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La Ricostruzione del Tempio

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Il Tempio di YHWH sarà di nuovo ricostruito prima del ritorno del Messia. Questo è provato dagli scritti del Nuovo Patto, in particolare negli scritti di Paolo, Giovanni e Matteo. Gesù disse che «ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni» (Matteo 18:16). Iniziando dunque con Paolo come primo testimone, intendo dimostrare che il Tempio deve essere ricostruito prima del ritorno di Gesù e prima della risurrezione e del «rapimento» dei santi.

Stabiliamo innanzitutto come considerare il «rapimento». Quello che è chiamato «rapimento» da molti è in realtà un altro nome per indicare «il nostro adunamento con lui [Messia]» (2 Tessalonicesi 2:1). Questo «adunamento» include due eventi: 1) la risurrezione dei giusti, e 2) la trasformazione del corpo dei giusti ancora viventi che andranno ad incontrare il Messia nell'aria. Questi due eventi accadranno quasi nello stesso tempo, ma la risurrezione dei morti precederà il rapimento dei viventi (1 Tessalonicesi 4:16,17).

Paolo, il nostro primo testimone

2 Tessalonicesi 2:1-4:

«Or fratelli, circa la venuta del nostro Signor Cristo e il nostro adunamento con lui, vi preghiamo di non lasciarvi così presto travolgere la mente, né turbare sia da ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche epistola data come nostra, quasi che il giorno del Signore fosse imminente. Nessuno vi tragga in errore in alcuna maniera; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l'apostasia e non sia stato manifestato l'uomo del peccato, il figliuolo della perdizione, l'avversario, colui che s'innalza sopra tutto quello che è chiamato Dio ed oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e dicendo ch'egli è Dio».

Paolo sta assicurando i santi che non devono essere turbati riguardo il loro adunamento per essere con il Messia. Egli li avverte di non essere tratti in errore. Gesù non ritornerà ed essi non si uniranno a lui se prima non viene l'apostasia (una caduta dalla verità che è iniziata già nel primo secolo) e non sia stato manifestato «l'uomo del peccato». Per non lasciare le cose in dubbio, Paolo ha dato un evento sicuro: la manifestazione di quest'uomo. In particolare, egli sarà colui che oserà «porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e dicendo ch'egli è Dio».

Questo significa che «l'uomo del peccato» non può rivelarsi senza che il Tempio venga ricostruito. Inoltre, questo evento precede la venuta di Gesù e l'«adunamento» dei santi. Quindi, secondo l'apostolo Paolo, la fine non può venire fino a quando il Tempio di YHWH non è stato ricostruito. La ricostruzione del Tempio precede quello che chiamiamo «rapimento», cioè l'adunamento dei santi, sia morti che viventi. Giovanni, il nostro secondo testimone Il secondo testimone è Giovanni, nel libro dell'Apocalisse.

Non è così diretto come Paolo, poiché l'Apocalisse è molto simbolico, però possiamo vedere una certa correlazione tra i due scritti. Il Messia ritorna sulla terra in Apocolasisse 19:11,14,15:

«Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; e colui che lo cavalcava si chiama il Fedele e il Verace; ed egli giudica e guerreggia con giustizia...Gli eserciti che sono nel cielo lo seguivano sopra cavalli bianchi, ed eran vestiti di lino fino bianco e puro. E dalla bocca gli usciva una spada affilata per percuoter con essa le nazioni; ed egli le reggerà con con una verga di ferro, e calcherà il tino del vino dell'ardente ira dell'Onnipotente Iddio». 

Apocalisse 20:4,5 collega l'evento della risurrezione con la venuta del Messia:

«Poi vidi dei troni; e a coloro che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare. E vidi le anime di quelli che erano stati decollati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non avevano adorata la bestia né la sua immagine, e non aveano preso il marchio sulla loro fronte e sulla loro mano; ed essi tornarono in vita, e regnarono con Cristo mille anni. Il rimanente dei morti non tornò in vita prima che fosser compiti i mille anni. Questa è la prima risurrezione».

Paolo ha mostrato che sia la risurrezione dei morti che l'adunamento avvengono quando il Messia ritorna sulla terra (2 Tessalonicesi 4:16,17), e l'Apocalisse conferma la coincidenza di questi eventi. Nel capitolo 13 dell'Apocalisse abbiamo la manifestazione dell'«uomo del peccato», chiamato la «bestia». Apocalisse 13:1,6: «E vidi salir dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, e sulle corna dieci diademi, e sulle teste nomi di bestemmia... Ed essa aprì la bocca per bestemmiare contro Dio, per bestemmiare il suo nome e il suo tabernacolo e quelli che abitano nel cielo».

L'«uomo del peccato» bestemmia Dio. Questo è da rapportare allo scritto di Paolo: egli sederà nel Tempio di Dio e dichiarerà di essere Dio. Inoltre, nella cronologia dell'Apocalisse, il Tempio era già ricostruito a questo punto, poiché se ne parla in Apocalisse 11:1,2: «Poi mi fu data una canna simile a una verga; e mi fu detto: Lèvati e misura il tempio di Dio e l'altare e novera quelli che vi adorano; ma tralascia il cortile che è fuori del tempio, e non lo misurare, perché esso è stato dato ai Gentili, e questi calpesteranno la santa città per quarantadue mesi». Quindi, se accettiamo questa cronologia dell'Apocalisse, il Tempio viene ricostruito prima della venuta di Gesù e del nostro adunamento con lui.

Matteo, il nostro terzo testimone, cita Gesù Gesù ha profetizzato gli eventi degli ultimi giorni. Era suo desiderio preparare i discepoli sui fatti riguardanti il suo «giorno», il tempo della sua venuta. Egli disse loro: «Guardate che nessuno vi seduca» (Matteo 24:4). Ha poi dato una cronologia di eventi che devono accadere prima della sua venuta. Matteo 24:15,16,21,22,29-31:

«Quando dunque avrete veduta l'abominazione della desolazione, della quale ha parlato il profeta Daniele, posta in luogo santo (chi legge pongavi mente), allora quelli che saranno nella Giudea, fuggano ai monti... perché allora vi sarà una grande afflizione; tale, che non v'è stata l'uguale dal principio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. E se quei giorni non fossero stati abbreviati, nessuno scamperebbe; ma, a cagion degli eletti, quei giorni saranno abbreviati... Or subito dopo l'afflizione di quei giorni, il sole si oscurerà, e la luna non darà il suo splendore, e le stelle cadranno dal cielo, e le potenze dei cieli saranno scrollate. E allora apparirà nel cielo il segno del Figliuol dell'uomo; ed allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio, e vedranno il Figliuol dell'uomo venir sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba a radunare i suoi eletti dai quattro venti, dall'un capo all'altro dei cieli».

Il «luogo santo» (Mikdash) in cui ha luogo l'abominazione della desolazione è, naturalmente, il Tempio. Colui che compie l'abominazione della desolazione è l'«uomo spregevole» di cui parla Daniele, «l'uomo del peccato» di Paolo e la «bestia» di Giovanni. è ovvio che il Tempio deve essere ricostruito prima che possa aver luogo l'abominazione della desolazione, alla quale deve seguire un periodo di tribolazione.

La grande tribolazione avviene prima che il sole e la luna siano oscurati. Il sole e la luna sono oscurati prima che il Messia appaia sulle nuvole. L'«adunamento» degli eletti ha luogo con l'apparizione di Gesù. Questa raccolta da parte degli angeli/messaggeri è l'unico atto a pro' dei santi che Gesù menziona e deve essere uguale al «nostro adunamento con lui» citato da Paolo, il che significa che si sta parlando della risurrezione dei morti e del rapimento dei viventi. Dunque, Gesù conferma l'esistenza del Tempio prima del suo ritorno e prima della risurrezione e del rapimento.

Questi tre testimoni concordano come fossero uno, senza alcuna contraddizione. Il Tempio di YHWH sarà ricostruito prima che Gesù ritorni per i suoi santi.

Detto questo è importante sottolineare che, come Breaking Israel News ha riportato all’inizio di questo mese, il Temple Institute di Gerusalemme ha completato la costruzione dell’altare in pietra richiesto per il servizio sacrificale nel Tempio Santo.

L’altare è stato completato in ritardo nel 2014 e ufficialmente inaugurato durante la cerimonia pubblica di accensione della Menorah d’oro per la festa di Hanukkah, che cade il 22 dicembre. […] l’altezza dell’altare non è di cinque metri (16 piedi), ma di cinque amot, una misura biblica equivalente a circa 2,35 metri (7,7 piedi). Ogni amah misura 46-38 centimetri (18-19 pollici). La rampa che porta all’altare è lunga 16 amot.

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Queste misure sono conformi al parere di Maimonide, il celebre commentatore e filosofo ebraico medievale e rappresentano le più piccole dimensioni possibili (consentite dalla legge ebraica) per il funzionamento Kosher dell’altare.

Secondo le informazioni rilasciate dal Temple Institute, dal momento che la Torah proibisce l’uso di pietre scavate (vedi Deuteronomio 27: 5-6), questo altare “è costituito da un telaio esterno di mattoni di terra e da un forno resistente al calore estremo prodotto quando è in uso. Questo telaio esterno è pieno di pietre naturali non contaminate da attrezzi di metallo, come da obbligo della Torah. La cornice in mattoni esterna è ricoperta da un intonaco bianco sottile, come è stato fatto con l’altare che si trovava nel cortile del Tempio Santo”.

La base dell’altare contiene due portali per la raccolta del sangue versato durante sacrifici animali, in conformità con la Torah.Inoltre è coronato da quattro angoli rialzati, chiamati dalla Torah corna.

Una cosa che rende questo altare unico è che è stato progettato per essere smontato e rimontato rapidamente nella sua corretta posizione sul Monte del Tempio. Secondo l’Istituto, “Il popolo di Israele può costruire un altare esclusivamente sul sito dell’altare originale sul monte Moriah, il Monte del Tempio. Qualora le circostanze diventassero favorevoli, questo nuovo altare può essere rapidamente ri-montato nella posizione esatta che consente al servizio divino di essere ripreso senza indugio”.

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L’altare è stato progettato dall’architetto Shmuel Balzam, che sta inoltre elaborando i piani per il Terzo Tempio. Tali piani sono il frutto di una campagna di crowdfunding su Indiegogo, che ha raccolto oltre 100.000 dollari per la ricostruzione del Santuario del Tempio. Le fasi preliminari del progetto saranno presentati il 25 marzo in un evento di sensibilizzazione durante la Giornata Internazionale del Monte del Tempio.


Quante biglie ci restano? L'importanza di godere di ogni singolo istante

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Alcune settimane fa stavo scendendo in cantina ... con una tazza fumante di caffè in una mano e il giornale fresco di stampa nell'altra. Quello che stava iniziando come un tipico sabato mattina si è trasformato in una di quelle lezioni che la vita sembra riservarti di tanto in tanto. Vi racconto come è andata.
 
Ho acceso la mia radio a onde corte per ascoltare le solite chiacchere del sabato mattina. Mi sono imbattuto così in un radioamatore più anziano di me, a giudicare dalla voce, così nitida e stentorea. Sembrava quella di un professionista della comunicazione radiofonica. Stava parlando con chissà chi di "mille biglie".
 
Incuriosito, mi sono soffermato ad ascoltarlo.
 
"Beh, Tom, si direbbe che tu sia molto impegnato con il tuo lavoro. Sono sicuro che ti pagano bene, ma è un peccato che tu debba stare lontano da casa e dalla famiglia così a lungo. È incredibile che un giovane debba lavorare settanta ore alla settimana per sbarcare il lunario. Ti sei perso il saggio di danza di tua figlia.

Lascia che ti dica una cosa, Tom. È una cosa che mi ha aiutato a non perdere mai di vista le mie priorità". E a quel punto ha iniziato a spiegare la sua teoria delle "mille biglie".
 
"Vedi, un giorno mi sono messo a fare due conti. La persona media vive circa settantacinque anni. Lo so, qualcuno vive di più e qualcuno vive di meno, ma in media la gente vive circa settantacinque anni.
 
Ho moltiplicato 75 anni per cinquantadue, e ho ottenuto 3.900, cioè il numero dei sabati che la persona media ha a disposizione in tutta la sua vita. Adesso seguimi Tom, sto arrivando al punto.
 
Sono arrivato a cinquantacinque anni per riflettere dettagliatamente su tutto questo", ha proseguito, "e nel momento in cui avevo goduto 2.800 sabati mi sono reso conto che se fossi vissuto fino a settantacinque anni, ne avrei avuti a disposizione ancora un migliaio.
 
Allora sono andato in un negozio di giocattoli e ho comprato tutte le biglie di vetro che avevano. Le ho portate a casa e le ho messe in un grande contenitore di plastica che tengo proprio qui... vicino al mio apparecchio. Da allora, ogni sabato, ho tirato fuori una biglia e l'ho gettata via.
 
