pubblicamente scaricando la relativa press release. Il genoma dei Neandertal è inoltre disponibile per il download sul sito dell'Istituto per ulteriori ricerche.


Il genoma dei Sapiens ed il genoma di Neandertal coincidono al 99,9%, inoltre le due specie dovrebbero aver convissuto in Europa per 10.000-12.000 anni, dove probabilmente si sarebbero ibridate, quindi i Neandertal potrebbero essere scomparsi per la cosiddetta "estinzione per ibridazione": una forma di evoluzione abbastanza diffusa in natura che vede l'estinzione di una specie a causa della sua ibridazione con un'altra specie che ha il sopravvento. 

La percentuale di DNA neandertaliano nel genoma umano (escluso quello africano che ne è privo) è del 4%.

A questo punto potremmo chiederci due cose:

1) Dato che è stato scientificamente provato che alcuni Neandertal/Cro Magnon avevano i capelli rossi e la pelle bianca, è possibile che l'R1b si sia sviluppato circa 35.000 anni fa in seguito ad una ibridazione tra e Sapiens e Neandertal/Cro Magnon da cui sono stati ereditati i geni che provocano il rutilismo (cfr. “Teoria Out of Atlantis”)?

2) Esiste una correlazione tra aplogruppo R1b, origini ancestrali celto-germaniche e ibridazione coi Neandertal?

Ci sono alcuni particolari che avvalorano questa ipotesi: sembra che l'R1b sia autoctono dell'Europa occidentale con origine nei Paesi Baschi; la diffusione segue una direzione OVEST-EST opposta a quella delle grandi migrazioni indoeuropee; la lingua basca è un ceppo linguistico a se stante (ergativo-assolutiva) e non ha analogie con nessun altra lingua indoeuropea (nominativo-accusative); queste stesse aree sono quelle dei costruttori dei megaliti e del successivo sviluppo della civiltà celtica.

Recentemente è stato pubblicato sul magazine PLOS ONE, uno studio di alcuni ricercatori italiani sui resti di un soggetto ibrido con padre Sapiens e madre Neandertal ritrovati presso il Riparo di Mezzena - Monti Lessini (VE). La ricerca è molto interessante ed ha carattere epocale perché si tratterebbe del primo ibrido di questo tipo ritrovato. 

Se fosse possibile fare le analisi del cromosoma Y dei resti dell’ibrido di Mezzena si potrebbe capire la posizione di questa mutazione nell' haplotree del R1b e identificare il relativo marker, allora forse potremmo dare una conferma alla struttura dell’albero genealogico del graal.

Questo supporta la possibilità avanzata anche in alcune puntate del nostro podcast nel quale, riprendendo il passo biblico di Genesi 6,1-4) dove leggiamo:

“... C'erano i giganti sulla terra a quei tempi, e anche dopo, quando i figli di Dio s'accostarono alle figliole dell'uomo e queste partorirono loro dei figli. Sono questi i famosi eroi dell'antichità... ”

La mitologia biblica ci sta descrivendo cosa succedeva quando un "figlio di dio" si univa con una bella "figlia degli uomini" ai tempi dei ‘giganti’ ovvero durante il pleistocene, periodo caratterizzato dalla megafauna. 

Anunnaki + Sapiens = Nephilim

I Nephilim antidiluviani che, se seguiamo i filoni di ricerca già affrontati dal Progetto Atlanticus dovrebbero avere avuto caratteristiche genetiche e fenotipiche ben specifiche rappresentate da:

- occhi azzurri o verdi
- capelli biondi (o rossicci come i Neanderthal)
- aplogruppi caucasici
- altezza media maggiore dello standard (come i cro-magnon)

Nephilim che sarebbero poi diventati gli "uomini famosi dell'antichità", quindi eroi, semi-dei, sovrani delle prime civiltà umane post-diluviane dando origine ai ceppi originari degli alberi genealogici dell’aristocrazia nobiliare che formano nella sostanza la cosiddetta stirpe del graal. 

Ma cosa sarebbe accaduto dall'ulteriore unione tra un Nephilim e un Sapiens?!?!

Nephilim + Sapiens = ?

Possiamo pensare che: 

- Nephilim + Sapiens = Nephilim di 2°livello
- Nephilim di 2° + Sapiens = Nephilim di 3°
- Nephilim di 3° + Sapiens = Nephilim di 4°
- .... = Nephilim di N°

Il che significa che l'umanità odierna è già ora in buona sostanza descrivibile come un mix di Nephilim di vario livello.

Gli Anunnaki della mitologia sumera ormai non esistono più e ciò che consideriamo Sapiens Sapiens (noi) non è altro che una diversa gradazione di DNA Nephilim. Come passare dal bianco al nero attraverso una scala di grigi.

Troviamo corrispondenze ai Nephilim antidiluviani nei leggendari Atlantidei delle tradizioni più antiche di molte razze diverse. Il gran re di prima del diluvio, per i musulmani, si chiamava Shedd–Ad–Ben–Ad, ossia Shed–Ad, figlio di Ad, o di Atlantide. 

Tra gli Arabi, i primi abitanti del loro paese erano noti come Aditi, dal nome del progenitore Ad, nipote di Cam. Questi Aditi erano probabilmente gli abitanti di Atlantide o Ad–lantis

"Sono impersonati da un monarca a cui tutto viene attribuito, e che si dice sia vissuto per diversi secoli". (Lenormant e Chevallier, "Ancient History of the East", vol. II, p. 295).

Ad proveniva dal nord–est. "Sposò un migliaio di mogli, ebbe quattromila figli e visse milleduecento anni. I suoi discendenti si moltiplicarono notevolmente. Dopo la sua morte i suoi figli Shadid e Shedad regnarono in successione sugli Aditi. Al tempo di quest’ultimo, il popolo di Ad era composto da un migliaio di tribù, ognuna composta di diverse migliaia di uomini. 

Grandi conquiste sono attribuite a Shedad, e si dice che gli fossero sottomessi, tutta l’Arabia e l’Iraq. La migrazione dei Cananei, il loro insediamento in Siria, e l’invasione dei Pastori in Egitto sono attribuiti, secondo molti scrittori arabi, a una spedizione di Shedad". (Ibid., p. 296).

Shedad costruì un palazzo ornato di colonne superbe, e circondato da un magnifico giardino. Si chiamava Irem. 

"Era un paradiso che Shedad aveva costruito a imitazione del paradiso celeste, delle cui delizie che aveva sentito parlare". ("Ancient History of the East", p. 296).

In altre parole, un’antica, potente razza conquistatrice, che praticava il culto del sole, invase l’Arabia agli albori della storia, erano i figli di Ad-lantide: il loro re cercò di creare un palazzo e un giardino dell’Eden come quelli di Atlantide.
Gli Aditi sono ricordati dagli Arabi come una razza grande e civile. 

"Essi sono rappresentati come uomini di statura gigantesca, la loro forza era pari alle loro dimensioni, e spostavano facilmente enormi blocchi di pietra". (Ibid.) 

Erano architetti e costruttori. "Innalzarono molti monumenti al loro potere, e quindi, fra gli arabi, nacque l’usanza di chiamare le grandi rovine "costruzioni degli Aditi".

Ancora oggi gli arabi dicono "vecchio come Ad". Nel Corano si fa allusione agli edifici costruiti su "alti luoghi per usi vani", espressioni che dimostrano che si ritiene che la loro "idolatria fosse stata contaminata con il Sabeismo o culto delle stelle". (Ibid.)

"In queste leggende," dice Lenormant, "troviamo tracce di una nazione ricca, che erigeva grandi costruzioni, con una civiltà avanzata, analoga a quella della Caldea, che professava una religione simile a quella babilonese, una nazione, in breve, nella quale il progresso materiale si congiungeva ad una grande depravazione morale e a riti osceni. 

Questi fatti devono essere veri e strettamente storici, perché si ritrovano dappertutto tra gli Etiopi, come tra i Cananei, i loro fratelli per l’origine comune".

Non manca neppure in questa tradizione una grande catastrofe che distrugge l’intera nazione Adite, ad eccezione di pochissimi che scappano perché avevano rinunciato all’idolatria. Una nuvola nera invade il loro paese, da cui procede un uragano terribile, che spazza via tutto: il Diluvio.

I primi Aditi furono seguiti da una seconda razza di Aditi, probabilmente i coloni scampati al Diluvio. Il centro del loro potere era nei dintorni del paese di Saba. Questo impero resse per mille anni. Gli Aditi sono rappresentati nei monumenti egiziani come molto simili agli stessi Egiziani, in altre parole erano una razza rossa o bruciata dal sole: i loro grandi templi erano piramidi, sormontate da edifici. ("Ancient History of the East", p. 321).

"I Sabei", dice Agatarchide ("De Mari Erythræo", p. 102), "hanno in casa un numero incredibile di vasi e utensili d’ogni genere, letti d’oro e d’argento, e tripodi d’argento, e tutti i mobili di straordinaria ricchezza.

I loro edifici hanno portici con colonne rivestite d’oro, o sormontate da capitelli in argento. Sui fregi, gli ornamenti, e le cornici delle porte, mettono targhe d’oro incrostate di pietre preziose".

Tutto questo ricorda una delle descrizioni fornite dagli spagnoli dei templi del sole in Perù. Gli Aditi adoravano gli dèi dei Fenici, ma con nomi leggermente cambiati, "la loro religione era soprattutto solare ... In origine era una religione senza immagini, senza idolatria, e senza un sacerdozio”. (Ibid., p. 325.) Essi "adoravano il sole dalle cime delle piramidi". (Ibid.) Essi credevano nell’immortalità dell’anima.

In tutte queste cose vediamo rassomiglianze con gli Atlantidei e con il fenotipo che collega tutti i protagonisti del nostro passato.

Focalizziamo l’attenzione ora a un’altra razza antica, la famiglia indo–europea, la razza ariana.

In sanscrito Adim significa in primo luogo. Tra gli indù il primo uomo si chiamava Ad–ima, la moglie era Heva. Essi si stabilirono su un’isola, che si dice essere Ceylon; lasciarono l’isola e raggiunsero la terra ferma, quando, a causa d’un sommovimento terrestre di grande importanza, la loro comunicazione con la terra madre fu tagliata per sempre. (Vedi "Bible in India").

Qui sembra di vedere un ricordo della distruzione di Atlantide.

Bryant dice: "Ad e Ada significano il primo. "I Persiani chiamavano il primo uomo "Ad–amah". "Adone" era uno dei nomi del Dio Supremo dei Fenici, da esso è derivato il nome del dio greco "Ad–one". L’Arv–ad della Genesi era l’Ar–Ad dei Cusciti, ora conosciuto come Ru–Ad. Si tratta di una serie di città collegate su dodici miglia di lunghezza, lungo la costa, piene di rovine massicce e gigantesche.

Sir William Jones fornisce la tradizione dei Persiani, sin dalle epoche più antiche. Egli dice: "Moshan ci assicura che, a giudizio dei persiani più informati, il primo monarca dell’Iran e di tutta la terra fu Mashab–Ad, che ricevette dal Creatore, e promulgò tra gli uomini, un libro sacro, scritto in un linguaggio celeste, a cui l’autore musulmano dà il titolo arabo di ‘Desatir,’ o ‘Regolamenti’.

Mashab–Ad era, a giudizio degli antichi persiani, la persona soprevvissuta alla fine dell’ultimo grande ciclo, e di conseguenza il padre del mondo attuale. 

Lui e sua moglie erano sopravvissuti al ciclo precedente, furono benedetti con una prole numerosa, piantarono giardini, inventarono ornamenti, forgiarono armi, insegnarono agli uomini a prendere il vello di pecora per farne capi d’abbigliamento; costruirono città, palazzi, borghi fortificati, e intrapresero le arti e il commercio".

Abbiamo già visto che le divinità primordiali di questo popolo sono identiche ali dèi della mitologia greca, ed erano in origine i re di Atlantide. Ma sembra che queste antiche divinità raggruppate fossero note come "gli Aditya”, e in questo nome "Ad–itya" troviamo una forte somiglianza con il semitico "Aditi" e un altro ricordo di Atlantide, o Adlantis.

In considerazione di tutti questi fatti, non si può dubitare che le leggende dei "figli di Ad", "gli Adites" e "gli Aditya," facciano tutte riferimento ad Atlantide.

George Smith, nel racconto caldeo della creazione (p. 78), decifrato dalle tavolette babilonesi, mostra che vi era una razza originale di uomini, all’inizio della storia caldea, una razza oscura, chiamata Zalmat–qaqadi, o Ad–mi, o Ad–ami, ed erano la razza "che era caduta", e si distinguevano dai "Sarku, o la razza della luce". 

La "caduta" si riferisce probabilmente alla loro distruzione da un diluvio, in conseguenza del degrado morale e dell’indignazione degli dèi. Il nome di Adamo appare chiaramente in queste leggende, ma come il nome di una razza, di una etnia o genalogia ben specifica, non di un uomo.

La Genesi (cap. V, 2) dice chiaramente che Dio ha creato l’uomo maschio e femmina, e "gli ha dato il nome di Adam. "Vale a dire, quella gente si chiamava Ad–ami, la gente di "Ad", o Atlantide.

"L’autore del Libro della Genesi", dice Schœbel, "parlando di uomini che erano stati inghiottiti dal diluvio, li chiama sempre ‘Haadam’, ‘umanità Adamita’". 

La razza di Caino visse e si moltiplicò lontano dalla terra di Seth, in altre parole, lontano dal paese distrutto dal diluvio. Giuseppe Flavio, che ci dà la primitiva tradizione degli ebrei, dice (cap. II, p. 42) che "Caino viaggiò per molti paesi", prima di arrivare nella terra di Nod.

La Bibbia non dice che la razza di Caino perì nel diluvio. "Caino si allontanò dalla presenza del Signore”, non chiamò il suo nome, le persone che furono distrutte erano i "figli di Geova". Tutto questo indica che colonie di grandi dimensioni erano state inviate dalla madrepatria, prima che affondasse nel mare.

Al di là dell’oceano si trova che il popolo del Guatemala rivendica la propria discendenza da una dea chiamata At–tit, o nonna, che visse per quattrocento anni, e per prima insegnò il culto del vero Dio, che poi fu dimenticato. (Bancroft, "Native Races", vol. III, p. 75). Mentre la famosa pietra messicana del calendario mostra che il sole era comunemente chiamato Tonatiuh, ma quando ci si riferisce ad esso come il dio del Diluvio esso è chiamato Atl–tona–ti–uh, o At–onatiuh. (Valentini, "Mexican Calendar Stone", art. Maya Archaeology, p. 15).

Si trovano così i figli di Ad (i figli di Adamo) alla base di tutte le genealogie aristocratiche più antiche di uomini, cioè gli Ebrei, gli Arabi, i Caldei, gli Indù, i Persiani, gli Egizi, gli Etiopi, i Messicani e i Centroamericani; testimonianza che tutte queste razze facessero riferimento per le loro origini ad un vago ricordo di Ad–lantis, origine dell’aplogruppo in oggetto, il cui punto di ripartenza è da ricercarsi nel Caucaso.

Con l'unica particolarità che chi appartiene ai Nephilim, ai figli di Adamo, di livello più alto, avendo preservato una 'certa' linea di sangue (o stirpe) e non avendo "imbastardito" il loro sangue con continui incroci con i Sapiens oggi, così come decine di migliaia di anni fa, sono ancora coloro che nella sostanza controllano il mondo appartenendo alla sopraccitata stirpe del graal.

E’ la Bibbia stessa in Genesi al Capitolo 10 dopo aver enucleato la ricca e complessa genealogia adamitica fino ai figli di Noè, conosciuta come Tavola delle Nazioni, a concludere dicendo

Queste furono le famiglie dei figli di Noè secondo le loro generazioni, nei loro popoli. Da costoro si dispersero le nazioni sulla terra dopo il diluvio.

Ovvero, le famiglie dei figli di Noè vengono a rappresentare l’origine delle stirpi nobiliari che si troveranno a governare le nazioni, popoli e terre, dopo il Diluvio Universale, discendendo dall’Ararat, passando per Gobekli Tepe attraverso i popoli mesopotamici, fino alla stirpe di Abramo, che è soltanto una dei tanti rami ‘aristocratici’ discendenti di Noè, di quel Noè descritto con fenotipo particolare che lo riconduce immediatamente al cro-magnon rappresentante dell’aristocrazia atlantidea. Stirpe di Abramo che verrà selezionata da Yahweh, uno dei Nephilim escluso dall’assegnazione di popoli e terre riconosciuta e dalla conseguente promozione al ruolo di Elohim.

Lo storico ebreo-romano del I secolo Flavio Giuseppe, nel suo Antichità giudaiche Libro 1, Capitolo 6, fu tra i primi a tentare di assegnare etnie note ad alcuni dei nomi elencati in Genesi 10 collegando i nomi che vi vengono citati con le popolazioni e le etnie dell’area mesopotamica-caucasica.


Se fossimo in grado di continuare il lavoro di Giuseppe Flavio facendo seguire a quei nomi le discendenze nel corso dei secoli successivi, attraverso la storia di popoli e imperi anche più vicini a noi come Etruschi o Romani, riusciremmo a comprendere meglio le dinamiche di potere sottese alla caduta dell’Impero Romano, alla nascita della Chiesa Romana e al ruolo di popoli come Celti, Goti, Longobardi le cui famiglie reali rappresentano anch’esse discendenze di quell’antico ceppo (e lo studio degli aplogruppi lo dimostrerebbe). 

Ripartendo infatti dalla teoria Kurgan sostenuta da Marija Gimbutas possiamo ora identificare questo popolo, o meglio la stirpe reale che lo governava, come discendente da Iafet, uno dei figli Nephilim del Nephilim Noè e pertanto portatore di un particolare retaggio genetico proprio della stirpe aristocratica posta al vertice della piramide sociale dei Kurgan.


Il modello sociale imposto vede come elementi dominanti la forza fisica e l'autorità maschile relegando la figura della donna (e della sua spiritualità) a un livello di schiavitù e di concubinaggio forzato. L'ordine anarchico venne represso, fu introdotto il concetto di proprietà (che poi sfocerà nella monetizzazione, nel mercato) soppiantando un efficace sistema economico basato sul dono.

Da questa logica oppressiva nacque quella che la storiografia ufficiale, riconosce come la "nostra" civiltà, le prime monarchie, i primi regni... omettendo tutto ciò che di buono vi era prima in una arcadica società così come venne progettata per l'uomo da Enki, dopo il diluvio, con il processo di Rinascita, grazie alla quale ebbero origine le prime società umane, tra cui i Sumeri, appunto poi soppiantate dall'arrivo degli Indoeuropei.

E' solo dopo il loro arrivo infatti che la linea del tempo inizia a registrare gli accadimenti storici che studiamo sui libri di testo, relegando alla figura di semplici miti ciò che precedeva la storia. Una storia prima della storia, volutamente cancellata dalla storia. 


Se come abbiamo detto ad Harran la tribù di Abramo (che ancora non è nazione di Israele, in quanto sarà Giacobbe a ricevere questo incarico da Dio), si divide in tre sottotribù:

- Una prima tribù, volge a sud, verso la palestina, e la Bibbia seguirà le vicende di questa, poiché da essa nascerà la nazione di Israele, prediletta dal Signore (ovvero Yahweh)

- Una seconda tribù si dirigerà a nord, risalendo il Danubio e occupando perciò la parte nord dell’Europa fino all’Irlanda dove verranno ricordati come i Tuatha de Dana. 

- Una terza prenderà la via del mare dando origine a tutta una serie di popoli che saranno noti per le loro abilità guerriere tanto da venire utilizzati come soldati mercenari e guardie del corpo del faraone (Shardana) in Egitto.


osservando come questi, muovendosi per le terre d’Europa, si integrano e si mischiano con le precedenti genti indo-europee giunte da est definite nelle ricerche della Gimbutas come Kurgan allora possiamo comprendere come il retaggio genotipico e fenotipico collegato alla stirpe del Graal si sia diffuso in tutto il continente diventando sostanzialmente il fil rouge delle stirpi aristocratiche ed elitarie nella storia, anche ini popoli minori come il popolo dei Dauni i quali potevano essere imparentati proprio con gli Shardana (Notare la presenza della sillaba DAN, derivante dalla tribù di DAN) e nell’intero corpo dei popoli del mare del Mediterraneo, i cosiddetti popoli pelasgici.

All’interno di questo complesso insieme di rami del grande albero genealogico del Graal le cui radici affondano nella genealogia Anunnaka, il tronco nei patriarchi antidiluviani e nella gente adamitica (cainiti e sethiani) conosciuti con nomi diversi tra i popoli che ricordano la civiltà antidiluviana di cui essi rappresentavano l’elite come sovrani mitologici e semidei, e i rami nelle dinastie nobiliari aristocratiche che dai popoli antichi arrivano fino ai giorni nostri vi è un ramo particolare che collega, Abramo, Davide, Gesù e l’aristocrazia europea passando per Visigoti e Ostrogoti e altre delle popolazioni che sostituirono il predominio di Roma in Europa. 

Emblematico a tale riguardo è il caso dei I Gonzaga hanno legato indissolubilmente il loro nome, la loro storia e la loro fortuna alla città di cui divennero Signori da quel 16 Agosto 1328, giorno in cui il capostipite della dinastia, Luigi, con la sua astuzia e con la sua ferocia eliminò Passerino Bonaccolsi e prese possesso di Mantova.

Mantova che da quasi duemila anni custodisce fra le sue mura la più preziosa reliquia di tutta la Cristianità: il Preziosissimo Sangue di Gesù Cristo, il Sangue del Re dei Re, il “Sang Real”, portato a Mantova, dalla Palestina, da Longino, il soldato romano che trafisse con la propria lancia il costato di Cristo. A seguito delle persecuzioni dei Romani lo stesso nascose nell’orto dell’ospedale per i pellegrini (ove attualmente sorge la Basilica di S. Andrea) il Sangue di Cristo, prima di essere ucciso per decapitazione il 2 dicembre del 37 d.C. Passarono diversi secoli prima che nel 804, S. Andrea, apparso in sogno ad un fedele, indicasse ove era nascosta la Reliquia; il Papa Leone III saputo della scoperta si recò a Mantova con l’Imperatore Carlo Magno ove accertò la veridicità del ritrovamento tanto che l’Imperatore riportò con sé a Parigi una particella del Preziosissimo Sangue per collocarla nella Cappella Reale.

Successivamente nel 923 o 924 le reliquie furono di nuovo nascoste temendo l’invasione degli Ungari e solo nel 1048, S. Andrea riapparve in sogno al mendicante tedesco Adalberto indicandogli dove ritrovare la Reliquia che era stata nascosta nell’orto di S. Andrea (nel luogo in cui era posto l’ospedale dei pellegrini, dedicato poi a S. Maddalena, era nel frattempo sorto un oratorio).

Signori di Mantova in quel periodo erano Bonifacio di Canossa e la moglie Beatrice di Lorena, genitori di colei che sarà chiamata la vice-regina d’Italia Matilde di Canossa, i quali parteciparono al ritrovamento. Da quel momento e fino al 1848 il Preziossimo Sangue rimarrà ininterrottamente custodito fra le mura della chiesa di S. Andrea a Mantova.

E i Gonzaga? Essi probabilmente ritenevano di essere la “stirpe” destinata, per nobiltà, purezza, discendenza a custodire per diritto divino il “Sang Real”.

Tale riconoscimento viene a mio parere “consacrato” di fronte a tutte le famiglie nobili d’Europa quando l’Imperatore Sigismondo di Lussemburgo, legato ai Cavalieri Teutonici e Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri del Dragone (si dice l’ordine cavalleresco più antico al mondo), di ritorno da Roma dove era andato per farsi cingere della corona imperiale si ferma a Mantova il 22 settembre 1433 ad investire del titolo di Marchese dell’Impero Gianfrancesco Gonzaga e per dare ai Gonzaga un nuovo stemma araldico molto interessante, come lo descrivono le cronache di allora “…li diede uno scudo con l’arma delle quattro aquile in campo bianco, distinto da una croce rossa (n.d.a.Croce rossa patente)…”. 

Ora, se le aquile inquartate nello stemma stanno a significare la sottomissione dei Gonzaga all’Impero , neppure il maggior esperto di araldica gonzaghesca da me interpellato ha saputo rispondere alla domanda sul significato della croce rossa patente. Tutti sanno che la croce rossa patente in campo bianco era l’emblema con il quale si riconoscevano i Templari, pertanto ritengo che l’inserimento di tale segno nello stemma araldico stesse ad indicare “a coloro che sapevano” che i Gonzaga erano legati con i discendenti dell’Ordine Templare: i cavalieri del Priorato di Sion!


A rafforzamento di tale tesi bisogna dire che circa cento anni dopo, nel 1527, diventa Gran Maestro del Priorato di Sion (secondo quanto scritto nei “dossier segreti” custoditi nella Biblioteca Nazionale di Parigi) Ferrante Gonzaga, personaggio di primo piano nella storia italiana del Cinquecento, figlio di Isabella d’Este, la Signora del Rinascimento, che sarà Vicerè di Sicilia e poi Governatore di Milano per conto dell’Imperatore Carlo V e capitano delle sue truppe. Egli sarà anche il primo italiano ad essere insignito dell’onorificienza del Toson d’Oro.

Successivamente un altro Gonzaga diventerà Gran Maestro dell’Ordine del Priorato di Sion: Luigi di Gonzaga. 

Vorrei soffermarmi anche in questo caso sull’importanza dello stemma araldico di questa famiglia che era costituito, stranamente, dall’insieme degli stemmi araldici delle famiglie che si erano imparentate con i Nevers ed i Gonzaga (i Cleves, i La Marck, gli Artois e poi ancora Brabante, Borgogna, Rethel, Albret-Orval, Alençon, Boemia, Aragona, Bar, Sassonia, fior fiore della nobiltà europea) ed in cui erano inquartati i tre stemmi araldici che indicavano una discendenza imperiale-divina: l’Aquila di Bisanzio, la Croce di Costantinopoli e la Croce di Gerusalemme.

Se prendiamo atto che l’araldica in quell’epoca era un “scienza esatta” e che niente veniva inserito negli stemmi senza un preciso significato, occulto o palese, possiamo capire l’importanza di quanto sopra descritto e ad ulteriore conferma di quanto detto, vorrei citare la conclusione tratta da F. Cadet de Gassicourt e dal Barone Du Roure de Pauline nel loro libro “L’ermetismo nell’arte araldica” (Ed. Arkeios): “…che, anche per tutte le armi la cui origine ci è attualmente sconosciuta, un’idea abbia per forza dovuto presiedere alla loro scelta…Partendo dunque dal principio che nel Medio Evo molti personaggi, non dei minori, fossero affiliati a sette occulte - Templari, Rosacroce, antichi massoni, ecc.- abbiamo supposto, non senza verosimiglianza, che la maggior parte dei membri di quelle società segrete abbiano nel loro blasone dei simboli che permettessero di farsi riconoscere fra di loro, senza fare scoprire ai profani ciò che doveva restare nascosto…”

I Gonzaga, inoltre, si dichiaravano discendenti dalla stirpe merovingia. A riprova di ciò alcuni anni fa fu battuto ad un asta un gigantesco albero genealogico dei Gonzaga che iniziava indicando come capostipite addirittura Genebaldo, antenato di Meroveo fondatore della dinastia merovingia, appartenente alla stirpe dei Franchi Sicambri, Primo duca dei Franchi Occidentali, morto nel 356 o nel 358.E’ chiaro che il discendere dalla stirpe merovingia era importantissimo per i Gonzaga, poiché se i Merovingi discendevano direttamente dalla stirpe di Gesù Cristo ( come è anche teorizzato nel libro di Baigent, Leigh e Lincoln: “Il Santo Graal”) allora anche nelle vene dei Gonzaga scorreva il “Sang Real”,quindi si sentivano legittimati a custodire il “Preziosissimo Sangue” .

Numerosi altri sono gli elementi di collegamento fra i Gonzaga ed il Santo Graal,basti pensare all’attrazione che essi avevano per il primo grande romanzo della cultura occidentale, quello riguardante Re Artù ed i Cavalieri della Tavola Rotonda, ove erano presenti tre temi: La Dama, il Re ed il Graal, tanto da custodire nel loro palazzo un’importante biblioteca di codici cavallereschi e di manoscritti narranti le gesta di Lancillotto, Parsifal ed i Cavalieri della Tavola Rotonda. Oppure basti osservare visitando palazzo Gonzaga a Mantova la sala detta “del Pisanello”, così chiamata dal nome dell’autore che dipinse gli affreschi e le sinopie che coprono le pareti di questo magnifico ambiente (che sembra fosse destinato in passato a sala delle riunioni dei cavalieri più importanti del ducato oppure di qualche ordine cavalleresco sconosciuto) rappresentanti alcune scene del torneo di Louverzep tratte dal romanzo “Queste du Graal”.

L’articolo di Marcuzio Isauro “Et in Arcadia ego”, apparso sul n. 2 di questa Rivista ed in particolare il paragrafo riguardante “I Conti di Collalto”, hanno evidenziato incredibili coincidenze fra la storia dei Collalto stessi e quella dei Gonzaga, a partire dal rapporto con Sigismondo di Lussemburgo, il Toson d’Oro, i Merovingi, oltre al fatto che le famiglie strinsero anche legami di parentela nel corso dei secoli poichè Scipione I Collalto sposò Eleonora Gonzaga e una Collalto, Silvia, si unì in matrimonio con Federico Gonzaga. Ma è soprattutto quel senso di appartenenza a quelle che io chiamo “le famiglie del Graal”, la cosa che più le unisce.

Ritengo infatti che siano esistite ed esistano tuttora in Europa, famiglie di antichissima nobiltà, legate fra di loro, oltre che da vincoli di parentela, anche da un legame fortissimo dovuto al fatto di ritenere di essere discendenti della “Stirpe Divina”, la Stirpe del “Sang Real”.

Ricostruendo l’albero genealogico di questa stirpe attraverso i secoli, sono certo, troveremo molte risposte ai quesiti che spesso rimangono senza risposta. 

La Trinità e altre Eresie della Chiesa Romana

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Abbiamo già discusso del fatto che all'inizio Gesù era considerato come un profeta  che piano piano fu divinizzato. La cosa non è però così semplice ed infatti sorsero vari problemi teologici non da poco. Che rapporto c'è tra Gesù e Dio? Sono due dei? sono cioè distinti? sono coesistenti? e se sono distinti, vi è una gerarchia tra loro? 

Occorreva risolvere la cosa altrimenti il prezzo sarebbe stata una totale frantumazione delle comunità cristiane che già avevano problemi grossi con l'introduzione del culto dei santi (ad imitazione del culto pagano degli eroi e del politeismo) e del culto della verginità di Maria (preso di sana pianta da miti pagani).

Anche nella soluzione dei problemi posti vi era la presenza delle tradizioni pagane che avevano tutte una trinità da venerare (Iside, Osiride e Horus; Zagreo, Fane e Dioniso; Giove, Giunone, Minerva; ...).

Sulla divinizzazione di Gesù molto contribuì Paolo anche se non lo considerava identico al padre, iniziando la teoria subordinazionista (il padre è più importante del figlio). Per Paolo solo il padre è Dio (JeoV), mentre il figlio è Signore (kurioV). La cosa si ritrova nel Vangelo di Giovanni, dove Gesù dice: Il Padre è più grande di me (Giovanni 14, 28). E la cosa venne  accettata da tutte le comunità cristiane e da tutti i pensatori (Ireneo, Tertulliano, Origene, ...) almeno fino al IV secolo. Fu allora che Ario sostenne le stesse cose di precedenti Padri della Chiesa e venne trattato da idolatra ed eretico. Ciò che era accaduto era solo che il processo di divinizzazione di Gesù era avanzato grandemente.

Fu Teofilo di Alessandria il primo a condannare la posizione subordinazionista e con essa Origene (che verrà condannato definitivamente dal V Concilio della Chiesa nel 553) ed Ario.

Ma vi erano altre complicazioni. Certamente Dio era puro spirito (come si legge in Giovanni) ma la Chiesa operò una divisione ulteriore, introdusse lo Spirito Santo ad imitazione dello Spirito Santo dell'Iran (spenta manju) che dovette aspettare per un adeguato riconoscimento.

Gesù non conosceva la Trinità: l'ordine che in Matteo viene posto sulla bocca del «risorto» di battezzare «in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» è unanimemente considerato un falso dalla ricerca critica. Se Gesù pensò a uno Spirito di Dio, lo fece forse nel senso della concezione veterotestamentaria dello «Spirito di Jahve» (ruach Jahve), menzionato nel Vecchio Testamento ben 378 volte .

Neppure Paolo conosce una dottrina trinitaria o contiene allusioni trinitarie; lo «Spirito» di cui scrive è completamente collegato a Cristo, il che Paolo esprime persino con l'equivalenza: «Ma il Signore è lo Spirito» (2 Cor. 3, 17); anche quando parla dello Spirito di Gesù Cristo, dello Spirito del Figlio e simili, parla insieme dello «Spirito del Signore» e del «Signore dello Spirito» .

Nel N.T. esiste anche la formula trinitaria o piuttosto la giustapposizione di Dio, Cristo e gli Angeli e in verità assai spesso, dato che nel Giudaismo essa si era già costituita.

Nell'Apocalisse incontriamo la trinità Dio padre, i Sette Spiriti e Gesù Cristo (Apocalisse 1,4 sg.); in seguito si manifestano persino accenni a una quaternità: intorno al 150 Giustino parla della quaternità formata da Dio Padre, il Figlio, le schiere degli Angeli e lo Spirito Santo (Just.Apol. 1,6).

Gli antichi cristiani trovarono il dogma della trinità attestato tanto esiguamente nella Bibbia, che nel IV secolo si pervenne a una delle più celebri interpolazioni neotestamentarie, al Comma Johanneum, un falso insinuato in parecchi Codici. Per l'esattezza il passo della Prima Lettera di Giovanni

«Sono tre che generano: lo spirito, l'acqua e il sangue, e i tre sono uno», venne modificato in : «Sono tre che generano nel ciclo: il Padre e il Verbo e lo Spirito Santo; e i tre sono uno» .

La dottrina della fede nello Spirito Santo sorse gradualmente nel II secolo nella Confessione di fede apostolica. Ma anche in seguito le concezioni intorno allo Spirito Santo tradirono una confusione terribile: spesso lo si equiparò a Cristo o si vide in lui un Angelo o addirittura la madre di Gesù, la quale lo afferrò «a uno dei capelli» e lo portò sul monte Tabor, oppure lo si identificò semplicemente con l'interiorità dell'uomo .

Alla fine del II secolo e nei primi anni del III teologi come Ireneo e Tertulliano ritennero lo Spirito Santo un'entità interna alla divinità; invero Tertulliano lo subordinò al Figlio, come già il Figlio al Padre. Del pari Origene dichiarò lo Spirito Santo come una creatura subordinata al Figlio e proibì, come mima di lui il Padre della Chiesa Clemente, la preghiera alla terza persona divina. 

Generalmente nelle loro speculazioni sulla trinità divina i Padri della Chiesa di questo periodo spesso si dimenticarono dello Spirito e parlarono solo di due Persone . Lo Spirito Santo ottenne la divinità piena solo nel 381 in occasione del Secondo Sinodo ecumenico di Costantinopoli. 

In un Sinodo, quello di Antiochia, convocato e guidato da Osio di Cordoba nel 324-325, si condannò Ario per sostenere la subordinazione del figlio al padre. A tale Sinodo parteciparono 56 persone e le decisioni furono prese da ben pochi fratelli esperti in faccende di fede ecclesiastica. 

Il sinodo d'Antiochia fu solo una sorta di preludio all'assemblea chiesastica prevista da Costantino in un primo tempo in Ancira (l'odierna Ankara), poi tenuta nel 325 nella sua residenza estiva di Nicea (oggi Iznik, a 130 Km da Istanbul), nell'Asia Minore nordoccidentale, il primo Concilio ecumenico, vale a dire universale, cui presero parte circa trecento vescovi provenienti da ogni parte del mondo.

In verità la massima parte dei delegati proveniva dall'oriente; l'occidente fu rappresentato solo da un vescovo gallico, uno calabrese e uno pannonico, inoltre erano presenti il vescovo spagnolo Osio di Cordoba, Ceciliano di Cartagine e due preti romani delegati in rappresentanza del vescovo di Roma Silvestro, che era ammalato.

Il livello intellettuale di molti padri sinodali era oltremodo basso; un contemporaneo, sicuramente a torto, parla maliziosamente di un «sinodo di veri e propri cretini». 

La grandissima parte dei chierici cattolici nemmeno oggi ha grande dimestichezza con la teologia storico-critica, ma per altre ragioni. A Nicea, in ogni caso, come già in Antiochia, solo pochi padri sinodali si mostrarono capaci di autonomia di giudizio, ma neppur essi riuscirono a concludere nulla. 

Da maggio o giugno fino all'agosto ospiti dell'imperatore, restarono impressionati dalla pompa, dalle adulazioni del monarca, da come egli baciava le cicatrici dei martiri e dall'appellativo di «amici» e «amati fratelli», col quale si rivolgeva ai presenti; così il credo niceno fu esattamente la formulazione che l'imperatore voleva: nulla accadde contro la sua volontà.

Costantino aprì il concilio, intervenne nel dibattito e ne determinò l'andamento. Non furono approntati protocolli oppure essi furono fatti sparire ad opera della Chiesa. Quando gli Ariani lesserò il loro credo, al portavoce fu strappato di mano il foglio e ridotto in mille pezzi, prima ancora che avesse finito.

Oltre la questione ariana, si tentò di regolamentare anche altre questioni che in definitiva riguardavano il portare la concordia nella Chiesa perché una chiesa divisa non gli serviva.

Assecondando i desiderata imperiali, alla fine ai vescovi venne proposta una formula che non era stata sostenuta da nessuno dei due gruppi contendenti, che affermava l'uguaglianza di sostanza del Figlio col Padre, l'identità di una sostanza divina in entrambe le persone (la cosa era stata già rigettata da un altro Sinodo - Antiochia 268 - e anche nella Bibbia non era prevista). 

In tal modo furono poste fuori gioco tutte le concezioni subordinazionistiche in relazione al rapporto Padre-Figlio. Da dove proveniva questa idea ? La Chiesa non ce lo ha fatto mai sapere esplicitamente fino agli inizi del Novecento. 

Da allora sappiamo che l'idea è di derivazione gnostica. Anche il concetto numerico di «triade», che si trova alla base del dogma trinitario, come concetto dogmatico è di derivazione gnostica. 

Il Valentiniano Teodoto fu il primo cristiano a definire Trias Padre, Figlio e Spirito Santo, mentre la Chiesa non aveva assolutamente inventato nulla di simile nella sua tradizione più antica. E così un imperatore, per giunta neppure battezzato detta dogmi alla chiesa. 

E questo è solo l'inizio del vero miracolo non di Gesù o Dio ma della Chiesa: la completa distruzione del messaggio del Cristo delle origini. E la Chiesa continuò per secoli ad essere governata da imperatori e, come accennato, nel 381, nel sinodo ecumenico di Costantinopoli, nacque la Trinità come legge dello Stato. 

Una invenzione che l'antica comunità cristiana non si sarebbe mai sognata, che non compare nei Vangeli dove semmai il dogma viene contraddetto.

Esoterismo ed Ermetismo - Il punto di vista del Progetto Atlanticus sull'Esoterismo, sulla Verità e sul modo di comunicarla

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Il Fugu (河豚, 鰒, in katakana フグ?), è un piatto tipico della cucina giapponese. Il fugu è il pesce palla, un pesce velenoso, ma con una corretta tecnica di preparazione il veleno non contamina la pietanza. La difficoltà di preparazione lo ha reso uno dei piatti più celebri del Giappone.

In Giappone dal 1958, in seguito all'elevato numero di morti (420 nel biennio 1956-1958), un cuoco, per poter preparare e servire i fugu, deve obbligatoriamente ottenere una licenza speciale rilasciata dal ministero competente, la fugu chorishi menkyo, concessa solo dopo un esame sia scritto che pratico, durante il quale fra le altre cose il candidato deve saper riconoscere oltre 30 specie della famiglia cui il pesce appartiene.


L’esempio del Fugu mi permette di affrontare un tema molto caro al Progetto Atlanticus. Un argomento che consente di definire meglio anche il nostro approccio al mistero e all’esoterismo in senso generale. 

Vi domanderete certamente cosa possa centrare il pesce palla con il mondo dell’esoterismo, dell’alchimia e della ricerca alternativa promossa dal Progetto Atlanticus...

Per capirlo dobbiamo tornare a un paio di settimane fa, quando mi imbattei in alcuni articoli pubblicati su un sito che si propone, come peraltro facciamo noi nel nostro “Le Stanze di Atlanticus”, di affrontare temi esoterici e misteriosi nel tentativo di approfondire e promuovere importanti argomenti che molto spesso rimangono confinati all’interno di ridotte nicchie di pubblico. Nicchie di pubblico caratterizzate da una certa curiosità e voglia di sapere quel che non viene raccontato dai canali ufficiali, quali che siano questi ultimi.

In questi articoli, nei quali gli autori descrivono loro stessi come persone ‘esoteriche’, viene duramente condannato il modus operandi proprio dell’ermetismo, ritenuto obsoleto, superato nella realtà contemporanea e persino dannoso nei confronti della Verità e irrispettoso di quel pubblico che si appresta, che desidera, e che necessita in un periodo difficile e complicato come il nostro, volere CONOSCERE. 

Il punto di vista di questi autori è che la politica dell’ermetico nel XXI secolo sia tanto controproducente quanto sciocca se orientata alla prospettiva di realizzazione di un mondo migliore come sarebbe invece nell’auspicio degli stessi ermetici per definizione. Diventando l’esoterismo quasi un modo per detenere una sorta di potere sui propri “adepti” influenzandoli lasciando intendere di possedere informazioni più rare di quelle comuni snaturando di fatto il senso generale del termine. 

Mi spiace dover contraddire questi amici, ma è al contrario proprio grazie al profondo senso di responsabilità nei confronti del prossimo che l’ermetico sente suo l’obbligo morale di non poter raccontare la Verità così palesemente come invece alcuni auspicano dovrebbe avvenire e come l’ermetico stesso vorrebbe. 

Sembrerebbe a prima vista una contraddizione o addirittura un comportamento scorretto da parte dell’esoterico-ermetico nei confronti delle persone che si pongono le fondamentali domande cercando avidamente risposte, ma con un po’ di pazienza cercherò di dimostrare che così non è... e per farlo ci aiuterà infine il nostro amico pesce palla.


Per iniziare alcune definizioni che ci faranno capire come l’esoterismo, al contrario di come l’opinione pubblica tenda a fare, non sia un termine relativo solo a indicare una serie di prassi magiche, riti di cartomanzia, calcoli cabalisti e altre forme di superstizione, cioè credenze di natura irrazionale.

Stregoneria? L’Esoterismo non è questo

Esoterismo è invece un termine generale per indicare le dottrine di carattere segreto i cui insegnamenti sono riservati agli iniziati, ai quali è affidata la possibilità della rivelazione della verità occulta, del significato nascosto da cui comprendiamo di come gli studi esoterici siano gli studi sulla natura interna dell’uomo che riguardano quelle scienze che portano, attraverso l’introspezione, alla riscoperta di noi stessi, alla conoscenza della nostra "natura interna", della Verità. 

Può anche significare un sapere naturalmente ristretto a un gruppo di iniziati, che detengono il potere di rivelarlo a chi vogliono. Si contrappone, quindi, a essoterico, parola che indica il sapere oggettivo, per sua natura aperto a tutti coloro che vogliono appropriarsene e sono eventualmente disposti allo sforzo necessario.

Nel 1992 Antoine Faivre, titolare della cattedra di "Storia delle correnti esoteriche nell'Europa moderna e contemporanea" all'école pratique des hautes études di Parigi, ha proposto la prima definizione storico-religiosa della nozione di esoterismo. 

Secondo Faivre, il quale metodologicamente circoscrive la sua analisi all'ambito delle correnti moderne e contemporanee dell'Occidente, è esoterica ogni dottrina e forma di pensiero che si basi sui quattro principi seguenti:

1.    l'esistenza di una corrispondenza analogica tra il microcosmo e il macrocosmo (l'essere umano e l'universo sono l'uno il riflesso dell'altro);
2.    l'idea di una natura viva, animata;
3.    la nozione di esseri angelici (o comunque spirituali), di mediatori tra l'uomo e Dio, ovvero di una serie di livelli cosmici intermedi tra la materia e lo spirito puro;
4.    il principio della trasmutazione interiore.

A questi quattro principi fondamentali vanno aggiunti i due seguenti, considerati complementari:

5.    la pratica della confluenza delle fonti dottrinali;
6.    il principio della trasmissione iniziatica.

è evidente che a tali criteri corrispondono le maggiori espressioni di quello che comunemente viene chiamato "esoterismo" occidentale, quali l'alchimia, la cabala, l'ermetismo, la teosofia. 

I criteri di Faivre però lasciano fuori dalla nozione di esoterismo la maggior parte delle correnti new age e neopagane, come pure le tradizioni massoniche e le tante correnti mistiche minoritarie, occidentali ed orientali, che hanno contribuito a fondare l'esoterismo contemporaneo. 

Per tale motivo (cioè per il fatto che tali criteri siano poco "comprensivi"), la criteriologia di Faivre è stata criticata da altri storici delle religioni, per esempio Kocku von Stuckrad. Ciò nonostante, essa resta un punto di riferimento centrale per tutti coloro che si interessano seriamente di esoterismo e vogliono studiare quest'ultimo dal punto di vista storico-religioso.

Ogni autore di letteratura esoterica è detentore di una propria definizione del termine "esoterismo" (termine di coniazione piuttosto recente, dato che appare per la prima volta in una lingua moderna, il francese, nel 1828). Ognuno di essi identifica l'esoterismo con una nozione particolare, dilatandone o restringendone il campo semantico a seconda delle proprie esigenze.

Per Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), fondatrice della Società Teosofica (1875), l'esoterismo è una "dottrina segreta", una sintesi di tutte le filosofie, di tutte le religioni, capace di svelare gli arcani dell'Universo e dell'Assoluto.

Per Rudolf Steiner (1862-1925), fondatore dell'antroposofia, l'esoterismo è una "scienza spirituale", un'investigazione dei mondi soprasensibili attraverso le facoltà della chiaroveggenza.

Per René Guénon (1886-1951) l'esoterismo è innanzitutto la "tradizione primordiale", ossia una dottrina metafisica universale la cui trasmissione si effettua soprattutto attraverso il linguaggio dei simboli. Secondo Guénon il contenuto di tale dottrina metafisica è reperibile, sebbene in forma alterata, nelle varie tradizioni religiose della storia, e più precisamente nel loro versante "esoterico" (la cabala per l'ebraismo, il taoismo per la religione cinese, il sufismo per l'Islam).

                               
Per Omraam Mikhaël Aïvanhov (1900-1986) lo scopo dell'esoterismo o scienza iniziatica è quello di insegnarci a trasformare i nostri desideri inferiori e di entrare in comunicazione con il mondo divino per perfezionarci e aiutare tutta l’umanità. 

Secondo Aïvanhov, certe scienze quali l'alchimia, la magia, l'astrologia e la Cabala sono di difficile approccio e per capirle bene è consigliabile iniziare a studiarle nell'uomo, nelle sue attività quotidiane.

Nel cibo troviamo l'alchimia, nella respirazione l'astrologia, nella parola e nel gesto la magia e nel pensiero la Cabala. Lo studio dell'esoterismo, precisa questo autore, non può essere separato dalla vita quotidiana.

è a partire dal secondo dopoguerra che gli storici delle religioni iniziano a prendere in esame i diversi ambiti della tradizione esoterica occidentale, fino ad allora ignorata dalla ricerca accademica.

Vengono così forniti contributi scientifici di rilievo, grazie ai quali si inizia ad apprezzare l'importanza quantitativa e qualitativa del corpus esoterico occidentale. 

Tra i maggiori artefici di questa svolta si devono menzionare Mircea Eliade per l'alchimia e lo sciamanesimo (Le Chamanisme et les techniques archaïques de l'extase, Paris, 1950; Forgerons et alchimistes, 1956), Gershom Scholem per la cabala ebraica (Major Trends in Jewish Mysticism, 1941), François Secret per la cabala cristiana (Les Kabbalistes chrétiens de la Renaissance, 1964), Frances Yates per l'ermetismo e il neoplatonismo del Rinascimento (Giordano Bruno and the Hermetic Tradition, 1964; The Occult Philosophy in the Elizabethan Age, 1979), Alexandre Koyré per la mistica e la teosofia tedesche (Mystiques, spirituels, alchimistes du XVIe siècle allemand, 1970), Charles Puech per lo gnosticismo e il manicheismo.

Tale fioritura di studi rese necessaria la creazione di una disciplina scientifica nuova, che si facesse carico di studiare l'esoterismo occidentale in quanto fenomeno storico-religioso a sé stante.

L'impulso alla costituzione di tale disciplina fu dato a Parigi, all'école pratique des hautes études, da François Secret, titolare fin dal 1964 della cattedra di “Storia dell’esoterismo cristiano”. A Secret successe nel 1979 Antoine Faivre, sotto la cui direzione la cattedra mutò nome, prendendo il titolo di “Storia delle correnti esoteriche e mistiche nell’Europa moderna e contemporanea”.

Nel 2002, con l’arrivo all’EPHE di Jean-Pierre Brach, il termine “mistiche” fu soppresso, e l’esoterismo divenne l’unico oggetto di studio della disciplina, i cui quadri concettuali portanti erano stati precedentemente definiti da Faivre in alcune importanti pubblicazioni. 

La fecondità di tale indagine scientifica è confermata dalla creazione di numerose cattedre in altri paesi, tra cui quella di Amsterdam (1999) e quella di Exeter in Inghilterra (2006).

Esoterismo diventa anche sinonimo di nascosto, occulto, in quanto scienze esoteriche come l’alchimia (che doveva trasformare il piombo, ciò che è negativo, in oro, in ciò che è positivo, nell’uomo per fargli riscoprire la sua “natura interna”) dovevano nascondersi, rendersi occulte usando allegorie, per non subire le reazioni della Chiesa.

E qui arriviamo all’ermetismo. Ovvero, in sostanza a uno dei diversi modi di presentare (non raccontare), o meglio rappresentare, la Verità contenuta nell’esoterismo. Il modo, secondo il Progetto Atlanticus, più efficace e che peraltro ha permesso agli antichi saperi millenari di attraversare indenni i secoli e le istituzioni ostili attraverso diverse modalità come per esempio l’edificazione delle grandi cattedrali gotiche.

Le cattedrali gotiche francesi sono un insieme di chiese cattedrali in stile gotico, che sorsero in Francia a partire dalla seconda metà del XII secolo. Le principali di esse erano già edificate, o in corso di edificazione, agli inizi del XIII secolo.

Gli architetti erano scelti tra gli scalpellini ed erano coadiuvati da un mastro muratore, un mastro carpentiere, un mastro fabbro, un mastro idraulico, un mastro sultore e un mastro vetraio. Tutti questi artigiani si formavano con un apprendistato di più anni e con viaggi in diversi cantieri, dove potevano osservare le novità del mestiere. 

Venivano applicate nella costruzione formule geometriche tramandate ai propri figli o apprendisti, che determinavano le proporzioni dell'opera, in continua evoluzione sulla base delle esperienze precedenti.

In accordo con il modello corporativo del tempo e con la necessità di tutelare e preservare i segreti professionali dell'ordine scalpellini e muratori si inserivano nel contesto delle società segrete di ordine massonico.


Abbiamo parlato altrove del legame tra Templari e Massoneria. Vorrei ora concentrarmi su come l'eredità delle conoscenze possedute dai templari e confluite nell'universo massonico dopo la persecuzione e lo sterminio dell'ordine dei Templari viene tradotto nelle cattedrali gotiche europee, principalmente francesi, secondo un linguaggio prettamente simbolico-ermetico.

Innanzitutto partiamo dal nome, che erroneamente viene associato oggi alle antiche popolazioni germaniche conosciute come goti, da cui l'appellativo gotico per le cattedrali, utilizzato come dispregiativo, secondo la maggior parte degli storici dell'arte.

In verità esiste una ragione più oscura. 

Secondo Fulcanelli la spiegazione del termine gotico va ricercata nell'origine cabalistica della parola che deriva da goetico, ossia magico. 

La Cattedrale è pertanto un capolavoro di art gotique di Art Goth che per omofonia si trasforma in ARGOT. I dizionari definiscono l'argot come quel linguaggio utilizzato per scambiarsi informazioni senza che gli altri possano capire: un linguaggio quindi ermetico per definizione.

Con ermetismo o filosofia ermetica ci si riferisce a vari autori probabilmente greci, la più parte sconosciuti, che in lingua greca elaborarono durante il periodo della cultura ellenistica greca e romana, a cominciare dal II secolo d.C., un complesso di dottrine mistico-religiose e filosofiche alle quali si affiancarono teorie astrologiche di origine semita, elementi della filosofia di ispirazione platonica e pitagorica, credenze gnostiche e antiche procedure magiche egizie.

Il termine trae origine da Ermete Trismegisto (dal greco antico Ἑρμῆς ὁ Τρισμέγιστος, «Ermete il tre volte grandissimo»). Nell’atmosfera sincretica dell’Impero romano, al dio Ermes fu dato come epiteto il nome greco del dio egizio Thot. Entrambi erano gli dei della scrittura e della magia nelle loro rispettive culture. 

Secondo Athanasius Kircher: «Gli Arabi lo chiamano Idris, dall'ebraico Hadores, i fenici Tauto, gli Egizi Thot ma lo chiamano anche Ptha e i Greci Ermete Trismegisto.

Tema centrale dei testi ermetici è dunque il rapporto tra l'uomo e un Dio che sfugge nella sua totale trascendenza all'intelletto umano. L'uomo può cogliere l'essenza divina tramite la gnosi, un processo di natura sovrarazionale dovuto all'illuminazione proveniente da Dio che conduce l'uomo all'estasi e al ritorno dell'anima al suo creatore.


Un'altra via, indiretta questa, per la conoscenza di Dio è costituita dalle tracce, le vestigia, che Dio ha lasciato nella creazione della natura, in quel mondo materiale dove l'uomo per il suo peccato è caduto e da dove, per la sua natura originaria divina, può compiere la sua risalita verso il creatore. Ciò che si definisce struttura matematica dell’universo che trova nel fenomeno dei frattali e nell’equilibrio armonioso della sezione aurea la massima evidenza.
   

E’ bene sapere che in tutte le religioni esiste un insegnamento pubblico (essoterico) ed uno riservato (esoterico). 

Noi di Progetto Atlanticus, come già raccontato in altre occasioni, riteniamo che questa distinzione, questa caratteristica propria della religione, sia presente anche in moltissime opere d’arte e della letteratura, antica e contemporanea i cui autori, in perfetto stile ermetico, hanno desiderato inserire messaggi e significati in modo non così palese come invece gli amici a cui mi riferivo in apertura dell’articolo pretendono, attraverso il ricorso a archetipi, simboli da dover svelare da parte di chi osserva o legge.

Questo avviene anche nelle espressioni artistiche contemporanee siano essi opere cinematografiche o musicali. 

E’ il caso dei contenuti espressi nei piani di lettura più profondi di film come Lucy o come Interstellar o ancora dei testi e videoclip di Lady Gaga, Micheal Jackson o dei 30 Seconds to Mars di Jared Leto. Solo per citare i casi più recenti, ma di esempi ce ne sono di moltissimi altri nella storia dell’arte, passata e contemporanea, così come abbiamo cercato di raccontare nella puntata numero 23 del nostro podcast “Atlanticast” intitolata appunto “I Messaggi Ermetico-Esoterici nell'Arte”.

La critica che viene mossa ai detentori, o presunti tali, di codesta Verità è il perché questi non offrano in modo chiaro e palese le risposte che da sempre attanagliano l’Uomo e del perché ci si ostini a nasconderla sotto il tanto vituperato velo di Maya schopenaueriano attraverso simboli, metafore, allegorie o archetipi propri del linguaggio ermetico, finendo erroneamente addirittura a maledire quelle scuole ermetiche grazie alle quali invece la Verità è stata preservata attraverso i millenni da quei nemici che, per un motivo o per l’altro, volevano distruggerla.

Se per assurdo io fossi uno di quei detentori della Verità voi certamente vorreste delle risposte da parte mia. 

Se io fossi davvero un protagonista esoterico possessore della Verità sarei elevato al pari dei Player di cui ho parlato nel topic “La Scacchiera degli Illuminati” e certamente potrei essere tentato di utilizzare questo strumento per esercitare il potere di CHI SA nei confronti di CHI NON SA secondo la politica del Player C. 

Purtroppo il mondo è pieno di cialtroni e la storia già ci ha insegnato come sia facile realizzare istituzioni di potere attraverso la strumentalizzazione e la mistificazione del messaggio salvifico esoterico ed essoterico contenuto nei testi religiosi e spirituali che abbiamo imparato a conoscere nel corso dei nostri studi.

Ma per non complicare la comprensione di questo testo   con ulteriori esempi e non distogliere l’attenzione del lettore che invitiamo a consultare la teoria dei player all’interno del nostro blog “Le Stanze di Atlanticus” ipotizziamo di appartenere al Player B auspicando pertanto che l’Uomo giunga infine alla riscoperta dei segreti esoterici nascosti sotto il velo di Maya che permetterebbero il raggiungimento della piena consapevolezza del sè e dell’Universo. Una volta rivelare determinati segreti sarebbe costato la vita, il rogo, l’ostracismo sociale, ma oggi ritengono alcuni, quei tempi sono finiti e quindi sarebbe possibile e doveroso da parte di costoro rivelare la verità. 

E’ un ragionamento il loro fin troppo ingenuo. Sappiamo per esempio di come Kubrick abbia pagato con la vita l’aver presentato nel film Eyes Wide Shut qualcosa che non doveva essere rivelato, come ad esempio il rito ierogamico che caratterizza alcuni riti praticati con consuetudine da parte delle famiglie elitarie dell’oligarchia sovranazionale al vertice della piramide che definisce il NWO.


E qualora non si arrivasse da parte loro alla suddetta soluzione vi è sempre modo di sporcare talmente tanto una verità rivelata in modo così superficiale come vorrebbero fare gli amici di cui si parlava all’inizio da renderla inutilizzabile... praticamente bruciata, perché incomprensibile ai più. 

Persino il diamante, ricoperto di sterco, non brilla più. O sbaglio?!

Ricordatevi, amici miei, che in un mondo in cui tutti pensano che 2+2 faccia 5 tu, che sai essere 4 il risultato, verrai ritenuto pazzo. 

Eppure nella Verità dettata dalla matematica e logica è evidente, o quantomeno dovrebbe esserlo, il risultato dell’equazione sopraccitata.

Quel risultato, quel 4, corrisponde alla Verità posseduta dall’esoterismo.

Il modo in cui il maestro cerca di farti capire che 2+2 non fa 5 corrisponde invece all’ermetismo. Ovvero io preferisco non dire apertamente, per i diversi motivi appena accennati nell’articolo in questione, che 2+2 fa 4... ma cerco di farti capire, di darti gli strumenti per poterlo fare, che 2+2 non può fare 5 come invece ti hanno indotto a pensare! 

Ma che farà 4, mio caro amico, lo dovrai capire tu, attraverso quegli strumenti che l’ermetismo ti ha messo a disposizione e attraverso lo sforzo di volontà, mosso dalla tua curiosità, che ti consentirà di giungere alla epifania del risultato dell’equazione. 

Rassegnati, perché nessuno te lo dirà mai, perché è giusto che sia così!

D’altronde posso mai raccontarti un film... o un libro? Certo che posso... ma per capire cosa voglia davvero dire quel film o quel libro dovrai vederlo o leggerlo in prima persona forte degli strumenti che avrai appreso durante una ricerca autonoma e individuale.

E’ questo che chi maledice l’ermetismo non riesce a capire. Ovvero che l’ermetico non vuole rivelarti la verità, ma non perché ti vuole ignorante, anzi al contrario perché vuole offrirti gli strumenti necessari affinché tu la possa fare tua, quella Verità.

E’ una differenza sottile, ma fondamentale: non posso raccontarti la Verità... sei tu che devi comprenderla!

Quindi cosa può fare l’esoterico-ermetico (il nostro Player B) se non offrirti quegli strumenti affinché sia TU e solo ed esclusivamente TU a realizzare quel cammino, quel percorso di consapevolezza che ti porterà a comprendere quella verità che stai cercando facendola tua?!

Anche Dante Alighieri fu accompagnato da Virgilio e Beatrice in un lungo percorso attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso, prima di poter vedere DIO, eppure i due avrebbero potuto raccontare subito a Dante la vera natura di DIO. Ma non l’hanno fatto!


Pensateci. 

E’ più efficace descrivere un quadro a un cieco? O cercare di fargli aprire gli occhi.

E’ più efficace descrivere il gusto di una pietanza? O spingere una persona a cibarsene?

Ma, nel caso del cibo, bisogna anche essere in grado di cucinarlo... e finalmente torniamo all’esempio del pesce palla. 

Vi chiedo un ultimo ulteriore sforzo.

Sapendo che la carne del pesce palla è buona, buonissima, voi ve la sentireste di consigliarla a tutti i vostri amici e parenti di cucinarla e cibarsene sapendo che un taglio errato e inesperto delle sue parti molle potrebbe renderne velenoso e mortale il consumo?

Non cerchereste forse di preservare il segreto della ricetta comunicandolo solo a persone che hanno dimostrato volontà, capacità, curiosità e amore nella gastronomia, nella cucina, dimostrando quindi di essere in grado di maneggiare la carne del pesce palla al fine di tutelare i vostri amici e parenti dal suddetto rischio mortale?

La stessa cosa viene fatta con la verità. La verità se malintesa può essere estremamente pericolosa esattamente come la carne del Fugu. Pericolosa come una pistola carica in mano a un bambino.

Diffidate da chi vi dice di conoscere la verità e si propone di rivelarvela richiedendo la vostra accettazione per fede. E diffidate anche da chi pretende che la verità debba essere rivelata maledicendo gli ermetici per averla tenuta nascosta. 

Perché se questo è stato fatto ringraziate gli ermetici, poiché è stato fatto per voi, affinché possiate conoscere e comprendere la Verità, autonomamente.

Fonti:

Gli irresistibili Neanderthal

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Il DNA più antico di un uomo moderno ad essere sequenziato in assoluto dimostra che  gli Homo sapiens che si incrociarono con i Neanderthal erano molto moderni - non solo anatomicamente ma con comportamenti moderni, tra cui la pittura, strumenti moderni, musica e gioielli.

Alcuni in precedenza stimavano che questa relazione interspecie fosse avvenuta molto prima, prima della comparsa di queste caratteristiche. La nuova sequenza di DNA dimostra che l'incrocio è effettivamente avvenuto all'inizio del Paleolitico Superiore, quando ci fu un'esplosione di cultura umana moderna.

Circa il 2 per cento del genoma di molti umani moderni di DNA Neanderthal, un risultato di incroci tra le due specie che possono essere visti in tutti, tranne che nelle persone provenienti dall'Africa sub-sahariana. Il cosiddetto uomo Ust'-Ishim, che prende il nome dalla città della Siberia occidentale, dove è stato trovato, porta una percentuale analoga di DNA Neanderthal nel suo genoma come gli attuali eurasiatici, e una combinazione di radiocarbonio e datazione genetica dimostra che è morto solo circa 45.000 anni fa.


Prima d'ora non siamo riusciti a escludere che la nostra frazione di antenati di Neanderthal è stato il risultato di incroci tra Neanderthal e umani moderni che erano nel Vicino Oriente prima che i Neanderthal arrivassero lì, dice David Reich della Harvard University, co-autore dell'articolo. Anche se questi esseri umani del vicino oriente erano anatomicamente moderni, non mostravano un comportamento moderno.

I ricercatori hanno potuto calcolare che l'uomo di Neanderthal è diventato parte della discendenza dell'uomo analizzando le lunghezze delle regioni Neanderthal di DNA nel suo genoma. Il DNA viene tagliato e mescolato nel succedersi delle generazioni, e le lunghezze del suo genoma hanno mostrato che era il risultato di sole 230-400 generazioni di ibridazione uomo-Neanderthal tra 7000 e 13.000 anni prima. Questo fissa la data del nostro incrocio con gli uomini di Neanderthal tra 50.000 e 60.000 mila anni fa, escludendo quasi 50.000 anni di possibili date precedenti.

"Questo nuovo articolo afferma definitivamente che fu l'uomo moderno con il comportamento umano moderno a incrociarsi con i Neanderthal", dice Reich.

"La nuova tempistica esclude che i primi esseri umani moderni in Medio Oriente da questa mescolanza", afferma Janet Kelso del Max Planck Institute di Lipsia, in Germania, uno dei ricercatori a capo del progetto.

L'inizio del Paleolitico Superiore, cica 50.000 mila anni fa, è stato un periodo in cui apparvero complessi strumenti in pietra e osso in tutta l'Eurasia, insieme a ornamenti per il corpo come conchiglie forate e denti di animali, pigmenti e strumenti, anche musicali, dice il membro del team Tom Higham dell'università di Oxford. Non si sa quale specie umana abbia fatto questi manufatti sofisticati, ma la constatazione che l'uomo Ust'-Ishim fosse in Siberia in questo momento significa che avrebbe potuto essere l'uomo moderno, egli dice.


Tracciare l'albero genealogico

Vecchio di circa 45.000 anni, Ust'-Ishim è il più antico uomo moderno ad essere mai essere stato sequenziato. Questo titolo è stato precedentemente detenuto da un un ragazzo di 24 mila anni fa, sempre dalla Siberia, il cui DNA è stato sequenziato l'anno scorso.

"Si tratta di una ricerca molto interessante che dimostra ancora una volta la notevole potenza di analisi del DNA antico per aiutare a risolvere problemi apparentemente irrisolvibili nella scienza dell'evoluzione umana", dice Darren Curnoe presso l'Università del New South Wales a Sydney, Australia.

Confrontando il genoma di Ust'-Ishim a vari gruppi di esseri umani moderni e antichi, i ricercatori stanno riempiendo le lacune nella mappa delle iniziali migrazioni umane in tutto il mondo. Hanno scoperto che è geneticamente simile agli asiatici orientali di oggi come agli antichi genomi presenti in Europa occidentale e in Siberia, suggerendo che facesse parte sia della popolazione europea che asiatica orientale, prima della loro divergenza.

"Rappresenta un gruppo che si stabilì in Siberia e poi scomparve senza lasciare discendenza", dice Curnoe. "Questo ci dice che quando i primi esseri umani che hanno lasciato l'Africa e si stabilirono in Eurasia non erano tutti di successo. Ci sono state più popolazioni di quanto avessimo pensato, alcune delle quali non hanno per nulla contribuito alle persone che vivono oggi." Questo potrebbe rendere difficile l'interpretazione dei fossili umani trovati in Eurasia, dal momento che non si può supporre che essi siano i nostri antenati.

Ma mentre l'uomo Ust'-Ishim non sembra avere alcun diretto discendente moderno vivente, è più geneticamente simile agli attuali asiatici orientali che agli europei di oggi. Questo risultato è coerente con una teoria recentemente proposta che gli attuali europei possono aver avuto alcuni dei loro antenati da parte di gruppi successivi che non facevano parte della migrazione iniziale nella zona. 


Irresistibile Neanderthal

Si crede che l'Homo sapiens abbia preso il DNA Neanderthal da almeno due attacchi di ibridazione. Mentre gli africani sub-sahariani non hanno DNA di Neanderthal, le popolazioni asiatiche ne hanno di più rispetto agli europei.

"Sappiamo che ci sono probabilità che ci siano sati almeno due eventi dicommistione negli antenati degli attuali abitanti - l'evento precoce e condiviso durante la migrazione umana moderna dall'Africa, e un secondo evento negli antenati degli asiatici di oggi," dice Kelso.

L'analisi delle lunghezze del DNA Neanderthal di Ust'-Ishim ha individuato il primo evento di incrocio condiviso circa 230-400 generazioni prima di lui, ma alcuni tratti più lunghi di DNA indicano che i suoi antenati si erano incrociati con gli uomini di Neanderthal ancora più di recente. "Ci può essere stato un evento di incrocio più tardo negli antenati di questa persona", dice Kelso.

Poiché ci sono solo alcuni di questi tratti più lunghi, non si era in grado di individuare quando questo incrocio fosse accaduto. Ma qualunque sia la data, sembra che gli esseri umani ed i Neanderthal si siano trovati l'un l'altro irresistibili, o per lo meno si accoppiarono tra di loro abbastanza frequentemente, ogni volta che coabitavano nelle stesse aree. "La tempistica è più semplicemente il risultato del fatto di dove i due gruppi si sono sovrapposti geograficamente e temporalmente" dice Kelso.


La mano degli USA sulla recente storia d'Italia

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Non fu certo nell’incontro tra membri della classe dirigente italiana ed esponenti della finanza anglosassone a bordo del panfilo Britannia, il 2 giugno 1992, che si decisero le sorti del nostro Paese, benché non si debba sottovalutare il significato politico di quel gentlemen’s agreement, che è diventato simbolo della politica antinazionale che da allora avrebbe caratterizzato la storia del nostro Paese. 

Peraltro, fu proprio nel 1992 che si sarebbero create le condizioni per dare l’Italia in pasto ai pescecani della finanza internazionale, sacrificando, per così dire, l’interesse nazionale sull’altare della “geopolitica occidentale”. Nonostante ciò, la gioiosa macchina da guerra che avrebbe fatto a pezzi l’Italia si era già messa in moto perlomeno dal 1981, ossia allorquando c’era stato il divorzio tra il Tesoro e Bankitalia. 

Un divorzio che costrinse lo Stato italiano a finanziarsi sul mercato a tassi d’interesse salatissimi, tanto che il debito pubblico, che nel 1982 era il 64% del Pil, nel 1992 era diventato il 105,2% del Pil (1). 

Scrive Domenico Moro: «Nel 1984 l’Italia spendeva – al netto degli interessi sul debito – il 42,1% del Pil, che nel 1994 era aumentato appena al 42,9%. Nello stesso periodo la media Ue (esclusa l’Italia) passò dal 45,5% al 46,6% e quella dell’eurozona passò dal 46,7% al 47,7%. Da dove derivava allora la maggiore crescita del debito italiano? 

Dalla spesa per interessi sul debito pubblico, che fu sempre molto più alta di quella degli altri Paesi. La spesa per interessi crebbe in Italia dall’8% del Pil nel 1984 all’11,4%, livello di gran lunga maggiore del resto d’Europa. Sempre nello stesso periodo la media Ue passò dal 4,1% al 4,4% e quella dell’eurozona dal 3,5% al 4,4%» (2). 

Ma gli anni Ottanta del secolo scorso furono pure gli anni che videro i vertici del Pci condurre il “popolo comunista” verso l’altra sponda dell’Atlantico. Una traversata lunga e difficile, anche perché vi era il rischio per i “vertici rossi” di arrivare con un numero esiguo di passeggeri, anziché con un esercito pronto a combattere “al soldo” della Casa Bianca. 

A tale proposito, è interessante ricordare quanto ebbe a dichiarare nel 2008 al “Corsera” il generale Jean riguardo alla presa di posizione del Pci contro l’installazione dei missili Cruise a Comiso, avvenuta nel 1985, anche se i lavori nella base siciliana erano cominciati due anni prima (lavori di cui il generale Jean era ben informato dato che all’epoca dirigeva il reparto del ministero della Difesa che controllava le infrastrutture della Nato in Italia). 

Jean ricordò ai lettori del “Corsera” che il Pci sui missili Cruise non aveva fatto “marcia indietro” rispetto alla celebre affermazione di Enrico Berlinguer, secondo cui si era più sicuri sotto l’ombrello della Nato anziché sotto quello del Patto di Varsavia, dato che, come precisò Jean, «il Pci fu sostanzialmente d’accordo, non poteva dichiararlo apertamente, la sua base non avrebbe capito, ma non creò problemi eccessivi» (3). 

Nondimeno, non si deve neppure trascurare che il Psi di Craxi intralciò non poco i piani del Pci, di modo che, quando cadde il Muro di Berlino, i “vertici rossi” erano ancora alla prese con la questione del nome da dare alla “nuova cosa” che avevano in mente da parecchi anni. Un ritardo che avrebbe potuto costare assai caro ai dirigenti di quello che si definiva ancora il più forte partito comunista occidentale.