Ho scoperto che vedendo diminuire le palline mi concentravo maggiormente sulle cose che contavano veramente nella vita. Non c'è nulla che aiuti di più a concentrarsi sulle prioità che veder correre via il tempo che ti resta da vivere.
 
Lascia che ti dica un'ultima cosa, prima di chiudere e portare la mia amata moglie a fare colazione fuori. Questa mattina ho buttato via l'ultima biglia. Se ci sarò ancora sabato prossimo, vuol dire che mi è stato regalato un pò di tempo in più.
 
Mi ha fatto piacere incontrarti, Tom. Spero che dedicherai più tempo alla tua famiglia, e spero di ritrovarti qui nell'etere".
 
Quando chiuse il collegamento, si poteva sentir cadere uno spillo.
 
Penso che ci abbia dato molto su cui riflettere. Quella mattina avevo in programma di sistemare l'antenna, e poi di incontrarmi con alcuni amici radioamatori per abbozzare la prossima newsletter del nostro club. Invece sono salito al primo piano e ho svegliato mia moglie con un bacio. "Vieni tesoro, porto te e i ragazzi a fare colazione fuori".
 
"A che cosa si deve questa celebrazione?", mi chiese con un sorriso. "Oh, niente di speciale; è solo che è passato un secolo da quando abbiamo trascorso un sabato coi ragazzi. Mentre siamo fuori, possiamo fermarci in un negozio di giocattoli? Devo comprare delle biglie".
 

I Fabbricanti di Debito

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Il nostro destino? «E’ molto semplice da capire», secondo Marco Della Luna, perché «la struttura socio-economica delmondo contemporaneo è caratterizzata da una classe bancaria globale che esercita il potere di creare dal nulla, e a costo zero, quantità virtualmente illimitate di simboli dotati di potere d’acquisto (mezzi monetari) e di strumenti finanziari convertibili in tali simboli, mediante il reciproco accreditamento contabile dei medesimi in un gioco di sponda tra banche, su scala mondiale».
 
Per giunta, la “classe finanziaria” esercita anche il potere e privilegio di creare, mediante erogazione dei prestiti a interesse, tutti i mezzi monetari di cui abbisogna il resto della società, divenendo così sua creditrice strutturale. «Per finire, questa classe privilegiata dispone anche delle agenzie che fanno il rating dei debitori nonché di un buon controllo manipolatorio su tutti i mercati».
 
Con queste premesse, non c’è scampo: «La politica è finita, i partiti si riducano a missionari antisociali della classe finanziaria e la partecipazione popolare alle decisioni rilevanti diviene impossibile, il principio di eguaglianza rimane un ricordo, mentre reddito e ricchezza sono oggetto di una redistribuzione inversa, cioè concentrante».

Per schematizzare al massimo, scrive Della Luna nel suo blog, «immaginatevi che io abbia il potere esclusivo di creare moneta, stampando pezzi di carta, che metto in circolazione prestandoli a interesse, e che la mia moneta sia accettata e domandata da tutti, e in quantità crescenti, per pagare (a me) gliinteressi: gradualmente ma automaticamente divento creditore del resto della società per tutta la sua ricchezza reale, senza contribuire minimamente alla produzione di ricchezza reale».
 
Ovvero: «Non creo nulla per gli altri, ma gli altri mi saranno debitori di tutto il valore che creano». Questa caratteristica della società globale «dovrebbe essere la premessa ad ogni discorso etico, politico e costituzionale», invece è sempre sottaciuta. Quindi, ogni altro discorso risulta monco, irrealistico. Continuiamo a non “vedere” il ruolo decisivo di «una classe che ha la prerogativa di creare soldi dai soldi, producendoli dal nulla come simboli dotati di potere d’acquisto o comunque di potere di scambio sui mercati (cioè del potere di comperare il frutto del lavoro del resto della società), mentre il resto della società, l’economia reale, non lo può fare, e lavora per pagare gliinteressi sui debiti». 

Una super-casta come l’élite finanziara, dunque, «accresce il proprio potere d’acquisto sottraendolo al resto del mondo e all’economia reale: quindi tendenzialmente compra tutto, diventa padrona di tutto, creditrice universale, sovrano politico, legislatore e governante globale incontrastato e senza opposizione, dotata com’è di un grandepotere di ricatto e di divide et impera».
 
E proprio questo è ciò che avviene nel mondo, aggiunge Della Luna, anche grazie al fatto che la popolazione, «nella sua illimitata ignavia collettiva», sostanzialmente sta al gioco, che non capisce, «perché pensa i simboli finanziari e monetari come valori reali, e li compra, investe in essi, li accetta come garanzia, gioisce quando le quotazioni salgono e patisce quando scendono». Così facendo, «assicura la domanda, quindi l’apparenza di realtà, di questi titoli stessi, e la legittima – legittima il potere di chi li genera e smercia.
 
Così l’uomo comune si fa veramente artefice del proprio destino, fabbro delle proprie catene», visto che non ha il coraggio di rifiutare «la legittimità di ogni ordinamento giuridico internazionale e nazionale che quel meccanismo ha creato», sistema «anti-umano, quindi “eo ipso” criminale». E allora «il destino del mondo è suggellato, finché il sistema non si rompa da sé, assieme ai suoi sigilli di legalità».

E se il Demiurgo fosse la nostra stessa Volontà?

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Il demiurgo per gli gnostici è il creatore di questo universo ma soprattutto dell'illusione della materia nella quale le anime risultano essere imprigionate.

Questa visione è corretta, ma a mio parere limitante, in quanto riduce l'intera esistenza a una forma di prigionia dalla quale dobbiamo scappare... invece io, pur aderendo molto all'interpretazione gnostica della cosa, ritengo l'esistenza non una prigione da cui fuggire, ma una scuola in cui apprendere, evolvere attraverso l'esperienza.

Detto questo, e forse dall'articolo karma e reincarnazione potrebbe evincersi, ciascuno di noi si autodefinisce una esistenza non priva di ostacoli a livello materiale, al fine di avere l'opportunità di evolvere.

Quindi noi siamo, inconsapevolmente, demiurghi di noi stessi poiché abbiamo definito consapevolmente a livello metafisico (ma non a livello materiale) questa realtà materiale all'inizio della nostra esistenza attuale.

Di fatto recitiamo un copione che noi stessi ci siamo definiti ancora prima di nascere... ma non considerarlo un copione... più che altro un canovaccio, o meglio ancora, noi abbiamo definito la scenografia e il ruolo da svolgere... il come verrà svolto è ancora tutto da definire e dipende solo ed esclusivamente da noi.

A supporto di questa conclusione riporto un estratto di un testo ripreso dalle esperienze medianiche del Cerchio Firenze 77.

CERCHIO FIRENZE 77: GLI EVENTI STORICI E I CONTENUTI PIU' SIGNIFICATIVI NELLE PAROLE DI UN TESTIMONE.

Di Renato Del Favero - Articolo apparso sul N.96 di Luce e Ombra gennaio-marzo 96

http://www.cerchiofirenze77.org/Articoli/01articolo%20Renato.htm

Il concetto fondamentale infatti è il concetto di evoluzione. C’è un legame evolutivo tra mondo minerale, mondo vegetale e mondo animale. Ma soprattutto c’è evoluzione all’interno del mondo umano.

Non si vive una sola vita, ma tante. Esiste cioè la Reincarnazione e proprio reincarnandosi più volte ciascun essere umano è in grado di raggiungere la maturità e la saggezza a cui tutti sono destinati.

Essi hanno così ribadito che la morte è un fenomeno solo apparente. Alla morte noi deponiamo semplicemente il "vestito di scena" che ci è servito per recitare una certa parte in quel teatro drammatico e comico che è la vita.

Si depone il corpo fisico e dopo un periodo di riposo si riflette lungamente e seriamente sulla vita che si è appena conclusa. Se ne analizzano i comportamenti: debolezze, cattiverie, pigrizie, ma anche slanci coraggiosi e magari eroici. Non è Dio che interviene a premiare o a castigare, è il nostro Spirito che ne può ricavare una sensazione di rimorso, di angoscia o viceversa di serenità. E proprio queste esperienze interiori, vissute insieme da tanti esseri umani, nel linguaggio semplificato delle Religioni (e solo in quelle ndr) sono state codificate e reificate con i nomi di Inferno, Purgatorio e Paradiso.

Dopo un periodo di sosta più o meno lungo, a seconda dei problemi individuali, ciascuno si reincarna.

Come già abbiamo detto la vita non si configura come una prova in cui chi sgarra dalla Legge riceve una condanna eterna, la vita invece è una scuola, una palestra dove a poco a poco, vita dopo vita, l’essere umano si arricchisce e raggiunge livelli di coscienza sempre più ampi.

Uno degli aspetti più originali e più sconcertanti di questo insegnamento è che quando i livelli di coscienza risultano del tutto identici essi si fondono tra loro e si unificano. Questo significa che noi e gli altri esseri umani non siamo solo occasionali compagni di strada, ma siamo destinati a fonderci fino a diventare una cosa sola. E questa è l’argomentazione che giustifica razionalmente l’evangelico "ama il prossimo tuo come te stesso".

Non si tratta di una pia esortazione, fatta propria del resto da tutte le Religioni, ma di una realtà metafisica. La nostra personalità psicologica umana è destinata a scomparire, la nostra saggezza invece andrà a fondersi con la saggezza di tanti altri e insieme costituirà uno stato di coscienza più ampio, più completo che a sua volta confluirà in stati di coscienza sempre più vasti fino a raggiungere lo stato di coscienza chiamato Dio.

Dio infatti, per questo insegnamento, non è una persona, ma uno stato di coscienza, precisamente lo stato di coscienza che li comprende tutti e che pertanto si configura come Unità nella molteplicità, come Immutabilità nell’apparente divenire, come Eternità nell’apparente nascere e morire di tutto ciò che in lui è contenuto.

Può sembrare freddo e riduttivo, osservano le Guide, dire che Dio non è una persona la quale amorevolmente ci guarda dall’alto, ma se si riflette attentamente ci si rende conto che è ben più coinvolgente affermare che Egli ci ha in sé, come uno degli stati di coscienza di cui è costituito, che la nostra esistenza come individui separati e distinti vale solo nell’apparenza illusoria creata dai sensi, ma che nella realtà metafisica esiste solo lui e che noi siamo in lui, divisi da lui per una distinzione che è solo virtuale e non reale.

Sono concetti affascinanti e sconvolgenti. Anche perché applicati alla realtà di tutti i giorni comportano delle conseguenze rivoluzionarie.

Eccone una: il tempo e lo spazio esistono solo per noi che essendo limitati non possiamo vedere la realtà tutta distesa e presente com’è, ma la vediamo scorrere davanti ai nostri occhi un po' alla volta. Per afferrare questo concetto si pensi ad una persona seduta sulla sponda di un fiume che vede l’acqua passare e trascinare con sé gli oggetti più vari.

Si pensi ora che la stessa persona dall’alto di una cima possa vedere con un solo sguardo tutto il fiume dalla sorgente alla foce con tutti gli oggetti contemporaneamente presenti. Questo esempio, limitato come ogni esempio, ci può aiutare a capire in che senso chi è senza limiti, come Dio, vive in uno stato di eterno presente mentre chi ha una percezione limitata, come noi, crea la realtà apparente del tempo e dello spazio.

I Maestri del Cerchio hanno usato un esempio ancora più significativo per spiegare un altro concetto essenziale. Per spiegare che nulla può realmente divenire, che il divenire è solo apparente hanno usato l’esempio dei fotogrammi.

Si tenga presente che, se davvero esistesse il divenire Dio non sarebbe più l’Assoluto perché muterebbe, cambierebbe di stato, avrebbe domani qualcosa in più che non aveva ieri. Bisogna dunque che quanto a noi appare come divenire, come futuro, come probabilità che non è realizzata ma che si realizzerà, esista già. Immaginiamo dicono i Maestri la pellicola di un film. In essa tutto il film esiste già.

Quando però il film scorre sullo schermo le persone che lo guardano vedono invece lo svolgersi di una storia, vedono ad esempio il protagonista che è bambino, cresce, si sposa, fa dei figli, muore ecc.

Questo è ciò che sembra accadere nell’esperienza umana. Noi vediamo che tutto scorre e diviene, ma in realtà, dicono i Maestri, tutto è presente e il cosmo intero è come una pellicola che noi percorriamo di fotogramma in fotogramma ma che contiene sia l’inizio, sia lo svolgimento, sia la conclusione del cosmo stesso. Il cosmo è come un grande schedario, come un dossier che contiene tutte le schede relative alle civiltà, ai popoli, fino ai minimi particolari della vita dei singoli individui umani e non umani.