Una volta crollato il Muro, il 9 novembre del 1989, però di tempo il Pci non ne perse più e solo tre giorni dopo ci fu la famosa “svolta della Bolognina”, che nel febbraio del 1991 portò allo scioglimento del “vecchio e glorioso” partito comunista italiano e alla nascita del Partito democratico della sinistra. 

Qualche pezzo gli ex compagni lo persero, ma fu “roba” di poco conto. Sotto questo aspetto, fu davvero decisivo il lavoro di “MicroMega”, “L’Espresso “e “la Repubblica”, di fatto «i principali strumenti della rieducazione “liberalprogressista” e “antinazionalpopolare” del popolo comunista» (4). 

D’altra parte, il Pci già negli anni Ottanta, più che il partito delle tute blu, era diventato il partito del ceto medio semicolto, formato in buona misura da colletti bianchi “nullafacenti”, da insegnanti senza nulla da insegnare e da “parassiti” vari, decisi a risolvere una volta per tutte la “questione morale” che affligge l’Italia da tempo immemorabile, benché in verità anch’essi “nati e cresciuti” nel ventre marcio della partitocrazia e indubbiamente non meno abili nell’appropriarsi del denaro pubblico dei tanto da loro detestati “ladri” socialisti e democristiani.

Non fu però ovviamente la “svolta della Bolognina” ad inaugurare il “nuovo corso storico” dell’Italia, bensì l’“intreccio” fra le vicende nazionali e i mutamenti degli equilibri internazionali successivi al crollo dell’Unione Sovietica. Gli eventi del 1992 non lasciano molti dubbi al riguardo. Nel mese di febbraio si firmarono gli accordi di Maastricht (entrati in vigore l’anno successivo). 

Dei tre negoziatori italiani (Giulio Andreotti, presidente del Consiglio, Gianni De Michelis, ministro degli Esteri, e Guido Carli, ministro del Tesoro) forse solo Carli si rese conto appieno delle conseguenze di questo trattato per la nostra economia, cogliendo pure i potenziali aspetti antiamericani della moneta unica europea, che allora sembrava destinata a porsi come alternativa al dollaro. 

Non a caso, Carli scrisse: «Gli Stati Uniti hanno esercitato lungamente un diritto di “signoraggio” monetario sul resto del mondo [ragion per cui] negli Stati Uniti […] gli economisti sono scesi in campo per difendere gli interesse della comunità finanziaria americana nel tentativo di delegittimare il progetto di Unione Europea dal punto di vista teorico. La realizzazione del trattato di Maastricht significherebbe la sottrazione agli Stati Uniti di quasi metà del potere di signoraggio di cui dispongono» (5). 

Lo stesso Mario Monti allora mise in evidenza che gli accordi di Maastricht comportavano non solo il risanamento della finanza pubblica, ma pure che “rivoltavano come un guanto” il modello di governo dell’economia italiana (6). Comunque, le conseguenze del trattato di Maastricht si capirono soltanto negli anni seguenti, quando sarebbe stato troppo tardi per porvi rimedio e non furono certo quelle previste da Carli. 

Infatti, non furono solo gli economisti americani a scendere in campo per difendere gli interessi degli Usa. E i “circoli atlantisti” seppero lavorare così bene che l’euro si sarebbe rivelato ben altro che una moneta in grado di competere con il dollaro (7). 

Ma, se i politici italiani non afferrarono immediatamente le possibili implicazioni del trattato di Maastricht né capirono quali “contromisure” i “circoli atlantisti” avrebbero preso, lo si deve pure al fatto che proprio nello stesso mese di febbraio di quell’anno ormai lontano veniva arrestato a Milano un “mariuolo”, ossia Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio ed esponente del Psi milanese. Era cominciata l’operazione “Mani Pulite”.

Il pool di “Mani Pulite”, come si sa, concentrò tutta la sua “potenza di fuoco” solo contro una parte della “vecchia classe politica”, tanto che si sarebbe “sbarazzato” di Tiziana Parenti, che voleva invece “andare a fondo” pure sulla questione delle “tangenti rosse” al Pci/Pds e alla quale non era nemmeno sfuggito che l’input dell’inchiesta su “Tangentopoli” aveva “radici americane” (8). 

D’altronde, i giornali italiani – volgari portavoce degli interessi di quella che Gianfranco La Grassa definisce la Id&Gf (cioè “Industria decotta e Grande finanza), subalterna agli interessi d’oltreoceano fin da quando (nel 1942) Enrico Cuccia si era recato a Lisbona per trattare la resa del grande capitale privato italiano agli angloamericani, e garantire così alla famiglia Agnelli e ai suoi “compagni di merende” un “buon posto a tavola” una volta finita la guerra – facevano credere ai “semplici” che fosse in corso addirittura una sorta di “moto rivoluzionario”. 

Sicché, quando la politica cercò (con il “decreto Conso” del marzo 1993) di porre un freno ad una operazione giudiziaria che stava “liquidando” le uniche forze politiche che (pur corrotte quanto si vuole) erano contrarie a mettere il nostro Paese nelle mani dei “mercati”, i gazzettieri gridarono allo scandalo, il pool di “Mani Pulite” si ribellò e Luigi Scalfaro cestinò il “decreto Conso” ritenendolo incostituzionale. Ma l’Italia allora era già stata messa in ginocchio dalla finanza internazionale.

Com’è noto, poco dopo l’incontro a bordo del Britannia, ossia nella notte tra il 9 eil 10 luglio del 1992, Giuliano Amato penetrò come Diabolik nei forzieri delle banche italiane e prelevò il 6 per 1.000 da ogni deposito. 

La manovra di luglio e una finanziaria “lacrime e sangue” di oltre 90.000 miliardi si giustificarono con la gravissima situazione del Paese, che rischiava di non riuscire a piazzare sul mercato i titoli di Stato, adesso che Bankitalia non era più obbligata ad acquistarli. Tanto è vero che il breve governo Amato va ricordato anche per le vicende che videro come protagonista la “vecchia lira”, dacché la nostra moneta, dall’estate all’autunno del 1992, fu oggetto di un durissimo attacco da parte di Soros, il famoso “filantropo” e sostenitore di rivoluzioni colorate in varie parti del mondo” (Ucraina compresa). 

Azeglio Ciampi, allora governatore di Bankitalia, decise di difendere la lira bruciando circa 48 miliardi di dollari, ovverosia dissipando le nostre riserve valutarie senza ottenere alcun risultato. Tale ostinata e inutile difesa della lira fu motivata affermando che, se si svalutava, il Paese sarebbe andato in rovina. A settembre però Amato dovette gettare la spugna e annunciò la svalutazione della lira. Un anno dopo avrebbe dichiarato: «La svalutazione ci ha fatto bene» (9). Le esportazioni tiravano e il peggio pareva passato. Tutto bene allora? Certamente no.

Invero, la tempesta giudiziaria e quella finanziaria spazzarono via ogni ostacolo alla (s)vendita del nostro patrimonio pubblico (comprare “merce” italiana, adesso che le lirette erano svalutate, non era un problema per il grande capitale straniero). 

In ogni caso, anche Berlusconi, “sceso in campo” per difendere le proprie aziende dall’attacco da parte del Pds (che volle “strafare” offrendo la testa del “cavaliere nero” alla Id&Gf e così si “giocò” la vittoria nelle elezioni politiche del 1994), si guardò bene dal cercare di cambiare questo “stato delle cose”, quando tornò al potere nel giugno del 2001, dopo la sua prima “non esaltante” esperienza di governo (dal maggio 1994 al gennaio del 1995). 

Le cifre parlano chiaro: dal 1992 al 1995 le privatizzazioni fruttarono allo Stato italiano poco meno di 17.000 miliardi di lire; dal 1996 al 2000 si raggiunse la cifra di 79.209,95 miliardi di lire, mentre dal 2000 al 2005 lo Stato incassò dalla vendita delle nostre aziende pubbliche circa 50.000 miliardi di lire (10). Ma gran parte di questo “tesoretto” andò ad arricchire quella rendita finanziaria per la quale da diversi lustri non pochi italiani lavorano, senza che ancora se ne siano pienamente resi conto. D’altra parte, lo spettacolo offerto dal “teatrino della politica” non poteva non “distrarre” il Paese, al punto che tutto il resto pareva non contasse più nulla. 

Non solo passarono così “in secondo piano” il gigantesco terremoto geopolitico causato dalla scomparsa dell’Unione Sovietica e le conseguenze del cosiddetto Anschluss, ossia l’annessione della Germania Est da parte della Germania federale (annessione che avrebbe portato alla quasi completa deindustrializzazione dell’ex Germania Est e alla perdita di milioni di posti lavoro – non certo un buon segno per la futura “unione” europea) (11), ma non venne preso nemmeno in considerazione il fatto che si stava mettendo “in liquidazione” quel modello di economia mista che dopo la Seconda guerra mondiale aveva consentito ad un Paese a sovranità limitata come l’Italia di diventare un Paese industriale avanzato, garantendo “bene o male” benessere e sviluppo ad alcune generazioni di italiani. 

In pratica, ci si limitò a privatizzare, senza varare alcun “piano industriale”, senza preoccuparsi di ridefinire gli obiettivi strategici della nazione, stravolgendo addirittura il sistema educativo per adeguarlo ai “modelli internazionali” (una scelta i cui effetti nefasti, in verità non solo per l’Italia, si cominciano a vedere solo adesso). In questo contesto, venne pure “internazionalizzato” il debito pubblico. 

E ciò, si badi, proprio quando gli Usa, ormai unica superpotenza, si lanciavano alla conquista dell’intero pianeta, rimuovendo ogni ostacolo al “libero” movimento dei capitali, lasciandosi definitivamente alle spalle gli accordi di Bretton Woods e autorizzando qualunque crimine finanziario, purché funzionale al successo della nuova strategia statunitense.

Inutile dire che anche l’introduzione dell’euro non venne affrontata con la necessaria maturità politica e il senso di responsabilità che un tale passo richiedeva. Sotto questo profilo, si distinsero in particolare gli intellettuali per i quali contava solo “entrare in Europa”, quasi che l’Italia fosse un Paese africano. Non si tenne nemmeno conto che il Paese si teneva il proprio debito ma al tempo stesso cedeva la propria sovranità monetaria, non all’Europa, che politicamente non esisteva, ma ai tecnocrati di Bruxelles e agli “gnomi” della Bce. 

Eppure quando i francesi e gli olandesi, nel 2005, bocciarono la costituzione europea, vi sarebbe stata la possibilità di rimettere in discussione l’intero progetto europeo, avendo presenti i gravi rischi che derivavano dalla “inconsistenza geopolitica” dell’Unione Europea e dalla dipendenza del vecchio continente da pericolose e perfino anacronistiche “logiche atlantiste”. Ma anche allora in Italia si prestò poca attenzione ai reali problemi posti da Eurolandia e dalla nuova architettura politica della Ue, anche perché i liberal-progressisti, secondo il solito schema concettuale assai caro alla nostra intellighenzia anglofila, addebitavano tutti i “guai” del nostro Paese al fatto che gli italiani anziché anglosassoni fossero latini (ossia fossero “brutti, sporchi e cattivi”), nonché al fatto che adesso in Italia oltre al papa ci fosse pure “Sua Emittenza”. 

Ciò malgrado, anche per i liberal-progressisti era fuori discussione che la società italiana dovesse diventare una società di mercato sotto ogni punto di vista, ma a guidare questo processo di trasformazione avrebbero dovuto essere loro stessi (cioè i “ceti medi riflessivi”, come loro medesimi si autodefinivano), anziché i “cafoni della destra”, il cui americanismo era superficiale e non serio, ponderato e maturo come il loro. 

I “destri”, autoproclamatisi difensori del “popolo delle partite Iva” (perlopiù commercianti, liberi professionisti e piccoli imprenditori) replicavano accusando i “sinistri” di essere ancora comunisti (una accusa che ancora spesso fanno, dimostrando di avere una capacità di comprendere la politica minore di quella degli avventori del “leggendario” bar dello sport). Entrambi gli schieramenti quindi si accusavano reciprocamente di non avere le competenze necessarie per modernizzare (leggi: “americanizzare”) il Paese: se per i “sinistri” i berlusconiani non erano altro che una massa di corrotti ed evasori fiscali, per i “destri” gli antiberlusconiani erano solo una massa di ipergarantiti e “mangiapane a tradimento”. 

Inoltre, gli italiani si dividevano anche sulla questione del conflitto di interessi, che per i “sinistri”, finché non fosse stata risolta, non avrebbe dovuto consentire al “cavaliere nero” (accusato perfino di essere colluso con la mafia) di governare l’Italia (una questione che “stranamente” i governi di sinistra, che pure ci sono stati nell’era del berlusconismo, non hanno mai risolto). Berlusconismo e antiberlusconismo diventavano così la foglia di fico dietro la quale maturavano le condizioni perché l’Italia si facesse trovare nella peggiore situazione possibile allorché, nel 2007/8, si verificò la crisi finanziaria. Ma anche di questo ben pochi politici e analisti se ne accorsero in tempo, tanto che nel 2009 secondo l’Ocse la ripresa dell’economia italiana era già in atto e lo stesso Berlusconi ebbe a dichiarare al “Corsera” che l’Italia andava a gonfie vele (12).

In effetti, nonostante l’introduzione dell’euro (che di punto in bianco privò l’Italia della leva fiscale, della leva monetaria e della leva valutaria) l’economia italiana nei primi anni del terzo millennio pareva “cavarsela”, se perfino la quota italiana della manifattura mondiale dal 4,2% nel 2000 era passata al 4,5% nel 2007 (13). 

D’altronde, è pure noto che la Germania nel 2003, muovendo da livelli di Welfare e di reddito molto alti, decise di comprimere i salari e di sfruttare l’“euro-marco” per diventare una grande potenza commerciale (14), infischiandosene degli squilibri che tale scelta avrebbe inevitabilmente generato, dacché la maggior parte degli altri Paesi di Eurolandia (Italia compresa) non potevano seguire i tedeschi su questa strada, sempre che non volessero far morire di fame un terzo della popolazione. 

Ma con la crisi finanziaria, peraltro costata all’Italia ben 5 punti del Pil nel 2009, si avviava pure un processo di deindustrializzazione del Paese, che nel 2013 vedeva quasi dimezzata la propria quota della manifattura mondiale (2,6%), mentre i “mercati” potevano usare il debito pubblico italiano, ora pressoché totalmente fuori controllo, per imporre la politica più favorevole per i loro interessi. 

Naturalmente, i gazzettieri sostenevano che ai “mercati” interessava solo la testa del “clown tricolore”. Una sciocchezza colossale, come questi ultimi drammatici anni hanno dimostrato, al di là delle colpe della destra italiana, certo gravi e numerose ma non più gravi e numerose di quelle della sinistra.

Comunque sia, la situazione del Paese non la si può spiegare solo elencando i noti difetti del “sistema Italia”, quali la corruzione, l’inefficienza della pubblica amministrazione, la spesa pubblica “improduttiva” e l’evasione fiscale. (Non si dovrebbe però nemmeno “generalizzare”, dato che se da un lato vi sono non pochi impiegati pubblici onesti e capaci, dall’altro si sa che il “nero”, per una serie di ragioni dipendenti da “logiche partitocratiche” della cosiddetta “prima repubblica”, è ancora incorporato nel “ciclo economico”, ragion per cui è logico che con i metodi di Equitalia la “gallina dalle uova d’oro” non la si cura ma la si uccide). 

Ma, proprio come negli anni Novanta non si trattava di mettere in questione la lotta contro la corruzione e le “logiche partitocratiche” (che indubbiamente erano un problema da risolvere), bensì la terapia adottata (giacché avrebbe ancor più indebolito un organismo che aveva bisogno di ben altre cure), così oggi l’accento deve essere messo sul fatto che dei “centri egemonici” stranieri, contando sulla presenza di numerose “quinte colonne”, possono sfruttare la debolezza del nostro Paese, non solo per evidenti scopi economici ma anche per scopi geopolitici (forse meno evidenti, ma non meno importanti). Al riguardo, la subalternità alla politica di potenza statunitense da parte del ceto politico italiano non è una novità e non ha bisogno di spiegazioni. 

Ma oggi una tale condizione di “vassallaggio” rischia di essere disastrosa per un Paese la cui base produttiva è ormai “lesionata”, e che, oltre ad essere privo di materie prime, si trova a dipendere da altri Stati per il suo fabbisogno energetico e dai “mercati” per quanto concerne il finanziamento del debito (si tratta di un passivo di circa 150 miliardi di euro all’anno se ai 90 miliardi di euro per il servizio del debito si aggiunge il passivo della bilancia energetica – una “emorragia” che sottrae non poche risorse estremamente preziose per la ripresa e lo sviluppo della nostra economia). Tutto ciò difatti rafforza ancora di più il controllo del nostro Paese da parte dei “centri egemonici” atlantisti, le cui strategie non possono certo avere come scopo la difesa del nostro interesse nazionale. Non meraviglia allora che il “Belpaese” rischi di tornare ad essere un vaso di coccio tra vasi di ferro, grazie ad una classe dirigente che in gran parte è al servizio di potentati stranieri.

Di fatto, la stessa politica “suicida” dell’Italia prima nei confronti della Libia e ora verso la Russia non ha alcuna spiegazione valida se non quella secondo cui Roma in realtà “lavora” per tutelare gli interessi di Washington o, se si preferisce, quelli dell’Occidente, anche se ciò comporta un danno gravissimo per l’Italia. 

Il sostegno di Roma alle guerre d’aggressione degli Usa e alle varie rivoluzioni colorate (dalla Siria all’Ucraina) “sponsorizzate” dai centri di potere atlantisti trova una sua logica spiegazione nella “tradizionale” politica della classe dirigente italiana, che consiste nell’anteporre il proprio “particulare” all’interesse generale, esercitando, al riparo da “brutte sorprese”, il “piccolo potere” che la potenza occidentale predominante concede ad un gruppo politico “subdominante” in una determinata area geopolitica. 

L’Italia, che è un’ottima base per la “proiezione” della potenza statunitense nel Mediterraneo e nel continente africano, ha appunto il compito di seguire “ciecamente” le direttive della Nato. Anche la politica italiana nei confronti della Germania deve essere interpretata alla luce di questa “sostanziale” subordinazione del ceto politico italiano alle direttive strategiche dei centri di potere atlantisti. Non è un mistero che un euro politicamente debole, favorendo la speculazione internazionale e frenando l’economia europea nel suo complesso, non può che avvantaggiare l’America, per la quale la disintegrazione di Eurolandia sarebbe un “incubo” (15). 

Non “afferrare” questo aspetto della pur complessa situazione europea, significa inibirsi del tutto la possibilità di comprendere i veri motivi che hanno spinto anche i politici italiani “meno sprovveduti” ad accettare una serie di misure che sapevano essere sicuramente nocive per il nostro Paese.

Si è venuta quindi a creare una situazione che potrebbe cambiare solo se vi fossero una “visione geopolitica” del mondo e una cultura politica del tutto diverse, ma di cui purtroppo al momento non si vede traccia. Né a tale mancanza si può rimediare con il qualunquismo e il pressappochismo, dato che con l’“antipolitica” (anche ammesso che si sia in buonafede) non si va da nessuna parte, ma si può solo sprecare un notevole patrimonio di consensi, lasciandosi sfuggire l’opportunità di “far voltare” pagina al Paese (come prova la storia del M5S). 

Invero, si dovrebbe tener presente che i “guai” dell’Italia sono sempre derivati, in primo luogo, dalla mancanza di uno Stato forte ed efficiente, in grado di imporre l’interesse della collettività a scapito di interessi settoriali e pronto a premiare i meritevoli anziché i “furbi”, nonché dalla mancanza di una classe dirigente disposta a “pagare in prima persona”. 

Sicché, come comprese Gramsci, i ripetuti fallimenti dello Stato italiano derivano proprio dall’incapacità della sua classe dirigente di inserire il popolo italiano nel quadro statale, facendo valere una autentica cultura nazional-popolare (16). 

La stessa crisi di Eurolandia, che secondo non pochi analisti è destinata ad aggravarsi con il passare del tempo, dovrebbe essere perciò un’occasione per creare una coscienza nazionale all’altezza delle sfide del mondo contemporaneo. 

Che l’Italia nei mesi che verranno possa far fronte con successo a tali sfide è lecito dubitarne, benché ciò non costituisca un valido motivo per rassegnarsi al peggio. Del resto, gli italiani non sono gli unici europei che cercano di uscire dal vicolo cieco in cui li ha condotti una classe dirigente inetta e corrotta. 

Certo, anche questo potrebbe apparire un tentativo donchisciottesco, considerando la frammentazione sociale e il degrado culturale che caratterizzano da tempo non solo l’Italia ma l’intero continente europeo. 

Tuttavia, è pur vero che finché tutto non è perduto, nulla è perduto. In quest’ottica, pertanto, dovrebbe avere ancora senso battersi contro l’Europa dei tecnocrati e dei “mercati”, al fine di costruire un polo geopolitico europeo, composto da nazioni libere e sovrane.

NOTE
1) L’autunno nero del ’92 tra tasse e svalutazioni, “Il Sole 24 Ore”, 23/4/2010. Vedi anche
3) M. Nese, Quando la crisi dei missili coinvolse l’ Italia. «Così il Pci decise di non creare problemi», “Corsera”, 18/8/2008.
4) V. Ilari, Guerra civile, Ideazione Editrice, Roma, 2001, p. 77.
5) G. Carli, Cinquant’anni di vita politica italiana, Laterza, Roma-Bari, 1993, pp. 412-413.
6) M. Monti, Il governo dell’economia e della moneta, Longanesi, Milano, 1992.
7) Su questo tema mi permetto di rimandare ad un mio recente articolo: L’Europa nella morsa dell’euro (http://www.cese-m.eu/cesem/2014/12/leuropa-nella-morsa-delleuro/).
8) G. Marrazzo, Tiziana Parenti (ex Pm di Mani Pulite): Di Pietro riferiva dell’inchiesta all’America, “Avanti!”, 30/8/2012.
9) E. Polidori, La svalutazione ci ha fatto bene, “Repubblica”, 23/9/1993.
10) Obiettivi e risultati delle operazioni di privatizzazione di partecipazioni pubbliche, Corte dei Conti.
11) Vedi V. Giacché, Anschluss, Imprimatur, Milano, 2013.
12) Ocse c’è ripresa, Italia al top. «Noi il sesto Paese più ricco», “Corsera”, 6/11/2009.
13) Vedi “Scenari Industriali”, Confindustria centro studi, giugno 2014, n. 5, p. 15.
14) Nondimeno, buona parte dei lavoratori tedeschi non se la passano affatto bene. Vedi, ad esempio, L. Gallino, I debiti della Germania e l’austerità della Merkel, “Repubblica”, 26/8/2013, e Idem, Il Jobs Act? Una pericolosa riforma di destra, “Micromega”
15) Su tale importante questione vedi J. Sapir, Bisogna uscire dall’euro?, Ombre Corte, Verona, 2012.
16) A. Gramsci , Quaderni dal carcere, Einaudi, Torino, 1975, p. 2054.

Manuale per convincere i favorevoli all’Euro che ci conviene uscire

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Avete preso coscienza che l’Euro e’ un serio problema per l’economia italiana, ma vi e’ difficoltoso convincere i vostri conoscenti?

Di seguito un post fatto apposta per voi, dove abbiamo messo insieme “il meglio” di tanti nostri articoli precedenti pubblicati su Scenarieconomici.it: potrete convincere anche la persona piu’ “riluttante” in modo del tutto logico e razionale, che l’euro e’ per l’Italia un pessimo affare.

1) L’Economia Italiana sta andando molto male!

Vi presentiamo in questa sezione un’incredibile sequenza di grafici relativi ai principali indicatori economici italiani.

La Produzione Industriale ancora in flessione (dopo il crollo)

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La disoccupazione a livelli record

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L’Export tiene, l’Import in crollo verticale

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I Consumi energetici collassano

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I Prestiti alle Imprese in caduta

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Le sofferenze bancarie nell’iperspazio

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I Consumi al Dettaglio in continua flessione

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La Produzione nelle costruzioni ai minimi

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Il PIL e’ ancora negativo

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Fatturato ed Ordinativi industriali con andamento piatto

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Il Debito Pubblico macina Record su Record

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Deficit sul 3%, Spesa Pubblica e Tassazione ai massimi

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Le vendite di auto nuove dimezzate

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I Patrimoni si riducono: i prezzi degli immobili scendono

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Dopo aver visto questi grafici, tutti aggiornatissimi, ritenete che vi sia un qualche segnale di un’imminente ripresa economica?

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Direi che qualche dubbio viene…

Non c’e’ un parametro dell’economia reale, che sia uno, che abbia un evidente andamento tendente ad un miglioramento chiaro e sostenuto. Alcuni parametri sono stabili, la maggior parte dei parametri tende a peggiorare.

Inoltre nel passato le previsioni del governo sono state sempre smentite (Come dimostrato ampiamente QUI)

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2) L’Economia Italiana va malto peggio delle altre economie europee, e cio’ accade dopo l’introduzione dell’EURO!

Il punto e’ che i dati ci dicono che e’ l’intera Eurozona ad avere un andamento fiacco, e dentro l’eurozona l’Italia va peggio degli altri….


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Allargando lo spettro agli ultimi 7 anni, si nota la caduta rovinosa del Prodotto interno Lordo dell’Italia, ed in particolare del mezzogiorno…. 

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La produzione industriale Italiana e’ crollata, quella tedesca e’ cresciuta….


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La disoccupazione in Italia e’ cresciuta fortemente e di pari passo e’ crollata in Germania….

GERMANIA-E-ITALIA-DISOCCUPAZIONE

Diamo ora uno sguardo all’andamento dei Debiti Pubblici in Europa negli ultimi 2 decenni…

Si nota che:

- L’andamento dei debiti pubblici per tutti i paesi senza eccezione (a parte la Germania) si riduce fino al 2008 e poi esplode, specie nei paesi periferici (che caso….)

- L’Italia aveva un’ammontare di debiti pubblici maggiore del resto d’Europa gia’ 20 anni fa, e non ha avuto andamenti tendenziali diversi rispetto al resto d’Europa

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Qui si vede meglio cosa e’ accaduto, accorpando i paesi: si notino i cambiamenti in particolare dopo il 2004. Si noti come tra il 2001 ed il 2005 in Germania il Debito Pubblico e’ aumentato maggiormente del resto d’Europa, per finanziare l’avvio delle riforme sul Lavoro.

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Ora diamo uno sguardo all’andamento dei Debiti Privati (imprese e famiglie) in Europa negli ultimi 2 decenni….

Si nota che:

- L’andamento dei debiti privati per tutti i paesi senza eccezione, a parte la Germania dopo il 2004 (che caso….)

- L’Italia aveva l’ammontare di debiti privati inferiore d’Europa (a parte i paesi dell’est), salvo la Germania negli ultimi anni

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Qui si vede meglio cosa e’ accaduto, accorpando i paesi: si notino i cambiamenti in particolare dopo il 2004.

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Stranamente si nota un certo parallelismo anche di questo indicatore con altri indicatori, ad esempio con questo:

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Che dite, la cosa e’ casuale?

Ora presentiamo l’andamento dei Debiti Complessivi, Pubblici e Privati.

Si nota che:

- L’andamento dei debiti complessivi (pubblici e privati) nel complesso cresce ininterrottamente da 20 anni, ma se fino al 2004 tutti i paesi hanno un andamento analogo, dal 2004 (anno di entrata in vigore della riforma del mercato del lavoro Hartz IV in Germania) gli andamenti divergono: si stabilizzano in Germania, ed esplodono in tutti gli altri paesi senza eccezioni

- L’Italia negli anni 90 aveva debiti complessivi superiori alla media, ma successivamente s’e’ mantenuta nella media 

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Qui si vede meglio l’enorme divergenza tendenziale tra la Germania ed il resto d’Europa dopo il 2004.

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Insomma, qualcosa non va in Italia (ed in Europa), e cio’ e’ evidente dopo l’introduzione dell’euro.

Ma il grafico piu’ significativo e spaventoso, e’ quello della “Performance relativa della produzione industriale italiana rispetto a quella tedesca”, dove si vede con chiarezza esemplare che l’Italia vede la produzione industriale crollare rispetto a quella tedesca solo nei periodi con cambi fissi (SME negli anni 80, e da seconda meta’ anni 90 con l’euro), mentre va benone in presenza di cambi variabili.

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L’economista francese Jacques Sapir disse che QUESTO PROVA 

(1) EFFETTI NEGATIVI DELL’EURO 
(2) CHE L’ITALIA ERA UN COMPETITOR DELLA GERMANIA 
(3) GERMANIA STA USANDO L’EURO COME UN’ARMA


3) Spieghiamo cos’e’ successo nell’Eurozona con l’introduzione dell’Euro!

A questo punto, qualsiasi interlocutore in buona fede, certamente, di fronte a molteplici dati incontestabili, si trova “spiazzato” e conscio che “un problema esiste nell’eurozona”, e che questo e’ legato all’introduzione dell’Euro ed alla sua governance.

E’ il momento di capire perche’…. 

La Teoria e’ il Ciclo di Frenkel, teoria che finora ha funzionato alla perfezione, immancabilmente e sistematicamente per le casistiche di Unioni Valutarie o nei casi di adozione di una Valuta estera da parte di una nazione piu’ debole.

Guardiamo queste 9 slides, che rielaborano graficamente il Ciclo di Frenkel, con l’obiettivo di renderlo fruibile a chiunque.

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I 5 anni della crisi dell’Eurozona, dalle varie crisi della Grecia, a quelle dell’Irlanda, del Portogallo, Delle Banche Spagnole, di Cipro, ma anche le crisi che vedremo a breve (Slovenia, Cipro) e quelle che vedremo successivamente sono piu’ o meno tutte perfettamente inseribili nel ciclo visto, tutte!

Fateci caso con attenzione e guardate a voi le evoluzioni di dati ed indicatori economici.

Poi ad ogni crisi fatevi la domanda: ma se la crisi degenera e lo stato o l’ammasso bancario di turno crollasse, chi avrebbe la mazzata maggiore e pagherebbe? Ovviamente i cittadini dello stato zozzone di turno, ma anche i creditori di questo (e quindi i cittadini della nazione G). Pero’ a pagare il conto piu’ salato sono sempre altri.

Hanno venduto le Crisi delle Nazioni, delle Banche in tutti i modi possibili, dando punizioni morali ai levantini e lavativi e spreconi di turno, ma in realta’ le cause della CRISI che viviamo da 4 anni e vivremo in futuro sono perfettamente spiegabili da queste slides, e l’evoluzione della crisi e’ necessariamente quella segnata.


4) Smontiamo una per una le argomentazioni Pro-Euro

La crisi che attanaglia l’Euro-zona e’ una crisi che nasce dal fatto che s’e’ introdotta una Valuta unica (Euro) senza fare prima tutte le cose necessarie a far funzionare il meccanismo (armonizzazione mercati del lavoro e sistemi fiscali, meccanismo trasferimenti interno, unione politica) e che portano inevistabilmente a squilibri legati ad una crisi di bilancia dei pagamenti.

Le argomentazioni a favore del restare nell’Euro che ho avuto modo di leggere sui Media nazionali ed internazionali, non sono MAI numeriche ed analitiche, ma tendenzialmente sprezzanti e senza alcun background storico. Generalmente si basano su 2 concetti:

a) Introdurre il concetto di PAURA attraverso falsita’ o verita’ parziali (ripeto MAI supportate da dati)

b) Demolire le tesi altrui con argomentazioni MORALI

Ovviamente sono le stesse tesi che il Potere, attraverso i media vuole che passino nelle masse, e guarda caso ci riesce benissimo. Comunque, ipotizziamo che siano in buona fede ed analizziamole, e lo facciamo come di consueto non con Filosofia o Leviatani, ma con Dati, Numeri e Logica, nella speranza di vedere sulla questione un Dibattito onesto ed analitico:

Argomento 1) LA CRISI EUROPEA E’ LEGATA AI DEBITI ED AGLI SPRECHI DEI PAESI PERIFERICI

FALSO terroristico. Nell’epoca euro nei periferici i conti pubblici dei periferici hanno avuto andamenti migliori rispetto a quelli Tedeschi (in Germania e Francia il Debito pubblico e’ salito, mentre nei periferici in genere e’ sceso). Gli squilibri sono stati nel settore privato e nei debiti esteri. I periferici hanno senza dubbio problemi (che vanno affrontati) ma la crisi ha evidentemente cause diverse.

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Argomento 2) IL RITORNO ALLE VALUTE NAZIONALI E’ UN SALTO NEL BUIO

FALSO ideologico. Le valute nazionali sono la norma da secoli, mentre le Valute Sovrannazionali (o l’aggancio a Valute estere, adottandole o fissando cambi fissi) e’ l’eccezione, ed ha sempre portato alla disgregazione del sistema, per la creazione di squilibri non governabili.

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Argomento 3) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE VI SAREBBE UNA SVALUTAZIONE PAUROSA, DEL 40, 50 O 60%

FALSO storico.  Quando vi sono state svalutazioni (conseguenza di rottura di sistemi a cambi fissi), l’entita’ delle svalutazioni e’ generalmente pari, a parte oscillazioni iniziali, al differenziale di inflazione accumulato nel periodo a cambi fissi con la nazione piu’ forte cui si e’ adottato il cambio. Non lo dico io, lo dice la storia economica mondiale.

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Argomento 4) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE VI SAREBBE UN’INFLAZIONE GALOPPANTE, un litro di latte o di benzina costerebbe 5.000 Lire

FALSO storico. Quando vi sono state svalutazioni (conseguenza di rottura di sistemi a cambi fissi), l’inflazione e’ sempre stata pari ad una frazione dell’entita’ della svalutazione. L’abbiamo spiegato con dati in svariati articoli, ma repetita juvant. Anche qui lo dice la storia.

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Argomento 5) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE I TASSI SAREBBERO GALOPPANTI

FALSO storico. Quando vi sono state svalutazioni (conseguenza di rottura di sistemi a cambi fissi), i tassi salgono prima delle svalutazione (proprio perche’ anticipano l’evento). Dopo la svalutazione immancabilmente, storicamente scendono. Qui l’Italia nel 1992.

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Argomento 6) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE l’ECONOMIA REALE SAREBBE MENO COMPETITIVA

FALSISSIMO. E’ vero il contrario e qui TUTTI gli indicatori dell’economia reale lo confermano. Ne allego uno per tutti: la produzione industriale della Germania e dell’Italia. Si vede chiaramente che l’Italia ha fatto decisamente meglio in coincidenza della svalutazione, mentre la Germania ha fatto meglio in regime di cambi semi-fissi (anni 80 fino al 1991) e con l’Euro (specie dopo il 2000). La cosa e’ riscontrabile su tutti gli indicatori e va estesa a tutti i paesi dell’euro. Vale comunque SEMPRE, in ogni esperienza storica a cambi fissi.

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Argomento 7) LA MONETA E’ UN FALSO PROBLEMA, VISTO CHE IL MONDO E’ CAMBIATO E C’E’ LA CINA

FALSO da ignoranza. Non ci perdo troppo tempo visto che feci un’ampia analisi a riguardo che vi ripropongo: Analisi della Competitivita’ dell’Export di Italia, Germania e Cina: l’Italia resta piu’ temibile del Dragone per l’export tedesco

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Argomento 8) PERCHE’ ATTACCHI L’EFFICIENTE E LAVORATRICE GERMANIA E DIFENDI GLI INEFFICIENTI ED IMMORALI PAESI PERIFERICI? LA GERMANIA STA ALL’EUROPA COME LA LOMBARDIA STA ALL’ITALIA.

FALSO macro-economico. Il paragone non regge per niente, perche’ la Lombardia da’ al resto l’Italia TRASFERIMENTI pari al 12% del suo PIL, la Germania un misero 0,3%. Questo numero da solo dice tutto.

Come ripetuto 1000 volte un unione valutaria fuziona se ci sono delle precondizioni: 

A) forti trasferimenti interni in sussidiarieta’   
B) un mercato del lavoro ed un sistema legislativo e fiscale comuni  
C) Un centro politico unitari.

In Italia vi sono tutti e 3 questi fattori (sia pure con enormi storture), in Europa no. Qui trovate l’analisi completa: Lombardia sta ad Italia, come Germania sta ad Unione Europea? Non proprio….

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Argomento 9) SE USCIAMO DALL’EURO, LE ALTRE NAZIONI EUROPEE CI FANNO A FETTINE E METTONO BARRIERE.

FALSO terroristico. Anche qui c’e’ un evidente mancanza di logica e conoscenza della storia. L’affermazione sopra e’ insostenibile per 2 ragioni:

a) Se l’Italia esce dall’Euro, e’ evidente che ne uscirebbero almeno meta’ delle nazioni (nel caso minore) o tutte (piu’ realisticamente). Per esempio la sola uscita dell’Italia dall’EURO costerebbe alla Francia, restando questa ancorata alla Germania ed alla valuta unica, il passare da un Deficit Commerciale abnorme, ad uno immenso, con banali conseguenze. Se escono tutti o quasi, non vedo perche’ tutti debbano prendersela con l’Italia.

b) Storicamente, nelle varie crisi dove una valuta s’e’ sganciata da altre, non s’e' MAI verificato l’ingabbiamento commerciale del paese stesso, semplicemente perche’ impossibile da fare e perche’ sarebbe sconveniente nel medio periodo a chi lo attua. Avverra’ parimenti in Europa


Argomento 10) SE USCIAMO DALL’EURO, PERDIAMO I TRASFERIMENTI DALL’UNIONE EUROPEA.

ECCHISSENEFREGA!!! L’Italia inspiegabilmente regala quasi lo 0,4% del suo PIL (piu’ della Germania), circa 6 miliardi all’anno di euro, al resto d’europa. Durante le crisi degli stati ha generano decine di migliardi di nuovo debito pubblico a favore di altri. Se usciamo dall’euro da questo punto di vista non potremo che guadagnarci.


Argomento 11) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE SAREMO TUTTI PIU’ POVERI ED I CONTI PUBBLICI PEGGIOREREBBERO

FALSISSIMO. E’ vero unicamente se uno percepisce redditi in Italia e li spende all’estero. Ma per la quasi totalita’ dei residenti italiani accadrebbe il contrario. Tutte le simulazioni numeriche fatte all’estero dicono il contrario. 

Oggi siamo nell’EURO e stiamo conoscendo una depressione economica impressionante e mai l’economia italiana e’ andata peggio. Qui la nostra simulazione (versione del 2013) del PIL nominale restando ed uscendo dall’euro, sia del PIL nominale che del Debito.

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Argomento 12) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE L’ITALIA VEDREBBE ESPLODERE IMMEDIATAMENTE IL DEBITO PERCHE’ I DEBITO SONO IN EURO.

FALSO. Lo Stato onorerebbe il debito in valuta locale, non in euro (Lex Monetae). L’onere del debito non aumenterebbe; i creditori esteri hanno gia’ incorporato la svalutazione nello spread, ed anzi il tasso diminuirebbe. Inoltre come visto aumenterebbe il PIL nominale, comprimendo il debito stesso.

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Argomento 13) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE LA BANCA CENTRALE EUROPEA NON FINANZIEREBBE PIU’ IL NOSTRO SISTEMA BANCARIO, SI BLOCCHEREBBE QUALUNQUE PAGAMENTO E ESPORTAZIONE E CROLLEREBBE TUTTO

FANTASIOSO.  Chiariamo il punto di vista secondo logica:

a) Se a svalutazione avvenuta i paesi CREDITORI bloccassero il nostro sistema bancario spingendo l’Italia al Default (ammesso che riescano nell’intento), altro non farebbero che spingere l’Italia a non ripagare i debiti verso essi stessi. Se facessero cosi’ sarebbero degli auto-lesionisti.  Tra l’altro l’Italia ha un SALDO PRIMARIO ATTIVO e non avrebbe in caso di default necessita’ di finanziarsi all’estero.

b) Se torna la Valuta Nazionale, torna anche la Banca Centrale Nazionale, e quindi qualcosa che quasi certamente svanirebbe (la BCE), non si sa bene quali minaccie potrebbe compiere.

c) Le minaccie da che mondo e mondo si fanno per “evitare” un evento. Ad evento successo, la minaccia e’ un non senso.

d) Nornalmente i DEFAULT avvengono quando si esaurisce la CASSA. L’Italia ha una CASSA pari al 21% del PIL (oltre 300 miliardi di Euro) in Oro, Valute, Riserve, etc.

Direi che non c’e’ molto altro da aggiungere. Sull’ipotesi di blocco di ogni pagamento ed esportazione in europa, e’ un po’ come commentare l’ipotesi del ritorno della Peste Nera e delle 7 piaghe d’Egitto, per cui evito.


Argomento 14) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE DILAGHEREBBE LA CORRUZIONE E LA BUROCRAZIA

FALSO Morale. Tutte le statistiche ed indicatori dicono che la posizione dell’ITALIA in tema di corruzione ed efficienza dei servizi pubblici (connessa con la burocrazia ed efficienza pubblica) durante l’era EURO e’ peggiorata.


Argomento 15) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE SVANIREBBE LA DEMOCRAZIA, IL LIBERO SCAMBIO ED IL SOGNO EUROPEO

ROMANTICISMO ISTERICO. La struttura che muove le decisioni dell’Eurogruppo non ha niente di democratico.

L’imporre cicli di austerita’-recessione-poverta’-tracollo conti pubblici non ha niente di razionale ed UCCIDE IL MERCATO interno.

Il peggior nemico dell’Integrazione europea e’ proprio l’EURO, la costruzione folle che c’e’ alle spalle a governarlo e la follia della gestione della crisi che porta la crisi stessa ad essere eterna ed a perpetuare se’ stessa, ampliando le forze anti-europee e seminando le basi per la distruzione dell’Eurozona.

Tornare alle valute nazionali, con un mercato unico e’ la sola possibilita’ per l’Europa per ricominciare un percorso di unione politica, la cui unione valutaria sia l’ultimo anello della catena, e non il primo.


Argomento 16) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE CI SAREBBE IL CAOS, MENTRE L’EURO DA’ STABILITA’.

FALSO EVIDENTE ANCHE AD UN CIECO. Il caos c’e’ adesso, da ormai 4 anni, grazie a questo ESPERIMENTO chiamato EURO. L’EURO ha introdotto RIGIDITA’ e non ha un sistema in grado GESTIRE GLI SQUILIBRI INTERNI. Coi cambi e le valute nazionali, queste avrebbero una forza conseguente alla forza degli stati stessi. In sintesi l’EURO e’ una costruzione artificiale che spinge ad una perenne crisi interna ed a contrasti in cui alla fine la spunta sempre il piu’ forte (cioe’ non l’Italia). TUTTI gli esperimenti di CAMBIO FISSO sono finiti in malomodo, SEMPRE (a meno di non aver fatto PRIMA un unione politica, dei mercati del lavoro, dei sistemi fiscali, etc).


Argomento 17) IL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE E’ IMPOSSIBILE, PERCHE’ NON CI CONSENTIRANNO DI USCIRE. L’EURO E’ IRREVERSIBILE.

FALSO RELIGIOSO. La STORIA offre centinaia di casi di Imperi e situazioni irreversibile che immancabilmente sono crollati, a causa in primis delle proprie contraddizioni interne. E’ comunque ovvio che tecnicamente l’uscita non sia affatto cosa semplice, ma se c’e’ la volonta’ di fa.


Argomento 18) L’EURO E’ UNA COSA BUONA PERCHE’ CI DA’ IL “FATTORE DIMENSIONALE PER COMPETERE” MENTRE CON LA VALUTA NAZIONALE SAREMO DEI NANETTI.

CONFUSI. Qui chi dice cio’ fa confusione tra l’UNIONE POLITICA EUROPEA (che non c’e') e l’EURO.

L’EURO in se’ non vuol dire niente di niente. Certamente, c’e’ chi ha l’ambizione di vedere l’EURO prendere il posto del DOLLARO come valuta di riserva e scambio mondiale, ed essere cosi’ in grado di imporre condizioni al resto del mondo, ma per fare cio’ oltre all’Unione Politica, Fiscale, Valutaria e dei mercati del Lavoro, bisognerebbe pure investire massicciamente in armamenti. Oggi tra l’altro l’EURO pesa nelle riserve delle banche centrali meno di quanto pesavano 15 anni fa le varie valute nazionali.

Vicino casa abbiamo la SVIZZERA ed in giro per il mondo tanti esempi di piccole nazioni che competono benissimo col resto del mondo. Quanto all’egemonia Mondiale, direi che l’Europa per una serie di ragioni (anche demografiche) puo’ tranquillamente scordarsela.

L’Europa, Euro o non Euro, puo’ tranquillamente continuare ad essere un area di libero scambio, e se vi fosse maggior coordinamento (e non certo la valuta unica) potrebbe andare in giro per il mondo cogliendo determinate opportunita’ che effettivamente il fattore scala puo’ facilitare.

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Argomento 19) L’EURO CONSENTE A TUTTE LE NAZIONI PERIFERICHE DI ALLINEARSI ALLE NAZIONI PIU’ EVOLUTE, DIVENTARE PIU’ EFFICIENTI, SERIE, RESPONSABILI.

RISATA!!! Con l’EURO e’ accaduto OVUNQUE in Europa esattamente l’Opposto. E la cosa e’ ovvia: l’EURO deresponsabilizza proprio le nazioni piu’ deboli (la cosa e’ avvenuta grazie all’afflusso di capitali dal cuore d’europa alimentando l’economia reale).


Argomento 20) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE E’ VERO CHE L’ECONOMIA SI RIPRENDEREBBE, MA LA PRESENZA DI UNA CLASSE POLITICA IRRESPONSABILE POTREBBE VANIFICARNE I VANTAGGI

VERO. Questa e’ l’unica argomentazione che dal mio punto di vista regge, anche se siamo nel campo delle opinioni. Cio’ pero’ non spingerebbe nessuno, lucido di mente, a non tornare alla valuta nazionale. Non tornare alla valuta nazionale sta impoverendo l’Italia e mezza Europa ad una velocita’ mai vista, ed interompere tale processo e’ perfettamente razionale e logico. 

Il ritorno alla Valuta Nazionale, non risolve i problemi dell’Italia. Ma e’ altrettanto certo che una permanenza nell’euro non puo’ che spingere l’Italia verso un impoverimento complessivo nazionale, che non ha niente di taumaturgico. Per cui non c’e’ alcuna ragione razionale per non tornare alla Valuta Nazionale, preparandosi a tale evento (che personalmente ritengo inevitabile, come insegna la storia).


5) Per 7 Premi Nobel (P.Krugman, M.Friedman, J.Stigliz, A.Sen, J.Mirrless, C.Pissarides, J.Tobin): “l’Euro e’ una patacca

Che’ l’EURO fosse un esperimento destinato al fallimento, c’era chi ce lo diceva gia’ nel 1971: 

L’Economista Kaldor nel 1971 spiegava con precisione millimetrica il perche’ l’Euro avrebbe fatto collassare il sistema 

L’economista e consigliere economico nel Regno Unito Nicholas Kaldor nel 1971 (quando l’Euro era solo un progetto in fase embrionale, che sarebbe divenuto realta’ 3 decenni dopo) in “Effetti Dinamici del Mercato Comune” pubblicato inizialmente su New Statesman il 12 marzo 1971, aveva precisamente previsto le cause della crisi dell’euro: lo squilibrio commerciale e della bilancia dei pagamenti a causa di un regime di cambi fissi in assenza di armonizzazione del mercato del lavoro e del sistema fiscale e di meccanismi di trasferimento. 

E’ impressionante notare che 42 anni fa, fosse perfettamente chiaro a cosa sarebbero andati incontro i paesi europei introducendo una moneta unica, prima di un unione politica e fiscale: ad un “disastro della periferia” cui sarebbe seguita una rottura dell’intero sistema. Il “disastro di mezza zona Euro” lo stiamo vivendo ora, mentre la “rottura del sistema” e’ ancora la’ da venire.

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Qui alcuni estratti:
Ma si commette un errore pericoloso nel credere che l’unione politica e monetaria possa precedere l’unione politica o che opererà (come si legge nelle parole del rapporto Werner) “un agente di fermentazione per la creazione di una unione politica della quale nel lungo non sarà in ogni caso in grado di fare a meno”. Poiché se la creazione di una unione monetaria e il controllo della Comunità sui bilanci nazionali saranno tali da generare pressioni che conducono ad una rottura dell’intero sistema, è chiaro che lo sviluppo dell’unione politica sarà ostacolato e non promosso.
Sotto questo sistema, come gli eventi hanno dimostrato, alcuni paesi tenderanno ad acquisire crescenti (ed indesiderati) surplus commerciali nei confronti dei loro partner commerciali, mentre altri accumulano crescenti deficit. Ciò porta con sé due effetti indesiderati. Trasmette pressioni inflazionistiche da alcuni membri ad altri; e mette i paesi in surplus nelle condizioni di fornire finanziamenti in automatico ai paesi in deficit in scala crescente.
L’Unione monetaria e il controllo della Comunità sui bilanci impedirà ad ogni singolo stato membro di perseguire autonome politiche di piena occupazione …
La dispersione nei tassi di aumento dei salari tra le diverse aree tende sempre ad essere considerevolmente più piccola di quella relativa alle variazioni della produttività. E’ per questa ragione che in un’area valutaria comune, o in un sistema di valute convertibili con cambi fissi, le aree che crescono di più tendono ad acquisire un vantaggio competitivo cumulativo rispetto alle aree che crescono a tassi inferiori. ….Proprio in ragione degli incrementi dei differenziali di produttività, i costi comparati di produzione nelle aree a maggior crescita tendono a diminuire nel tempo rispetto a quelli delle aree a minor crescita ed aumentano di conseguenza il vantaggio competitivo delle prime.

Sette Premi Nobel per l’economia, di diverse ideologie, ci dicono tutti la stessa cosa: l’Euro e’ una patacca insostenibile (vedi QUI).

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Partiamo da Paul Krugman che ci spiega perche’: “L’euro è campato in aria”:
… penso che l’euro fosse un’idea sentimentale, un bel simbolo di unità politica. Ma una volta abbandonate le valute nazionali avete perso moltissimo in flessibilità. Non è facile rimediare alla perdita di margini di manovra. In caso di crisi circoscritta esistono due rimedi: la mobilità della manodopera per compensare la perdita di attività e soprattutto l’integrazione fiscale per ripianare la perdita di entrate. 
Da questa prospettiva, l’Europa era molto meno adatta alla moneta unica rispetto agli Stati Uniti. Florida e Spagna hanno avuto una stessa bolla immobiliare e uno stesso crollo. Ma la popolazione della Florida ha potuto cercare lavoro in altri stati meno colpiti dalla crisi. Ovunque l’assistenza sociale, le assicurazioni mediche, le spese federali e le garanzie bancarie nazionali sono di competenza di Washington, mentre in Europa non è così.
…l’Europa sarà sempre fragile. La sua moneta è un progetto campato in aria e lo resterà fino alla creazione di una garanzia bancaria europea. … Ricordiamoci però una cosa: l’Europa non è in declino. È un continente produttivo e dinamico. Ha soltanto sbagliato a scegliersi la propria governance e le sue istituzioni di controllo economico, ma a questo si può sicuramente porre rimedio.


Professor And Columnist Paul Krugman Wins Nobel In Economics

Passiamo a Milton Friedman, che gia’ nel 1998 spiegava che la Moneta Unica e’ un Soviet e Bruxelles e Francoforte prenderanno il posto del Mercato.
Niente di sbagliato, in generale, a volere un’unione monetaria. Ma in Europa c’e’ gia’ ed e’ quella esistente di fatto tra Germania, Austria e Paesi del Benelux. Niente vieta che, se ci tiene, l’Italia aderisca a quella. Il resto e’ una costruzione non democratica“.
Piu’ che unire, la moneta unica crea problemi e divide. Sposta in politica anche quelle che sono questioni economiche. La conseguenza piu’ seria, pero’, e’ che l’euro costituisce un passo per un sempre maggiore ruolo di regolazione da parte di Bruxelles. Una centralizzazione burocratica sempre piu’ accentuata. Le motivazioni profonde di chi guida questo progetto e pensa che lo guidera’ in futuro vanno in questa direzione dirigista.…. 
…Ma non vedo la flessibilita’ dell’economia e dei salari e l’omogeneita’ necessaria tra i diversi Paesi perche’ sia un successo. Se l’Europa sara’ fortunata e per un lungo periodo non subira’ shock esterni, se sara’ fortunata e i cittadini si adatteranno alla nuova realta’, se sara’ fortunata e l’economia diventera’ flessibile e deregolata, allora tra 15 o 20 anni raccoglieremo i frutti dati dalla bendizione di un fatto positivo. Altrimenti sara’ una fonte di guai“.
Cosa prevede succedera’?  Una riduzione della liberta’ di mercato. A Francoforte siedera’ un gruppo di banchieri centrali che decidera’ i tassi d’interesse centralmente. Finora, le economie, come quella italiana, avevano una serie di liberta’, fino a quella di lasciar muovere il tasso di cambio della moneta.
Ora, non avranno piu’ quell’opzione. L’unica opzione che resta e’ quella di fare pressione sulla Ue a Bruxelles perche’ fornisca assistenza di bilancio e sulla Banca centrale europea a Francoforte perche’ faccia una politica monetaria favorevole. Aumenta cioe’ il peso dei governi e delle burocrazie e diminuisce quello del mercato. Sarebbe meglio fare come alla fine del secolo scorso, quando, col Gold Standard, l’Europa aveva gia’ una moneta unica, l’oro: col vantaggio che non aveva bisogno di una banca centrale.
…Quello che c’e’ da dire sul mercato unico, piuttosto, e’ che e’ reso piu’ complicato proprio dall’Unione monetaria che rende piu’ difficili le reazioni delle economie, toglie loro strumenti e le rende piu’ dipendenti dalle burocrazie”. 

milton friedman


Passiamo a Joseph Stiglitz, che ci spiega che l’Euro, o cambia oppure è meglio lasciarlo morire.
Il progetto europeo, per quanto idealista, è sempre stato un impegno dall’alto verso il basso. Ma incoraggiare i tecnocrati a guidare i vari paesi è tutta un’altra questione, che sembra eludere il processo democratico, imponendo politiche che portano ad un contesto di povertà sempre più diffuso.
Mentre i leader europei si nascondono al mondo, la realtà è che gran parte dell’Unione europea è in depressione. La perdita di produzione in Italia dall’inizio della crisi è pari a quella registrata negli anni ’30. …
…La realtà tuttavia è che la cura non sta funzionando e non c’è alcuna speranza che funzioni; o meglio che funzioni senza comportare danni peggiori di quelli causati dalla malattia….. L’Europa ha bisogno di un maggiore federalismo fiscale e non solo di un sistema di supervisione centralizzato dei budget nazionali. ….E’ poi necessaria un’unione bancaria, ma deve essere una vera unione con un unico sistema di assicurazione dei depositi, delle procedure risolutive ed un sistema di supervisione comune. Inoltre, sarebbero necessari gli Eurobond o uno strumento simile.
I leader europei riconoscono che senza la crescita il peso del debito continuerà a crescere e che le sole politiche di austerità sono una strategia anti-crescita. Ciò nonostante, sono passati diversi anni e non è stata ancora presentata alcuna proposta di una strategia per la crescita sebbene le sue componenti siano già ben note, ovvero delle politiche in grado di gestire gli squilibri interni dell’Europa e l’enorme surplus esterno tedesco che è ormai pari a quello della Cina (e più alto del doppio rispetto al PIL). In termini concreti, ciò implica un aumento degli stipendi in Germania e politiche industriali in grado di promuovere le esportazioni e la produttività nelle economie periferiche dell’Europa.
Quello che non può funzionare, almeno per gran parte dei paesi dell’eurozona, è una politica di svalutazione interna (ovvero una riduzione degli stipendi e dei prezzi) in quanto una simile politica aumenterebbe il peso del debito sui nuclei familiari, le aziende ed il governo (che detiene un debito prevalentemente denominato in euro).
I leader europei continuano a promettere di fare tutto il necessario per salvare l’euro. La promessa del Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, di fare “tutto il necessario” ha garantito un periodo di tregua temporaneo. Ma la Germania si è opposta a qualsiasi politica in grado di fornire una soluzione a lungo termine tanto da far pensare che sia sì disposta a fare tutto tranne quello che è necessario.
E’ vero, l’Europa ha bisogno di riforme strutturali come insiste chi sostiene le politiche di austerità. Ma sono le riforme strutturali delle disposizioni istituzionali dell’eurozona e non le riforme all’interno dei singoli paesi che avranno l’impatto maggiore. Se l’Europa non si decide a voler fare queste riforme, dovrà probabilmente lasciar morire l’euro per salvarsi.
L’Unione monetaria ed economica dell’UE è stata concepita come uno strumento per arrivare ad un fine non un fine in sé stesso. L’elettorato europeo sembra aver capito che, con le attuali disposizioni, l’euro sta mettendo a rischio gli stessi scopi per cui è stato in teoria creato.

stiglitz


Passiamo ad Amartya Sen, con la recente intervista “Che orribile idea l’euro” (clicca sul Titolo per vedere l’articolo integrale; sotto gli estratti piu’ significativi)

«….. Mi preoccupa molto di più quello che succede in Europa, l’effetto della moneta unica. Era nata con lo scopo di unire il continente, ha finito per dividerlo».

«L’euro è stato un’idea orribile. Lo penso da tempo. Un errore che ha messo l’economia europea sulla strada sbagliata. Una moneta unica non è un buon modo per iniziare a unire l’Europa. I punti deboli economici portano animosità invece che rafforzare i motivi per stare assieme. Hanno un effetto-rottura invece che di legame. Le tensioni che si sono create sono l’ultima cosa di cui ha bisogno l’Europa. ….».

«Quando tra i diversi Paesi hai differenziali di crescita e di produttività, servono aggiustamenti dei tassi di cambio. Non potendo farli, si è dovuto seguire la via degli aggiustamenti nell’economia, cioè più disoccupazione, la rottura dei sindacati, il taglio dei servizi sociali. Costi molto pesanti che spingono verso un declino progressivo».

«È successo che a quell’errore è stata data la risposta più facile e più sbagliata, si sono fatte politiche di austerità. L’Europa ha bisogno di riforme: pensioni, tempo di lavoro, eccetera. E quelle vanno fatte, soprattutto in Grecia, Portogallo, Spagna, Italia. Ma non hanno niente a che fare con l’austerità. È come se avessi bisogno di aspirina ma il medico decide di darmela solo abbinata a una dose di veleno: o quella o niente. No, le riforme si fanno meglio senza austerità, le due cose vanno separate».

«La Germania ha sicuramente beneficiato della moneta unica. Oggi abbiamo un euro-marco sottovalutato e una euro-dracma sopravvalutata, se così si può dire. Ma non credo che ci sia uno spirito del male tedesco. Non ci sono malvagi in questa cosa terribile che sta succedendo. È che hanno sbagliato anche i tedeschi. E si è finiti con la Germania denigrata. ….».

Amartya_Sen_NIH

E’ il turno di James Mirrless, che nel suo intervento a Venezia all’Auditorium Santa Margherita per il ciclo ‘Nobels colloquia 2013′ dell’Università Ca’ Foscari, ha testualmente detto che “all’Italia conviene uscire dall’Euro subito” (clicca sul Titolo per vedere l’articolo integrale; sotto gli estratti piu’ significativi)

«Non voglio suggerire politiche per mutare la situazione attuale e mi sento a disagio nel fare raccomandazioni altisonanti, perché non ho avuto il tempo di valutarne le conseguenze. Però, guardando dal di fuori, dico che non dovreste stare nell’euro, ma uscirne adesso». 

 «L’uscita dall’euro non risolverebbe in automatico i problemi dell’Italia, visto che, ad esempio, rimarrebbero le questioni derivanti dalle politiche adottate dalla Germania. Ma non è comunque corretto collegare le conseguenze di un’eventuale uscita da Eurolandia al venir meno della lealtà e fedeltà come membri dell’Unione europea. Finché l’Italia resterà nell’euro non potrà espandere la massa di moneta in circolazione o svalutare: ecco perché si impone la necessità di decidere se rimanere o meno nella moneta unica, questione non facile da dirimere, perché la gente toglierà il denaro dai conti in banca prima che questo accada. Probabilmente, dovreste sostenere il costo di un’eventuale uscita, come avvenuto in Gran Bretagna (che non ha mai abbandonato la sterlina), ma dovete essere pronti a pagare questo prezzo».

 «Se l’Italia tornasse in grado di svalutare ci sarebbe sicuramente la possibilità di arricchirsi per chi togliesse in tempo i soldi dalle banche; ma, per la Gran Bretagna, è valsa la pena, perché poi ha avuto un andamento economico soddisfacente”. ”Tutto ciò non comporta automaticamente l’aumento o la riduzione della pressione fiscale. Però, in una certa misura, raccomanderei misure di sostegno ai redditi, per aumentare il potere d’acquisto della popolazione. Ma solo temporaneamente”.   ”Se l’Italia dovesse uscire dall’euro alcuni grossi problemi continuerebbero ad esistere, perché la Germania continua a mantenere i livelli dei prezzi troppo bassi. E, se la Germania continuerà questo atteggiamento, cosa che non intende cambiare, anche per l’Italia continuerebbero le difficoltà di oggi».

«Uscire dall’Euro significa fuggire, la crisi si può affrontare resistendo ad essa e combattendo, ma i Paesi che scelgono di combattere lo facciano considerando anche l’opzione della fuga. Mi sento però a disagio, come persona esterna, nell’offrire soluzioni, anche perché mi chiedo se abbiate abbastanza manager economici in grado di mettere in atto e gestire l’espansione che potrebbe esserci». 

Mirrlees

E passiamo ora a Christopher Pissarides, nobel per l’economia nel 2010, presidente del new Centre for Macroeconomics che dichiara “Abbandonare l’Euro” dopo esserne stato nel passato un fautore (clicca sul Titolo per vedere l’articolo integrale; sotto gli estratti piu’ significativi)

«L’Unione Monetaria ha creato una generazione persa di giovani disoccupati e dovrebbe essere dissolta». «Sono completamente stato ingannato. Allora, l’euro sembrava una grande idea, ma ora ha prodotto l’effetto contrario di quello che si aveva in mente ed ha bloccato crescita e la creazione del lavoro. In questo momento sta dividendo l’Europa e la situazione attuale non è sostenibile».

«L’Euro divide l’Europa e la sua fine e’ necessaria per ricreare quella fiducia che le nazioni europee una volta avevano l’una all’altro. Non andremo da nessuna parte con l’attuale linea decisionale ed interventi ad hoc sul debito. Le politiche perseguite ora per salvare l’euro stanno costando all’Europa lavori e stanno creando una generazione persa di giovani laureati. Non certo quello che i padri costituenti avevano in mente».  

Christopher_Pissarides

Ma anche James Tobin, nobel per l’economia nel 1981, nel 2001 disse in un’ intervista allo Spiegel:

«per come la vedo io, l’Euro non è stato precisamente un grande successo, tale da potere essere considerato come un modello per altre regioni del mondo».  « I paesi dell’Euro soffrono perché l’economia europea è in una cattiva situazione. La responsabilità di questo è della banca centrale europea, perché non persegue nessuna politica…   …. il presidente della banca centrale europea, mi ha detto una volta che lui non ha niente a che fare con la vera economia, con la crescita e le attività. Il suo compito è controllare rigidamente i prezzi, in altre parole lottare contro l’inflazione. Se questo è tutto quello che ha da offrire la politica monetaria europea, non sorprende che l’economia sia debole in Europa ».

tobin


6) Le “simulazioni” ci dicono che senza EURO l’Italia andrebbe meglio e la Germania peggio

Ipotizzare quanto avverra’ a seguito di una disintegrazione dell’Euro e’ un esercizio estremamente complesso e certamente criticabile, in quanto le variabili in gioco sono realmente molte, e non tutte sono economiche. Una nazione seria quale dovrebbe essere l’Italia, si sarebbe dovuta porre le domanda negli anni 80 se conveniva entrare in un sistema a cambi fissi o quasi (SME) e negli anni 90 se conveniva entrare nell’Euro. Analogamente oggi dovrebbe porsi la domanda di quale futuro ci attende restando nell’Euro e quale se si tornasse a valute nazionali, e se c’e’ convenuto entrare nell’euro.

Ad oggi sono stati fatti parecchi studi e sulutazioni di Break-up dell’Euro; qui ne trovate 9 che abbiamo selezionato per voi:

Nove studi e rapporti a confronto sul break-up dell’Euro 

Si badi bene che:

a)  un eventuale “collasso dell’Euro” e’ qualcosa di inedito, per cui ogni previsione vale fino ad un certo punto

b) quanto accadrebbe in uno scenario di “ritorno alle valute nazionali” dipende dalle ipotesi di come si realizzerebbe il ritorno alle valute nazionali (in modo traumatico o consensuale)

Euro_Crack-Up

Studio 1) Studio Game theory and euro breakup risk premium – Cause and Effect di  Bank of America e Merrill Lynch

Studio 2)  L’impact d’une sortie de l’Euro sur l’économie française di Jacques Sapir. 

Studio 3) Studio “Bertelsmann Stiftung”: in caso di rottura dell’EURO grossi guai per la Germania

Sono tutti studi basati su uno scenario di ritorno non traumatico alle valute nazionali. Il risultato e’ sempre il medesimo: i paesi periferici (in primis l’Italia) avrebbero decisi vantaggi, mentre le nazioni centrali (in primis la Germania) avrebbero decisi svantaggi da tale processo.
Anche il nostro Studio (letto da 35.000 utenti solamente sul nostro sito) ha ipotesi non traumatiche, e conferma che  la rottura dell’Euro e la rivalutazione del Marco penalizzerebbero pesantemente la Germania, ed avvantaggerebbero le economie periferiche, quella Italiana in primis

Studio 4) Rapporto NOMURA “Euro Exit and Breakup – Legal Risk, Contingency Planning and Uncertainty”

Il Rapporto e’ molto tecnico e serio, ed analizza: i Rischi, gli aspetti legali ed i possibili piani. Si entra nel merito delle previsioni degli impatti sul sistema bancario e sulle ridenominazioni dei bond, nonche’ sulle previsioni dei nuovi valori di cambio. Lo scenario segue nel complesso il solco dei precedenti, seppur analizza altri aspetti. QUI trovate un’altra versione dello studio.

Studio 5) Euro break-up – the consequences di UBS Investment reserch

E’ uno dei primi studi fatti, in cui vengono unicamente presentati risultati, completamente discordi dagli altri studi. Lo scenario e’ traumatico, e si ipotizzano entita’ di svalutazione delle valute periferiche fortissime, ed un collasso del PIL generalizzato, tanto nelle nazioni core, che in quelle periferiche.

Studio 6) Leaving the Euro: a practical Guide di Roger Bootle

Studio 7) A primer on the Euro break-up: Depart, Default, and Devalue as the Optimal Solution di Jonathan Tepper for Wolfson Economics Prize 2012

Il primo studio studio analizza un’infinita’ di variabili macroeconomiche. Le conclusioni chiave sono per ambedue gli studi che l’Eurozona non e’ un’area ottimale e che e’ interesse strategico per le nazioni periferiche uscirne e tornare alle valute nazionali.

Studio 8) The future of the euro – An economic perspective on the eurozone crisis di McKinsey

Questo studio analizza una serie di scenari, tra cui quello di una spaccatura tra Euro del Nord ed Euro del Sud. A differenza di altri studi, si prevede nell’Europa del Sud una fiammata di inflazione maggiore nell’europa del Sud e vantaggi poco significativi. Nel Europa del Nord si confirmerebbe quanto gia’ detto da tutti ed 8 gli studi precendenti: una situazione molto pesante, con anche impatti su conti pubblici e debiti.

Di recente s’e’ aggiunto lo Studio dell’associazione asimmetrie The impact of an exchange rate realignment on the trade balance – Euro vs. national currency di cui forniamo i link

Tutti gli 8 Studi, senza alcuna eccezione, prevedono, seppur in differenti misure, che la fine dell’Euro produrra’ serie conseguenze per la Germania ed i paesi “Core”. Su questo punto nessuno studio diverge nelle conclusioni. Certamente la Germania e’ individuata da tutti gli studi come il maggior beneficiario in termini di competitivita’ dell’era Euro, e conseguentemente nell’ipotesi di una sua dissoluzione sarebbe proprio la competitivita’ e l’export tedesco a soffrirne, con conseguenze su PIL, Occupazione e Conti Pubblici negative.

Divergono invece gli studi sulle valutazioni relative all’Europa Periferica. La quasi totalita’ degli Studi prevede che questa area avra’ vantaggi (piu’ o meno significativi) dal ritorno alle valute nazionali. McKinsey vede tali vantaggi piuttosto modesti rispetto a scenari di mantenimento dell’Euro (evitando pero’ l’austerity), mentre UBS e’ sostanzialmente l’unico studio che prevede una sorta di catastrofe generalizzata (in tutta Europa a dire il vero).

Scenarieconomici.it a Marzo del 2013 ha prodotto una simulazione, l’unica pubblicata in Italia all’epoca, che ha avuto alcune decine di migliaia di letture, segno dell’interesse degli Italiani sulla questione:

Esclusiva Analisi: simulazione di cosa accadrebbe con e senza EURO  (Cliccate sul titolo per aprire l’articolo)

Di seguito proponiamo una revisione della simulazione di fine 2013. Per semplicita’ non riportiamo nuovamente tutte le ipotesi di calcolo, che restano quelle gia’ presentate nel precedente studio, ma i risultati numerici e grafici.


I 3 SCENARI IPOTIZZATI

Sono stati considerati 3 scenari per i prossimi 6 anni. Tutti questi scenari ipotizzano un contesco internazionale di crescita moderata, senza la presenza di forti crisi internazionali.

Scenario 1 – Austerity and keep Euro – Mantenimento dell’Euro e Politiche Invariate (austerity): cioe’ senza considerare l’ipotesi, tra l’altro piu’ che verosimile, che proseguiranno le fortissime tensioni ed i salvataggi di banche e nazioni, ed i contrasti interni. In tale scenario l’Eurozona proseguira’ le attuali politiche di austerity, volte ad una certa ortodossia nella convergenza dei bilanci e senza nisure espansive (quantitative easing, espanzione monetaria, spesa a deficit)

Scenario 2 – Keep Euro with expansion in Cores Countries – Tenere l’Euro e Politiche Espansive nei paesi del Centro: scenario analogo al precedente, ipotizzando che la Germania ed i paesi del Centrono faccia una politica espansiva a sostegno della loro domanda interna, permettendosi un modesto deficit ed incrementando i salari. Ovviamente in tale scenario si ridurrebbero i differenziali di Costo del Lavoro per Unita’ di Prodotto ed i saldi delle Partite Correnti della Bilancia dei Pagamenti tenderebbero a convergere maggiormente. In sintesi per i paesi periferici vi sarebbe un beneficio sull’export.

Scenario 3 – Euro Break up (not traumatic) – Ritorno alle Valute Nazionali (processo concordato) : in pratica e’ l’ipotesi di una segmentazione valutaria dell’Eurozona senza traumi.


I RISULTATI

Tassi di Cambio verso Dollaro USA

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Inflazione

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Conto Corrente della Bilancia dei pagamenti

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PIL

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PIL Nominale

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Produzione Industriale

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Disoccupazione

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Deficit Pubblico

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Debito pubblico

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Lo studio dice chiaramente quanto e’ intuitivo da chiunque mastichi di macro-economia: la rottura dell’Euro (non traumatica) e la rivalutazione del Marco penalizzerebbero pesantemente la Germania, ed avvantaggerebbero le economie periferiche, quella Italiana in primis. Le conclusioni sono le stesse di altri studi. L’effetto e’ lo stesso gia’ riscontrato nel passato in situazioni similari, e le ragioni sono esattamente quelle opposte a quelle che hanno consentito alla Germania di avvantaggiarsi in questi anni rispetto ai paesi periferici.

Lo studio mostra anche che basterebbe un minimo di politica espansiva nei soli paesi Core per dare “sollievo” alle periferie, riducendo i GAP, e dando a queste un minimo di respiro su tutti gli indicatori economici.

Mi rendo conto dei limiti di questo studio, e di svariate altre variabili (anche non economiche, interne o esterne) che potrebbero e dovrebbero rientrare in gioco, ma reputo che a meno di uno scenario distruttivo di default a catena, l’uscita dell’Euro di scena sia un’affare per l’Italia ed altre nazioni periferiche (specialmente quelle che hanno un sistema industriale dignitoso) ed un pessimo affare per la Germania, destinata col Marco ad un futuro Giapponese di deflazione-PIL asfittico-Debito crescente in un quadro demografico da film dell’orrore.