Naturalmente la prima obiezione che chiunque farebbe a questo discorso è quella sulla libertà: esiste allora la libertà umana oppure esiste soltanto un ferreo determinismo?

La loro risposta è che esiste una libertà per gli esseri umani ma che non è una libertà totale, è solo parziale. Vi è, essi affermano, una storia generale che sostanzialmente è già tutta scritta, esiste cioè il cosiddetto destino e questo spiega perché qualche sensitivo, che abbia genuine facoltà paranormali, riesce in qualche caso a predire avvenimenti futuri.

All’interno però di una storia generale che è già predeterminata, perché conseguenza delle cause mosse in vite precedenti, esiste un ampio spazio di libertà per i singoli esseri umani. La libertà per gli esseri umani è garantita dalle varianti. Sono previste infatti delle varianti, cioè delle storie alternative e parallele, tutte le volte che un essere umano si trova di fronte ad una scelta importante e decisiva.

Ma perché queste varianti non contraddicano l’affermazione che in Dio tutto esiste già presente e dispiegato bisogna concepire queste varianti come realmente esistenti entrambe cioè non solo quella che l’uomo sceglierà, ma anche quella che non viene vissuta.

Quindi, per continuare l’esempio della pellicola, tutte le volte che un essere umano si trova di fronte ad una scelta importante e decisiva esistono due spezzoni di pellicola diversi ed egli decide se vivere l’uno oppure l’altro. Può così accadere che la storia generale segua un suo corso e che il singolo invece viva una variante in cui egli sperimenta una storia diversa e magari opposta.

Ma veniamo ora ad illustrare altre conseguenze significative della loro visione sulla nostra realtà di tutti i giorni.

Intanto colpisce il fatto che la vita, come loro la descrivono, risulta invece che incomprensibile ed irrazionale, come tutti più o meno siamo tentati di pensare, profondamente giusta e razionale. Viene in mente il noto esempio del tappeto. Se noi guardiamo il rovescio di un tappeto vediamo solo un intrico incomprensibile e sgradevole di fili colorati, ma non appena giriamo il tappeto dal verso giusto tutto acquista senso e nulla più risulta casuale.

Questo è un po' quello che ci dicono della nostra vita anche se ben pochi di noi troveranno l’esempio credibile e calzante. Tuttavia è impressionante riflettere come il concetto di Reincarnazione da loro esposto implichi in effetti un grosso contenuto di giustizia. Nel senso intanto che ognuno ha la certezza di arrivare alla meta, nessuno si perde, e questo non per una romantica concezione di Dio, ma per il semplice fatto che Dio non può mancare di una parte, non può rimanere privo di qualcosa che si collocherebbe come esterna ed estranea a lui.

Nel senso poi che il percorso reincarnativo per gli esseri umani diventa non tanto una prova, una punizione, una fatica, quanto invece una nascita spirituale con cui, faticosamente ma gloriosamente, il bruco diviene farfalla. Si pensi poi come diventa affascinante, da un punto di vista psicologico, l’idea che ciascuno di noi abbia la possibilità di sperimentare direttamente le più varie situazioni umane per comprenderle dal di dentro vivendole in tutta la loro ricchezza e drammaticità. Si pensi soltanto alla sconvolgente possibilità di vivere alternativamente la mascolinità e la femminilità.

Questa sì, e solo questa si rivelerebbe la soluzione radicale dell’evidente sperequazione storica tra potere maschile e femminile. Perché esiste naturalmente una legge detta di causa ed effetto che costituisce una forma di compensazione per cui ad esempio un uomo che si comporta in modo arrogante e persecutorio nei confronti delle donne, se non arriva a correggere da solo il proprio atteggiamento potrebbe ritrovarsi, in una vita seguente, a sperimentare su di sé, come donna, l’effetto devastante di una prevaricazione maschile (e viceversa eventualmente).

E questa osservazione ci introduce al problema del dolore. Il dolore, dicono questi maestri, è l’ultimo strumento che usa l’evoluzione per farci proseguire nella crescita quando ci rifiutiamo di capire, quando ci cristallizziamo e rifiutiamo di uscire dal nostro narcisismo e dal nostro egoismo. Il dolore ci costringe ad affrontare un problema esistenziale, un aspetto della nostra personalità, che magari per molte vite abbiamo cercato di evitare, di ignorare, spesso barando e manipolando altri esseri umani per riuscire nello scopo.

Di per sé è possibile evolvere e maturare anche senza dolore, ma in pratica in tutti noi c’è una tendenza fortissima a cristallizzarci nelle abitudini, a rifiutare il nuovo, l’estraneo, a rifiutare in sostanza di crescere, di diventare realmente adulti.

Il dolore che ci cade addosso dunque non ci colpisce mai per semplice casualità, la quale semplicemente non esiste e nemmeno perché un altro essere umano arbitrariamente possa scaricare su noi la sua aggressività e modificare così il nostro destino. Al contrario è il destino, il Karma, che si serve eventualmente di un essere umano immaturo o inevoluto per fare arrivare su noi le conseguenze di cause che noi stessi abbiamo mosso in questa vita o in vite precedenti.

E qui mi si permetta un’osservazione ad uso degli psicologi. In questa visione l’inconscio esiste ed è smisuratamente più vasto di come l’ha concepito Freud perché nascosti in esso vi sono tutti gli eventi della lunga evoluzione dell’essere umano e le mille esperienze fatte in tante vite, prima nel regno minerale, vegetale, animale, poi in quello umano.

Si pensi allora quale complessità verrebbe a raggiungere l’analisi psicanalitica di un essere umano i cui problemi non trovano più origine nei primi anni di vita o nel trauma della nascita, ma possono anche radicarsi in traumi antichi di secoli, accaduti in una delle vite precedenti. In questa visione, comunque, tutto ciò che è inconscio è destinato a sparire e a diventare pienamente consapevole.

Possiamo dire quindi che si tratta di un’analisi terminabile e non interminabile.

Anzi, aggiungiamo un ulteriore elemento di grande fascino. Il fatto che la storia del passato non è più qualcosa di estraneo, che studiamo dall’esterno per farci una cultura, ma diventa la nostra storia personale, diventa il nostro passato, diventa carne e sangue di ciascuno di noi. In questa visione gli Egizi, i Sumeri, i Greci, i Romani ci riguardano pienamente perché tutti noi abbiamo certamente vissuto qualche vita in quelle civiltà e forse oggi tante problematiche sociali e individuali si ricollegano ad eventi e circostanze di allora.

Tra l’altro questo spiegherebbe le simpatie istintive che molti provano per certi periodi storici o certi luoghi e naturalmente anche le antipatie istintive e viscerali. Se poi accettiamo l’idea espressa con l’immagine dei fotogrammi allora possiamo affermare che tutte queste civiltà del passato non sono scomparse, dato che nulla trascorre o sparisce ma ogni cosa rimane per l’eternità nei fotogrammi che la riguardano e può essere quindi ripercorsa nei minimi particolari. Questo naturalmente vale anche per ogni singola azione individuale, per ogni singolo gesto che risulta fissato per sempre.

Mi rendo conto che quanto ho detto risulterà per molti assurdo e pazzesco, ma mi auguro che i cenni riassuntivi da me esposti spingano qualcuno a verificare di persona i contenuti di questo insegnamento dipanatosi per ben 37 anni.

Per fortuna il pensiero dei Maestri del Cerchio Firenze 77 non è geloso patrimonio di alcuno ed è pienamente disponibile a chiunque voglia conoscerlo poiché è stato pubblicato in una decina di libri che hanno già raggiunto una ragguardevole tiratura in Italia e che saranno presto tradotti in altre lingue.

A questi libri rimando per quanto qui è stato troppo sinteticamente esposto o troppo maldestramente riassunto.

http://www.esoterismoemisteri.com/files/guenon_rene_-_il_demiurgo.pdf

http://www.cerchiofirenze77.org/Articoli/01articolo%20Renato.htm

Jung e l'interpretazione psicologica dell'alchimia

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Sembra che il destino di Jung come interprete dell’alchimia fossero scritto nelle stelle. Ma non si sarebbe trattato di qualche influsso astrale, bensì di una curiosa coincidenza “karmica”. Jung poteva infatti rivendicare una discendenza diretta da Goethe in quanto suo nonno sarebbe stato un figlio illegittimo del famoso poeta tedesco.
 
 
Jung venne anche a scoprire che un suo avo, il medico e giurista Carl Jung, morto nel 1645, era stato plausibilmente in contatto con gli scritti esoterici di Michael Maier, uno dei padri fondatori dei Rosacroce, e di Gerardus Dorneus, un dichiarato seguace di Paracelso, che si era occupato, molto più di tutti gli altri alchimisti, del processo di individuazione.
 
Sembra che il destino di Jung come interprete dell’alchimia fossero scritto nelle stelle. Ma non si sarebbe trattato di qualche influsso astrale, bensì di una curiosa coincidenza “karmica”. Jung poteva infatti rivendicare una discendenza diretta da Goethe in quanto suo nonno sarebbe stato un figlio illegittimo del famoso poeta tedesco.
 
Proprio questa leggendaria parentela avrebbe fatalmente indirizzato Jung a proseguire i lavori e le ricerche lasciate incompiute dai suoi predecessori; come un eroe dei romanzi di G. Meyrink, la discendenza unisce con legami fatali lo psichiatra svizzero ai suoi antenati. Jung venne anche a scoprire che un suo avo, il medico e giurista Carl Jung, morto nel 1645, era stato plausibilmente in contatto con gli scritti esoterici di Michael Maier, uno dei padri fondatori dei Rosacroce, e di Gerardus Dorneus, un dichiarato seguace di Paracelso, che si era occupato, molto più di tutti gli altri alchimisti, del processo di individuazione.
 
Considerando che gran parte della sua vita era stata dedicata allo studio del simbolismo alchemico e al problema della sintesi degli opposti, Jung giunse a ritenere probabile un particolare influsso “sanguineo”: “ho la netta sensazione”, avrebbe rivelato nelle sue memorie, “di essere sotto l’influenza di cose o problemi che furono lasciati incompiuti o senza risposta dai miei genitori, dai miei nonni, e anche dai miei più lontani antenati.
 
Spesso sembra che vi sia in famiglia un karma impersonale che passa dai genitori ai figli. Mi è sempre sembrato di dover rispondere a problemi che il destino aveva posto ai miei antenati, e che non avevano avuto ancora risposta; o di dover portare a compimento, o anche soltanto continuare, cose che le età precedenti avevano lasciato incompiute”. La scoperta della parentela con Goethe lo aveva impressionato “in quanto sembrava rafforzare e al tempo stesso spiegare le mie singolari reazioni al Faust. E’ vero che non credevo nella reincarnazione, ma il concetto che gli indiani chiamano karma mi era istintivamente familiare […] allora […] non sapevo […] che il futuro è preparato nell’inconscio già molto tempo prima, e che perciò può essere indovinato dai chiaroveggenti”.
 
Il fascino che il Faust esercitava su Jung non era dovuto soltanto a questo legame di “sangue”; se Jung considerava il proprio lavoro sull’alchimia come un “segno” della propria “relazione interiore con Goethe”, la lettura giovanile del Faust gli aveva rivelato l’universo della filosofia ermetica, svelandogli anche il problema del male che avrebbe approfondito nella formulazione della teoria sulla quaternità divina, ovvero della reintegrazione del diavolo in Dio e della conciliazione dei contrari.
 
La scoperta dell’alchimia

Jung si occupò dell’alchimia per quasi trent’anni, a partire dal 1928 - quando il missionario protestante e sinologo Richard Wilhelm gli inviò il trattato taoista Il segreto del fiore d’oro con la preghiera di un commento - sino alla vigilia della morte. La novità e l’importanza delle ricerche junghiane consistono nell’aver stabilito che l’inconscio persegue processi che si esprimono attraverso un simbolismo alchemico e che tendono a risultati psichici omologabili ai risultati delle operazioni ermetiche. Nell’intimo dell’inconscio avrebbero luogo processi che somigliano in modo sorprendente alle tappe di un’operazione spirituale - gnosi, mistica, alchimia – che non si dà nel mondo dell’esperienza profana e che, al contrario, rompe radicalmente con il mondo profano: “Notai ben presto” rivelò Jung nella sua autobiografia, “che la psicologia analitica concordava stranamente con l’alchimia.
 
Le esperienze degli alchimisti erano, in un certo senso, le mie esperienze, e il loro mondo era il mio mondo. Naturalmente questa fu per me una scoperta importante: avevo trovato l’equivalente storico della mia psicologia dell’inconscio”. Nel 1914, la psicologia aveva già inaugurato lo studio dell’alchimia con la pubblicazione dell’opera di uno dei più brillanti allievi di Freud, Herbert Silberer (che si suicidò in seguito alla rottura con il maestro). Silberer aveva posto per primo l’attenzione sulla possibilità di individuare connessioni feconde tra l’alchimia e la psicologia.
 