Il vero limite dello studio, sta ovviamente nel comportamento umano, in particolare delle classi dirigenti dei paesi periferici, tendenzialmente poco responsabili, che potrebbero non approfittare degli evidenti vantaggi del ritorno alla valuta nazionale, facendo danni con  misure tese a gestire il consenso nel breve periodo, e non a consolidare tale vantaggio in qualcosa di permanente.

Ovviamente, tale situazione non risolverebbe tutti i problemi dei paesi periferici, ma certamente aiuterebbe ad affrontarli.


7) Analisi della Svalutazione della Lira nel 1992-95 

Ma cosa accadde quando la Lira si sgangio’ dallo SME e’ svaluto’? (vedi QUI)

Vediamo di “smentire alcuni “luoghi comuni”:

A) L’inflazione correva in modo rilevante durante il periodo della svalutazione
B) La svalutazione 1992-1995 non ha avuto impatti significativi sul PIL
C) La svalutazione della Lira nel 1992-95 fu un fenomeno che ando’ a braccetto con l’incremento del Debito Pubblico

 Andiamo a fare un’analisi di questi 3 parametri:

A) L’INFLAZIONE DURANTE LA SVALUTAZIONE DEL 1992-1995
Vediamo cosa accadde nella Svalutazione del 1992-1995, guardando anche gli anni prima e dopo.

lira marco Analisi della Svalutazione del 1992 1995   Reload

In sintesi, pur in presenza di una Svalutazione del 50% tra fine 1992 ed il 1995, si e’ avuta:

a) Un’inflazione media annua del 4,6% tra 1993 e 1995

b) Il dato va letto nel contesto dell’epoca (la Germania ebbe negli stessi anni un 3,0% nonostante la rivalutazione): il differenziale di inflazione con la Germania nei 3 anni fu cumulato del 4,9% (1,6% medio annuo), e si ridusse fortemente rispetto al periodo antecedente (cambio fisso), e nel periodo successivo, quello 1996-98, la rivalutazione sul Marco, non incise piu’ di tanto sul differenziale di inflazione tra Italia e Germania.

c) Il dato va confrontato con quello del periodo antecedente a cambi fissi (media annua 1990-92 al 5,9%) e successivo ove ci fu una rivalutazione (media annua 1996-98 al 2,6%)

In estrema sintesi l’impatto inflattivo, tanto in termini assoluti, quanto letto nel contesto internazionale dell’epoca, quanto letto in confronto ai periodi precedente (cambi fissi) e successivo (rivalutazione e cambi fissi) fu estremamente modesto, e di una frazione modestissima rispetto all’entita’ stessa della svalutazione, e la cosa e’ leggibile in ogni confronto (assoluto, relativo, temporale).

La cosa fu possibile grazie al crollo delle importazioni (piu’ care) sostituite in ampie fette di mercato da produzione nazionale piu’ a buon mercato.

Semplicemente il Sistema Italiano (al pari di quello di diversi paesi europei) e’ da decenni maggiormente inflattivo di quello Tedesco, per una serie di ragioni sistemiche (sistema distributivo maggiormente parcellizzato, sistema delle relazioni sindacali e di controllo delle retributioni, sistema di controllo e calmieramento dei prezzi immobiliari, sistemi dei servizi, etc): Lira, Euro, svalutazioni o cambi fissi, rigore pubblico o deficit a manetta hanno storicamente un’influenza, ma decisamente minore alle cause sistemiche sopra descritte.

B) IL PIL DURANTE LA SVALUTAZIONE DEL 1992-1995

Onestamente dire che la crescita fu dell’1% in quegli anni e’ vero, ma in se’ non vuol dire niente, se non si guarda il contesto (Germania, Europa) in cui siamo inseriti.

Ancora una volta guardiamo i dati, raggruppati negli anni della Svalutazione, negli anni precedenti (cambio fisso) ed in quelli successivi (rivalutazione e cambio fisso), ovviamente confrontandoli con quelli del contesto siamo (Europa) o con cui ci confrontiamo (Germania).

slide Copy 128 Copy Analisi della Svalutazione del 1992 1995   Reload

Quanto sopra descritto trova conferma nell’andamento del conto corrente della Bilancia dei Pagamenti Italiana che ottenne un miglioramento epocale (quella tedesca fini’ negativa) a seguito della svalutazione (si noti invece l’andamento negativo nei periodi a cambio fisso):

350px Italian current account balance Analisi della Svalutazione del 1992 1995   Reload

Diamo un’occhiata al Saldo Primario: nel corso degli anni 90 la Germania e’ rimasta attorno ad avanzo primario costante (segno di assenza di consistenti manovre recessive), mentre in Italia si passo’ da un passivo del saldo primazio dei conti pubblici, ad un avanzo primario di dimesione epocale a meta’ degli anni 90.

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In sintesi appare del tutto evidente che la Svalutazione della LIRA ebbe un fortissimo impatto positivo sul PIL, che nonostante manovre economiche di dimensione epocale avvenute nel periodo e con effetti recessivi decisamente maggiori in proporzione a quelle odierne di Monti, consentirono di passare, nonostante un ciclo economico internazionale non favorevole, ad un saldo primario positivo del 6,5%. Furono proprio gli effetti della Svalutazione a consentire al PIL dell’epoca di non crollare e la dimensione di tale spinta sul PIL e’ desumibile dal grafico delle Partite correnti. In Germania dai dati e’ evidente l’effetto opposto.


C) LA SVALUTAZIONE DEL 1992-1995 FU UN FENOMENO CHE ANDO’ A BRACCETTO CON UN INCREMENTO EPOCALE DEL DEBITO PUBBLICO
Anche in questo caso e’ vero esattamente l’opposto.

Italy Debt Analisi della Svalutazione del 1992 1995   Reload

Abbiamo visto che proprio a cavallo degli anni della svalutazione della Lira, il saldo primario, indicatore fondamentale per capire il “parassitismo” dello Stato, divento’ positivo fino a valori notevoli, e cio’ consenti’ di invertire la dinamica della curva del Debito (la cosa e’ maggiormente visibile sul Debito Pubblico netto, dove appare in tutta la sua dimensione l’effetto di riaccumulazione di attivita’ dello stato: cassa e riserve).

Gli effetti inflattivi della svalutazione 1992-95 furono modesti. Il PIL ebbe un vantaggio epocale nella sua componente import-export, e si comporto’ in quegli anni meglio che nel resto d’Europa, nonostante proprio in quegli anni furono fatte una serie di manovre economiche di dimensioni epocali (Amato – Ciampi – Berlusconi – Dini) che portarono al crollo del Deficit, alla costituzione di un forte attivo primario ed ad una netta inversione della dinamica del Debito Pubblico.

Chi oggi pensa che la situazione del 2012 differisca da quella del 1992, rammento che rispetto all’epoca, il peso dell’ “import-export” nel 2012 rispetto al PIL e’ significativamente maggiore che nel 1992 (in Italia come in tutti i paesi Europei), e che quindi gli effetti di una svalutazione oggi, dovrebbero teoricamente essere conseguentemente maggiori.


8) Il conto dell’Euro: 1.430 mld fruttati a Germania, 290 mld persi da Italia
Abbiamo parlato della crisi dell’euro, quale risultante dell’esplosione degli squilibri generati dai cambi fissi in un area non ottimale, a causa dei differenziali inflattivi.

Ma quanto hanno guadagnato i vincitori e quanto perdono i vinti?

Abbiamo provato a fare i conti con 3 metodologie differenti (trovate calcoli, grafici e spiegazioni all’interno delle immagini):


1) Calcolo attraverso le Variazioni nella Posizione Patrimoniale sull’estero

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2) Calcolo attraverso il Conto Corrente cumulato della Bilancia dei Pagamenti

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3) Calcolo attraverso le Variazioni degli scostamenti dei Debiti complessivi, pubblici e privati

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La Risultante e’ la seguente, facendo la media dei 3 calcoli:

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Conclusioni: alla Germania l’adesione all’euro avrebbe fruttato complessivamente fino a fine 2013 circa 1.430 miliardi, mentre a Francia ed Italia sarebbe costata rispettivamente 330 e 290 miliardi.


9) Italia e Germania: un “matrimonio” destinato a fallire

In Germania  vi sono ben 7,3 milioni di mini-job, come illustrato nell’articolo 7,3 milioni di Minijob in Germania .  

E’ davvero interessante capire chi sono questi mini-jobbers. Sono:

a) Per il 65% sono Donne

b) Per ben il 20% sono anziani e per un altro 20% sono giovanissimi

c) I minijob rappresentano oltre il 25% della forza lavoro in vaste e ricche aree dell’ex Germania Ovest, mentre sono meno usati nella Germania Est e nelle zone limitrofe ad essa.

Cosa ci dicono questi dati?  Ci dicono fondamentalmente che i Mini-Job sono di fatto forme di sussidi, creati per persone che altrimenti sarebbe in buona parte disoccupati (a spese dello stato) o inattivi, ed il cui enorme utilizzo non ha tanto e solo uno scopo sociale, ma  soprattutto ha l’obiettivo di abbassare il costo del Lavoro complessivo, tenedo da un lato bassa la Domanda interna (le retribuzioni sono basse) e di fatto “svalutando” ai danni delle nazioni vicine, ampliando a dismisura il saldo commerciale. In estrema sintesi altro non e’ che una politica predatoria verso le nazioni vicine.

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L’OBIETTIVO DELLE RIFORME HARTZ SUL MERCATO DEL LAVORO IN GERMANIA

Si badi bene che l’obiettivo strategico tedesco di tenere bassa la dinamica del costo del Lavoro, si e’ fondato non solo sui Mini-job, ma anche su una politica di bassi salari nell’ex-Germania Est (non a caso qui i mini-job sono molto meno diffusi) e su una politica complessiva nazionale volta ad imbrigliare l’inflazione.

Chi sostiene che la “Componente Costo del Lavoro” e’ una componente secondaria di costo rispetto ad altre voci (costi energia, materie prime, innovazione, etc), ha qualche problemino nel fare i conti: infatti le “Retribuzioni” pesano in una nazione normalmente per oltre il 50% del PIL (contro un 4-5% dei costi energetici), ed il valore delle stesse non influenza solo i costi diretti di un impresa, ma influisce brutalmente sui costi indiretti (servizi alle imprese, costi dei componenti, etc).



IL CONTESTO DI APPLICAZIONE DELLE RIFOME HARTZ: UN SISTEMA EUROPEO A CAMBI FISSI DOVE E’ STATA SPAZZATA VIA OGNI FORMA DI FLESSIBILITA’

Le varie riforme Hartz tra il 1999 ed il 2008 hanno fatto esplodere a livelli inusitati una forma di lavoro atipica (spesso cumulabile) non tassata e priva di contribuzione. Capiamoci bene: e’ una sorta di legalizzazione del Lavoro nero.

Sono lavori in cui lo Stato spesso interviene per integrare il basso salario e questo de facto e’ una sorta di AIUTO DI STATO (qualcosa di assolutamente VIETATA in Europa), tanto al lavoratore, tanto all’Impresa, che in questo modo, nonche’ mettendo i mini-jobber in concorrenza con gli altri salariati, che consente a tante imprese di sopravvivere, pur non essendo competitive o essendo decotte, e consente alle imprese piu’ organizzate di espandersi all’estero ai danni delle imprese del resto d’europa.


LA POLITICA TEDESCA SUL LAVORO E’ STATA PREDATORIA E SLEALE ED HA ACCELERATO LE DINAMICHE DI SQUILIBRIO ALL’ORIGINE DELLA CRISI ATTUALE

Ho gia’ avuto modo di dire che la politica tedesca sul lavoro e’: 

- una politica predatoria sui “vicini” (la risultante conclusiva e’ l’arricchimento della Germania ed un impoverimento del resto d’Europa, cui stiamo assistendo in questa drammatica crisi)

- una politica sleale ed ostile ad ogni principio di base fondativo dell’unione europea (la UE e’ nata con lo scopo di rafforzare l’economia di tutti, e fare una politica di questo tipo, non concertata con gli altri, equivale a fare concorrenza sleale)

- una politica che velocizzera’ la crisi sistemica dell’Euro (creando una crisi di bilancia dei pagamenti, alla fine la coesione monetaria inevitabilmente verra’ meno. Cio’ a maggior ragione in un sistema a valuta unica, ma a politiche economiche decentrate e senza meccanismi di trasferimento interni, che e’ un sistema che crea squilibri per definizione)
In sintesi tale politica non puo’ essere letta come una semplice politica “per fare i propri interessi” in cui la sola colpa tedesca e’ la “mancanza di leadership”, ma e’, dati alla mano una politica ostile e predatoria per le nazioni vicine, che ha come:

- risultante iniziale le creazione di bolle nelle economie periferiche (per l’afflusso di capitali dal centro) e la predazione di fette di economia reale dalle stesse

- risultante intermedia l’impoverimento massivo delle nazioni periferiche

- risultante finale il crollo del sistema (dopo una sorta di “crisi a domino”, in cui paradossalmente, il “cerino in mano” dovrebbe proprio finire per ultimo proprio alla Germania)


LA “GESTIONE” DELLA CRISI DELL’EURO-ZONA: ROBA DA FILM “PSYCO” 

La cosa che pero’ da’ onestamente piu’ fastidio e’ che oltre a condurre una politica ostile verso i vicini, i tedeschi:

- Hanno “venduto” la crisi di una dopo l’altra delle nazioni periferiche europee (ancora in corso) come una crisi dei “Debiti Sovrani”, cosa palesemente falsa analizzando i dati, celando che invece si tratta di una crisi sistemica e tipicamente di squilibrio della bilancia dei pagamenti

- Hanno di fatto imposto alle nazioni periferiche politiche suicide (non perdo troppo tempo a commentare gli effetti dell’austerita’) a seguito dello scoppio della crisi e del boom degli spread (tra l’altro essenzialmente causata proprio dalla fuga massiva di capitali tedeschi e delle nazioni vicine)

- Hanno”venduto” internamente la crisi come causata dagli “zozzoni e lavativi e ladri” abitanti delle nazioni periferiche, mentre senza dubbio la causa principale e’ tutt’altra.

L’Italia sul fronte Euro, non ha alcun interesse a restare in un sistema instabile destinato a morte certa, in cui l’unica cosa certa e’ un progressivo impoverimento. Tra l’altro, visto che non conta niente, non si capisce come possa influire. Ovviamente, col procedere della crisi, questo interesse non l’avra’ piu’ nessuno, nemmeno il Responsabile numero 1 della Crisi stessa.

Non ho alcuna ostilita’ verso la Germania nonostante tutto: penso solamente che il nostro legame nella valuta unica vada cancellato e che i rapporti bilaterali e nell’Unione Europea debbano essere basati sul principio di reciproca amicizia e rispetto, e non su principi di sostanziale sudditanza.

Tra l’altro quanto sopra detto per l’Italia non vale solo per essa, ma vale sostanzialmente per TUTTE le nazioni europee. Il trascinamento dell’attuale crisi senza azioni risolutive, portera’ masse crescenti delle popolazioni europee a “capire” le cause fondamentali della crisi stessa, ed e’ scontato che cio’ si tradurra’ in aperta ostilita’ inter-europea tra nazioni. Cio’ va evitato e l’unico modo per fare cio’ e’ rimuovere la causa degli squilibri: la rigidita’ valutaria.

Reputo sia del tutto fuori luogo fare “minestroni” tra quanto sopra (la questione EURO) e gli storici problemi di casa nostra (anarchia politica, presenza massiva di parassiti, burocrazia invasiva, spesa pubblica enorme ed inefficiente, elevata tassazione, mancanza di coesione sociale e territoriale, etc).

Abbiamo tanti difetti, abbiamo chiaro che NESSUNO all’estero ce li risolve (al piu’ li aggravano), per cui dobbiamo abituarci all’idea che se con questi difetti e problemi non vogliamo conviverci, dobbiamo agire, e farlo noi soltanto.


10) Ecco perche’ la DISGREGAZIONE dell’EURO e’ lo scenario piu’ probabile

Credo, che neache la persona piu’ insensata possa affermare che l’attuale CRISI dell’EURO non possa concludersi in uno dei 2 seguenti modi letteralmente antitetici:

- Creazione degli Stati Uniti d’Europa (unificando sistemi Fiscali, Mercato del Lavoro ed innescando un meccanismo serio di trasferimenti interni)

- Rottura dell’EURO e ritorno delle valute nazionali.

L’Europa da 5 anni ha scelto una via intermedia, vale a dire di non creare le condizioni dell’Unione Politica e simultaneamente difendere l’EURO. Tale scelta mantiene intatti gli SQUILIBRI, per cui la CRISI SISTEMICA si auto-alimenta tra alti e bassi, e porta a crisi locali, che a loro volta portano ad un complessivo impoverimento (ad effetto domino) di tutte le nazioni europee periferche.

Prima o poi, comunque, l’EUROPA dovra’ fare una scelta, e cio’ probabilmente accadra’ in concomitanza di una crisi internazionale o perche’ un paese membro entrera’ in una crisi di portata tale da pore il problema in modo dirompente. 

La vera domanda da porsi e’ (vedi QUI): E’ POSSIBILE UN EVOLUZIONE VERSO GLI STATI UNITI D’EUROPA?

La Storia dice di NO: mettere in comune una valuta prima di fare I passi di Unione Politica significa minare l’Unione Politica stessa, perche’ si creano squilibri ingestibili.

Per rispondere alla Domanda, bisogna porsi altre domande, ma prima diamo uno sguardo ai presenti grafici auto-esplicativi:

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PER RIPRISTINARE L’EQUILIBRIO NELLA ZONA EURO, DOVREBBERO ESSERE RIALLINEATI I SALARI: LA GERMANIA ACCETTERA’ UNA RIVALUTAZIONE IN POCHI ANNI DEI SUOI SALARI DEL 12-20% (con annessa inflazione al seguito)?    NO! 

OPPURE, LA FRANCIA ACCETTERA’ DI RIDURRE I PROPRI SALARI DEL 10-15% (E LE NAZIONI DEL SUD EUROPA DEL 15-20%)?    NO! 

LA GERMANIA ACCETTERA’ DI PASSARE DA TRASFERIMENTI DI 10 MILIARDI L’ANNO VERSO IL RESTO D’EUROPA, A 100 MILIARDI ALL’ANNO?   NO!

Possiamo girarci attorno quanto vogliamo, ma la probabilita’ che si creino gli STATI UNITI D’EUROPA, tra l’altro dopo anni di impoverimento di mezza zona Euro, in simultaneita’ ad una CRISI, e con passaggi burocratici important da compiere in 19 o 28 Parlamenti, e’ tendente a ZERO.

Blankfein - Il Dio Sole di Wall Street

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I re vengono deposti, i capi di stato sostituiti, i presidenti eletti e destituiti... ma le banche rimangono sempre.

Chi sono veramente gli "dei" del passato e i loro eredi di oggi... !?

L'anonimo edificio color ruggine al numero 85 di Broad Street, nella parte bassa di Manhattan, non sembra un posto che valga la pena di fermarsi a guardare, ed è proprio quello che piace a coloro che ci lavorano. Gli uomini e le donne che in un piovoso mattino vi sbarcano nella tipica tenuta di Wall Street - abiti scuri, ventiquattrore e BlackBerrys – sono molto riservati. Vanno rapidamente dalle Lincoln nere all'edifico attraversando praticamente il nulla: nessuna targa sulla facciata o indicazione nel vestibolo, nulla che permetta di collegare il sorvegliante armato all'esterno con l'attività svolta all'interno. C'è un buon motivo per tutta questa segretezza: il numero 85 di Broad Street, New York, NY 10004, è dove ci sono i soldi, tutti i soldi. 

È il miglior posto per produrre denaro che il capitalismo globale sia mai riuscito a immaginare e, dicono molti, è una forza politica più potente di qualsiasi governo. La gente che lavora oltre le porte vetrate fa più soldi di molti stati. I beni ammontano complessivamente a 1 trilione di dollari, le entrate annuali sono dell'ordine di decine di miliardi, i profitti, vari miliardi, vengono generosamente ridistribuiti all'interno.

Nella foto: Lloyd Blankfein, amministratore delegato di Goldman Sachs

In quest'anno di crisi lo stipendio medio di ciascuno dei 30.000 dipendenti dovrebbe raggiungere la cifra record di 700.000 dollari, con picchi di varie decine di milioni (centinaia di migliaia di volte più di un inserviente della stessa impresa). E quando avranno finito di diventare "schifosamente ricchi a 40 anni", i funzionari non si ritroverebbero in brache di tela nemmeno se l'attività dovesse andare a carte quarantotto; verrebbero paracadutati in uno dei prestigiosi posti politici negli USA o all'estero, facendo nascere il sospetto che "governino il mondo". Il numero 85 di Broad Street è la sede della Goldman Sachs.

La più famosa banca d'investimenti si nasconde dietro la piena di denaro che genera e fa piombare su Manhattan, sulla City di Londra su e buona parte delle altre capitali finanziarie in tutto il mondo. Ma adesso i maghi occulti dell'impero bancario sono obbligati a esporsi alla fredda luce del giorno. Pubblico, politici e stampa ritengono che la crisi creditizia sia la conseguenza delle spericolate attività di trading delle banche e in primo luogo della Goldman, quella di più successo tra le sopravvissute. Politici e commentatori fanno a gara per denunciare la Goldman con termini sempre più pesanti: "ladri tra i ladri", "vandali economici", "capitalisti di rapina". Vince Cable, portavoce del Lib Dem Treasury, confronta i recenti eccezionali risultati della banca (un profitto di 3,2 miliardi di dollari solo nel quarto trimestre) e i previsti bonus con la situazione lavorativa e le entrate della gente comune nel 2009.

Negli USA la situazione è ancora peggiore. La rivista Rolling Stone ha pubblicato un articolo che descrive la Goldman come "un'enorme sanguisuga che succhia incessantemente sangue se solo sente odore di soldi". Nel suo ultimo documentario (Capitalism: A Love Story), Michael Moore si presenta al numero 85 di Broad Street con un furgone portavalori, tira fuori un sacco contrassegnato da un enorme dollaro, si volge verso l'edificio e urla: "Siamo qui per riprenderci i soldi dei cittadini americani!".

Di colpo la reputazione della Goldman è diventata ancora più tossica degli swap e degli altri incomprensibili strumenti finanziari, e questo danneggia gravemente qualcosa che la banca considera al di sopra di tutto: gli affari. La Goldman, principale obiettivo della rabbia popolare e dei politici, e potenziale prima vittima di nuove regole draconiane, ha quindi deciso a malincuore che è arrivato il momento di parlare e combattere. Ed ecco perché, in una luminosa mattinata autunnale in cui tutto sembra possibile – anche un invito a pranzo con i padroni dell'universo – mi sono ritrovato a passare dinanzi alla guardia che aveva bloccato Michael Moore e ad entrare nell'edificio senza nome.

"Ah! Ci ha sorpreso a complottare in tempo reale", dice Lloyd Blankfein, staccandosi da un gruppo di alti dirigenti che stanno discutendo il suo viaggio a Washington del giorno precedente. Blankfein, 55 anni, presidente e CEO della Goldman, abito scuro e vivace cravatta di Hermès ornata con piccole biciclette rosse, e ha tra le mani un'enorme tazza di caffè. Forse è la caffeina, o forse la cravatta (un regalo d'anniversario di sua figlia), certo è che è in forma perfetta per uno che tutti sembrano odiare. "Qui è come un safari", scherza, "e lei è venuto a osservare gli animali".

Blankfein potrebbe essere il Dio Sole di Wall Street, ma con l'attuale tempesta economica non ci tiene a farlo sapere, e qualsiasi segno di status symbol o, orrore!, ostentazione viene cancellato dalla sua vita, almeno pubblicamente. Prendiamo ad esempio il suo ufficio al 30° piano: le sedie sono le stesse di quando diventò CEO tra anni orsono, non c'è traccia dei tappeti tessuti a mano da 87.000 dollari o dei cestini per rifiuti da 5.000 dollari che fanno parte della tradizione di Wall Street, nessun segno di esuberanza irragionevole. Solo caffè, che arriva freddo. Il giusto tono per il lavoro in corso. Il grande mago di Wall Street si sta preparando per la più difficile vendita della sua vita: è qui per esaltare il buon vecchio capitalismo, le banche d'investimento, e la Goldman Sachs. 

Fortunatamente per lui, e per la sua impresa, è un venditore maledettamente in gamba. Comincia con un tono umile: si rende conto che "la gente ne ha le palle piene, è incavolata, da fuori da pazza" per il modo d'agire delle banche. La Goldman ha una parte di colpa per gli sconvolgimenti che hanno quasi distrutto il sistema finanziario mondiale: come molte altre banche ha prestato troppo denaro, per la prima volta in oltre dieci anni l'anno scorso ha registrato un trimestre in perdita e ha finito col prendere in prestito da Washington capitali bail-out. "Lo so che se mi spaccassi il collo la gente gioirebbe" aggiunge. Ma poi passa pian piano a difendere la funzione del sistema bancario moderno. "Svolgiamo una funzione fondamentale" sostiene, smettendola di autoflagellarsi. "Aiutiamo le aziende a raccogliere capitale e a crescere. E le aziende che crescono creano ricchezza, che a sua volta permette alla gente di trovare posti di lavoro, e questi generano a loro volta altra crescita e altra ricchezza. È un circolo virtuoso". Per rendere inattaccabile il suo punto di vista, fa un'affermazione sorprendente: "Svolgiamo una funzione sociale".

Funzione sociale? Tutti quelli che hanno perso il lavoro o si sono visti decurtare gli stipendi, grazie alle banche che avevano rifilato loro ipoteche sospette e prospettato investimenti talmente complessi che nemmeno chi li vendeva sapeva di cosa si trattava, sarebbero ben contenti di spiegargli dove ficcarsi i suoi scopi sociali. Blankfein è un ottimo propagandista della creazione di ricchezza; ma della sua ricchezza. Non è il ricco rampollo che tesse elogi del capitalismo selvaggio dal suo ovattato nido d'aquila al 30° piano; nato nel duro quartiere del Bronx da un impiegato postale e una receptionist, fu il primo nella sua famiglia a frequentare le scuole superiori ed entrò ad Harvard grazie all'aiuto finanziario ricevuto.

Anche se si è assegnato uno stipendio annuale superiore a quello che quasi tutti noi potremmo mai sperare di ricevere (68 milioni di dollari nel solo 2007, un record tra i CEO di Wall Street, e oltre 500 milioni di dollari in azioni della Goldman) continua a definirsi "un semplice lavoratore".

Ma se parlassimo dei capi d'accusa? I banchieri hanno portato il mondo sull'orlo della bancarotta, e invece di fare l'unica cosa giusta, buttarsi dalla finestra, hanno implorato i governi per riuscire a succhiare i soldi dei contribuenti e farla franca. Ora, esattamente un anno dopo, si comportano come se non fosse accaduto nulla: giocano e vincono coi nostri risparmi. Nel secondo trimestre i profitti della Goldman hanno raggiunto la cifra record di 3,4 miliardi di dollari, in buona parte guadagnati negoziando azioni, valute e beni patrimoniali.

La Goldman ha ricominciato a farlo per due buoni motivi: in primo luogo perché i mercati globali sono in netta ripresa (un recupero del 50% dai minimi toccati con la crisi creditizia, grazie ai nuovi capitali, in buona parte pubblici, immessi nei circuiti finanziari), e in secondo luogo perché – con Lehman Brothers e Bear Stearns fuori gioco, Merrill Lynch una pallida ombra di se stessa, Citigroup e UBS senza la potenza di un tempo – la banca ha ora messo le mani su una fetta più grande della torta. "Ce ne f*** dei concorrenti. Abbiamo di nuovo un bilancio florido e un gruzzolo più grande e ricco da spartirci"; è così che i banchieri della Goldman presentano la situazione. Non c'è da stupirsi se la banca sta accantonando oltre 20 miliardi di dollari da distribuire in stipendi e bonus.

Giusto e lucrativo. Ma non sarà invece piuttosto ingiusto? La Goldman non sta per caso agendo come l'equivalente moderno dei pescecani di guerra, avvantaggiandosi della crisi globale e delle misure di emergenza dei governi per rastrellare milioni? Persino l'esperto finanziere George Soros sostiene che gli enormi profitti delle banche di Wall Street sono "regali mascherati" dello stato.

Blankfein respinge l'insinuazione che la Goldman abbia avuto bisogni di capitali a fondo perduto e, per estensione, rifiuta l'idea che la società stia ora approfittando dell'aiuto pubblico. Certo, ha ricevuto 10 miliardi di dollari dal programma Tarp (Troubled Asset Relief Program) di Washington, ma ha già rimborsato la somma con un sostanzioso interesse del 23%. La Goldman ha inoltre tratto vantaggio dal salvataggio federale della grande assicuratrice statunitense AIG, con la quale aveva sottoscritto assicurazioni per 20 miliardi di dollari, ricevendo in cambio miliardi di dollari (forse 13) quando Washington ha trasferito 90 miliardi nelle casse del traballante gigante. Blankfein insiste nel dire che la Goldman era protetta dalle perdite dell'AIG nel miglior modo possibile, con fondi liquidi, e che in caso di fallimento dell'assicuratrice non ne avrebbe quindi sofferto; ma i critici dicono che se l'AIG fosse scomparsa dalla scena l'intero sistema finanziario sarebbe imploso, trascinando nel baratro anche la banca. 

Ma c'è di più; in piena crisi la FED ha infranto una tradizione vecchia di 80 anni e ha permesso alla Goldman di trasformarsi da banca d'investimenti in holding bancaria, e di ottenere quindi prestiti agli stessi bassi tassi d'interesse concessi alle banche commerciali. Blankfein afferma che la Goldman ha cambiato statuto non per problema di soldi ma perché, dopo il collasso della Bear Stearns e della Lehman, era evidente che il mercato non credeva più nella capacità dell'US Securities and Exchange Commission di regolamentare le banche d'investimento. Essere controllata dalla FED avrebbe aiutato a ristabilire la fiducia nell'intero sistema finanziario. 

Indipendentemente dalle vere ragioni alla base della decisione, nemmeno il più fanatico sostenitore della Goldman può negare che solo grazie all'aiuto pubblico esiste ancora un sistema finanziario in cui la banca può continuare a operare. Washington ha sostenuto l'economia e le banche statunitensi con oltre 12 trilioni di dollari. Veramente Blankfein non si rende conto che per quasi tutti noi è esasperante vedere la Goldman rastrellare tanto denaro mentre dobbiamo barcamenarci per arrivare a fine mese? Al contrario, insiste nel dire che dovremmo gioire per i successi della banca, non condannarli. "Francamente, tutti dovrebbero essere contenti" sostiene. Parla seriamente? Incredibile. I risultati della Goldman, argomenta, sono il segnale più chiaro di un nascente recupero economico che avvantaggerà non solo lui e la sua banca ma tutti noi "Il sistema finanziario ci ha trascinato nella crisi e adesso ce ne tirerà fuori".

Blankfein si lancia in un'altra affermazione altrettanto audace. Dovremmo essere contenti che la Goldman abbia ricominciato a elargire compensi faraonici. La banca non deve rispettare il tetto massimo sui bonus deciso dal presidente Obama, perché ha rimborsato in liquido i fondi bail-out a suo tempo ricevuti; poter offrire i migliori stipendi per assumere e mantenere i migliori banchieri non affosserà il sistema ma anzi lo salverà. Uno stipendio legato ai risultati garantisce un'attività responsabile di alto livello: "Se guarda le nostre norme sui compensi, noterà che c'è sempre stata una la perfetta corrispondenza tra livello di compensi e risultati nel lungo periodo. Altri registravano perdite ma pagavano lo stesso bonus rilevanti; ora sono in parte scomparsi dal mercato, e si capisce perché".

Molti non sono d'accordo, e ritengono che nell'attuale piatto panorama economico, i compensi faraonici non sono più necessari. Lucian Bebchuk, professore di legge, economia e finanza alla Harvard Law School, sostiene: "Attualmente per le banche è più facile evitare che i propri dipendenti vengano allettati da altre offerte. Ci sono opportunità meno interessanti che nel 2007".

D'accordo, dimenticate, se ci riuscite, i fondi bail-out, i bonus, i capitali rapinati. Ma sicuramente Blankfein non può ignorare la tesi dell'editorialista David Hare. Nel suo scritto più recente, Hare considera una forma di "ricatto" sostenere che non c'è recupero possibile se non lasciamo ai banchieri la libertà di continuare ad agire come hanno sempre fatto e a premiarsi con somme illimitate. È quello che sostennero i minatori negli anni '70, solo che questa volta al posto della National Unio n of Mineworkers ci sono la City e Wall Street. Blankfein non ha tempo da perdere con discorsi di questo tipo: i banchieri non sono minatori. "Ho questo da dirvi" sibila mentre gli occhi si riducono a una fessura "se crolla il sistema finanziario crolla anche la nostra attività, e, mi creda, in tal caso crollerà anche la sua attività e quella di qualsiasi altro cittadino".

Come un paziente che è uscito dal coma, per Blankfein la crisi creditizia è servita solo a rinforzare la sua passione per far soldi. Parlare con lui è come parlare con qualcuno nelle cui vene scorrono dollari, non sangue; crede fermamente di essere bravo in quel che fa e che quel che fa è intrinsecamente buono. Ed ha i suoi sostenitori: nella lista New Establishment 2009, Vanity Fair gli ha assegnato l'ambito primo posto, dinanzi a figure come Steve Jobs, alla guida di Apple, o Sergey Brin e Larry Page, i fondatori di Google. Altri, ad esempio l'editorialista del New York Times Andrew Ross Sorkin, sostengono che il pubblico non può "avere tutto e il contrario di tutto"; nel pieno della crisi dell'ultimo anno, ricorda Sorkin "molti incrociarono le dita e si augurarono che la Goldman e i sopravvissuti di Wall Street venissero salvati per arrestare la caduta, e adesso che le banche sono finalmente di nuovo in grado di funzionare normalmente le vorrebbero di nuovo nella polvere".

Che siate o meno d'accordo, un fatto è certo: "la tenace G" sembra avere in mano le carte vincenti nei momenti buoni ma anche, lo abbiamo visto in tempi recenti, in quelli cattivi". Rimane solo una semplicissima domanda: come fa? Qual'è la sua ricetta segreta? Per cercare di trovare la risposta dovete lasciare l'ufficio di Blankfein e scendere al 17° piano. Strada facendo potrete ascoltare i banchieri d'investimento, i trader, gli strateghi e i quantisti (i cervelloni matematici che creano fantastiche formule) che parlano di "tassi d'interesse degli swap", "default no credit", "opzioni exotic e vanilla", "differenziali lettera/denaro", "bund", "bobl" e Dio solo sa cosa ancora. Quando passate dinanzi all'85 di Broad Street non potete naturalmente vedere i soldi fluttuare, ma potete sentirli spostarsi giorno e notte tra banca centrale, banche commerciali e d'investimento, grandi aziende, oligarchi sovietici, operatori mediorientali e sceicchi, petrolieri texani e anonimi milionari nelle Bermuda e nelle isole Cayman. 

In un ufficio con una macchia d'inchiostro sul tappeto, lavora Liz Beshel, il primo ingrediente fondamentale della mistura segreta della Goldman. La banca assume solo il meglio in assoluto, e non ce ne sono molte come Beshel. 

Madre nubile di 40 anni, parla a una tale velocità e con una tale conoscenza dei segreti dei mercati finanziari che in pratica ci vuole una laurea della Harvard Business School per seguire il filo del suo discorso. Reclutata dalla Goldman quando era ancora all'università, si organizzò per prepararsi a un MBA della Columbia University di New York "nei fine settimana". Proprio come voi. Avanzò rapidamente nella gerarchia della banca d'investimenti e divenne il più giovane tesoriere generale nella storia della banca. Oggi sorveglia ogni sterlina investita dalla banca, ogni yen prestato, ogni dollaro che entra o esce dal bilancio; almeno un trilione di dollari al giorno. Quanti soldi possiede la banca in questo momento? chiedo. "164,2 miliardi di liquido o equivalente", risponde senza fermarsi un solo istante a tirare il fiato. 