Ma Jung non era rimasto particolarmente attratto dalle conclusioni del collega. Questa iniziale sottovalutazione dell’alchimia cedette presto il passo a un crescente e ininterrotto interesse per essa, riscontrabile a pieno nella ricostruzione autobiografica: “Solo dopo aver letto Il fiore d’oro […] cominciai a intendere la natura dell’alchimia. Ero desideroso di avere una più diretta conoscenza degli alchimisti, e diedi incarico a un libraio di Monaco di tenermi al corrente di qualsiasi libro di alchimia gli capitasse. Poco dopo ricevetti il primo di essi, Artis Auriferae Volumina Duo (1593), una vasta raccolta, tra i quali un certo numero di classici dell’alchimia. Lasciai questo libro da parte, quasi senza toccarlo, per circa due anni.
 
Di tanto in tanto davo un’occhiata alle figure, e ogni volta pensavo: ‘Signore Iddio, che assurdità! Non se ne capisce nulla!’ Ma non me ne potevo staccare e decisi di impegnarmi più a fondo”. L’alchimia divenne la chiave di volta del suo sistema e rappresentò il superamento di una crisi professionale, di un’imbarazzante aporia dovuta alla mancanza di prove a sostegno della teoria dell’inconscio collettivo, i cui risultati, fondati su studi protrattisi per quindici anni, erano riconosciuti dallo stesso Jung come “campati in aria”, in attesa di un riscontro scientifico, di una prova che ne suffragasse la validità. Jung, dunque, iniziò le sue ricerche partendo da un testo di alchimia orientale e, sebbene si concentrò principalmente sull’alchimia occidentale, egli ebbe modo di conoscere il legame dell’alchimia orientale con lo yoga, il tantrismo e il taoismo.
 
Nel commento al trattato cinese troviamo infatti i temi tipici dell’alchimia orientale, le pratiche dello yoga e il pranayama, la creazione del corpo immortale, la teoria del centro, i mandala, la coincidentia oppositorum (anche se per Jung l’unione degli opposti è interpretata come “un processo di sviluppo psichico che si esprime in simboli”). Il testo inviatogli da Wilhelm conteneva quei passi che lo psicologo zurighese aveva cercato invano negli gnostici e divenne l’occasione tanto agognata per poter pubblicare, almeno in forma provvisoria, alcuni risultati fondamentali delle sue ricerche. Soltanto in un secondo tempo, in seguito allo studio dei trattati latini, Jung si rese conto dell’importanza fondamentale del carattere alchemico di quel trattato.
 
Dalla gnosi all’alchimia

L’incontro con l’alchimia gli fornì quindi le basi storiche che fino a quel momento aveva inutilmente cercato soltanto nello gnosticismo. La tesi di laurea sull’analisi delle capacità medianiche della giovanissima cugina Elena, trovarono continuazione nello studio dell’ermetismo. Lamentando l’incertezza scientifica degli studi conseguiti, tra il 1918 e il 1926 aveva iniziato ad approfondire lo studio della letteratura gnostica poiché in essa ritrovava un confronto con il mondo originario dell’inconscio; gli gnostici avevano avuto infatti a che fare con i contenuti dell’inconscio, “con immagini che erano chiaramente contaminate dal mondo degli istinti […]
 
Ma gli gnostici erano troppo lontani perché mi fosse possibile stabilire un qualsiasi legame con loro circa i miei problemi […] Ma quando cominciai a capire l’alchimia mi resi conto che rappresentava il legame storico con lo gnosticismo, e che perciò c’era una continuità tra il passato e il presente. Fondata sulla filosofia naturale del medioevo, l’alchimia costituiva un ponte verso il passato, con lo gnosticismo, e verso il futuro con la moderna psicologia dell’inconscio”.
 
L’Ars si rivelò agli occhi di Jung come “l’anello di congiunzione, da tanto tempo cercato, tra la gnosi e i processi dell’inconscio collettivo osservabili nell’uomo d’oggi”. Jung era colpito dall’analogia tra il simbolismo onirico - sogni, visioni ad occhi aperti, allucinazioni - o disegni spontanei di alcuni suoi pazienti e il simbolismo alchemico; egli accordava un’importanza capitale all’interpretazione dei sogni, “questa mitologia mascherata dell’uomo moderno” come sarebbe stata definita da Mircea Eliade, il massimo storico delle religioni. L’ermeneutica eliadiana sull’alchimia, seppur autonoma e precedente agli studi dello psicologo svizzero, in quanto frutto di un complesso percorso scientifico diverso e indipendente, più vicino ai Tradizionalisti Evola, Guenon, Coomaraswamy, Needham e ad occultisti quali Steiner, è stata spesso rapportata, seppur impropriamente, a quella junghiana.
 
Il metodo psicologico

Per comprendere il significato e la funzione delle immagini oniriche, Jung intraprese con perseveranza lo studio degli scritti alchemici classici; per quindici anni svolse le sue ricerche senza pubblicare niente ed evitando di parlarne sia con i suoi pazienti, per evitare di influenzarli, sia con i suoi collaboratori per sfuggire il rischio di suggestione.
 
A differenza però del metodo storico-fenomenologico utilizzato da Eliade nelle sue ricerche sull’alchimia, del metodo ermeneutico di filosofi quali T. Burkhardt e delle analisi esoteriche di autori come Evola, Guénon, Meyrink, etc., Jung apparve sempre memore del suo ruolo di psichiatra: non intendeva andare oltre il contenuto psicologico dell’esperienza umana e non si pose né il problema della trascendenza né il problema della realtà di Dio. Jung considerava l’esperienza religiosa vera, reale, ma su di essa non diede alcun giudizio di valore; allo stesso modo egli considerava le operazioni alchemiche reali, ma questa realtà è psicologica, non fisica, né tantomeno metafisica.
 
La conciliazione dei contrari

Jung ha definito l’alchimia una tecnica spirituale in un periodo storico in cui essa era considerata, eccezion fatta per gli ambienti esoterici e per qualche filosofo, una mera pre-chimica, una scienza “embrionale” sperimentale. Ma l’alchimia era e rimase, per lo psichiatra svizzero, la proiezione di un dramma cosmico e spirituale in termini di laboratorio; essa è una proiezione degli archetipi e dell’inconscio collettivo sulla Materia, è l’opera finalizzata alla liberazione dell’anima umana dalla materia e all’apocatastasi, alla rigenerazione e salvezza finale del Cosmo: essa prolunga e compensa il cristianesimo che ha salvato l’uomo ma non la Natura.
 
L’alchimista sogna di sanare il Mondo nella sua totalità, riconducendo ad unità gli opposti, reintegrando il diavolo, il Male, in Dio. Sul piano psicologico si tratta di lottare con Satana e di vincerlo, di assimilarlo, cioè, alla coscienza. In tutta la sua immensa produzione scientifica, Jung sembra essere ossessionato dalla reintegrazione degli opposti. A suo parere l’uomo non può raggiungere l’unità se non in quanto riesce a superare continuamente i conflitti che lo lacerano interiormente. Come ha giustamente rilevato Eliade, la reintegrazione dei contrari è la chiave di volta dell’intero sistema junghiano.
 
Ed è stata la coincidentia oppositorum a spingere Jung a interessarsi alle discipline orientali che gli rivelavano i mezzi per trascendere le molteplici polarità per conseguire l’unità spirituale. L’opus aveva pertanto il duplice compito di liberare l’anima mundi, lo spiritus mercurius imprigionato nella Materia e di guarire il Cosmo; ma ciò che gli alchimisti chiamavano “anima” era in realtà il “Sé”, mentre la “materia” era in effetti la loro vita psichica. Ora, il compito dell’opus era di trasfigurare e redimere questa materia, di ottenere la pietra filosofale, il corpo di gloria. Se Cristo era il Filius Microcosmi che aveva salvato soltanto l’uomo, il lapis rappresentava il Filius Macrocosmi che avrebbe condotto a redenzione il cosmo intero.
 
La tradizione dell’apocatastasi di Origene, Gregorio di Nissa e Schelling rivive nell’obbiettivo dell’alchimia che a livello psicologico rappresenta anche il processo di individuazione attraverso il quale si diviene Sé. Lettore attento di I. Kant fin dalla giovinezza, Jung aveva imparato la lezione della Critica della ragion pura, e ha voluto arrestare le proprie ricerche alle soglie della “tentazione metafisica”, per evitare di cadere oltre la propria competenza scientifica. Egli non volle permettersi di ipostatizzare il noumeno kantiano riempiendolo di una verità metafisica o teologica; ciò gli impedì di esprimere le proprie credenze personali, soggettive, che esulano dall’ambito psichiatrico. Jung partì così da una prospettiva universalista per approdare ad un’antropologia applicata; il suo empirismo lo portava a preoccuparsi dell’uomo concreto, ovvero dei suoi pazienti.
 
Per Jung il mito ha senso solo come problema dell’uomo interiore: la psicologia parte dalla vita psichica individuale e per interpretarla fa riferimento alla mitologia e al “serbatoio” simbolico dell’umanità.
 
Il rifiuto dell’iniziazione
 
Sebbene citasse esoteristi quali Meyrink ed Evola, Jung prese le distanze dalle interpretazioni esoteriche contemporanee dell’alchimia, ravvisando in esse insegnamenti oscuri e pericolosi (in un certo senso fu in parte fedele alla promessa che Freud gli chiese di fargli prima della rottura, ovvero di combattere l’occultismo: “Mio caro Jung, promettetemi di non abbandonare mai la teoria della sessualità.
 
Questa è la cosa più importante. Vedete, dobbiamo farne un dogma, un incrollabile baluardo” gli chiese un giorno Freud. Alla domanda sorpresa rispetto a che cosa dovesse farne un baluardo, Freud rispose: “Contro la nera marea di fango […] dell’occultismo”!). Il proposito di chiarimento scientifico da parte di Jung, il desiderio di tradurre qualsiasi elemento religioso e alchemico in termini scientifici, chiari, contro il pericolo di deviazioni esoteriche, si scontra con le posizioni scientifiche del periodo (prima fra tutte quella di Eliade) che invece Jung, da buon kantiano, intendeva combattere con spirito empirico e rigore scettico. Niente di più distante dalle primissime accuse di misticismo mossegli dai colleghi psichiatri in seguito alla rottura con Freud, rottura che lo vide emarginato dal campo accademico per alcuni anni.
 
Jung non era interessato ad alcun tipo di “iniziazione”, e questo suo atteggiamento diffidente nei confronti dell’iniziazione si sarebbe rivelato a pieno durante il suo viaggio in India nel 1938, quasi una fuga dall’intenso studio dell’alchimia. Se molti pensatori, come Eliade ed Hesse, hanno scoperto le dottrine esoteriche proprio durante il soggiorno in India, Jung non volle né approfondire lo studio dell’ermetismo sul suolo indiano, né confrontarsi con yogin o saggi indiani.
 
Egli avrebbe raccontato nelle sue memorie di aver cercato accuratamente di evitare d’incontrare i “cosiddetti ‘santoni’”, perché doveva elaborare la sua verità, una verità personale, e non voleva accettare da altri ciò che non avrebbe potuto raggiungere con le sue sole forze: “mi sarebbe parso un furto se avessi appreso dai santoni la loro verità per farla mia. La loro saggezza appartiene a loro, e a me appartiene soltanto ciò che procede da me stesso. Come europeo non posso prendere nulla in prestito dall’Oriente, ma devo plasmare la mia vita da me stesso, secondo quanto mi suggerisce il mio intimo o mi apporta la natura”.
 
Con questa ammissione “socratica”, Jung sembra eludere qualsiasi tipo di dialogo interculturale, qualsiasi ricerca conoscitiva, filosofica, religiosa che non scaturisca dell’inconscio.

http://enricaperucchietti.blogspot.it/2004/05/la-discendenza-del-sangue-c-g-jung-e.html

Il Simbolismo della Tartaruga. Geometria Sacra e Architettura Esoterica

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Può essere utile rivolgere inizialmente lo sguardo ad Oriente e in particolare ad un pilastro del pensiero cinese: il concetto di Grande Triade , ossia Cielo, Terra, Uomo (Tien-Ti-Jen). Numerosi sono i simboli tradizionali che raffigurano l’Uomo come termine medio della Grande Triade, posto tra il Cielo e la Terra e in tal modo adempiente la sua funzione di ‘mediatore’. 

Ad esempio, le tre linee intere (yang) o spezzate (yin) di ciascuno degli otto trigrammi dell’I-King, il celebre ‘Libro dei Mutamenti’ dell’arte divinatoria cinese, corrispondono proprio ai tre termini della Triade: il tratto superiore rappresenta il Cielo, il tratto mediano l’Uomo e il tratto inferiore la Terra. Parimenti, questi tre termini rappresentano uno dei molteplici significati del ‘Sigillo di Salomone ’ (noto come ‘Stella di David’, la ‘stella a sei punte’ simbolo dello stato ebraico): in questo caso, il triangolo diritto è la natura celeste e il triangolo rovesciato la natura terrestre, mentre l’insieme simboleggia l’ “Uomo Universale” che, unendo in sé le due nature, è appunto per questo il ‘mediatore’ per eccellenza (facciamo notare, per inciso, che – trasposto in termini cristiani – questo simbolismo rappresenta l’unione della natura divina e della natura umana in Cristo, che fa appunto da ‘mediatore’ tra gli uomini e Dio). 

Anche nel simbolismo massonico del ‘compasso’ e della ‘squadra’ ritroviamo tracce della Grande Triade: questi strumenti, infatti, corrispondono rispettivamente al cerchio (che si disegna appunto col compasso) e al quadrato (disegnato con la squadra) e, di conseguenza, al Cielo (di cui il cerchio è il simbolo) e alla Terra (di cui è simbolo il quadrato). 

Il maestro massone, che – per una nota formula massonica – “si trova sempre tra la squadra e il compasso”, rappresenta ovviamente l’Uomo, ancora una volta con funzione di mediatore. Ma il simbolo estremo-orientale connesso con la Grande Triade che ci interessa maggiormente in questa sede è quello della Tartaruga, la quale è posta tra le due parti superiore e inferiore della sua corazza come l’Uomo fra il Cielo e la Terra! 

In tale raffigurazione, la stessa forma delle due parti è significativa almeno quanto la loro posizione: la parte superiore, che ‘copre’ l’animale, per la sua forma arrotondata corrisponde ancora una volta al Cielo e la parte inferiore, che lo ‘sostiene’, per la sua forma piatta corrisponde alla Terra. L’intera corazza è perciò un’immagine dell’Universo (in sintonia con il principio ermetico del ‘come in alto così in basso’) e la tartaruga, posta tra le sue due parti, rappresenta naturalmente il termine mediano della Grande Triade, ossia l’Uomo. 

Inoltre, la sua ritrazione all’interno della corazza simboleggia la concentrazione nello ‘stato primordiale’, lo stato dell’“uomo vero”; tale concentrazione costituisce poi la realizzazione della pienezza delle possibilità umane perché, anche se in apparenza il centro è solo un punto senza estensione, in realtà questo punto contiene tutte le cose – come in una sorta di Ologramma cosmico o nell’Aleph cabalistico magistralmente descritto da Jorge Luis Borges –. 

Proprio per questo l’uomo vero racchiude in se stesso tutto ciò che è manifestato nello stato di esistenza con il cui centro esso si identifica. Per gli antichi cinesi, ovviamente, l’uomo vero si reificava nella figura dell’Imperatore o, più in generale, del Principe : ad esempio, il vestito degli antichi principi – in analogia con la tartaruga ma anche (!) col simbolismo massonico – doveva avere una forma rotonda in alto (cioè nel colletto) e quadrata in basso, a rappresentare appunto il cielo e la terra. Ma se il suo vestito aveva un significato simbolico, lo stesso valeva per tutte le azioni della vita del sovrano che erano regolate esattamente secondo precisi rituali. 

Un esempio caratteristico di tali rituali era la circumambulazione dell’Imperatore nel Ming-tang. Il tetto di questo caratteristico edificio, residenza del sovrano, aveva una forma arrotondata, mentre la sua base aveva una forma quadrata o rettangolare: posto fra il tetto e la base, che richiamano evidentemente le due parti superiore e inferiore della corazza della tartaruga, l’Imperatore rappresentava appunto l’Uomo tra il Cielo e la Terra. 

Quest’ultima disposizione costituisce peraltro un modello architettonico che si ritrova con grandissima frequenza, e con lo stesso valore simbolico, in molte strutture tradizionali diverse, come lo stûpa buddista o la qubbah islamica. E’ interessante notare che la pianta del Ming-tang era conforme alla suddivisione dell’impero cinese del terzo millennio avanti Cristo attribuita a Yu il Grande: comprendeva infatti nove sale disposte esattamente come le nove province dell’impero, secondo lo schema ispirato al cosiddetto diagramma Lo-chou o ‘Scritto del Lago’ che, così vuole la leggenda, era stato portato a Yu il Grande da una tartaruga (sempre e ancora lei!) e in cui i primi nove numeri naturali sono disposti in modo da formare quello che viene chiamato un ‘quadrato magico’. 

Nel quadrato magico (la cui caratteristica è quella di dare sempre 15 come risultato delle somme eseguite sugli assi e le diagonali) il centro è occupato dal numero 5, che sta anch’esso nel ‘mezzo’ dei primi nove numeri: analogamente nell’impero cinese la provincia centrale, che corrispondeva a questo numero e dove risiedeva l’imperatore, era chiamata ‘Regno del Mezzo’, da cui poi la denominazione sarebbe stata estesa all’intera Cina. Il Ming-tang, inoltre, aveva dodici aperture sull’esterno, tre su ciascuno dei quattro lati, che corrispondevano ai dodici mesi dell’anno: quelle della facciata orientale ai tre mesi primaverili, quelle della facciata meridionale ai tre mesi estivi, quelle della facciata occidentale ai tre mesi autunnali e quelle della facciata settentrionale ai tre mesi invernali. 

Le dodici aperture formavano quindi uno Zodiaco: nel corso del ciclo annuale, l’Imperatore compiva nel Mingtang una circumambulazione in senso ‘solare’ arrestandosi successivamente in dodici stazioni corrispondenti alle dodici aperture, e da esse promulgava le ordinanze adatte ai dodici mesi. La circumambulazione si effettuava sempre con ritorno al centro, il quale centro individuava il punto di mezzo dell’anno. Del pari, quando visitava l’Impero, il sovrano percorreva le province in un ordine corrispondente e poi tornava alla sua residenza centrale. 

In definitiva, il Ming-tang era un’immagine dell’Universo concentrata in un luogo che rappresentava l’Invariabile Mezzo. Ed effettivamente lo era, sotto il duplice aspetto dello spazio e del tempo, perché il simbolismo spaziale dei punti cardinali era messo in diretto rapporto con quello temporale delle stagioni nel ciclo annuale. In tutto ciò l’Imperatore appariva propriamente come il ‘regolatore’ dell’ordine cosmico stesso e questo faceva di lui la rappresentazione dell’ “uomo vero”. 

La cosa interessante, a questo punto, è notare come il simbolismo della Tartaruga – cioè del Cerchio e del Quadrato – costituisca non solo un perfetto tramite tra la tradizione esoterica estremo-orientale e quella occidentale ermetico-alchemica ma, intrecciandosi ulteriormente con l’iconografia cristiana, con il simbolismo del Graal e con quello Templare (da cui tra l’altro deriva quello Massonico), ci porti direttamente a scoprire un mondo nascosto di analogie e correlazioni che legano matematica e arte, geometria e biologia, musica e architettura in una inscindibile unità… 

Iniziamo subito col sottolineare che l’ideogramma alchemico dell’ ‘Uno in Tutto’ è il cerchio; linea o movimento che si conchiude in se stesso e che in se stesso ha principio e fine. Nell’Ermetismo questo simbolo esprime l’universo e, simultaneamente la Grande Opera. Il quadrato è il simbolo della terra, in opposizione al cielo, ma è anche, ad un altro livello, il simbolo dell'universo creato, terra e cielo, in opposizione al non-creato e al creatore; è l'antitesi del trascendente. 

Il quadrato è una figura antidinamica, ancorata sui quattro lati, rappresenta l’arresto o l'istante isolato. Il quadrato implica un'idea di stagnazione e di solidificazione, oppure di stabilizzazione . Mentre il movimento scorrevole è circolare e rotondo, l'arresto e la stabilità sono associati a figure angolose, con linee dure e a sbalzi. 

Inoltre, per gli alchimisti e gli ermetismi, il quadrato sormontato dalla croce simboleggiava la pietra filosofale. 

Anche nella tradizione cristiana il quadrato, data l'uguaglianza dei suoi quattro lati, rappresenta il cosmo; i suoi quattro pilastri d'angolo indicano i quattro elementi. Il cerchio e il quadrato rappresentano i due aspetti fondamentali di Dio: l'unità è la manifestazione divina. Il cerchio esprime il celeste, il quadrato il terrestre, non in quanto opposto al celeste ma in quanto creato; nei rapporti fra il cerchio e il quadrato esiste una distinzione e una conciliazione: il cerchio sarà per il quadrato ciò che il cielo è per la terra e l'eternità per il tempo, ma il quadrato si inscrive in un cerchio vale a dire la terra è dipendente dal cielo. Il quadrato non è altro che la perfezione della sfera su un piano terrestre. 

Per i cristiani il Cristo rappresenta l'umanità, egli verrà considerato come l'uomo quadrato per eccellenza. Da ciò non solo derivò la costruzione delle chiese ad quadratum ma anche l'uso di porre nelle chiese la Pietra Angolare come simbolo di Cristo Gesù. 

Nella Guida dei Pellegrini a San Giacomo di Compostela l'autore paragona la chiesa a un organismo umano, in cui la navata maggiore è simile a un corpo di cui i transetti costituiscono le braccia; le dimensioni vengono calcolate in funzione delle misure umane. L'uomo quadrato, con le braccia tese ed i piedi giunti, indica i quattro punti cardinali e in essi troviamo riuniti il significato della croce e delle quattro dimensioni che esso implica. Questo simbolismo non può non riportare alla memoria la famosa figura dell’uomo di Vitruvio, studiata da Leonardo e composta da un cerchio che racchiude un uomo a mo’ di stella a cinque punte. 

Qui si tratta di un cerchio, ma lo stesso Leonardo aggiunge che l’uomo a braccia aperte ha le misure di un quadrato, perché, dice, "se la natura ha composto in questo modo il corpo dell’uomo che le membra rispondano con proporzione alla perfetta loro figurazione, pare che gli antichi con causa abbiano costituito che in tutte le perfezioni delle opere vi sia diligente misura e proporzione di ciascuna parte a tutta la figura" 

In realtà negli studi anatomici di Leonardo le proporzioni ubbidiscono a precisi rapporti i quali fanno quasi sempre capo ad uno degli oggetti più misteriosi ed affascinanti della geometria: la Sezione Aurea. La sezione aurea di un segmento è la parte media proporzionale tra il segmento e la sua parte rimanente. In altre parole si ricava come soluzione del seguente problema: “Dato un segmento x + y, dividerlo in due segmenti x ed y tali che il rapporto che c'è tra il più piccolo ( x ) ed il più grande ( y ) sia uguale al rapporto tra il più grande e la somma dei due”. In termini matematici il tutto si traduce nella seguente proporzione: x : y = y : ( x + y ) dove come unità di misura può essere adottato sia l’intero segmento x + y che il segmentino più piccolo x. Nel primo caso si considera x + y = 1 , da cui si ricava x = 1 – y e dunque la proporzione diventa: ( 1-y ): y = y :1 y² + y -1 = 0 y = (√5 - 1 )/2 = 0,618... che ci dà il valore numerico della Sezione Aurea di un segmento unitario. 

Nel secondo caso si considera x = 1, da cui la proporzione diventa: y = 1,618... e si trova quello che è stato invece chiamato Numero Aureo F . Il primo riferimento esplicito alla sezione aurea risale ai Greci, anche se ne ritroviamo l'uso già nelle proporzioni delle opere architettoniche dell'antico Egitto (ad es. nella Grande Piramide di Giza); in seguito fu riscoperta in epoca medioevale, e se ne occuparono, tra gli altri, Fibonacci, Leonardo da Vinci, Keplero e il fisico tedesco Ohm, anche se il primo a divulgarne le caratteristiche fu il frate Luca Pacioli. 

Dal punto di vista matematico tanto la sezione aurea quanto il numero F sono dei numeri reali irrazionali, in cui cioè le cifre dopo la virgola sono infinite e si susseguono senza alcuna ripetizione periodica (a differenza di pi greco non sono però numeri trascendenti, in quanto – come si è visto – sono soluzioni di equazioni di secondo grado). Date le loro proprietà estremamente singolari, come vedremo tra un attimo, non stupisce che siano stati considerati "magici" sin dalla loro scoperta. 

La sezione aurea fu studiata dai Pitagorici i quali scoprirono che il lato del decagono regolare inscritto in una circonferenza di raggio r è la sezione aurea del raggio e costruirono anche il pentagono regolare intrecciato o stellato (la stella a 5 punte ripresa poi da Vitruvio), ottenuto dal decagono regolare congiungendo un vertice si e uno no. 