È proprio grazie a persone come Beshel che la Goldman Sachs non solo dispone di un così grosso capitale ma è anche capace di sfruttarlo. Ogni giorno lo staff soppesa attentamente i beni della banca, fino all'ultimo centesimo, ed esamina con rigore clinico perdite e profitti. La banca è così in condizione d'individuare, con chiarezza e rapidità, le tendenze dei mercati, e, afferma, di gestire i rischi meglio di quanto possono fare quasi tutti gli altri istituti di credito. "Riteniamo che le nostre decisioni sono le migliori" sostiene Beshel, e ci sono prove a favore di questa affermazione. 

Prendiamo, ad esempio il settore dei subprime, la bomba creditizia tossica che ha dato il via alla crisi economica. Un anno prima che gli avventati prestiti immobiliari distruggessero Lehman e Bear Stearns, costringessero a un matrimonio di convenienza tra Merrill Lynch e Bank of America e tra HBOS e Lloyds, e trasformassero la Royal Bank of Scotland in una barzelletta, le valutazioni quotidiane della Goldman avevano evidenziato sofferenze modeste e per non più di una settimana. Nella maggior parte delle banche le perdite sarebbero passate sotto silenzio o sarebbero state considerate un incidente di percorso; invece la Goldman organizzò una riunione degli alti vertici per cercare di capire cosa stava succedendo. Anche se i mercati immobiliare e creditizio erano ancora in piena effervescenza, la banca non apprezzò la situazione e cominciò a ridurre le esposizioni. Quando esplose la crisi creditizia le sue perdite nel settore dei mutui ammontarono a soli 1,7 miliardi di dollari, meno di qualsiasi altra grande banca d'investimenti (la UBS perse 58 miliardi di dollari).

Essere più furbi della maggior parte dei banchieri è una cosa, ma per lavorare alla Goldman bisogna lavorare ancora più duramente. Chiedetelo a Sarah Smith, una cinquantenne ex studentessa della Bromley (Kent) che lasciò il Regno Unito per diventare capo contabile. "È la cultura del tempo pieno" sostiene "Quando c'è bisogno di voi, dovete essere disponibile. E se quando c'è bisogno di voi non rispondete al telefono, non ci sarà più bisogno di voi per molto ancora". 

L'anno scorso Smith, il cui ufficio è a un tiro di schioppo dall'Embassy Suites, l'albergo dove lo staff della Goldman va a riposare per qualche ora dopo aver lavorato fino al punto da cominciare a dormire in piedi, ha preso solo pochissimi giorni di congedo. Quanti giorni di vacanza può prendere ogni anno? " Non lo so. Nessuno in realtà lo sa perché nessuno li può sfruttare tutti".

La brutale etica lavorativa consente alla Goldman di essere in vantaggio al momento di accaparrarsi i clienti migliori, e con più soldi. Un esperto dirigente della banca spiega "Sin dall'inizio venite programmati a rendere più degli altri, a vedere più gente: clienti o partner dei diversi fondi". Lo staff viene inoltre addestrato a un severo "lavaggio di cervello" dei clienti e dei contatti. "Chiedete quale è stato il loro migliore affare e come vedono il mercato, dice uno "offrite in cambio qualcosa, ma ottenete sempre di più in cambio. Poi diffondete l'informazione tra i colleghi che si mettono al lavoro per sfruttare l'informazione e fare soldi". Altre banche non dispongono di queste buone informazione, e se i singoli banchieri le hanno tendono a non condividerle, perché le considerano una potente arma da usare a proprio esclusivo vantaggio. "La Goldman non lavora in questo modo" continua il dirigente "Domina uno spirito di corpo". O come preferisce dire un banchiere rivale "Sono una furba banda di teppisti".

Dane Holmes - 39 anni, 185 centimetri, 130 chili, ex giocatore di basket-ball – è il responsabile dei rapporti con gl'investitori. Da l'impressione di poter travolgere chiunque si trovi sulla sua strada – e persino un solido muro! Ma sostiene: "Non è così che lavora la Goldman. Agendo da solo potrete avere uno splendido futuro come banchiere, ma non qui. Il sistema elimina coloro che non sono capaci di operare in gruppo".

Quando la Goldman persegue un obiettivo, tutti i componenti del team hanno la loro parte da svolgere. Prendete quest'articolo. Quando la banca ha accettato l'intervista non è stato facile trovare un alto dirigente da intervistare. Michael Sherwood, 44 anni, corresponsabile europeo, è rientrato, via Mosca, dalla riunione del FMI a Instabul al quartier generale di Londra per un'intervista di 40 minuti, prima di ripartire per incontrare alcuni clienti del Golfo.

L'idea del lavoro in gruppo arriva in alto. La Goldman non è un partner privato (è diventato pubblico una decina di anni orsono) ma i capi lavorano duro per far passare un approccio familiare "ci siamo dentro anche noi". Altri dicono che sembra piuttosto un culto, ma viene considerato un complimento. Alcune procedure sono perfettamente logiche. I bonus, ad esempio, non sono legati alle prestazioni personali, come in molte altre banche, ma a quelle della banca nel suo insieme, e i partner ricevono a una buona percentuale delle remunerazioni in azioni che possono vendere solo quando lasciano la Goldman. Viene così eliminata quella che Dina Powell, la trentaseienne d'origine egiziana a capo del ramo filantropico della Goldman, chiama gli "stronzi egomaniaci" che potrebbero essere tentati dall'idea di operare allo scoperto nella speranza di ottenere bonus più elevati. 

Altre procedure sono inquietanti. Lo staff è costretto ad ascoltare la posta vocale protetta mattino, mezzogiorno e sera per gli ultimi consigli di Blankfein e Eileen Dillon, il quarantottenne ufficialmente responsabile delle operazioni dell'ufficio operativo ma ufficiosamente consigliere. La Goldman è la maggior utilizzatrice di posta vocale al mondo e le informazioni vanno dalle ultime cifre su perdite e profitti al rapporto su quello che i responsabili operativi dei principali clienti hanno detto a Blankfein e ai suoi collaboratori a colazione, o a istruzioni tipo "in nome del cielo, staccate tutto in vacanza". 

Cosa spinge persone tanto brillanti da poter fare qualsiasi cosa vogliano a lavorare giorno e notte per la banca? Il denaro, naturalmente. Non a caso la Goldman Sachs è soprannominata "Goldmine Sachs" (la miniera d'oro Sachs). C'è tanta ricchezza in giro che in un anno normale un buon partner di una banca d'investimenti ricava sui 3,5 milioni di dollari, un buon trader tra i 7 e i 10 milioni, e un membro del comitato di gestione tra i 15 e i 25 milioni. 

Nel 2008, 953 dipendenti hanno ottenuto bonus di almeno 1 milione di dollari. Blankfein ha un bel dire che è ancora un semplice lavoratore, ma possiede un appartamento da 30 milioni di dollari in Central Park West e una villetta di 600 metri quadrati a Hamptons, il ritrovo estivo dell'elite di New York. Un ex banchiere della Goldman descrive la cultura d'impresa "totalmente ossessionata dal denaro. Ero come un asino dinanzi al quale veniva fatta ondeggiare la più grossa e appetitosa carota che si possa immaginare. I soldi sono il parametro per misurare il vostro successo, e c'è sempre spazio per accumularne ancora di più: se non state pensando a una casa più grande o a una barca più lunga state rimanendo indietro. È come una droga". 

Droga è la parola che usa anche Sherwood, che sa di cosa parla: è al suo secondo super yacht dal costo di vari milioni di sterline. "Mi piacciono le barche" ci dice. Non i velieri, le barche. È il suo modo per mettersi sulla stessa lunghezza d'onda di Sir Philip Green, un amico miliardario che trascorre parte dell'anno sul Lionheart, uno yacht di 60 metri e dal valore di 32 milioni di sterline, ancorato nella baia di Monaco. "Quante barche ho comprato?" dice Sherwood "Non è il momento migliore per rispondere". 

Ma esiste anche un'altra potente molla: il dubbio. Può darsi che all'85 di Broad Street domini l'arroganza, e in privato Blankfein ama scherzare (ma non poi tanto) sul fatto che "ha raggiunto la perfezione". Ma al di là di queste bravate lo staff della Goldman s'interroga costantemente sulle proprie capacità. "C'è una profonda e continua paranoia in tutto quello che facciamo" dice Sherwood. Ed è vero per i risultati dei singoli ma anche per le prospettive della banca nel suo assieme. 

L'insicurezza è profondamente radicata nel sistema, e la percepite prima ancora di essere assunti. La maggior parte dei candidati viene intervistata almeno 20 volte, e in alcuni casi anche 30, prima di ricevere un'offerta. Una volta assunto ciascun membro dello staff viene ininterrottamente e costantemente sorvegliato dai suoi colleghi. 

C'è un metro di giudizio per ogni aspetto delle prestazioni ottenute, e tutti vengono misurati nel contesto della propria divisione e della struttura globale. Ogni anno la divisione Human Capital Management (si noti il termine Capital; alla Goldman la gente è denaro) posiziona ciascun dipendente in uno dei quattro quartili. Quelli più in alto vengono doviziosamente premiati. Ma cosa ne è di quelli più in basso? Chi li prende in considerazione? Non saranno in circolazione ancora per molto: si è dentro o si è fuori. "Ogni anno licenziamo il 3-5% del personale (all'incirca 1.500 persone) al livello più basso" dice Richard Gnodde, 49 anni, corresponsabile delle operazioni in Europa, basato a Londra. 

Prendere gente del livello superiore, farla sentire come appartenente al livello inferiore e infilarla in un gruppo che lavora spasmodicamente ogni santa ora che Dio – pardon, Goldman – ci concede, è importante, non c'è dubbio. Ma non è l'asso nella manica della banca. L'asso nella manica è la sua straordinaria capacità di gestire una rete, la più grande rete di talenti al mondo. A differenza di altre banche, i più capaci vengono incoraggiati a darsi da fare, rastrellare tutti i soldi di cui potranno avere bisogno in futuro e poi andarsene per "lavorare bene". 

La permanenza media dei partner è di otto anni. "Non vi fate certo assumere per arrivare alla pensione" dice un dipendente "Avete la vostra opportunità per arricchirvi e poi per togliervi dai piedi". Ma "lavorare bene" non significa gestire un ospedale a Kinshasa per lottare contro l'aids; significa occupare i posti più importanti nelle istituzioni finanziarie, le banche centrali e le borse di tutto il mondo. L'elenco di ex dirigenti della Goldman che hanno occupato posti chiave nell'amministrazione statunitense e negl'istituti più importanti di New York e di Washington lascia a bocca aperta: Robert Rubin (segretario del tesoro all'epoca di Clinton), Hank Paulson (segretario del tesoro all'epoca di George Bush), William Dudley e Stephen Friedman (attuale presidente ed ex direttore generale della New York Federal Reserve), Mark Patterson (capo dello staff del segretario del tesoro Timothy Geithner), Joshua Bolten (capo dello staff all'epoca del presidente Bush), Robert Hormats (consigliere economico del segretario di stato Hillary Clinton), Gary Gensler (direttore dell'US Commodity Futures Trading Commission), Reuben Jeffery /sottosgretario di stato per gli affari economici e agricoli all'epoca di Bush), John Thain e Duncan Niederauer (il precedente e l'attuale capo della New York Stock Exchange), Adam Storch (capo operativo alla Securities and Exchange Commission). 

Inoltre Michael Paese, il nuovo responsabile della lobby della Goldman a Washington, ha lavorato per Barney Frank, il congressista che presiede l'House Financial Services Committee. Per vedere le cose nella giusta luce, immaginate cose succederebbe se il cancelliere Alistair Darling e i suoi principali consiglieri Mervyn King (governatore della Bank of England), Xavier Rolet (capo della London Stock Exchange) e Hector Sants ( capo della Financial Services Authority) avessero lavorato nella stessa banca prima di entrare nel governo. Non c'è da stupirsi se uno dei soprannomi della Goldman è "Government Sachs". 

I critici dicono che avere amici ben piazzati fornisce alla banca la forza vitale. I funzionari governativi che occupano posti chiave, sostengono, discutono privatamente le politiche messe in atto più con la Goldman che con le altre banche. Nel suo nuovo libro "Too Big to Fail", Andrew Ross Sorkin descrive una riunione. Al momento di passare dalla banca al ministero del tesoro statunitense, Paulson, il predecessore di Blankfein, si era impegnato a non discutere con la Goldman, ma a giugno dello scorso anno si era trovato a Mosca mentre il consiglio di direzione della Goldman era a pranzo con Mikhail Gorbachev. Dato che si trattava di un "evento sociale" i legali del ministero autorizzarono Paulson a incontrare i suoi vecchi colleghi, che vennero gratificati con racconti sulla sua permanenza al ministero e con previsioni sull'economia globale. Il consiglio della Goldman gli chiese cosa ne pensasse della possibilità che un'altra banca fallisse, come la Bear Stearns. Documenti resi pubblici recentemente dimostrano che pochi mesi più tardi, quando, nel momento culminante della crisi, quando Paulson stava lavorando al salvataggio dell'AIG, il nome di Blankfein appare 24 volte in 6 giorni sul listato delle chiamate telefoniche di Paulson. Le grandi banche, inclusa la Goldman, che possedevano contratti assicurativi con l'AIG vennero rimborsate interamente, invece che con 60 cents a dollaro come avevano chiesto insistentemente i negoziatori dell'AIG, lasciando intravedere la possibilità di un "accordo amichevole" tra Paulson e Blankfein. 

La Goldman respinge con forza l'idea che la presenza di tanti ex dipendenti nei posti chiave del mondo politico le permetta di ricevere un trattamento di favore. "Sono persone di estrema integrità" afferma Sherwood, ma la riunione di Mosca e le trattative sull'AIG permettono di dubitarne, per dirla in modo gentile.

Più tempo passate all'85 di Broad Street più vi convincete che la Goldman sta sfruttando al meglio la globalizzazione. Nei settori finanziario e governativo, dispone degli esperti migliori, più aperti e più impegnati nel loro lavoro. Lo ammettono anche i critici, secondo i quali, però, i ben oleati ingranaggi permettono loro di ottenere molto più del semplice successo, cosa della quale la banca è poco propensa a parlare. Anche se sanno gestire bene i rischi e sono capaci di uscire dai mercati al momento giusto, i maghi della banca hanno la loro buona parte di colpa nel gonfiare le bolle speculative - dot.com, azioni, immobiliare – e, continuano i critici, hanno contribuito ad aumentarle con offerte azionarie ai grossi clienti e con la commercializzazione di obbligazioni e azioni prima di fare marcia indietro.

I detrattori accusano inoltre le divisioni negoziazione e investimenti di "giocare sulle due sponde" del mercato. La Goldman negozia titoli per le grandi aziende e per i fondi pensione. Opera inoltre come consulente per molte società di cui negozia i titoli. Ciò significa che sa perfettamente quello che stanno facendo sul mercato. Diciamo che un investitore contatta la Goldman e che vuole comprare nel mercato petrolifero: la banca può fornire una previsione accurata di cosa probabilmente succederà, perché sa cosa le aziende del settore sue clienti stanno facendo, proprio in base ai consigli da lei forniti, e quali altri grandi investitori stanno operando. E questo significa anche che la banca può condurre al meglio le sue stesse operazioni petrolifere. I critici paragona la situazione a un grande casinò, nel quale la casa conosce tutte le mani di ogni tavolo e usa l'informazione per arricchirsi a spese di tutti i giocatori. La Goldman respinge le accuse di "capitalismo da roulette": quante più informazioni sono nelle sue mani, sostiene, tanto meglio può consigliare le società clienti e tanto meglio può far coincidere le esigenze di compratori e venditori, ottenendo i migliori prezzi del mercato. E nega con forza l'accusa di profittare delle informazioni o di agire in maniera eticamente scorretta. Una insuperabile barriera tra trader e consulenti impedisce qualsiasi conflitto d'interessi. Le regole sono talmente severe che se un banchiere della divisione investimenti tentasse di usare il suo pass elettronico per entrare in uno dei piani della divisione trading, non solo si vedrebbe rifiutare l'accesso ma verrebbe convocato per fornire spiegazioni.

Quale che sia la formula usata, una cosa è sicura: la Goldman ha evitato la bolla creditizia e sta venendo fuori dalla crisi più forte che mai. Le spoglie al vincitore. Ma molti non sono convinti che una Goldman più forte e più furba sia necessariamente un bene. Vince Cable mette in guardia: "Se c'è qualcosa che abbiamo imparato è che le banche dispongono di un potere eccessivo sui consumatori e i governi. La Goldman Sachs non è mai stata così potente, e questo dovrebbe allarmarci".

I leader mondiali e i responsabili finanziari stanno cercando di mettere a punto piani per limitare la libertà d'azione di banche come la Goldman e di definire un tetto per gli stipendi pagati ai dipendenti. Non crederete certo che si tratti di una battaglia a gusto di Blankfein, con la sua incrollabile fiducia nella purezza ed efficienza del mercato libero. Ma la cosa divertente è che la sta combattendo, perché pensa che renderà l'attività delle banche più sicura e permetterà alla Goldman di guadagnare ancora di più in futuro. 

"Gli orientamenti governativi elaborati fino ad oggi vanno nella giusta direzione" sostiene. Pagare il personale in base alle prestazioni e dare come bonus azioni vincolate e liquidi per garantire il successo a lungo termine è "auspicabile ed è qualcosa che già facciamo". "Ingordigia, ma a lungo termine"; è così che i responsabili dell'istituto descrivono le politiche d'investimento e pagamento. Blankfein sostiene le proposte per garantire una migliore capitalizzazione delle banche. "Se prima non capivamo i limiti di un capitalismo scatenato, adesso invece ne siamo coscienti. Ogni proposta per rendere il sistema migliore e più sicuro è benvenuta". Avrebbe potuto aggiungere: solo, non imponete tasse sui guadagni.

Per Blankfein, alla fine, tutto si riduce a una cosa: trovare la migliore, più veloce e più sicura maniera di guadagnare soldi, poi aggiungerci altri soldi, e condire il tutto con altri soldi. Non è interessato a un'analisi della realtà ma solo a sostanziose entrate per i suoi clienti, la sua banca, il suo personale, i suoi azionisti, e in ultima analisi, pensa, per noi. La sua quasi religiosa devozione per il dogma finanziario si è esternata in una secca dichiarazione proprio quando stavo per uscire da quell'edificio anonimo e ritrovarmi immerso nel tramonto autunnale. Prima di andarmene gli ho fatto una domanda per rispondere alla quale, in questo tempi agitati, tutti, dal tipo in strada che vende panini al chili per 99 centesimi al fantamiliardario re di Wall Street che lavora 30 piani più su, si sarebbero fermati un attimo a riflettere, per poi magari fornire una risposta equivoca: è possibile accumulare troppi soldi?

"È possibile essere troppo ambiziosi? È possibile avere troppo successo?" sibila Blankfein "Non voglio che quelli che lavorano in questa banca pensino di aver fatto tutto quello che era in loro potere e se ne vadano in vacanza. Devo proteggere gl'interessi degli azionisti, e ovviamente della Goldman: non voglio quindi porre un limite alla loro ambizione, e mi risulta difficile pensare a un limite per i loro guadagni".

Allora, affari come sempre, senza preoccuparsi della rabbia della maggior parte della gente? Goldman Sachs, pilastro del libero mercato, creatore di supercittadini, oggetto d'invidia e timori, continuerà a diventare più ricca di Dio? Un rapido ghigno sulla faccia di Blankfein. Definitelo una persona ricca e facoltosa che si burla della gente. Definitelo un perfido. Definitelo come volete. Ma è solo, ci dice, un banchiere che "sta facendo il lavoro di Dio". 

Come accumulano i loro soldi 

Può darsi che il nome Goldman Sachs non significhi gran cosa per voi. Ma se intrattenete rapporti bancari con la HSBC, usate il gas per cucinare, comprate via Ocado, guardate Grande Fratello, comprate i vostri capi di abbigliamento da Gap, usate un sistema di navigazione satellitare TomTom, o più semplicemente assaporate un panino al formaggio, allora la Goldman fa parte della vostra vita. 

La struttura, composta da tre divisioni, è una banca d'investimenti che raccoglie capitali per i clienti e qualche volta investe fondi propri. Nel Regno Unito ha raccolto capitali per la HSBC, Centrica (proprietaria di British Gas), e Ocado, il sito della Waitrose per la vendita online di prodotti alimentari, con un giro di affari annuo di oltre 400 milioni di sterline. 

Ha aiutato a finanziare la Endemol, la società che ha creato il grande Fratello, ed è il più importante investitore individuale di Eurotunnel. Si è occupato di struttura azionaria per la TomTom e J Crew. È la banca di Gap. Ha ristrutturato Premier Foods, uno dei cui rami è la fabbrica di sottaceti Branston. La Goldman è anche una trading house; commercia materie prime (ad esempio petrolio e oro), azioni e debiti societari. La terza divisione si occupa di gestione patrimoniale. Gestisce beni per conto dei fondi di pensione, le società di assicurazione e di patrimoni individuali. Guadagna caricando pesanti spese (di solito il 2-4%) alle aziende e ai clienti che assessora e di cui gestisce i patrimoni, o negoziando coi fondi propri, attività tradizionale sin dagli inizi. 

La banca venne fondata a New York nel 1869 da Marcus Goldman, un ebreo immigrato dalla Bavaria, cui si associò più tardi il genero Samuel Sachs. Esclusa dal chiuso mondo protestante dei trader di azioni e obbligazioni, la Goldman si scavò una proficua, anche se poco esaltante, nicchia comprando e vendendo titoli di credito a breve. Alla fine del secolo, guidava il mercato dell'offerta primaria di azioni, compiendo i primi passi sul mercato azionario di aziende blue-chip come la Sears e la Ford. 

Avendo dovuto cominciare al di fuori del rassicurante mondo di Wall Street, la Goldman assunse le persone più furbe e attive che le fu possibile trovare, capaci di sfruttare le trappole del mercato, sottrarre affari ai rivali e guadagnarsi l'appoggio di amici ben piazzati. Sotto la guida di Sidney Weinberg, responsabile esecutivo dal 1930 al 1969, la banca trasformò i migliori laureati in un gruppo ad-hoc capace di lavorare 24 ore al giorno per i clienti.

Superlavoro, superstipendi, supertutto

La Goldman Sachs sarà pure una banca di Wall Street, ma il suo ruolo e la sua influenza a Londra sono notevoli. Nell'ufficio di Fleet Street, composto dalle antiche sedi di due giornali poi unificate, lavorano circa 5.500 persone. I trader siedono dove una volta le presse stampavano The Daily and Sunday Telegraph e The Daily and Sunday Express. È la banca della City coi maggiori utili: dal 2000 al 2008 i profitti per dipendente si sono aggirati sulle 181.000 sterline all'anno, e quest'anno lo stipendio medio dovrebbe arrivare alle 458.000 sterline. È uno dei principali contribuenti della City. 

Quest'anno il cancelliere Alistair Darling si aspetta d'incassare oltre 2 miliardi di sterline in tasse societarie, IVA e imposte.

Lo staff gode di generosi benefici. L'azienda ha un apposito responsabile per essere sicura che gli ospiti possano mangiare e bere coi partner della Goldman in perfetto stile e al riparo da occhi indiscreti. C'è una sala di ginnastica, un'infermeria e un asilo. Ogni dipendente riceve d'ufficio un'assicurazione sanitaria e può prendere un tassì ogni volta che lo considera opportuno. La notte un serpente di tassì in attesa si snoda fin sul retro dell'edificio. 

L'ufficio londinese è gestito da Michael Sherwood (sopra) e Richard Gnodde. Sherwood, conosciuto come Woody, è il duro. L'ex trader sembra volersi rifare come modello al suo buon amico, il miliardario Sir Philip Green. Parla rapidamente e senza perifrasi. 

Come per Sir Philip, il suo sfacciato modo di condurre affari permette di dare il meglio. Nel 2006 la British Airports Authority chiese alla Goldman di studiare il modo migliore per respingere un'offerta di acquisto ostile di Ferrovial, il gigante spagnolo della costruzione. La Goldman, il cui team includeva Sherwood, rispose che una tattica avrebbe potuto essere quelle di vendere la BAA alla stessa Goldman. La proposta indignò la BAA e spinse Hank Paulson, all'epoca CEO della Goldman, a mandare un severo messaggio che censurava i responsabili coinvolti. La lettera divenne nota come "the spank from Hank". 

Al contrario Gnodde è un banchiere d'investimento soave. Sembra come se venisse fuori da un catalogo d'abbigliamento per uomo degli anni '70. Rappresenta il guanto di velluto (o dovremmo dire cashmere?) che ricopre il pugno di ferro di Woody. È conosciuto per aver consigliato il signore dell'acciaio indiano Lakshmi Mittal nella sua offerta da 17 miliardi di sterline per l'acquisizione del produttore europeo Arcelor. 

Sherwood e Gnodde sono consigliati da eminenze grige, ad esempio Lord (Brian) Griffiths, a suo tempo consigliere speciale di Margaret Thatcher e responsabile dell'unità politica del primo ministro dal 1985 al 1990 e antico direttore della Bank of England. Si tratta di uno dei consiglieri internazionali della banca, ma opera anche da consigliere spirituale. "Una volta venne da me un dipendente; pensavo che volesse parlarmi della sua carriera, ma in realtà era venuto a discutere l'etica bancaria. Fu una lunga conversazione", ricorda Griffiths. 

Cristiano impegnato e sostenitore del Lambeth Fund dell'arcivescovo di Canterbury, Griffiths è un utile strumento di pubbliche relazioni. È stato lui, ad esempio, a parlare il mese scorso in difesa dei superbonus. "Se dicessimo che non ci saranno superbonus, o bonus dello stesso livello degli anni scorsi, un sacco di aziende della City sposterebbero le loro operazioni in Svizzera o in Medio oriente", ha proclamato nella St Paul’s Cathedral. 

Ogni anno, nel periodo dei bonus, Sherwood e Gnodde invitano lo staff a mantenere un profilo basso e a non ostentare la loro opulenza. Quasi tutti lo fanno e investono i loro milioni in beni immobili, soprattutto in zone esclusive di Kensington, Regent’s Park, Fulham, Notting Hill Gate, Chelsea, Highgate e Hampstead. Per molti anni un partner, Julian Metherell, se ne è andato allegramente in giro in una scassata Nissan Sunny rossa. 

Ma non tutti i pezzi grossi della Goldman riescono ad evitare la luce dei riflettori. Un intramontabile racconto degli anni d'oro racconta che tre dirigenti londinesi, (Scott Mead, Jennifer Moses e suo marito, Ron Beller) avevano una tale liquidità da non rendersi conto che un assistente, Joyti De-Laurey, aveva alleggerito i loro conti correnti di oltre 4 milioni di sterline. 

I pezzi grossi della Goldman mandano i ragazzi alle stesse scuole private, e se non amano quella nella loro zona, ne creano una. Mead è stato il cofondatore di una scuola preparatoria a Notting Hill, con 200 studenti tra i 4 e i 14 anni. Anche le mogli dei funzionari della Goldman Sachs adottano un profilo basso e si dedicano alle opere di carità.

Come negli USA, la banca è in stretto contatto col governo. L'ex capo economista e partner, Gavyn Davies, è spostato con Sue Nye, consigliere speciale di Gordon Brown. Ai tempi di Tony Blair, Davies divenne direttore della BBC. Il suo successore alla Goldman come capo economista, David Walton, aveva un posto nel Monetary Policy Committee della Bank of England. Paul Deighton, che dirige il comitato organizzatore dei giochi olimpici di Londra, era capo operazioni della Goldman.

La Goldman è un consulente bancario fondamentale del governo. L'anno scorso Brown affidò alla banca la consulenza per la vendita della Northern Rock. 

Amici nei posti chiave. La rete politica della Goldman 

Segretari del tesoro statunitense, capi del New York Stock Exchange, consulenti della Casa Bianca e di Downing Street: chiunque abbiate in mente ha lavorato per la Goldman Sachs. Ecco solo alcuni degli alti papaveri della banca che hanno le mani in pasta nella politica mondiale

Sue Nye/Gordon Brown 

Consigliere speciale di Gordon Brown, Nye è sposata con Gavyn Davies, l'ex capo economista e partner della Goldman. All'epoca di Tony Blair, Davies divenne presidente della BBC, carica dalla quale rassegnò le dimissioni nel 2004, dopo il rapporto Hutton. 

Robert Rubin/Bill Clinton 

Rubin ha passato 26 anni alla Goldman prima di entrare nell'amministrazione Clinton come consigliere economico. Ha lavorato come segretario al tesoro per quattro anni dal 1995, e continua ad essere consigliere del presidente Barack Obama 

Hank Paulson/George Bush 

Paulson è stato CEO della Goldman prima di divenire segretario al tesoro USA. Nel momento culminante della crisi creditizia, quando Paulson stava lavorando al salvataggio dell'AIG, il nome di Blankfein appare 24 volte in 6 giorni sul listato delle chiamate telefoniche di Paulson.

Larry Summers/Barack Obama 

Summers, consigliere economico di Obama, non ha mai lavorato direttamente per la Goldman, ma ha fatto parte del governo Clinton alle dipendenze del suo mentore, Robert Rubin. La Goldman pagò 135.000 a Summers per partecipare a una conferenza di un giorno nel 2008, prima dell'avvento di Obama. 

Sachs nella City 

Michael Sherwood: vice presidente e corresponsabile esecutivo della Goldman Sachs International. Conosciuto come Woody, è noto per le sue capacità di trader. Nel 2008 il suo salario di base è stato di 415.000 sterline. 

In un anno favorevole può ragionevolmente attendersi che i bonus facciano lievitare la somma a un totale di circa 6.000.000 di sterline. È uno dei due boss della sede di Londra.

Richard Gnodde: corresponsabile esecutivo della Goldman Sachs International. Nel 2008 il suo salario è stato di 1,3 milioni di sterline, probabilmente in parte sotto forma di bonus. Si ritiene che nel 2007 sia stato il direttore più pagato a Londra, con un totale di 11,7 milioni di sterline. L'altro anno lo stipendio ha subito una riduzione del 90%.

Matthew Westerman: responsabile globale dei mercati dei capitali. Nel 2009 i bonus dovrebbero permettergli di mettersi in tasca oltre 5 milioni di sterline. Ex banchiere della Rothschild, ha fatto le sue prove negli anni '30 con le fluttuazioni dei mercati azionari in Europa. Nel 2000 è stato assunto dalla Goldman Sachs per dirigere la nuova divisione affari europei. Quest'anno ha partecipato alla raccolta di capitali societari, permettendo alla Goldman di scremare lauti profitti. È quindi in lista per un sostanzioso bonus.

Yoel Zaoui: capo della banca europea d'investimenti. Nel 2009 incasserà probabilmente oltre 5 milioni di sterline. Dipendente fin dal 1988. Zaoui ha avuto un'ascesa fulminante, ottenendo l'ambita partnership in soli 10 anni. Ha avuto spesso scontri verbali con Michael, il fratello maggiore che ha ricoperto un ruolo equivalente nella banca concorrente Morgan Stanley. 

Karen Cook: direttore della Goldman Sachs International e presidente della Goldman Sachs Europe, nel 2009 il salario e i bonus di Cook dovrebbero superare i 5 milioni di sterline. Madre di sei figli, è stata corresponsabile della finanzia aziendale in UK presso la banca Schroders prima di passare alla Goldman nel 1999. Ha partecipato in acquisizioni multimiliardarie, ad esempio quella da 10,2 miliardi di sterline della Kraft. A cura di Philip Beresford 

La forza dei numeri 

Nel 2007, Lloyd Blankfein, boss della Goldman Sachs, ha guadagnato 68 milioni di dollari, un vero primato per un CEO di Wall Street. Un buon specialista d'investimenti può arrivare a 3,5 milioni all'anno, un buon trader a 7-10 milioni, un membro del comitato di direzione a 12-15 milioni.

La Goldman non è la più grande banca al mondo. La ICBC, the Industrial and Commercial Bank of China, ha un numero di dipendenti 11 volte superiore, ma non è la più ricca. La HSBC ha 2,4 trilioni di dollari di beni patrimoniali (la Goldman solo 1 trilione). E non è la più importante per capitalizzazione di borsa. Vale 95 miliardi di dollari rispetto ai 201 della 201 HSBC. Ma è la più redditizia.

La Goldman ha il miglior rapporto dipendente/profitti di qualsiasi concorrente: in media 222.000 dollari all'anno nel periodo 2000-2008. Nello stesso periodo, la JP Morgan Chase, la più vicina rivale, ha avuto un profitto annuo di 133.000 dollari per dipendente. 

Nel secondo trimestre dell'anno in corso, i profitti della Goldman hanno raggiunto la cifra record di 3,4 miliardi di dollari.

Dai Maya alle Tavole di Smeraldo di Toth

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I Maya ci hanno lasciato le prove della loro conoscenza altamente avanzata della matematica, dell’astronomia e dei dieci cicli cosmici del tempo. Essi edificarono anche incredibili città e piramidi, erano in grado di spostare pietre del peso di centinaia di tonnellate perchè probabilmente sapevano come manipolare la realtà illusoria, utilizzando i campi magnetici per far fluttuare i massi in assenza di peso. Lo stesso principio in cui si basano i nuovi treni a levitazione magnetica che restano sospesi sopra i binari grazie al campo magnetico, nonostante il loro colossale peso. 

In Messico, sotto un tempio Maya, sono state ritrovate delle tavolette di smeraldo, si dice che risalgano a 36.000 anni fa e che siano state scritte da Toth, un re sacerdote di Atlantide che pare abbia fondato una colonia in Egitto. In seguito le tavolette di smeraldo di Toth, furono portate dai sacerdoti egiziani delle piramidi e poste sotto un tempio dedicato al Dio Sole nello Yucatan.

Il traduttore di queste tavolette, Maurice Doreal, sostiene di averle recuperate e di aver completato la loro traduzione nel 1925, ma solo molto più tardi gli venne concessa l’autorizzazione a pubblicarne una parte. Potete leggere l’intera storia e il testo delle tavolette su questo sito in inglese. Le tavolette parlano dei “figli delle ombre” che manipolano questa realtà:

“Parlo dell’antica Atlantide, parlo dei giorni del Regno delle Ombre, parlo dell’avvento dei figli delle ombre. Dalle profondità furono richiamati dalla saggezza dell’uomo della Terra, allo scopo di conquistare grande potere.

In un passato lontano, prima dell’esistenza di Atlantide, c’erano uomini che scavavano nelle tenebre, usando la magia nera, evocando esseri dalle profondità sotto di noi. Essi emersero in questo ciclo, privi di forma, appartenenti ad un’altra vibrazione, vivendo non visti dagli uomini della Terra. Solo attraverso il sangue potevano vivere nel mondo.

Nelle epoche passate furono conquistati dai Signori e ricacciati giù da dove provenivano. Ma ce ne furono alcuni che rimasero, nascosti in luoghi e livelli sconosciuti agli uomini. Vivono in Atlantide come ombre, ma di tanto in tanto compaiono tra gli uomini. E quando il sangue fu offerto, ecco che vennero a dimorare tra gli uomini.

Sotto umane sembianze si diffusero tra noi, ma solo all’apparenza sono uomini. La testa di serpente apparve quando l’incantesimo si ruppe, ma l’aspetto era sempre quello di uomini tra uomini. Si insinuarono nelle assemblee, assumendo le forme usuali per gli uomini, trucidando con le loro arti i capi dei regni, assumendone le sembianze e regnando sugli uomini. Solo attraverso la magia potevano essere scoperti, solo attraverso il suono i loro volti potevano essere visti. Dal regno delle ombre cercarono di distruggere l’uomo e di regnare in sua vece.

Ma sapete, i Signori erano abili nella magia, capaci di sollevare il velo dal volto del serpente, capaci di ricacciarlo da dove era venuto. Essi vennero agli uomini e insegnarono loro il segreto, il Verbo che solo un uomo può pronunciare; rapidi, allora, sollevarono il velo dal serpente, e lo cacciarono dalla terra degli uomini.

Ma state attenti, il serpente vive ancora in un luogo che è accessibile, talvolta, al resto del mondo. Non visti, essi camminano tra voi in luoghi dove sono stati celebrati i rituali: e di nuovo, in futuro, assumeranno sembianze umane.

A evocarli potrà essere il signore che conosce il bianco e il nero, ma solo il signore bianco può controllarli e tenerli legati mentre sono in forma umana.