I Pitagorici lo chiamarono pentagramma, lo considerarono il simbolo dell’armonia e lo assunsero come loro segno di riconoscimento. A questa figura è stata attribuita per millenni un’importanza misteriosa probabilmente per la sua proprietà di generare la sezione aurea da cui è nata. Infatti i suoi lati si intersecano sempre secondo la sezione aurea: AB : AC = AC : CB

La sezione aurea ha una funzione di grande rilievo nell’espressione della bellezza (è per questo che fu definita ‘aurea’ nel Rinascimento). Infatti, se disegniamo un rettangolo (ABED) in cui il rapporto tra dimensione maggiore (AB) e la minore (AD) sia la sezione aurea e al suo interno costruiamo un quadrato di lato pari alla dimensione minore del rettangolo, ripetendo ricorsivamente questa operazione si ottengono tanti rettangoli via via più piccoli in cui il rapporto tra le due dimensioni è sempre pari alla sezione aurea. 

Evidentemente questa peculiarità geometrica deve aver da sempre ispirato quella particolare sensazione di armonia che potrebbe spiegare la frequenza con cui la sezione aurea compare in arte e in architettura. 

Gia intorno al 450 a.C. Policleto scolpì la figura del doriforo basandosi sul concetto di sezione aurea ed accompagnò il suo lavoro con un saggio teorico. Il doriforo incarna l’idea stessa di classicità: la figura umana viene costruita armonizzando tutte le sue parti sulla base dell’unità di misura (cioè la testa che risulta 1/8 dell’altezza). 

La distanza dell’ombelico da terra è la sezione aurea dell’altezza del doriforo. Ma gli esempi di utilizzo della sezione aurea nell’arte sono numerosissimi, dalle dimensioni del Partenone (448-432 a.C) a molti capolavori di Michelangelo, Leonardo, Brunelleschi, Bramante e Tiziano. Un esempio illustre è il Palazzo Ducale di Venezia: dal disegno emerge che ogni tratto intero è la sezione aurea della somma del tratto intero più il tratto consecutivo tratteggiato. 

Altro esempio è l’Apollo del Belvedere, dove la posizione dell’ombelico individua la parte aurea dell’altezza del corpo: in figura, A e B indicano le due parti in cui la sezione aurea divide il segmento A+B (una analoga proporzione si ritrova anche nel rapporto tra la distanza dall’ombelico ai piedi e l’altezza dell’uomo di Vitruvio, incontrato in precedenza). Ancora in riferimento alla stella a cinque punte inscritta in un pentagono regolare, così cara ai pitagorici, può essere curioso notare che il rapporto fra una qualsiasi diagonale del pentagono ed il suo lato è proprio uguale al numero aureo F , così come lo è anche il rapporto fra le parti in blu e quella in rosso della diagonale. Si potrebbe andare avanti all'infinito, costruendo sempre altre diagonali nel pentagono che viene fuori al centro, ed i due rapporti rimarrebbero sempre uguali al numero aureo: si ottiene così una struttura geometrica ricorsiva! 

Rileviamo, infine, come il numero aureo si ritrovi stranamente connesso con la famosa “Successione di Fibonacci”.Questa successione, scoperta dal matematico Fibonacci quando lavorava alla corte di Federico II, è formata da numeri tali che ognuno di essi è la somma dei due precedenti: 1 - 1 - 2 - 3 - 5 - 8 - 13 - 21 - 34 - 55 - 89 - 144 - 233 - 377 ... Calcolando il rapporto fra ciascun termine ed il suo precedente, si ottengono risultati che si avvicinano sempre più al numero aureo, oscillando attorno ad esso con un'approssimazione sempre maggiore: 1/1=1; 2/1=2; 3/2=1.5 ; 5/3=1.66666... ; 8/5 = 1.6; 13/8=1.625 ; 21/13=1.615384615384…. 34/21=1.619047…..; 55/34=1.6176470588235941……. ; 89/55=1.6181818…… 

E’ anche interessante notare che ciascuno dei rapporti scritti sopra può essere ottenuto in successione attraverso due strane formule ricorsive autosomiglianti dalle quali, al limite, si ottiene ancora una volta il numero aureo. 

Questa successione non solo è importante ai fini matematici, ma viene considerata ormai da lungo tempo un principio fondamentale nella struttura degli organismi vegetali e animali: e Probabilmente il ruolo giocato dal numero aureo nella generazione della successione di Fibonacci è alla base del successo di quest’ultima non solo in campo matematico ma anche nell’individuazioni dei principi strutturali fondamentali degli organismi vegetali o animali. Ad esempio, nelle pigne, nei capolini di girasole e nei tronchi delle palme si trovano disposizioni a spirale o ad elica che implicano l’interpenetrazione di spire destrorse e sinistrorse, dove il numero di righe per i due tipi di spire sono numeri di fibonacci successivi. 

Una disposizione analoga si può trovare in diversi tipi di conchiglie (come ad esempio il Nautilus in figura, la cui spirale logaritmica si incastona perfettamente nel ‘rettangolo aureo’ visto in precedenza), nelle configurazioni frattali ed autosimili degli elementi delle foglie degli alberi e addirittura nei ‘microtubuli’ del citoscheletro cellulare, dei quali i numeri di Fibonacci sembrano favorire la capacità di processare informazione e di comportarsi come automi cellulari (vedi Koruga, Hameroff e Penrose). 

Infine, la sezione aurea e i numeri di Fibonacci sembrano rivestire una particolare importanza anche in campo musicale: la strutturazione a nautilus della coclea dell'orecchio umano, situata alla fine dell'orecchio interno, segue infatti le leggi della sezione aurea e così pare faccia anche l’organo del Corti. Inoltre, calcolando il valore decimale approssimato dei vari termini della successione dei rapporti di Fibonacci vista in precedenza, troviamo: 1; 2; 1,5; 1, 666; 1,6; 1,625; 1,615; 1, 619; 1, 617; 1, 6181; 1, 6180 ecc. che corrispondono agli intervalli musicali: unisono=1 ; ottava=2 ; quinta=1,5 ; sesta maggiore=1,666 ; sesta minore=1,6 (di cui gli ultimi sono i complementari degli intervalli di terza minore e maggiore). 

Se poi applichiamo la serie di Fibonacci alle sovrarmoniche e alle sottoarmoniche di un suono di riferimento (ad es. il DO) avremo che i numeri in successione aurea 3, 5,e 8 superiori al suono dato corrispondono ai suoni MI, SOL e Do acuto e i numeri 3, 5 e 8 inferiori allo stesso suono corrispondono al LAb, FA e DO grave. Abbiamo così l'harmonia maggiore e minore. Non a caso, evidentemente, la sezione aurea è un punto di riferimento per la costruzione delle canne degli organi e di altri strumenti musicali, quali ad esempio i violini. 

Ma le sorprese relative alla sezione aurea non finiscono certo qui… La tradizione del Santo Graal racconta che “Tre tavole sostenevano il Graal: erano tonda, quadrata e rettangolare. Ciascuna aveva lo stesso perimetro e il numero delle Tre era Due-Uno”. Questa ambigua descrizione delle Tavole è servita a perpetuare l’immagine del Graal sotto forma di oggetto, come una coppa o un piatto. Le Tavole stesse sono state paragonate a quelle di re Artù, del Castello del Graal e dell’Ultima Cena. 

Tuttavia la specifica 2:1 è una proporzione tabulare della sezione aurea e ha poco a che fare con le tavole in senso pratico. Infatti il numero aureo si può ricavare come semi-somma della diagonale e del lato minore di un rettangolo che sia costituito da due quadrati uguali di lato unitario affiancati (il cosiddetto ‘doppio quadrato’ di proporzione 2:1): si ha cioè (√5+1)/2= 1,618.... = F A partire da F, elevandolo al quadrato e moltiplicandolo per il rapporto 12/10, si può ottenere il numero Pi (pi-greco, emblema del cerchio) attraverso il cosiddetto ‘calcolo aureo’: F² x(12/10) = 3,1416…. = Pi 

E a questo punto è effettivamente possibile calcolare la circonferenza della Tavola Rotonda del Graal partendo dal suo equivalente quadrato di uguale perimetro (come afferma la tradizione) moltiplicando mezzo lato del quadrato per la radice di F (da cui si ottiene il raggio della circonferenza) e poi il risultato per 2Pi (provare per credere!). Notiamo per inciso che il fattore 12/10, che compare nel calcolo di ?, non è affatto casuale: infatti 10 è il doppio di 5, che – dal punto di vista esoterico – è il ‘numero della Terra’, e 12 il doppio di 6, che è il ‘numero del cielo’. 

Inoltre la misura naturale delle linee rette (e, in generale, la misura dello spazio) si effettua mediante una divisione decimale mentre quella delle linee circolari mediante una suddivisione duodecimale (che è anche la suddivisione preferenziale dei cicli temporali): il rapporto 12/10 mette dunque simbolicamente in relazione il ternario Cielo-Cerchio-Tempo col ternario Terra-Quadrato-Spazio, ed entrambi con la sezione aurea e con il ?. Il che non è poco! 

Ma l’uso della geometria del Graal che più impressiona e ispira un timore reverenziale lo troviamo ancora una volta nel campo dell’arte, e più precisamente nell’architettura gotica (non per niente Louis Charpentier, che più di ogni altro ha sviscerato i segreti del calcolo tabulare in relazione al Graal, ha intitolato la sua opera principale “I misteri della cattedrale di Chartres”). Il nome gotico, come noto, deriva dal greco goetic (azione magica) e dal celtico Goatique (la legge degli organismi vegetali). La caratteristica principale degli edifici gotici è l’arco a sesto acuto, l’ogiva, che apparve per la prima volta intorno al 1130 subito dopo il ritorno dei Cavalieri Templari dalla Crociata in Terra Santa. 

I Templari e i loro alleati cistercensi, sotto la guida di Bernardo di Chiaravalle, ebbero un ruolo determinante nell’introduzione e lo sviluppo dell’architettura gotica (oltre che nella diffusione delle leggende del Graal). Come ubicazione, usarono espressamente i siti della Dea Terra, cioè quei luoghi (nodi) dove le correnti telluriche (legate alle linee di forza del campo energetico terrestre) si intrecciavano e si concentravano maggiormente (in epoca megalitica tali siti venivano rafforzati con l’uso dei Dolmen – come quelli di Stonehenge). 

Questi luoghi, inoltre, venivano considerati come ‘accumulatori’ ed ‘amplificatori’ del suono (più precisamente delle cosiddette ‘risonanze telluriche’). Di conseguenza, ecco che nell’architettura gotica l’ogiva assume la funzione di un ‘dinamico vibratore sonoro’: a differenza degli altri stili di costruzione, la sua forza cosmica trascina in alto, trasportando la corrente tellurica verticalmente attraverso le persone sottostanti. L’azione delle onde sonore all’interno di un’ogiva può infatti essere controllata come il suono prodotto da canne d’organo di lunghezza diversa o dai vari tasti di uno Xilofono. 

I gradi di risonanza mutano con le specifiche delle singole ogive e le costruzioni gotiche sono spesso accordate nella stessa maniera, diciamo, di un pianoforte. L’ogiva a croce, usata nei soffitti e nei contrafforti volanti, consente di raggiungere un grado di sintonia ancora maggiore trainando l’edificio ancora più in alto e facendo sì che le persone assumano una posizione più eretta. In un ambiente così ben studiato, certi suoni musicali possono accrescere la forza terrestre ascendente, così come il canto gregoriano venne ideato a questo scopo entro confini più pesanti e meno elastici. 

Dato che la geometria del Graal era insita nella costruzione delle cattedrali, è interessante notare che il fattore di moltiplicazione di 12/10 (di cui si è già discusso) è anche l’intervallo di una ‘terza’ in musica (6/5), cioè l’intervallo fra una scala maggiore e una minore. La musica, dunque, appare sostanzialmente come geometria espressa sotto forma di suoni: contiene infatti le stesse armonie che appaiono nella sacra proporzione architettonica. 

Come vi sono scale geometriche , così vi sono scale musicali, che si possono disegnare come triangoli rettangoli con le intersezioni al vertice dell’ipotenusa rapportate alle frequenze tonali delle verticali. Se si traspongono queste figure musicali alla base e al culmine interno agli edifici, si possono tracciare le relative note di una scala sui montanti. 

Quindi, uno spazio interno può essere costruito musicalmente secondo una certa scala e le sue qualità armoniche saranno direttamente legate al modello architettonico. D’altra parte questo concetto era stato espresso molto tempo già fa dallo stesso Pitagora (ancora lui!), il quale affermava che le scale numericamente gradevoli all’orecchio sono le stesse che deliziano l’occhio e la mente. E gli faceva eco Platone, che usava esempi musicali come misura di armoniosa proporzione in tutte le cose. Per concludere, poiché pare che i Templari trasmisero i loro segreti architettonici ai maestri muratori che in seguito confluirono nella Massoneria Scozzese, ecco che il cerchio si chiude e il simbolismo della Tartaruga, sotto le già incontrate sembianze della squadra e del compasso massonici, conferma ancora una volta il suo ruolo di perfetto filo conduttore per il nostro viaggio nell’affascinante mondo dell’esoterismo...

Lilith. La prima amante

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Come potrebbe non affascinare, non inebriare la fantasia e i sensi,  una principessa la cui bellezza morbosa ammalia uomini e donne indifferentemente, succubi del suo ingordo potere sessuale ? Una figura alta, slanciata, di una femminilità perversa e morbosa.
 
Capelli corvini, che incastonano un volto ovale, color di madreperla. Occhi di un colore nero ardente, che si trasformano in un rosso rubino durante la possessione. Labbra sottili, esangui, e una voce,  un ipnotico sussurro, che opprime la mente e il cuore, sgorgando all'improvviso nella carne dell'uditore.
 
Le dita della mano affusolate, con acuminate e lunghe unghie con cui durante l'amplesso strazia le carni del compagno, unendo così al parossismo dell'orgasmo, la frenesia del sangue. Un seno eretto che si nasconde fra la folta capigliatura che scende lungo i fianchi, e da cui zampilla sangue.
 
 
Maestose ali neri, pronte a farla librare in volo, mentre conduce le legioni demoniache, a turbare le notti di uomini, donne, bambini e animali.

Una femmina, la prima femmina, il cui nome è Lilith.

Potrebbe stupirsi l'addolcito lettore di cose esoteriche, nello scoprire quante congreghe sono votate al culto di Lilith, e quanta operatività di coppia e di gruppo trova perno su questo mito; già la sua presenza nella Cabbala, come in ogni grimorio, o testo di magia cerimoniale, dovrebbe essere un valido indizio, delle forze che stuoli di operatori, a torto o a ragione, ad essa associano.

Compito di questo lavoro, in virtù del taglio divulgativo, è quello di analizzare il mito di Lilith, lasciando ad altro veicolo e momento l'aspetto pratico.
 
Lilith e Cabbala
 
Ogni sistema filosofico, ogni docetica esoterica, ogni affresco spirituale umano, invariabilmente trova radice e sviluppo, attorno al perchè del Male, e al sommo di tutti i mali, rappresentato dalla morte. Lo Zohar non fa eccezione a tale ovvia constatazione, affrontando il Male attraverso un approccio tendenzialmente impersonale, rifuggendo ad una identificazione di tale cataclisma, indicandolo generalmente con il termine Sitra Ahra.
 
Nello Zohar l'incapacità umana di seguire la legge divina, è a sua volta riflesso del Male Cosmico ( i mondi distrutti da Dio perchè imperfetti, o gli scarti del pensiero divino: a ben vedere, sono concetti identici nella sostanziale realtà ). Vi sono però due eccezioni a tale trattazione spersonalizzate del Male, inteso come forza cosmica senza forma.

La prima è rappresentata dalla meticolosa descrizione dei "palazzi delle impurità", la seconda dalla coppia Samael ( il satana cabbalistico, colui che ha portato il veleno nel mondo ) e Lilith ( la sua compagna ), i sovrani del regno delle impurità. 
 
Lilith è anche raffigurata come un serpente che attraversa lo Sitra Ahra, mentre Samael, cavalcandola, si unisce a lei: da tale unione nasce la moltitudine demoniaca. Arrivando a conclusione di questi brevi cenni di Lilith nella Cabbala, riporto come in Ammud ha-Semali, Samael e Lilith regnano rispettivamente sull'ottava e decima Sefirah dell'emanazione malefica (la parte sinistra, o l'albero della morte che si sviluppa nell'abisso sotto Malkuth) mentre in "La Kabbale Pratique" di R.Ambelain, Lilith è posta al governo della nona quilipoth.

Sempre nello Zohar è da segnalare la specularità fra la Shekinah e Lilith. Mentre la prima è la sposa benedetta da cui trae origine il popolo degli eletti ( la casa di Israele ), la seconda è la grande meretrice, la prostituta, da cui prende vita la gente impura, la moltitudine mista ( i non ebrei ). Ciò ampiamente dimostra una vena ossessiva che attraversa tutto lo Zohar, ma questo esula dal nostro attuale lavoro.

Invocazione per il rituale contro Lilith, da eseguirsi prima della copula matrimoniale. (Zohar III,19a)

Nell'ora in cui l'uomo si unisce con sua moglie deve volgere il pensiero alla santità del suo Signore, e dire:

«Coperta di morbido velluto – sei tu qui? Via, via! Non entrare e non uscire! Nulla di tuo e nulla della tua parte! Voltati, voltati, il mare infuria, le sue onde ti chiamano. Ma io afferro la parte santa, Con la santità del Re il sono ricoperto.»
 
Poi deve avvolgere per un certo tempo la sua testa e quella di sua moglie in un panno, e successivamente spruzzare limpida acqua attorno al letto.
 
Lilith nella Bibbia Cattolica

All'interno della Bibbia cattolica non troviamo esplicito riferimento a Lilith. Tale rimozione è forse da imputare alla necessità di rendere l'Antico Testamento quanto più coniugabile, nei limiti del possibile, con il Nuovo Testamento, e in tale ottica un mito come quello della prima donna ribelle, risultava essere decisamente ingombrante, in quanto accresceva la disomogeneità delle due raccolte sacre.

Possiamo però dedurre che qualcosa è stato sottratto nell'affresco della Genesi, e che ciò sia rappresentato da Lilith.
 
Genesi 1:26 E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

Genesi 1:27 Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
 
Genesi 2:21 Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto.

Genesi 2:22 Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo.

Genesi 2:23 Allora l'uomo disse: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta».


Nei primi loghion riportati si narra come Dio al sesto giorno creò ( dal niente: novità) il Maschio e la Femmina; il termine Adamo (gente delle quattro direzioni) appare successivamente. Ora possiamo discutere molto attorno a questa pluralità di genere, chi la riferisce agli Elohim ( potenti angeli della corte celeste ) che coadiuvano Dio nella sua opera, oppure alla doppia natura ( maschile e femminile ) dello stesso Creatore.
 
Per onestà intellettuale dobbiamo constatare che questo creare è riferito all'uomo quale immagine di Dio, maschio e femmina ( Dio Padre e Dio Madre ). Nel racconto biblico siamo innanzi ad una doppia creazione, contemporanea ma disgiunta, dove i due enti sono relati fra loro solamente dalla fonte generativa.

Il sospetto che qualcosa non abbia proceduto nel modo previsto, secondo l'estensore di questo passo dell'Antico Testamento, è dato dalla necessità di Dio di tornare sulla propria Opera creativa, traendo una costola da Adamo e plasmandola dando vita a Eva.

L'espressione "Adamo"  è  quindi doppiamente illuminante, in quanto rivela la preesistenza di una precedente compagna, non menzionata, e come colei che è stata appena creata (Eva) sia una sua consanguinea.
 
Il Mito

Gli albori del mito di Lilith sono da ricercarsi nella cultura Babilonese, e ancora precedentemente in quella Assira., dove troviamo la presenza di due demoni: Lilu (maschio) e Lilith (femmina). Più che singoli spiriti della notte, possiamo però parlare di categorie di spiriti (Ardat-Lilith, Lamashtu, ecc.. ), demoni alati che nella notte scendono a tormentare, a strangolare, uomini, partorienti, e neonati.

Numerose le formule di di scongiuro in assiro, a dimostrare il potere che veniva attribuito a questi "Incubi" della notte.

" A colei che vola nelle stanze della tenebra... passa presto, presto, Lilith "

Nella mitologia ebraica, abbiamo un duplice mito di Lilith l'uno legato al rapporto con Adamo nell'Eden ( il più complesso ), e l'altro al rapporto con Adamo fuori dall'Eden. Quest'ultimo mito, di tradizione midrashica, narra come Adamo separatosi da Eva, dopo la cacciata dall'Eden e la perdita dell'immortalità, si sia unito a numerosi spiriti, generando con loro. Fra essi anche Lilith, o una Lilith, dal cui rapporto nacque una nuova generazione che popolò la terra.
 
La leggenda più conosciuta, di radice ebraica, su Lilith la vede come prima moglie di Adamo. Creata da Dio assieme ad Adamo, ne differisce per composizione: sabbia finissima Adamo ( terra sottoposta all'azione del fuoco ), melma ( terra sottoposta all'azione dell'acqua) Lilith.
 
E' narrato che i due si abbandonarono a fervente passione, ma questo idillio sensuale e sessuale ebbe termine quando Lilith si rifiutò di continuare ad unirsi stando "sotto" ad Adamo. La pretesa di Lilith di assumere una posizione sessuale dominante, scatenò l'ira del compagno a cui si sottrasse, pronunciando il sacro e segreto nome di Dio, librandosi in aria e fuggendo dall'Eden.

Adamo per questa fuga protesta con Dio, reclamando il ritorno della compagna, allora Dio ordinò a tre angeli ( Sanvi, Sansanvi e Semagelaf ) di trovare, e ricondurre ad Adamo Lilith. Questa si era rifugiata in un luogo inospitale, presso il Mar Rosso, dove unendosi con dei demoni generava una moltitudine di figli (Limm).
 
Gli angeli, raggiunta la fuggiasca, le intimano di ritornare nell'Eden, ma lei si oppone all'ordine divino (che con tutta evidenza non aveva potere alcuno oltre l'Eden stesso), mostrando la condizione in cui si trovava. Poteva adesso tornare da Adamo, ora che si era congiunta con altri e aveva generato ? Lilith inoltre rivela che lo stesso Dio le ha conferito potere sui neonati, gli uomini, e le giovinette; ma qualora sia pronunciato il nome degli emissari divini, i tre angeli, lei recederà. La punizione che le viene impartita per il suo rifiuto, è quella che ogni giorno 100 dei suoi Limm moriranno, lo stesso numero dei generati, condannandola a vedere morire i figli, ad essere eterna Madre senza prole.

In un testo ebraico, è riportato come Lilith resa furente e gelosa a causa della nuova compagna di Adamo, si trasformò in serpente ed offrì alla coppia il frutto proibito, condannando l'uomo e la donna alla perdita della loro condizione di favoriti da Dio, e soggetti al ciclo naturale di vita e morte.
Lilith trova alcune corrispondenze, gioco che non ci affascina oltre una certa misura, con la Lamia dei greci e dei romani, a Brunilde della tradizione nordica, alla Kalì vedica, ed infine alla stessa Hecate. Solo alcune corrispondenze, che devono offrire riflessioni successive, visto che ogni elemento mitologico ha valore in se e in riferimento alla Cosmogonia in cui è debitamente inserito.
 
Conclusioni

E' fin troppo facile, e quindi erroneo, sostenere che Lilith afferisca ad una realtà matriarcale precedente al patriarcato monoteista, oppure che essa sia un mito riconducibile e riducibile alla Tradizione della Dea Madre.
 
L'ovvia constatazione di come le vittime di Lilith fossero proprio i neonati ( il frutto più sacro della femminilità manifesta ), e l'incapacità della stessa di trovare piena armonia con l'ordine della fertilità naturale, di cui la tradizione della Grande Madre è simbolo ed espressione, la collocano eventualmente in un anti-mito, oppure in una espressione parziale di una particolare componente "femminile". Inoltre la valenza magica e simbolica esclusivamente distruttiva, ed energivora, la rendono inadeguata ad offrire un rapporto "integrale" con ogni aspetto del femminile, in quanto contrastante con l'espressione della maternità.

Superficiale è ancora l'affezione, che diviene afflizione, a questo mito esaltandone solamente l'aspetto ribelle all'ordine costituito, in quanto se esso è indubbiamente presente, è altresì vero che essa non è poi in grado di proteggere il frutto del proprio grembo (Limm): la più grave delle colpe di una madre, autocondannandosi ad un'eterna esistenza di rancore e di vendetta.

Lilith non è il simbolo dei viventi, ma delle ombre, e l'enorme confusione che oggi viviamo attorno a questo mito è in parte dovuta alla sua riscoperta a fine dell'ottocento, e successivamente negli anni 60-70, dall'intelligenza del femminismo in gran parte donne di cultura ebraica, alla ricerca di un forte contrasto culturale con la controparte rabbinica che incarnava l'immaginario del patriarcato.

Enorme sciocchezza, poi, sostenere che le tradizioni monoteistiche non sono riuscite a debellare il mito di Lilith, in quanto se esso è sopravvissuto nei secoli è proprio grazie al Talmud e ai Midrash; se tale operazione di occultamento veramente voleva essere perpetrata sarebbe stato più congeniale il semplice ostracismo.