Non cercate il regno delle ombre, perchè vi trovereste sicuramente il male, poichè solo il signore della luce conquisterà l’ombra della paura.

Sappi, o fratello, che la paura è un ostacolo enorme; sii signore di tutto ciò che è luce, e l’ombra sparirà presto. Ascolta e dai retta alla mia saggezza, la voce della luce è chiara, cerca la valle dell’ombra e solo la luce apparirà.”

Qualunque sia l’origine di queste informazioni, quella che viene raccontata è la storia della manipolazione da parte di entità ignote e di come essa venga condotta. Re e regine, politici di spicco, banchieri e industriali, proprietari dei maggiori media e capi militari sono gli esseri con la testa di serpente sotto sembianze umane (o i loro burattini e tirapiedi). Sono queste entità ignote che hanno ingannato l’umanità apparendo in forma umana e provenendo da diversi ambiti.

Le tavolette di smeraldo parlano del fatto che le entità dal regno delle ombre, cercano di distruggere l’uomo e di dominare al suo posto. Il regno delle ombre, l’insieme degli spazi e dei livelli sconosciuti all’uomo, rappresenta i piani interspaziali, un frammento oltre la visione umana. La frase “solo attraverso il suono i loro volti potevano essere visti” si riferisce al fatto che una certa frequenza sonora spezzerà la struttura di energia dell’ologramma umano che essi proietteranno, e ciò che vi si nasconde dietro potrà essere decodificato e assumere una forma.

E’ interessante notare che le tavolette affermano: “Nelle epoche passate furono conquistate dai Signori e ricacciati  giù da dove provenivano”. Ciò si rispecchia nel passaggio della Bibbia, in cui viene descritto:

“E il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo Diavolo o Satana e che seduce tutta la Terra, fu precipitato sulla Terra e con lui furono precipitati i suoi angeli. …Ed egli afferrò il dragone, il serpente antico, cioè il Diavolo e Satana, e lo incatenò per mille anni, e lo gettò nell’abisso, ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta sopra di lui perchè non seducesse più le nazioni”.

L’antico libro di Enoch descrive anche come “Dio” esigesse azioni contro gli “angeli caduti” – specialmente uno di nome Azazel:

“…E il signore disse a Raffaele: ‘Lega Azazel mani e piedi e ponilo nella tenebra: spalanca il deserto che è in Dudael e ponilo colà. E ponigli sopra pietre tonde e aguzze e coprilo di tenebra, e stia colà in eterno e coprigli il viso a che non veda la luce. E, nel grande giorno del giudizio, sia mandato al fuoco. E fa vivere la Terra che gli angeli hanno corrotto, e annunzia che io farò vivere la Terra e che non tutti i figli dell’uomo periranno a causa del segreto di tutto quel che gli angeli vigilanti hanno distrutto e insegnato ai loro figli. E tutta la Terra si è corrotta per aver appreso le opere di Azazel: ascrivi a lui tutto il peccato’…”

“…Il Signore ordinò a Michele di legare gli angeli caduti. E il Signore disse a Michele: ‘Annunzia a Semjaza e agli altri che, insieme a lui, si unirono con le donne per corrompersi, con esse, in tutta la loro impurità. Quando tutti i loro figli si trafiggeranno a vicenda, e quando vedranno la morte dei loro cari, legali per settanta generazioni sotto le colline della Terra, fino al giorno del loro giudizio e della loro fine, fin quando si compirà l’eterna condanna’ …”

La natura del “Signore” di cui si parla qui e in altri testi simili non è chiara, ma va detto che esistono entità ignote, oltre a molte altre fonti extraterrestri che stanno cercando di eliminare il loro controllo da questa realtà e di permettere all’umanità di fare le proprie esperienze in libertà. Ovunque si siano recate, le entità hanno praticato il consumo di sangue e rituali con sacrifici umani durante l’interazione con altri “padroni” ultradimensionali.

“Non visti, essi camminano tra voi in luoghi dove sono stati celebrati rituali” – come affermano le tavolette di smeraldo, esse identificano anche il motivo per cui Satanismo ed ignote Entità sono così collegati:

“Essi emersero in questo ciclo, privi di forma, appartenenti a un’altra vibrazione, vivendo non visti dai figli degli uomini della Terra… Solo attraverso il sangue potevano dar luogo all’essere, solo attraverso l’uomo potevano vivere nel mondo”.

Questo descrive come le ignote entità operino in un’altra gamma di frequenze che va oltre la percezione della vista umana, e per manipolare questa realtà esse devono avere un “corpo” tramite cui farlo – “solo attraverso l’uomo potevano vivere nel mondo”.  Il punto che riguarda “solo attraverso il sangue potevano dar luogo all’essere” spiega come mai tali entità che oggi detengono il potere siano ossessionati dal consumo di sangue e dai rituali con sacrifici umani, proprio come lo sono stati sin da quando sono giunti, per quella che è la nostra versione del tempo. Gli stessi Maya usavano sacrificare vite umane per placare l’ire delle entità e per acquisire da loro poteri occulti.

Le stirpi dei guardiani o angeli caduti stanno dietro a ogni forma di guerra e di dittatura della storia, fino ai nostri giorni. Si beano della sofferenza e nel massacro delle loro vittime, e una guerra per loro, non è che un sacrificale bagnato nel sangue.

Hanno sempre preso parte ai sacrifici umani in onore dei loro “padroni” – e bevuto sangue umano per dare nutrimento vibrazionale al loro campo energetico olografico umano, il loro “velo”.

Le piramidi, le avanzate conoscenze astronomiche, compreso il sacrificio delle vergini, i Maya s’ispiravano con tutta probabilità a ignote entità aliene. Quando esse si mischiarono con i Maya per produrre una forma di vita in cui potersi calare, fluttuarono tra le sembianze di una iguana e quelle di un essere umano grazie ad abilità camaleontiche, la “leggenda dell’iguana”.

La saggezza contenuta nelle tavolette di smeraldo è il fondamento degli antichi misteri. E per colui che legge con occhi e mente aperti, la sua saggezza verrà ad essere incrementata centinaia di volte. La ricerca umana per la comprensione delle leggi che regolano la vita è stata senza fine, tuttavia sempre appena oltre il velo che protegge i più alti piani dalla visione materiale dell’uomo, la verità è esistita, pronta ad essere assimilata da coloro che allargano la loro visione interiormente, non esteriormente, nella loro ricerca.

Nel silenzio dei sensi materiali sta la chiave della rivelazione della saggezza. Chi parla non sa; chi sa non parla. La più alta conoscenza è inesprimibile, per questo esiste come un entità che trascende tutte le parole o simboli materiali. Tutti i simboli sono chiavi per le verità ma, molte volte la porta non si apre perchè la chiave sembra così grande che le cose che stanno dietro non sono visibili.

Nelle Tavole di Smeraldo sono descritte sofisticate tecniche di meditazione. Queste tecniche presuppongono la capacità da parte del lettore di poter accedere a stati di consapevolezza non ordinari e di essere poi in grado di gestire il grande potenziale liberato.

La storia dell’Umanità è raccontata nelle quindici tavole smeraldine di Thoth l’Atlantideo:

TAVOLA I – La storia di Thoth l’Atlantideo

TAVOLA II – Le sale di Amenti

TAVOLA III – La chiave della Saggezza

TAVOLA IV – La nascita dello Spazio

TAVOLA V – Il dimorante di Unal

TAVOLA VI – La chiave del Magico

TAVOLA VII – I sette Signori

TAVOLA VIII – La chiave dei Misteri

TAVOLA IX – La chiave della Libertà dello Spazio

TAVOLA X – La chiave del Tempo

TAVOLA XI – La chiave dell’Alto e del Basso

TAVOLA XII – La Legge di Causa ed Effetto e la chiave della Profezia

TAVOLA XIII – La chiave della vita e della morte

TAVOLA XIV – Supplementare

TAVOLA XV – Segreto dei Segreti

In un estratto della XII tavola, la profezia coinvolge i tempi odierni ed è talmente chiara che risulta superfluo commentarla.


Europa... Tra TTIP e Razvitie...

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“L’opinione pubblica sa poco o nulla delle opzioni strategiche davanti alle quali si trova l’Europa :  da una lato il Trattato di Parternariato Transatlantico con gli Stati Uniti, dall’altro la creazione di un enorme corridoio multi-infrastrutturale euroasiatico di sviluppo secondo nuove modalità sintetizzate dalla parola russa ‘razvitie’, che non indica solo crescita economica ma uno sviluppo integrale, culturale, civile, ambientale che la crescita include senza esaurirsi in essa”.  

  
Ne scriveva il blog lafinanzasulweb l’aprile scorso, nel bel mezzo dell’escalation della crisi ucraina. 

E già allora il blog scriveva che “ad essere realistici i giochi sembrano già fatti: non si tratta soltanto del gelo calato nei rapporti fra UE e Federazione Russa per la vicenda della Crimea e della condizione sostanziale di quasi-protettorato degli Stati Uniti sull’Europa, che hanno nella NATO lo strumento più evidente. 

Il fatto è che l’accordo transatlantico è in fase avanzata di negoziazione e gli americani sperano di ottenerne a breve la firma; Razvitie invece è per ora solo un grandioso progetto avveniristico che Valdimir Yakunin, il presidente delle Ferrovie Russe ha fatto suo e ha illustrato alla prestigiosa Accademia delle Scienze Russa” lo scorso 11 marzo.  
  
Da aprile l’ostilità dell’occidente verso Mosca è molto cresciuta, la guerra fredda è ormai in atto con danni economici visibili per l’Europa, nell’anniversario della Grande Guerra c’è chi ventila addirittura la possibilità di un nuovo conflitto mondiale. Quel che è rimasto inalterato è il silenzio dei grandi media, inspiegabile e sospetto, sul TTIP e quello ben più comprensibile su Razvitie. 

Sebbene a fine giugno un convegno si sia tenuto proprio a Roma, promosso da Eurispes, Isiamed – Istituto Italiano per l’Asia e il Mediterraneo - e Millenium Bank   al quale hanno partecipato esponenti delle Ferrovie di Stato italiane, della Cassa Depositi e Prestiti, della Sapienza (altri dettagli qui e qui). E sia nato un comitato italiano di coordinamento di cui fanno parte l’economista Paolo Raimondi e Marco Lettieri, già sottosegretario all’Economia del governo Prodi (vedi qui  e  qui ), tra i pochi stranieri invitati l’11 marzo a Mosca, e Côme Carpentier de Gourdon, studioso e consulente basato in India.  
  
Eppure raccontare oggi le differenze fra i due progetti e la scelta di strategia geopolitica, sebbene al momento teorica, di fronte alla quale si trova l’UE, può aiutare a capire quali sono i veri giochi sottostanti all’improvvisa resurrezione di una Guerra Fredda di cui l’Europa, che con la Russia ha una continuità territoriale e con l’Asia una millenaria storia di rapporti commerciali, non sentiva davvero il bisogno.  
  
TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). 

L’accordo transatlantico – e il suo omologo transpacifico – sono accordi commerciali per la creazione di un enorme mercato unico, espressione dell’ideologia ultraliberista, peraltro sempre più oggetto di critiche.  
  
Gli obiettivi degli Stati Uniti appaiono chiari. Eliminando i dazi doganali, omogeneizzando gli standard, aprendo il settore dei servizi fra le due aree, promuovendo un’ulteriore liberalizzazione finanziaria e l’accesso dei privati a settori che in Europa sono pubblici, inclusa la difesa, gli Usa mirano a creare la più grande area commerciale del mondo con 500 milioni di consumatori col reddito medio più alto del pianeta e ad instaurare definitivamente in Europa il capitalismo modello americano. 

Un’area che, rafforzata con l’accordo ranspacifico, rappresenta la risposta strategica statunitense all’ascesa commerciale della Cina e degli altri BRICS (Brasile, Russia, India, SudAfrica).   Una risposta in contrapposizione, non certo in collaborazione/cooperazione col mondo degli "emergenti".  

Ma oltre a rafforzare un primato commerciale, consolidando il primato militare e politico, si tratta per gli Stati Uniti di preservare il primato monetario, vale a dire il ruolo del dollaro come moneta degli scambi internazionali.  
  
Quali vantaggi per l’Europa?  Si favoleggia di un balzo in avanti del Pil, di milioni di posti di lavoro, di una poderosa spinta  che deriverebbe dal libero scambio. Ma - osserva il post su finanzasulweb – si dicevano le stesse cose alla vigilia della creazione del mercato unico tra i paesi dell’Unione Europea, soprattutto con l’allargamento dell’UE. Come si vede oggi, non è andata proprio così. 
  
In Europa aleggiano del resto  dubbi e di timori, più evidenti man mano che sindacati, alcune forze politiche e categorie economiche cominciano a realizzare le implicazioni dell’accordo, di cui si continua a non parlare altro che su qualche blog (perché tanta segretezza sulle trattative?). Le paure più consistenti sono quelle di agricoltori e allevatori, nonché dei consumatori, per l’invasione di prodotti alimentari a basso costo e con standard molto diversi da quelli europei (prodotti OGM, polli lavati col cloro o con l’alcool per farli apparire più freschi, carne agli ormoni ecc).  Per non dire del rischio più grave, della protezione accordata alle multinazionali che potranno ricorrere a corti di giustizia ad hoc contro norme nazionali da cui si sentano danneggiate (es tutele dei lavoratori, norme di protezione ambientale, magari anche fiscali, vedi le società internet quasi esentasse). In pratica verrebbe ceduto alle multinazionali ogni residuo di  sovranità statale ( qui Underblog) 
   
RAZVITIE o TERB (Trans Eurasian Razvitie Belt)  

Razvitie , che in italiano significa “sviluppo” , è   al contrario un mega-progetto di sviluppo integrale lungo la fascia euroasiatica da realizzare in 10-20 anni con investimenti che negli anni sono stimati in migliaia di miliardi di   euro e la creazione di 12 milioni di nuovi posti di lavoro nei due continenti.  
  
Si presenta come un corridoio multi–infrastrutturale, che mira a collegare la costa russa del Pacifico con i Paesi europei fino all’Atlantico. Nel corridoio, oltre ai trasporti ferroviari e autostradali, sono previsti anche collegamenti continentali con pipeline per il gas, il petrolio, l’acqua, l’elettricità e linee cablate di comunicazioni, canalizzazioni delle acque, ecc. Lungo il suo percorso si ipotizzano parchi tecnologici e nuove città, almeno dieci. 
  
Si prevedono anche collegamenti diretti futuri con la Cina, che del resto sta già attivamente portando avanti simili politiche di sviluppo euro-asiatico attraverso la realizzazione di moderne Vie della Seta, e con il Nord America, con la realizzazione di collegamenti ferroviari che, passando attraverso lo Stretto di Bering, potranno collegare via terra la Russia e l’Asia con l’Alaska. 
  
 La visione strategica del progetto va ben oltre la realizzazione del corridoio di transito. Si ipotizza anche lo sviluppo in profondità di una fascia di 200-300 km lungo l’intera linea per nuovi insediamenti urbani e nuovi centri produttivi, nonché almeno 10-15 tipi di nuove industrie basate su tecnologie completamente nuove. 

Razvitie nel progetto dei suoi ideatori non è solo un “tubo” che pompa verso l’Europa occidentale prodotti a basso costo dalla Cina ma un “polo di generazione di ricchezza pubblica” frutto  di una nuova forma di cooperazione internazionale che pianifica uno sviluppo industriale e la gestione di enormi territori.

Crescita o sviluppo? Due ideologie a confronto.  

“Potrebbe sembrare l’idea da visionari – scrivono Lettieri e Raimondi. Ma la Russia da tempo sta cercando di definire una strategia che non sia soltanto economica ma che sappia mobilitare e unire le forze sociali, culturali e spirituali dell’intera popolazione intorno ad un grande progetto. 

In questo modo si pensa anche di affrontare la questione demografica in un Paese che ha visto negli ultimi venti anni diminuire spaventosamente i livelli di popolazione e di fertilità. Con esso si potrebbe mettere in moto anche una progressiva urbanizzazione dei territori della Siberia e dell’Estremo Oriente ancora quasi totalmente disabitati. 

Del resto la Russia non è nuova a simili grandi imprese. In passato si è sempre mobilitata intorno a grandi progetti che inizialmente sembravano irrealizzabili. La costruzione più di cento anni fa della linea ferroviaria transiberiana lunga 9.300 km, il piano di elettrificazione dell’Unione Sovietica  e i programmi spaziali sono gli esempi più noti. 

Crescita e di sviluppo non sono sinonimi, fanno riferimento a idee molto diverse.  

La prima è vista come puramente economica, fa riferimento principalmente al Pil e punta a servizi finanziari e non, in un quadro post-industriale basato sul digitale. 

La seconda vede ancora nell’ industria il fattore primario dello sviluppo non solo economico ma sociale, capace di includere valori culturali e morali, e punta sulla cooperazione internazionale come bene comune, nel rispetto delle diverse civiltà. E’ quella che Yakunin chiama ideologia eurasiatica.  

Qualcosa che a noi cinici europei può suonare come un’utopia ma che comunque suona in modo assai diverso dalle aggressive mire espansionistiche che i media attribuiscono alla Russia.  
  
Come finanziare questo progetto di neo-industrializzazione? Secondo Yakunin la realizzazione di progetti transcontinentali del genere è possibile solo attraverso la cooperazione e usando un paniere di valute.  E’ l’idea dei Brics che puntano a superare il dollaro come moneta di scambi internazionali (e la stanno già mettendo in pratica). 

Ma è proprio questa idea a rendere impossibile una cooperazione con gli Stati Uniti, che anzi, fanno di tutto per rialzare la cortina di ferro, isolando la Russia e facendo apparire Putin come un novello Hitler. Al prevalere del dollaro – con quel che ne consegue, a partire dal sistema finanziario – è infatti legato il loro status di superpotenza dominante, per quanto in declino. Alla quale l’UE sembra soggiacere, a dispetto dei suoi interessi.  

Sconcerta che il nome di Yakunin sia stato incluso nella black list redatta dagli Usa dopo la crisi in Crimea. Oltre ad essere presdente delle Ferrovie, Yakunin è infatti il fondatore e presidente del World Public Forum "Dialogue of civilizations" che da un decennio si batte per un dialogo fra fra diverse religioni e culture, e gode dello status consultivo dell'Onu.  
   
Raimondi e Lettieri non sono così pessimisti. A loro avviso la crisi ucraina è anzi “un motivo di più per puntare su Razvitie , la cui visione strategica è proprio l’alternativa ai rischi di una nuova guerra fredda .  

Il grande progetto può essere uno stimolo a uscire dalla crisi globale che ancora caratterizza l’inizio del ventunesimo secolo e un importante stimolo per un nuovo accordo della Russia con l’Unione europea e gli Stati Uniti, al fine di battere la politica di deindustrializzazione che ha colpito tutte e tre queste grandi parti del mondo”. 

"L’utopia della società post-industriale è fallita e potrebbe essere superata con una nuova e moderna industrializzazione, a partire dalla Siberia, già molto più sviluppata di quanto si creda". Yakunin ha ricordato che recentemente sono già stati decisi investimenti di lungo termine (a cui partecipa la Germania) quali la modernizzazione della Transiberiana e della linea ferroviaria Bajkal-Amur.  

In un mondo di scambi di beni e di tecnologie, il corridoio di sviluppo euro-asiatico potrebbe conciliare gli interessi dei tre grandi sistemi economici, creando nel contempo una garanzia di sicurezza geopolitica per tutti. 

Per l’Italia i vantaggi sarebbero evidenti.   

E la presenza al convegno romano di tante personalità,  secondo i due economisti,   “significa che si comincia già a capire che con il mega progetto russo per l’Europa e per l’Italia si aprirebbero anche prospettive di modernizzazione tecnologica, di nuova occupazione e di nuovi business per le nostre imprese. 

Lo Scudo Rosso dei Rothschild e il Sigillo di Salomone

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Il simbolo che ha ispirato il nome Rothschild o “Red Shield” (Scudo Rosso), è la stella a sei punte che compare sulla bandiera dello stesso stato di Israele.

Fino al 1760 i Rothschild erano conosciuti come “Bauer”, quando il banchiere Mayer Amschel Bauer modificò il nome di famiglia in Rothschild. Molte famiglie “ebree” hanno cambiato i loro nomi, spesso per nascondere le vere origini, e tra questi ci sono anche i Rockefeller, un tempo Rockenfelder, e i Roosevelt, un tempo Rosenfelt.


Il nome Rothschild deriva dalle parole tedesche che significano “rosso” (Rot) e “segno” o “emblema” (Shild), e si riferiscono al simbolo rosso sopra l’ingresso della loro abitazione a Francoforte. Il simbolo era un esagramma, noto anche come il Sigillo di Salomone o Stella di David, e sarebbe diventato il simbolo sulla bandiera dello stato d’Israele, creato dai Rothschild.

Finchè non fu adottato dai Rothschild, questo non era considerato un simbolo ebreo, e lo si può trovare in molte altre culture e collocazioni. Tra gli altri vari gruppi e popolazioni veniva utilizzato dai maghi arabi, da druidi e satanisti. Uno fu ritrovato sul pavimento di una moschea musulmana antica di 1200 anni, presso l’odierna Tel Aviv.
  
Il “segno” dei Rothschild si trova sulla bandiera di Israele perché quello è il loro regno feudale. E’ la loro creazione, ed essi l’hanno controllata sin dall’inizio.

I Rothschild, e ancora prima i Bauer, sono stati a lungo associati all’occulto. “Occulto” significa nascosto e si riferisce alla conoscenza nascosta che può essere utilizzata sia per fare del bene che del male. Il Satanismo è al cuore di tutte le attività dei leader di quella famiglia, e una delle loro fonti di influenza esoterica e di “magia” è la Kabbalah o Cabala.

Mayer Amschel Rothschild, il fondatore della dinastia, fece fortuna grazie ai suoi legami con la nobiltà e l’aristocrazia tedesche, in particolar modo con il Principe Guglielmo di Hesse-Hanau, che amava prestare denaro chiedendone la restituzione ad altissimi tassi d’interesse. Non c’è da stupirsi nel fatto che lui e Rothschild andassero talmente d’accordo che quest’ultimo divenne l’agente finanziario del principe. La dinastia degli Hesse accumulò una quantità enorme di denaro “prestando” truppe che combattevano guerre per conto di nazioni e per “missioni di pace”, come si usava dire già d’allora.

Qualunque sia la verità, è chiaro che la famiglia Hesse e i Rothschild condividevano un grande amore sia per l’occulto che per il denaro. Rothschild e i suoi cinque figli fondarono istituti di credito a Francoforte, Londra, Parigi, Vienna e Napoli. Nel 1790 Mayer Amschel riassunse la tecnica manipolatoria della famiglia proninciando questa frase: “Datemi il controllo sulla valuta di una nazione, e me ne infischio di chi fa le leggi”. Il gioco consisteva, e consiste tuttora, nel far sì che compagnie e governi si riempissero di debiti, e quindi di accollarseli per poter acquisire il controllo.


Fin dal principio i Rothschild ebbero il controllo sull’economia degli Stati Uniti tramite il loro aristocratico front man che faceva parte del primo governo di George Washington, il Segretario del Tesoro Alexander Hamilton. Fu Hamilton a fondare la prima banca centrale del paese, la Bank of the United States, fondata con statuto nel 1791 e chiusa nel 1811, quando il Congresso si rifiutò di continuare ad appoggiarla. Ad essa seguì poi un’altra versione, che nacque e morì prima che, nel 1913, i Rothschild si servissero dei loro agenti, le famiglie Schiff e Warburg, per creare la banca centrale americana, la Federal Reserve, proprietà di privati e controllata dai Rothschild.

Gli Schiff e i Rothschild erano come una sola famiglia e condividevano la stessa abitazione a Francoforte all’epoca del fondatore della dinastia, Mayer Amschel. Jacob Schiff gestiva le operazioni bancarie della Kuhn, Loeb and Co. (controllata dai Rothschild) negli Stati Uniti, mentre i Warburg in seguito sarebbero diventati i banchieri di Hitler.

Furono i Rothschild a finanziare e controllare la Standard Oil Company di John D. Rockefeller, l’impero delle società ferroviarie di Edward R. Harriman, l’impero dell’acciaio di Andrew Carnegie, oltre a banchieri e industriali come J.P. Morgan. Tutti venivano considerati grandi imprenditori “americani”, o mega imbroglioni, dipende dai punti di vista. In verità dovevano tutti rendere conto ai Rothschild, e le famiglie elitarie americane, come i Rockefeller e i Bush, ancora lo fanno.

I Rothschild hanno finanziato tutte le fazioni impegnate in guerre che loro stessi hanno occultamente creato, comprese le due Guerre Mondiali.

Nel 1917 i Rothschild “crearono” la Rivoluzione Russa tramite personaggi come Jacob Schiff, e l’operazione Harriman. Averell Harriman, dirigeva una società chiamata Guaranty Trust, che stava finanziando Lenin e Trosky per dare il via alla rivoluzione, e questo venne in seguito utilizzato per provocare la Guerra Fredda tra l’Unione Sovietica e l’”occidente”. La paura che la guerra fredda potesse dare il via a un olocausto nucleare venne notevolmente accresciuta dalle conseguenze delle due bombe atomiche sganciate sul Giappone nel 1945 per ordine del Presidente Harry S. Truman, massone di alto grado e cugino di Rockefeller. Sebbene fosse Presidente degli Stati Uniti, nel 1950 Truman disse: “Il più grande onore che mi è stato concesso, e che mi potrà mai essere concesso nella vita, è essere Grande Maestro dei Massoni del Missouri”. Per questa gente è sempre così, la società segreta viene per prima.

Harry S. Truman

Dopo le bombe atomiche il Giappone si arrese secondo le stesse modalità che aveva accettato anche prima che le bombe venissero sganciate. Hiroshima e Nagasaki furono distrutte per motivi di manipolazione, non di necessità, per far precipitare il mondo nel terrore di un olocausto nucleare, con tutte le opportunità manipolatorie che ne sarebbero derivate.

I Rothschild hanno compiuto le più grottesche manipolazioni che hanno portato a guerre, alla morte di centinaia di milioni di persone, alla centralizzazione del potere globale e all’insediamento di tiranni e dittatori impegnati nelle proprie conquiste, compreso Hitler.

Oggi i Rothschild hanno incarichi ufficiali più o meno in quaranta paesi e sono coinvolti in politiche di privatizzazione (svendere le risorse delle persone a grandi aziende private, spesso controllate da loro stessi) in oltre trenta nazioni. Sin dai primi anni del XX secolo, comunque, quando la loro influenza nel mondo degli affari era ormai evidente, i Rothschild hanno agito con successo per occultare la portata dei loro possedimenti e del loro controllo servendosi di società e direttori di facciata.

L’attuale capo della dinastia è Jacob Rothschild, 4° Barone Rothschild, figlio di Lord Victor Rothschild, grandioso manipolatore dell’Intelligence britannica durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Jacob sposò Mary Serena Dunn della stirpe dei St. Clair/Sinclair di Rosslyn Chapel, in Scozia. La cappella è diventata famosa grazie al libro Il Santo Graal, e ancor di più dopo Il Codice Da Vinci. La famiglia St. Clair fu tra gli artefici occulti che crearono la società segreta dei Cavalieri Templari, e quando si trasferì in Scozia modificò il nome in Sinclair.

Jacob Rothschild

Jacob Rothschild ha forti legami con Henry Kissinger e con il magnate dei media Rupert Murdoch, suo amico fin dagli anni ’60. Inoltre, è presidente della fondazione di Rothschild, Yad Hanadiv, che finanziò la costruzione del parlamento israeliano, il Knesset, e la Corte Suprema d’Israele. Come c’era da aspettarsi, l’edificio abbonda di simboli massonici, e c’è anche una piramide con “l’occhio-che-tutto-vede”, simbolo che potete trovare anche sulla banconota da un dollaro. Altri Rothschild di primo piano sono Sir Evelyn de Rothschild, che vive in Inghilterra e, fino alla sua morte avvenuta nel 2007, il banchiere francese Barone Guy de Rothschild. Maledizione, non finiscono mai questi cazzo di Rothschild! 

Il movimento creato dai Rothschild per avanzare pretese fasulle sulla terra che conosciamo come Israele o Palestina è noto con il nome di Sionismo. Questo termine viene spesso utilizzato come sinonimo di “popolo ebreo”, quando in realtà si tratta di un movimento politico concepito, finanziato e promosso dalla Casata dei Rothschild e osteggiato da molti ebrei. Attualmente il fronte sionista con maggiore visibilità negli Stati Uniti è quello composto dai cosiddetti neoconservatori o Neocons, che stavano dietro l’11 settembre e le invasioni dell’Iraq e dell’Afghanistan.

Molto semplicemente i sionisti sostengono che, secondo l’Antico Testamento, “Dio” avrebbe designato gli ebrei come il suo “Popolo Eletto” e dato la loro “Terra Promessa” d’Israele. Quindi, quella terra appartiene a loro.

L’invasione e il sovvertimento di un’intera nazione araba in Palestina è basata su testi della Bibbia, scritti da chissà chi e chissà quando, migliaia di anni dopo la schiavitù degli ebrei a Babilonia.

E’ bizzarro e assurdo, quando ci si rende conto che la stragrande maggioranza degli ebrei non ha alcun collegamento storico o genetico con Israele, e dire che invece questo collegamento esiste, è un gigantesco inganno sia ai danni del popolo ebreo che del mondo intero. Tutta la faccenda è stata orchestrata dalla dinastia dei Rothschild per portare avanti i suoi obbiettivi. Le rivendicazioni territoriali dei sionisti non hanno alcun fondamento. Coloro che si definiscono ebrei sono vittime da anni della manipolazione e dei piani di chi li governa.

La creazione di Israele in sé non è mai stata un fine, ma un mezzo. Per tutto il tempo il piano è consistito nel prendere di mira il mondo islamico allo scopo di scatenare una guerra globale che mandasse il mondo in fiamme e portasse alla “soluzione” di un controllo centralizzato del pianeta e di tutti i suoi abitanti.

Per farlo c’era bisogno di creare un punto di conflitto, una polveriera tra i paesi arabi che si potesse far esplodere per dare il via a un’altra guerra. E’ questa la vera ragione che sta dietro la creazione di Israele e anche la vera ragione per cui gli Stati Uniti, supercontrollati, hanno speso miliardi per costruire l’esercito e la potenza d’Israele.

Si ritiene che Albert Pike, Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese della Massoneria, nel 1871 abbia scritto una lettera a Giuseppe Mazzini, altro agente degli Illuminati, nella quale descriveva a grandi linee le tre guerre mondiali che avrebbero portato alla dominazione globale. La prima guerra, si presume che egli abbia scritto, avrebbe fatto cadere gli Zar di Russia attraverso un conflitto tra gli imperi britannico e germanico; e la seconda avrebbe condotto a un sionismo politico tanto potente da instaurare uno stato sovrano di Israele in Palestina.

Albert Pike

Ora, molti sostengono che quella lettera non sia mai esistita, ma alla luce degli avvenimenti odierni, la cosa interessante è ciò che si suppone che Pike abbia detto riguardo alla Guerra Mondiale numero tre:

“La Terza Guerra Mondiale deve essere formentata approfittando delle differenze causate dagli agenti degli Illuminati fra i sionisti politici e i leader del mondo islamico. La guerra deve essere condotta in modo tale che l’Islam (il mondo arabo musulmano) e il sionismo politico (lo stato di Israele) si distruggano reciprocamente. Nel frattempo, le altre nazioni, una volta di più divise su questa circostanza, saranno costrette a combattere fino al punto di un completo esaurimento, fisico, morale, spirituale ed economico… Libereremo i nichilisti e gli atei, e provocheremo un cataclisma sociale che in tutto il suo orrore mostrerà chiaramente alle nazioni l’effetto dell’ateismo assoluto, origine di ferocia e dell’agitazione più sanguinaria.

Allora, dappertutto, i cittadini, obbligati a difendersi contro la minoranza del mondo dei rivoluzionari, stermineranno quei distruttori di civiltà, e la massa, disillusa dalla cristianità, i cui spiriti deistici da quel momento saranno senza bussola o direzione, ansiosa per un ideale, ma senza conoscere dove rendere la propria adorazione, riceverà la nuova luce attraverso la manifestazione universale della dottrina pura di Lucifero, portata infine alla vista pubblica. [???] Questa manifestazione risulterà dal movimento reazionario generale che seguirà con la distruzione della cristianità e dell’ateismo, entrambi conquistati e sterminati allo stesso tempo”.

I recenti fatti come l' attentato di Parigi,insieme alla guerra al terrorismo globale,intrapresa dopo l'autoattentato dell'11 settembre in America,sono indiscutibilmente parte di questo programma,che nessuno guardando tali fatti, può negare che si sta esegendo un copione prestabilito  e programmato,di cui i protocolli dei savi di sion sono la sua massima espressione,a dir poco profetica NDR.

Se non fu Pike a scrivere queste parole, allora chi l’ha fatto è davvero un profeta notevole. Questo è il retroterra storico che ha portato a ciò che sta accadendo ai giorni nostri.

I Rothschild, attraverso le loro organizzazoni di facciata, oltre che a famiglie-paravento, hanno tentato di difendere la grande menzogna e di distruggere coloro che si avvicinano troppo a scoprire la verità. A questo scopo il loro mezzo è la Lega Anti Diffamazione (ADL), fondata nel 1913.

La ADL è un braccio dell’Intelligence israeliana, il Mossad, una versione moderna della rete dei servizi segreti privati istituiti dai Rothschild secoli fa. Sono riusciti a screditare molti ricercatori e autori, facendone imprigionare alcuni semplicemente per aver promosso un’altra versione della storia. Attualmente ci sono sempre più nazioni che mettono in dubbio la storia ufficiale dell’Olocausto, e i Rothschild, insieme ai loro leccapiedi, si sono dati da fare per creare delle leggi secondo cui questa posizione costituirebbe reato. Le Nazioni Unite stanno ora cercando di far sì che queste leggi abbiano validità in tutto il mondo.

La ragione per cui costoro sono così terrorizzati all’idea che qualcuno possa condurre delle ricerche indipendenti sull'Olocausto, è che, via via che le tessere del domino cadono una dopo l’altra, questa vicenda ha in sé il potenziale per svelare l’intero coinvolgimento dei Rothschild con i nazisti e demolire la versione ufficiale della storia degli ebrei, dalla quale la cospirazione dei Rothschild dipende in larga misura.

L’atteggiamento di queste “menti fasciste”, che tentano disperatamente di tenere il coperchio sulla verità, sta diventando quasi comico. La cricca dei Rothschild deve continuare a inventarsi nuovi nemici per gli “ebrei” per continuare ad avere il controllo su di loro e per far sì che essi chiedano “protezione” agli stessi individui che li tengono prigionieri.

Ecco una citazione da Albert Einstein, ebreo, apparsa nel Collier’s Magazine nel 1938: “L’antisemitismo non è nient’altro che l’atteggiamento antagonistico creato dagli ebrei e instillato nei non-ebrei. Il popolo ebreo ha prosperato sull’oppressione e sull’antagonismo che ha da sempre incontrato il mondo… la causa che sta alla radice è l’utilizzo che essi fanno di quei nemici che creano in prima persona così da ottenere solidarietà”.

Sfortunatamente l’ala sinistra e i liberali si sono bevuti la menzogna, e l’estrema destra rappresentata dai Rothschild si servono dei loro leccaculo per fare il lavoro sporco, distruggendo i validi ricercatori che fanno domande che i leccaculo sono troppo stupidi e ciechi per fare. Quando viene identificato un presunto “razzista”, la folla non si lascia scappare l’occasione e si prepara al linciaggio. Lui, o lei, deve essere distrutto, prostrarsi a terra implorando perdono per aver peccato contro il Dio della Correttezza Politica, anche se non è per nulla razzista. Condannando il presunto bullo razzista in quel modo, sembra che la folla non si accorga minimamente di esercitare in massa prepotenze e vessazioni da veri e propri bulli sulla persona presa di mira. Ma questi individui sono troppo pieni della loro stessa purezza, troppo al di sopra delle umane debolezze per rendersi conto della propria ipocrisia e delle proprie contraddizioni.


Ormai sentiamo queste grida di “razzismo” da tutte le parti, un’etichetta che dà garanzia di attirare odio e condanna da chiunque voglia atteggiarsi a “puro” e dimostrare di non essere razzista. Io non sono un uomo violento, ma se questa gente avesse un razzo sotto al culo sarei davvero tentato di chiedere un fiammifero. Il contributo alla libertà umana che costoro hanno dato, e il loro mettere in mostra le persone che subiscono i massacri, la sofferenza e le guerre, si è rivelato terribilmente catastrofico. Ma è questo che i Rothschild amano alla follia.

Il Popolo non deve sapere

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Zecharia Sitchin, in uno dei suoi libri dedicato a suo nipote Ariel J. Feldman,  nel post scriptum del libro "L'ultima Profezia", pubblicato nel 2007 e, nella prima versione del 2010 tradotta in italiano da Fabrizia Fossati per Edizioni Piemme, trae la conclusione di quanto ha affermato fino ad ora.


Nel 610 a.C. - e probabilmente fino al 560 a.C. - <<gli dèi Anunnaki partirono con una certa regolarità dal pianeta Terra>>, come ha scritto ne "Il Giorno degli dèi", volume conclusivo delle "Cronache Terrestri". 

Il suo sottotitolo "Armageddon and Prophecies of the Return" (Armageddon e le Profezie del Ritorno!); e, come ha detto in un precedente capitolo, è stato solo quando era giunto alla conclusioni lì riportate, che ha iniziato a diradarsi la nube di mistero che avvolge il Meccanismo di Anticitera.


Il Giorno del Signore, di cui si parla nelle profezie bibliche, Zecharia Sitchin ha concluso che ne "il giorno degli dèi", era un giorno in cui si sarebbe verificata un'eclissi solare, ed è solo una coincidenza se lo scopo del meccanismo era proprio predire eclissi lunari e solari?.

Un frammento del meccanismo con gradazione e un puntatore, ricoperto da scritte, può fare luce sulla sua vera età e sulla sua finalità (vedi figura sopra). Identificando le scritte con i nomi dei mesi, il dr. de Solla Price concluse che il meccanismo era stato progettato per correggere il calendario greco di un anno solare, composto da 365 giorni, con un calendario di 365,25 giorni (noi infatti, usiamo un giorno in più ogni quattro anni, l'anno bisestile).

De Solla Price concluse che il puntatore era posizionato in modo da indicare una data specifica. Si trattava forse di un evento di particolare importanza da quale partiva il conto del meccanismo?

Con dettaglio metodico e meticoloso, il dr. de Soola Price, nel suo libro, era giunto alla conclusione che il puntatore segnava una data, quella del 586 a.C. (che lui ritiene ben <<al di là di una possibilità archeologica>>, visto che era convinto che il meccanismo fosse stato creato nel I° secolo a.C).

Dice Zecharia: "mentre ero immerso nelle ricerche per Il Giorno degli dèi, divenne chiaro che gli eventi cruciali del I° millennio a.C. erano stati previsti sulla base dei fenomeni celesti e, prima di tutto sulle eclissi solari: una delle più importanti si verificò proprio nel 584 a.C. - una data che, con tutti i cambiamenti calendarici, con gli aggiustamenti e le revisioni nell'arco di due millenni e mezzo, si può considerare proprio l'eclissi indicata nel meccanismo.

Quel segno celeste, si noti, si verificò proprio nel periodo cruciale delle partenze: quello compreso tra il 610 e il 560 a.C. Il prof. de Solla Price (Gears from the Greeks, p. 19) ipotizzava che se si applica alle gradazioni del puntatore l'aggiustamento di un quarto di giorno, le date previste per il FUTURO avranno allora intervalli di 120 anni.

Se partiamo dall'86 a.C., data in cui venne settato il meccanismo, ciò significa che il predittore indicava indicava come date il 34 d.C., il 150 d.C. e così via, scrisse de Solla Price. Questo calcolo se raggiunge la nostra era, indica un segno celeste predetto dal meccanismo per il 2074 d.C.


Zaharia dice: è una data che appartiene alle Profezie del Ritorno? Ne Il Giorno degli dèi non bisognerebbe prestare attenzione solo alle mie conclusioni, ma anche quanto aveva predetto Sir Isaac Newton, così da poter apprezzare il fatto che il meccanismo di Anticitera è un dono fatto dall'artista degli Dèi a tutti coloro che credono che, un giorno, le profezie bibliche si avvereranno.

Ma se ne sono mai andati veramente? Hanno ancora qualche presidio qui sulla Terra? Sulla Luna, su Marte? Astronavi che stazionano nei pressi della nostra stella? Domande a cui non possiamo dare risposta ma, qualcuno sa e, non vuole che venga sovvertito l'ordine prestabilito dalle religioni tutte. 

Non è un caso che le guerre Mediorientali e più precisamente nel museo di Baghdad in Iraq, hanno avuto lo scopo di trafugare e/o distruggere reperti archeologici di immenso valore e, non da pseudo rigattieri ladri comuni, ma da personale ben addestrato e armato con tanto di auricolari radio all'orecchio.

Lo hanno fatto i gesuiti in America Latina, fondendo tutto l'oro delle civiltà mesoamericane, cancellando per sempre il passato dell'umana esistenza sulla Terra, in Egitto ad Alessandria incendiando la più grande biblioteca del mondo di allora e, in Afganistan, bombardando le millenarie enormi statue del Budda, e altri ancora che non sto qui a menzionare.

Il film "Nel Nome della Rosa" di Eco, (se pur criticabile quanto si vuole), è molto chiaro ed evidente il messaggio che vuole essere veicolato: "il popolo non deve sapere". 


Il Regno perduto dei Maya

I Dieci Comandamenti - Quelli veri...

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Tutti noi, quando da bambini siamo stati indotti – più o meno volontariamente – a frequentare le lezioni di catechismo, siamo stati indottrinati al contenuto dei dieci comandamenti consegnati – secondola Bibbia– a Mosè sul monte Sinai, decalogo obbligatoriamente da rispettare affinché un fedele possa definirsi “Cattolico”.

Ma se vi dicessi che i dieci comandamenti che ci sono stati finora propinati sono stati quasi completamente inventati dalla Chiesa, perché nel decalogo della Bibbia originale… non esistono …la situazione come cambierebbe?

I veri dieci comandamenti, ben diversi da quelli a noi insegnatici, sono presenti nella Bibbia nei libri dell’Esodo 20: 2-17 e in Deuteronomio 5: 6-21.

Come è possibile constatare, nel primo comandamento del decalogo del Deuteronomio – il comandamento originale per intenderci – Dio comanda al suo popolo di “non avere altri dèi al di fuori di lui”, ammettendo implicitamente l’esistenza e la presenza di più dèi. Il vero motivo per cui l’ipotetico redattore della Bibbia (di certo un alto dirigente ebreo, e non Dio!) ha imposto agli ebrei questo comandamento è perché, nonostante vi fossero diversi tentativi di unificare il popolo ebraico ormai allo sbaraglio dopo la cacciata dall’Egitto, gli ebrei, infischiandosene altamente di ciò che diceva il loro dio, o di chi glielo voleva imporre, non furono mai fedeli a questa divinità dimostrando addirittura in molti casi di non conoscerla neppure, adorando ogni sorta di divinità egizia, sumera, assira, fenicia ed altre divinità di tutte le razze e religioni; tutte eccetto il dio biblico.

Per poter riparare a tutte queste chimeriche anomalie, poiché sarebbe potuto sembrare ridicolo agli occhi di un credente non ebreo che il dio Creatore dell’Universo fosse in competenza con altre divinità,la Chiesadecise all’unanime di trasmutare grammaticalmente il “numero” della parola “dèi” dal plurale al singolare (dio), in modo tale da cambiare il significato all’intero contesto della frase.

Nel secondo comandamento originale Dio vieta di fare immagini, dipinti, statue e quindi ogni sorta di raffigurazioni “di ciò che è lassù in cielo, di ciò che è quaggiù sulla terra e di ciò che è nelle acque sotto la Terra”, ovvero di ogni eventuale immagine sacra e divina riguardante sia la presente religione sia le religioni straniere, alle quali era comunque vietato aderire. Nel prosieguo del comandamento lo stesso Dio, onnisciente e perfettissimo, ammette di essere un dio geloso e vendicativo, ponendo questa sua irascibilità come valido motivo per il quale agli ebrei era vietato fare immagini e raffigurazioni d’ogni genere e forma (“Perché io, il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per quanti mi odiano”).

Il vero secondo comandamento, insomma, vieta alla religione cristiana di essere una religione idolatra; di conseguenza – se ci si attenesse alla lettera – paradossalmente per Dio chiunque abbia adorato almeno una volta nella vita una immagine od una rappresentazione della Madonna, del Crocifisso, di padre Pio, o qualunque sorta di immagine sacra riconosciuta o meno dalla religione Cattolica e Cristiana – compreso ovviamente chi si sia recato almeno una volta nella propria vita in un edificio sacro come una chiesa – dovrebbe essere immediatamente scaraventato all’inferno! Questo comandamento deciso dal dio biblico mette anche fine ad ogni discussione sull’eventuale presenza del simbolo del crocifisso nelle aule scolastiche e di tribunale; ed opporsi a questo vorrebbe dire rinnegare e mettersi contro le stesse leggi proclamate dal dio degli Ebrei.

Inoltre come può un’entità perfetta, onnipotente, onnipresente ed onnisciente, che dovrebbe quindi esulare da ogni legge fisica e terrestre, e perciò essere una forza trascendente, dichiarare per sua stessa ammissione di essere una entità gelosa e vendicativa, e peraltro farlo in un libro scritto da lei stessa colmo di incongruenze logiche ed anacronismi storici?

Se Dio è geloso non è perfetto, se Dio è perfetto allora non è il dio della Bibbia! Poiché il secondo comandamento del decalogo del Deuteronomio va contro ogni etica e morale del Cattolicesimo, questo comandamento viene completamente soppresso ed eliminato dal Decalogo secondola Chiesa Cattolica.

Con la stessa furbizia ed insostituibile acribia, il cupolone del Vaticano si è anche reso conto che probabilmente i credenti odierni non avrebbero più accettato e seguito ciecamente la religione Cattolica sapendo che le loro principali leggi avrebbero proclamato ed esacerbato la schiavizzazione dell’uomo, e così si è reso necessario un altro taglio della “pia forbice Cristiana” che ha dato una bella spuntata al quarto ed al decimo comandamento, dove si diceva di non far lavorare il proprio schiavo e la propria schiava nel giorno di Sabato nel quarto, e di non desiderare lo schiavo o la schiava d’altri nel decimo, relegando in questo modo gli schiavi alla pari della merce e calpestando ogni loro più bassa dignità.

Avendo rimosso completamente il secondo comandamento originale, a questo punto la Chiesa si è ritrovata con soli nove comandamenti, anziché dieci; così, per riportare il numero dei comandamenti falsificati uguale a quello degli originali, i falsari hanno diviso in due il decimo comandamento del Deuteronomio, formando il nono dalla prima parte di esso ed il decimo dalla seconda parte, semplificandolo ed omettendo ovviamente le frasi dove venivano citati gli schiavi. Così il comandamento “Non desiderare la moglie del tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo” viene diviso in due e trasformato in “Non desiderare la donna d’altri” del nono comandamento ed in “Non desiderare la roba d’altri” del decimo.

Questi comandamenti vengono ripresi, oltre che in parte dal codice di Hammurabi del 1750 a.C. (periodo in cui gli Hyksos conquistarono il Basso Egitto), dove si fa uso della Legge del taglione, ben nota nel mondo giudaico-cristiano per essere anche alla base della legge del profeta biblico Mosè, soprattutto dal “Libro dei Morti” egizio, supporto che serviva alla risurrezione per raggiungere il campo dei giunchi, ovvero il paradiso. Questo papiro conteneva vari artifizi per poter superare delle prove davanti agli dèi chiamate “confessioni in negativo”, che permettevano l’approdo alla porta successiva. Gli alti dirigenti egizi pensarono bene di far credere ai loro polli che, in caso di risposta sbagliata, gli dèi li avrebbero puniti per l’eternità; questo per costringerli a comprare il papiro che permetteva di ingannare, anche con l’ausilio di altri amuleti, gli dèi celesti.

Il costo di questo papiro era quasi la metà del lavoro di un anno di un artigiano, più il costo di altri amuleti che servivano soprattutto a superare la prova finale. Davanti ad ogni porta ci si trovava di fronte ad un dio, e l’uomo, o meglio la sua anima, rispondeva dicendo “io non ho rubato”, “io non ho ucciso”, “io non ho desiderato la roba (schiavi, donne, denaro, animali etc.) d’altri” e via dicendo. Superate le quarantadue porte il defunto si trovava davanti ad Horus che, attraverso la pesa del cuore, decideva il suo destino. Il defunto estraeva il suo cuore da una scatolina ed Horus lo poneva sul piatto di una bilancia, controbilanciata dalla parte opposta da una piuma. Se la bilancia si manteneva in equilibrio l’uomo andava nel campo dei giunchi, altrimenti era…l’inferno, o la sua distruzione. Il costo del papiro era di sei mesi di lavoro da parte di chi lo comprava, più altri amuleti che venivano venduti a parte per ingannare gli dèi dalle bugie del morto.
Nacque così il primo merchandising religioso da parte dei sacerdoti egizi, normali uomini che, per sbarcare il lunario, preferirono vendere un prodotto molto richiesto, ieri come oggi: l’illusione della vita eterna.

La Menzogna dello scontro di civiltà

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Prepariamoci agli attentati sanguinosi in casa nostra, ora solo un vero miracolo potrà evitarli.


Il riscatto di dodici milioni per le due imbecilli che erano partite in Siria ad aiutare i terroristi della Jihad contro il governo legittimo di Assad e che proprio dai loro eroi erano state rapite, è un chiaro invito a replicare, a insistere in piena impunità. Tra Greta e Vanessa da una parte e i due Marò dall'altra, l'Italia ha dimostrato che la si può colpire come e quando lo si voglia.

Certo non c'è motivo di attaccare un Paese che ormai è prono a tutti, che non dà fastidio più a nessuno: né all'Inghilterra a cui si è svenduta, né alla Francia a cui ha consegnato le sue zone d'influenza, né a Israele verso cui è zelante, né agli Usa di cui si dichiara serva, né alla Germania con cui fa l'accomodante. Eppure solo un miracolo può impedire che ci colpiscano e questo per due motivi: perché a far male a noi non si paga pegno, quindi siamo un obiettivo facile facile e poi per ragioni complesse che potremmo definire simboliche.

Se ce lo dicono la Cia e il Mossad...

Iniziamo dall'Undici settembre europeo. La Francia ultra stupida di Je suis Charlie ha reagito esattamente come volevano i terroristi, invitandoli a colpire ancora: una folla di pecore che offrono la gola belando indignazione si avvia per forza al mattatoio: non finirà solo tosata ma a costolette. Quello spettacolo incredibile che ha offerto ha fatto impazzire di gioia tutti i protagonisti: sia i terroristi, sia il potere traballante, sia i players più sporchi. Non si sa sa abbia gongolato più Hollande, Nethanyau o al-Baghdadi.

La manifestazione suicida degli Champs-Elysées difficilmente non provocherà un'offensiva seriale, probabilmente in più Paesi al tempo stesso. Ancora la Francia, la Germania e chissà chi altri. L'Italia di sicuro è nel mirino.

Ce lo hanno detto la Cia e il Mossad dei quali possiamo dire, usando un eufemismo, che sono bene informati di quello che ha intenzione di fare la loro creatura jihadista ufficialmente sfuggita loro di mano, ma stranamente ancora in linea con gli scenari disegnati dal Pentagono più o meno quindici anni fa.

Quell'odio alimentato

Se colpire la Francia, la Germania, la Russia, magari l'Ungheria, ha però un senso anche razionale da parte di tutti (della Jihad, della Cia, del Mossad e delle oligarchie traballanti laddove traballano) non ci sono ragioni logiche per colpire qui.

No, cause razionali non ce ne sono, ma stiamo dimenticando alcuni elementi fondanti: l'odio, il fanatismo.

Non va assolutamente bene sostenere che l'Islam non possa che odiarci, ma anche l'opposto è discutibile. Tutte le religioni monoteistiche hanno un'idea di dominio mondiale assoluto. Le cose atroci che dicono le scritture musulmane lo sono anche meno, ad esempio, di alcune affermazioni del Talmud e tutto il Vecchio Testamento fa rabbrividire. I Vangeli lo hanno rettificato ampiamente ma sappiamo per una lunga esperienza storica che ciò non ha impedito infiniti e ripetuti massacri in nome di Dio da parte cattolica. Si può insomma essere monoteisti civilizzati come monoteisti intolleranti e gli jihadisti sono dei fanatici che non ragionano. Non sono i soli, ci sono israeliti che si comportano così e anche cristiani, sia pure abbastanza isolati: si pensi a Breivik, il fondamentalista protestante massacratore in Norvegia, o ai Teocon.

Bisogna tenere bene a mente tutto questo perché lo scontro di religione è una gran fregnaccia, visto che finora a combattere gli jihadisti sono sempre e comunque dei musulmani (Assad come Saddam, Gheddafi, Arafat e Massoud).

Ma se lo scontro di religione è una fregnaccia il fondamentalismo religioso non lo è.

Il fanatismo degli jihadisti è fuori discussione così come il loro rancore verso l'Occidente. Che essi intendano conquistare Roma, come vuole il Corano (cosa non originale visto che accomuna i monoteismi) è pacifico. Che siano in guerra con i cristiani lo è altrettanto.

Ma vanno considerati anche i fanatismi di coloro che gli jihadisti li hanno costruiti in laboratorio, armati, foraggiati, sostenuti e che oggi fingono di combatterli. Fingono, si badi: da quando gli Usa hanno “dichiarato guerra” all'Isis non hanno fatto assolutamente nulla, tranne dei bombardamenti di sostegno ai soldati curdi che questi ultimi osservavano con sgomento andare sempre fuori bersaglio per distruggere edifici vuoti. Probabilmente alla fiction scenica ci hanno aggiunto il business della ricostruzione.

Anche i loro padrini ci odiano

Non dobbiamo mai dimenticarci che i padrini degli jihadisti odiano anch'essi Roma e la Civiltà e, malgrado i suoi comportamenti accomodanti, cooperanti e d'intesa, diversi di loro hanno anche in odio il papato. Colpire un simbolo cristiano contribuirebbe inoltre a fare impazzare le guerre nel Terzo Mondo. Dato che gli amministratori del pianeta debbono far fronte a un'esplosione demografica inquietante e, al tempo stesso, continuare a garantire tutte le risorse e le ricchezze in poche mani, far dilagare gli stermini nelle regioni non sviluppate non può che fare loro piacere e aiutarli nel loro lavoro.

Se poi ci si aggiungono l'odio per Roma e per la Forma nonché le pratiche magico-religiose di sacrifici umani che si tramandano nei secoli in alcune culture non nate in Europa, elementi di cui mai si tiene il dovuto conto abituati come siamo ormai a interpretare la vita con un libro contabile, allora avremo una vaga idea di quanto ci sia da temere.

Insomma siamo scoperti su tutti i fianchi dato che non si può combattere la Jihad senza opporsi al potere angloamericano e israeliano e viceversa, visto che sono, quantomeno, complementari, alleati oggettivi e mossi dal medesimo sentimento nei nostri confronti.

Solo se ci disprezzano troppo non ci colpiranno

L'Italia se sarà colpita non lo sarà per ragioni strettamente razionali. Se lo sarà vi avranno contribuito in maniera decisiva i comportamenti tenuti dalle autorità con i Marò e con le volontarie sciocche in Siria. Se verremo colpiti dobbiamo sapere che lo saremo soprattutto simbolicamente: oltre alle folle saranno nel mirino tracce di civiltà superiore, come Templi romani oppure, viste le facilitazioni logistiche, qualcosa del genere della Cappella degli Scrovegni. Se ci sarà offensiva, l'Italia non sarà un obiettivo in sé ma fungerà da detonatore per l'allargamento a macchia d'olio nel Terzo Mondo e per un'offensiva militare, quella sì strategica, nel cuore dell'Europa.

Non ci difenderà proprio nessuno perché per costume la nostra intelligence viene poi stoppata dal potere politico e dalle autorità atlantiche.

Possiamo sperare in una sola cosa: che il disprezzo che ci siamo ultimamente meritati in tutto il mondo sia tale che gli stessi jihadisti non ci considerino neppure e puntino solo a obiettivi più succosi.

Non saprei davvero dire quale dei due scenari sia il peggiore, di sicuro mala tempora currunt e bisogna dire che ce li siamo meritati tutti.

Le sette fasi Post-mortem

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Cosa accade quando si muore? Dove va la nostra anima?

Probabilmente, se sei cresciuto in un contesto religioso ci sono solo 2 posti dove puoi andare: Paradiso e Inferno.

Se sei una persona buona e hai fatto le cose giuste, allora passerai l’eternità in Paradiso, mentre se sei un peccatore, la passerai all’Inferno. Per fortuna, questa è una falsa dualità.

Sarebbe davvero riduttivo pensare che possano esserci solo queste 2 opzioni; nel corso degli anni è stata fatta tantissima ricerca scientifica nell’ambito di ciò che accade quando le persone lasciano il proprio corpo nei casi di pre-morte, per poi tornare dopo un lasso di tempo nel mondo dei viventi.

Migliaia di esperienze di pre-morte ci hanno dato alcune informazioni necessarie per formare un quadro più preciso di ciò che ci attende dall’altra parte.

Alcuni testimoniano l’esistenza di regni infernali, la stragrande maggioranza condividono esperienze avvenute in regni celesti, ma c’è un altro lato della medaglia che deve essere affrontato…

Il Dr. Michael Newton, psicologo specializzato in ipnoterapia, ha sottoposto i suoi pazienti a sedute di ipnosi per far emergere in loro eventuali traumi del passato, vissuti nelle loro vite precedenti.

Scoprì ben presto che era in grado di portare le persone indietro nei ricordi, non solo in questa vita, ma era in grado di far riemergere nelle persone fatti ed episodi avvenuti in altre vite passate.

Nei suoi libri Journey of Souls e Destiny of Souls (che insieme hanno venduto oltre mezzo milione di copie), il Dr. Newton condivide casi di studio che ha raccolto negli anni quando, attraverso le sue terapie, le persone potevano andare indietro nei ricordi e percorrere i viaggi delle loro anime.

Sorprendentemente, tutti hanno detto esattamente le stesse cose, e coincidono anche con tantissimi racconti di persone che hanno vissuto episodi di pre-morte.

Qui sotto sono descritte le 7 cose che, secondo le analisi e lo studio del Dr. Newton, accadono nel momento in cui si muore:

1) Flash della propria vita

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Un fenomeno molto comune tra le persone che stanno morendo è che vedono la loro intera vita, attraverso dei flash davanti ai loro occhi. Il cervello scatta in modalità “iper-velocità” e inizia a rivisitare la banca dati della memoria, prima che l’anima si separi dal corpo.


2) Si può vedere il proprio corpo

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Molte persone vedranno il loro corpo fisico proprio all’uscita, nel momento in cui la coscienza si disconnette dal corpo fisico. Sarete in grado di vedere l’ambiente circostante e le cose che sono intorno al vostro corpo morto. Questa non è una cosa che spaventerà, in quanto la si sentirà come una cosa naturale. Alcune persone riferiscono di sentirsi frustrati o arrabbiati per il modo in cui sono morti e che desiderano ritornare nel loro corpo per cercare vendetta, ma questa sensazione passa con il tempo, come si inizia ad entrare nella Luce.


3) La Luce

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Le persone testimoniano sempre di vedere una luce quando muoiono. La luce appare in lontananza e lentamente vengono attirate verso di essa, quasi come se si fosse tirati da un magnete. La luce è sempre accompagnata da un senso di amore e di pace. Questa è la fase di transizione… si torna a casa, nel mondo degli spiriti.


4) Si vedono i parenti morti

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Proprio quando si entra nel mondo degli spiriti, dopo essere stati tirati attraverso la luce, si è accolti da persone care che sono lì per abbracciarvi e farvi sentire a proprio agio. E’ una sorta di “riunione”. 

Questi non sono necessariamente i parenti della vostra vita terrena appena trascorsa. Possono essere familiari di vostro vite precedenti che sono stati con voi durante l’evoluzione della vostra anima. In sostanza, ci saranno membri della famiglia (non necessariamente collegati da un legame di sangue nella vita appena trascorsa) che vi accoglieranno appena entrerete nel mondo degli spiriti. 

Ovviamente sarete in grado di ricordare i loro nomi e riconoscere i loro volti. E’ importante ricordare che le anime avranno lo stesso aspetto che avevano nella vita terrena, per creare un senso di familiarità per voi, anche perché il corpo è solo un corpo, l’anima è senza forma, ma può assumere varie forme per scopi diversi. Si dice che le anime avanzate, che hanno vissuto molte vite, non hanno necessariamente parenti che li accolgono, perché capiscono che cos’è il mondo dello spirito e ci sono passati attraverso molte volte. Si dice nei libri che le anime avanzate, a volte, saltano questo passaggio, perché non è necessario per loro.


5) Angeli Custodi e Spiriti Guida

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Ognuno di noi ha il proprio angelo custode, o “spirito guida”, a seconda di quale termine preferisce utilizzare. In qualunque modo desideri chiamarlo, incontrerai la tua guida nel mondo degli spiriti e sarà lì a consolarti, per farti sentire come a casa. Ma, questo è anche il momento in cui il divertimento e i giochi sono finiti. Dopo qualche esperienza nei regni celesti, il dovere chiama. La tua guida è stata con te e ti ha guardato per tutta la vita, e ora vuole andare oltre e guardare alcune cose con te. È il momento di prendere la “pagella” della vita che hai appena vissuto…


6) Revisione della tua vita

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Incontrerete i vostri angeli/guide e guaderete insieme tutto quello che è successo nella vostra vita. Le persone riferiscono di vedere tutta la loro vita come una sorta di pellicola di film davanti ai loro occhi o sulle pagine di un libro. Vedrete alcune cose che vi faranno provare vergogna e che non vi piaceranno, ma questo non è un momento di giudizio! Questo è un momento di revisione e discussione su ciò che deve essere migliorato come anima. Dopo aver rivisto tutta la vita, si può giungere ad un accordo con le vostre guide per tornare sulla Terra, dopo un certo periodo di tempo nel mondo degli spiriti.


7) Alcune anime non vogliono tornare

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Ti senti talmente invaso da un’enorme senso di pace e amore che non vuoi tornare. Dove sei ora non devi preoccuparti delle malattie o degli impegni terreni. Ti senti senza limiti, sicuro e libero. Non hai stress, nessun dolore e non provi nessuna sofferenza. Ma ricorda che la reincarnazione ti aspetta! Si può tornare volontariamente per aiutare altre anime sulla terra, ma potrebbe anche essere necessario tornare per alleviare il Karma, o si può scegliere di tornare per evolversi di più come anima e sperimentare la ricchezza della vita.

Il Dr. Newton sottolinea di tenere a mente che tutto questo è quello che migliaia di persone hanno riferito sui loro ricordi ed esperienze dell’aldilà, e che queste conclusioni sono state tratte da quarant’anni di lavoro professionale.

Egli crede con fiducia nella realtà di un tale processo. Detto questo, aggiunge inoltre, che ci sono persone che riferiscono, invece, di andare in regni che ricordano l’inferno dove vedono demoni e altre brutte cose.

Non si possono chiudere gli occhi davanti alla realtà dei regni oscuri solo perché possono spaventarci.

Anche se il dottor Newton non ha riferito di tali risultati, molte persone che hanno vissuto esperienze di pre-morte, testimoniano di aver vissuto momenti spaventosi nei quali venivano scoraggiati nel perseguire cattivi comportamenti e questo li ha ispirati a migliorare la propria vita.

La cosa fondamentale da trarre da questo articolo è che non siamo soli, che c’è sempre qualcuno al nostro fianco che si prende cura di noi e che siamo infinitamente amati e protetti. Non c’è la morte, ma solo la transizione.

Si arriva a riunirsi con le anime dei propri cari e godere di regni magici.

Ci attendono pace, amore e serenità, ma anche delle responsabilità, poiché il destino dell’anima è legato al comportamento come essere umano in questa vita.

Questa sarà per qualcuno una buona notizia, mentre per altri potrebbe essere uno spunto per migliorare se stessi.

In entrambi i casi, dovremmo porre a noi stessi le seguenti domande:

Come sto trattando le altre anime in questo mondo?
Che cosa sto facendo per aiutare me stesso e le persone intorno a me per evolvere?

Le Lacrime di Coccodrillo dell'Occidente

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Tutti i principali media hanno diffuso l’immagine dei capi di Stato a braccetto in testa al corteo, in una Parigi diventata capitale del mondo come ha detto, rispolverando antica grandeur, Hollande. Ebbene, questa immagine è un falso costruito e alimentato ad arte. 

Come mostrano le foto indipendenti che si trovano solo su Internet, i capi di Stato e governo sfilavano da soli in una via deserta isolata dal mondo dalle forze di sicurezza. Altrove sfilava il popolo, che con le origini e motivazioni le più diverse mostrava il suo sdegno per la strage infame commessa dai fondamentalisti islamici. 

Hollande

Ma il corteo dei 200 potenti non era alla testa dei milioni scesi in piazza, forse con molti di loro non sarebbe stato neppure in connessione. Sono i mass media ad aver costruito questo legame, questa rappresentanza degli uni rispetto agli altri, e questa è semplicemente moderna e sapiente propaganda bellica. Siamo in guerra, dicono mass media e finta testa del corteo, ma chi è in guerra, contro chi e per quale scopo deve restare indeterminato per lasciare spazio ad ogni manovra.

Con il massimo della malafede intellettuale si usa la denuncia di Papa Francesco contro una guerra mondiale a pezzi che andrebbe fermata, per sostenere all’opposto che essa vada condotta fino alla vittoria. Alla fine l’unico concetto che rimane è quello della guerra di civiltà tra i valori democratici occidentali e il fanatismo terrorista. Sulle dimensioni della guerra e degli avversari ci si divide sia nella finta testa del corteo di Parigi, sia tra di essa e le forze populiste e xenofobe escluse. Ci si divide su modalità ed estensione della guerra, ma non sul fatto di farla. 

Eppure fin dal 1991 siamo in conflitto armato contro i nuovi Hitler e forse il massacro di Parigi dovrebbe imporre una riflessione su 24 anni di guerre per la democrazia e sui loro risultati. Invece si reagisce sempre allo stesso modo. Ho visto in televisione l’ex presidente francese Sarkozy esaltare l’unità della nazione di fronte al terrorismo. E ho pensato alla sua decisione di bombardare la Libia per sostenere i ribelli contro Gheddafi. 

Ricordo anche le vibranti parole di Giorgio Napolitano a sostegno di quella azione militare. Che ha avuto pieno successo, Gheddafi è stato trucidato e ora in Libia dilagano tutte le organizzazioni del terrorismo fondamentalista islamico.


Gli spietati assassini di Parigi sono cittadini francesi che hanno fatto il loro apprendistato militare contro Assad in Siria. E Hollande tuttora insiste per un maggior impegno militare della Nato a sostegno dei ribelli siriani. Obama ha lanciato per primo l’appello contro quell’Isis i cui gruppi dirigenti sono stati addestrati dagli Usa sia in funzione anti Siria che anti Iran. 

Gli occidentali si stanno ritirando dall’Afghanistan dove hanno sostanzialmente perso la guerra, condotta ora contro quei talebani armati e istruiti a suo tempo dagli Usa contro l’occupazione sovietica del paese. In Somalia negli anni ‘90 ci fu un colossale intervento militare guidato dagli Usa. Ora quel paese non è più uno Stato e scopriamo di mantenere ancora lì delle truppe quando son minacciate da questa o quella banda di signori della guerra. In Kosovo D’Alema mandò i suoi bombardieri per difendere la libertà dei popoli. 

Ora quello è uno Stato canaglia in mano alle multinazionali del crimine e anche una evidente via di transito e rifornimento per i terrorismi, forse anche per gli assassini francesi.

Da quel 1991 quando Bush padre trascinò il mondo nella prima guerra contro l’Iraq di Saddam, gli interventi militari dell’Occidente son stati molteplici e tutti dichiaratamente a favore della democrazia. Abbiamo esportato la democrazia con le armi e abbiamo importato il terrorismo fondamentalista. Ma nonostante tutto lo scambio continua. 

In Ucraina i nazisti di tutta Europa si son dati convegno a sostegno del governo appoggiato da Ue e Nato. Lì stanno facendo la loro scuola militare, il loro apprendistato, poi li vedremo all’opera in tutta Europa. Farsi sbranare dai mostri che si sono allevati è la coazione a ripetere che l’Occidente non riesce a interrompere. Anzi, di nuovo risuonano gli stessi appelli e le stesse strumentalità che abbiamo sentito negli ultimi decenni. 

Per combattere davvero questo terrorismo, l’Occidente e l’Europa dovrebbero cambiare politica economica e militare, anzi dovrebbero mettere in discussione la stessa coalizione che le definisce. Da un quarto di secolo l’Occidente pratica politiche liberiste di austerità e le accompagna con guerre umanitarie in difesa della democrazia. L’Unione Sovietica non c’è più, ma la Nato esiste e chiede ancora più tributi. L’arsenale nucleare cresce e continua a minacciare la stessa esistenza umana anche se, per ora, non è in mano ai terroristi.

Non sono un pacifista gandhiano, voglio sconfiggere iI fondamentalismo islamico e con esso ogni oscurantismo religioso e politico, compreso il ritorno del fascismo e del razzismo europei. Ma le politiche economiche e di guerra della coalizione occidentale hanno prodotto sinora un solo risultato, hanno diffuso e rafforzato il nemico che han dichiarato di voler combattere. Per questo la destra integralista occidentale rivendica una guerra totale vera e non le si può ipocritamente rispondere che basta una guerra in modica quantità. 

Da noi dopo decenni di precarizzazione del lavoro senza risultati occupazionali, Renzi ha convinto il Pd ad abolire quell’articolo 18 contro cui si era sempre scagliata la destra economica. Se sulla guerra si seguisse la stessa logica dopo 24 anni di fallimenti, non resterebbe che una vera completa guerra mondiale. Se si vuole abbattere il mostro che le stesse guerre democratiche dell’Occidente hanno creato e alimentato ci sono precise scelte di rottura da compiere. 

La prima è sciogliere la Nato e costruire una vera coalizione mondiale, con Russia, Cina, Iran, India, America Latina, Sudafrica. Il primo atto di questa nuova coalizione dovrebbe essere la fine della corsa agli armamenti e lo smantellamento del nucleare, che non dovrebbe servire contro il terrorismo.

Questa coalizione dovrebbe operare dentro l’Onu e non con la guerra ma con una azione comune a sostegno delle forze che si oppongono al fondamentalismo, come timidamente e contraddittoriamente si fa con i Curdi a Kobane. Questa coalizione dovrebbe avere come primo alleato sul posto il popolo palestinese e dovrebbe costringere Israele a tornare sui confini del ‘67 e a riconoscere lo Stato di questo popolo oppresso. Questa coalizione dovrebbe abbandonare le alleanze con i finti moderati, corresponsabili della crescita del terrorismo islamico. 

Parlo dell’Arabia Saudita e delle altre monarchie del petrolio, vera base La parata dei politici a Parigi dopo l'attentatoculturale e finanziaria del fondamentalismo. Infine bisogna cambiare le politiche interne, perché non bisogna essere marxisti ortodossi per affermare ciò di cui erano consapevoli i democratici che sconfissero il nazifascismo. E cioè che la disoccupazione e l’ingiustizia sociale sono da sempre il brodo di coltura di dittature e guerra.

Bisogna cancellare le politiche di austerità e riprendere quelle di eguaglianza sociale, bisogna finirla con l’assecondare quella guerra economica permanente che è stata chiamata globalizzazione. Solo così sarà più facile riconquistare quelle periferie emarginate, ove si scontrano il rancore fondamentalista con quello xenofobo. 


Onestamente credo poco che la finta testa del corteo di Parigi, che di questo disastro venticinquennale è responsabile, sia in grado di cambiare. Per questo bisogna respingere l’appello all’unità nazionale dietro di essa e costruire ad essa un’alternativa. Altrimenti tra poco potremmo sentirci dire in qualche talkshow che il solo modo per sconfiggere un miliardo e mezzo di minacciosi musulmani è far ricorso al nucleare. In fondo non è già stata usato per concludere una guerra?

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