Inoltre il mito di Lilith ha numerosi elementi di virilità: basti ricordare la tradizione che la vuole serpente tentatore nell'Eden, o alcune leggende ove essa può possedere (Incubus) uomini e donne, tramite la possente coda. Questi particolari suggeriscono una non totale collocazione al femminile di questo mito.

Quanto sopra è valido se perseveriamo nell'errore di decontestualizzare il simbolo Lilith, e in genere ogni simbolo, dalla integra sede che gli è propria: l'insieme fisico-psichico-spirituale dell'uomo.

Il mito ebraico ci narra come Adamo sia frutto di sabbia fine, mentre Lilith di melma. Adamo è frutto dell'azione dell'elemento fuoco sull'elemento terra, Lilith della combinazione fra l'elemento terra e l'elemento acqua. Ci è suggerito che Adamo e Lilith sono due espressioni coeve, dove l'una non può sovrastare l'altra, e la loro unione è magnetica ed immediata. Il dramma per le due parti, risiede nel momento della separazione che relega entrambe ad una condizione inferiore alla preesistente, ed in generale alla lenta disgregazione del composito mosaico chiamato uomo.

Sicuramente Adamo è ascrivibile ad un'insufflazione dell'elemento fuoco nell'elemento terra, che renda questa secca, per non procedere nell'arcano è bene quindi dire che ci riferiamo all'aspetto cosciente, logico-dialettico; come altrettanto sicuramente Lilith è ascrivibile a quella radice atavica, ed insopprimibile, della sessualità, fra  le due porzioni è inserita una terzo elemento di frizione. Questo elemento è frutto di Adamo dormiente ( che sogna e desidera ), quindi successivo ai precedenti, prende il nome di Eva e rappresenta l'emozionalità. Che da un lato permette alla sfera logica-dialettica di trovare sfogo e limite, alla sua estenuante ricerca di sistematizzazione ed ordine, e alla parte atavica sessuale di affiorare.

Quanto sopra esposto afferisce ad un sottile equilibrio, che millenni di civilizzazione, e socializzazione dell'uomo, hanno portato a relegare l'elemento lilithiano nei meandri più profondi dell'animo umano, rendendolo simile all'energia di un vulcano che anela a dirrompere verso la superficie, trovando varco nella sfera mobile ( l'emotività ).

Che Lilith rappresenti un atavismo sessuale, in sè generale e diffuso ( quindi forza elementale non mediata e non mediabile ) è indicato sempre dal mito, che narra come Lilith provochi le polluzioni notturne negli uomini che possiede. La forza sessuale che comunque deve trovare sfogo, dirompente, violento e distruttivo, come ci ricorda anche la simbologia legata al Dio Kama (12) vedico, o alla doppia veste di Lucifero-Satana.

Il binomio sesso e morte accompagna profondamente il mito di Lilith, e i rituali stregoneschi, che su essa trovano fulcro, trovano espressione in una sessualità lupesca, frenetica e sanguinaria. La doppia e violenta fuoriscita dei due elementi basi del vitale ( vita in essere, e vita in potenza ), che vanno ad aprire le porte di una memoria genetica, in sè e per sè terribile, in quanto semplice ed elementale verità: la bestialità allo stato puro.)

La scissione che l'uomo vive, fra la parte cosciente ( la superficie del mondo ), e la parte atavica ( il cuore pulsante del mondo ), rende i molti che prediligono la prima massima espressione di un controllo privo di potenza, e i rari che incarnano la seconda potenza senza controllo. Tale separazione non giova: creatori senza forza i primi, forti senza capacità di creare i secondi ( I Limm muoiono appena scorgono la luce).

La via che potrà permettere un novello equilibrio fra queste due sfere coeve, che sono il senso della perduta regalità umana, non è quella di una fuga in avanti, attraverso astruse intellettualizzazioni. Quanto un coraggioso precipizio nel baratro primordiale, sperando di mantenere viva una sottile luce, che permetta di fecondare il ventre di Lilith, portando alla luce l'uomo nuovo: reintegrato in ogni componente: Adamo-Lilith-Eva.

Non è fonte di fascino ed interesse che Lilith, l'impura, la dannata, la prostituta demoniaca, conosca l'esatta pronuncia del nome dell'Ineffabile, che nella tradizione magica- religiosa ebraica, poteva essere pronunciato solamente una volta all'anno, nel Tempio di Salomone, dal capo dei Sacerdoti ? Con la differenza che mentre, secondo i testi sacri, Lilith effettivamente deteneva questo "potere", e lo manifestò, niente è dato di sapere su quello del sommo sacerdote. Non è forse un velato suggerimento a ricercare la Conoscenza, che tutto trasforma, dove si presume che vi sia la tenebra?

Ad un guardare oltre l'apparenza della manifestazione, e attraversando il deserto impervio che al limitare della sfera conscia, imprigionata nel singolo transito temporale, recarsi alle radici eterne della nostra esistenza: quando sia il fuoco che l'acqua furono infusi nella terra.
 

Artù Merlino e il Graal

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Re Artù e Merlino, il suo mago protettore, sono due figure fra le più note nel mondo della mitologia.
 
Ma, viene da chiederci, sono esistiti davvero? Oppure sono soltanto personaggi di una fiaba? Se possiamo, tutto sommato, condividere i dubbi su Merlino, un po' stupisce osservare come molti storici moderni mettano in forse anche la figura di Artù. Una questione, questa, che va ovviamente affrontata prima di procedere oltre. Si parla per la prima volta dei due nel libro intitolato “Storia dei re di Britannia”, scritto attorno al 1135 dal vescovo gallese Goffredo di Monmouth, la cui credibilità può essere messa alla prova fin dal primo capitolo, laddove spiega che la Britannia sarebbe stata così chiamata dal nome del guerriero Bruto, approdato sull'isola direttamente da Troia in fiamme.

Circa cento pagine dopo, Goffredo cita un re di nome Vortigern un personaggio storico realmente vissuto - intenzionato a innalzare una grande torre sul monte Snowdon, in Galles. Ma ogni volta che un pezzo di costruzione veniva assemblato, immediatamente crollava. Dopo reiterati tentativi, tutti falliti, i suoi consiglieri gli rivelarono che l'unico modo per riuscire nell'impresa consisteva nello spruzzare il basamento della torre col sangue di un bambino senza padre.
 
All'istante i suoi messaggeri si sparpagliarono in tutto il regno alla ricerca del ragazzo, finché lo trovarono intento a giocare. Nella foga del gioco uno dei suoi compagni lo accusò di essere un demone, perché, come tutti sapevano, non aveva un padre. Quel ragazzo si chiamava Merlino. Vortigern mandò allora a chiamare lui e la madre, che era la figlia del re del Galles del Sud. La donna, costretta a parlare, rivelò che una notte era stata sedotta nella sua camera da letto da un giovane misterioso che dopo l'amplesso era come svanito nell'aria, anche se a volte le capitava ancora di sentire la sua voce, specie nei momenti in cui era sola.
 
 
Era proprio quello che Vortigern desiderava sentirsi dire. Siccome Merlino era senza padre, il suo sangue avrebbe bagnato le fondamenta della torre, così come indicato dagli indovini reali. Merlino era insorto, si era detto pronto a dimostrare che i consiglieri erano dei mentitori e aveva chiesto di essere condotto al loro cospetto. «Volete sapere perché la torre crolla continuamente?», aveva chiesto loro. Tutti avevano scosso la testa, in silenzio. «Perché sotto terra esiste una caverna colma d'acqua che ne mina le fondamenta».
 
Vortigern ordinò allora di scavare e di portare alla luce il lago. Ciò fatto, Merlino aveva dato ordine di prosciugarlo fino a che non avessero scoperto due grandi draghi (o serpenti). Quando anche questa previsione si avverò, Vortigern decise di risparmiare la vita al giovane indovino. Poi Merlino aveva vaticinato alcune profezie, fra cui quella che lo stesso Vortigern sarebbe morto bruciato dentro una torre. Ovviamente, tutto avvenne come predetto, quando un altro re di nome Aurelio Ambrogio - il legittimo erede al trono - aveva invaso la Britannia e incendiato la torre di Vortigern. Quando Ambrogio venne avvelenato dal fratello, il trono passò a Uther Pendragone.
 
Conquistata la Scozia, Uther aveva invitato tutti i nobili del regno alla celebrazione della sua incoronazione. Fra questi c'era il duca Gorlois di Cornovaglia, accompagnato dalla bellissima moglie, Igerna. Folgorato da Igerna, Uther se ne era innamorato all'istante, costringendo Gorlois a lasciare nottetempo il castello della festa. La fuga improvvisa aveva offeso Uther, che era sceso in guerra contro Gorlois. Per evitare il rapimento della moglie, il duca aveva allora rinchiuso Igerna nell'imprendibile castello di Tintagel, che dominava inaccessibile su di un isolotto unito alla terraferma soltanto da uno stretto braccio di terra, unico accesso al maniero.
 
Venuto a conoscenza di questo, Uther, folle d'amore, era caduto in depressione, perché non riusciva a pensare ad altro che a Igerna. Il problema venne brillantemente risolto da Merlino, che, ricorrendo alle sue potenti arti magiche, aveva cambiato le sembianze di Uther facendolo assomigliare a Gorlois. Sotto quelle mentite spoglie, Uther era così riuscito a penetrare nel castello e a unirsi con l'ignara regina. Quella notte era stato concepito un figlio, che sarebbe diventato re Artù. Nel frattempo, mentre Uther era impegnato nel soddisfare la sua smania sessuale, il suo esercito attaccava il castello dove Gorlois si era rifugiato per difendersi. Nello scontro Gorlois era morto e così Uther era stato libero di impalmare Igerna e farne la sua regina. Dopo quindici anni di regno, anche Uther era stato assassinato e Artù era diventato il nuovo re.
 
Chi ha letto la storia narrata da Goffredo (un testo che ancora oggi viene stampato in edizione economica) si chiederà a questo punto che fine hanno fatto la spada nella roccia, la Tavola Rotonda e tanti altri episodi famosi della saga arturiana. La risposta è che tutto questo venne aggiunto alla storia solo in un momento successivo da autori e cronisti francesi. La forma definitiva del racconto venne poi data dall'opera di Thomas Malory dal titolo “La morte di Artù”, pubblicata da William Caxton nel 3485. Fino al 1926 non si sapeva granché a proposito di Malory, quando una ricerca letteraria ha rivelato - fra lo stupore degli studiosi - che si trattava di un lestofante, un ladruncolo che saccheggiava monasteri e rubava bestiame e che almeno in due occasioni aveva stuprato una donna di nome Joan Smyth, moglie di un certo Hugh Smyth. Da quello che è emerso, Malory scrisse il suo capolavoro nella prigione di Negate, dove venne sepolto.
 
Ma se Artù era appena un ragazzo quando suo padre morì, come avrebbe potuto dimostrare il suo diritto regale estraendo la spada dalla roccia (o un'incudine dalla pietra, secondo la versione di Malory?). Malory supera il problema narrando che sin dal momento della nascita, Artù era stato adottato da Merlino, che lo aveva dato in affidamento a Sir Ector, la cui moglie aveva provveduto a crescerlo sano e forte. Insomma, tutta questa storia suona così assurda che si capisce benissimo come mai molti storici arricciano il naso quando devono esprimersi in merito alla sua autenticità.
 
Uno dei loro punti forti di contestazione è un'altra fonte di informazioni sull'epoca, un monaco di nome San Gilda, autore di un'opera crudele e forte intitolata “De excidio et conquestu Britanniae” nella quale non si cita affatto Artù, sebbene si menzioni la battaglia di monte Badon, la più famosa fra quelle da lui sostenute. C'è però un'osservazione importante da fare. Un altro cronista, Caradoc di Llancarfan, autore di una biografia di san Gilda, ricorda che Artù uccise Hueil, uno dei fratelli del santo. Un fatto grave che potrebbe farci comprendere come mai Gilda non tenesse affatto a citare Artù nella sua storia.
 
Allora, in definitiva, che cosa sappiamo veramente in merito al leggendario eroe chiamato Artù? Proviamo a vedere. Per prima cosa non fu un re ma un condottiero, un generale. Non andava in giro su un candido destriero bianco, vestito con una pesante armatura medievale come siamo soliti immaginarlo, semplicemente perché visse un periodo storico molto precedente: nacque attorno al 470 d.C., nel momento in cui i Romani stavano abbandonando definitivamente la Britannia. Egli era, infatti, un romano, forse un cittadino romano.
 
Così il suo cavallo era un piccolo cavallo romano, poco più grande di un pony, e la sua tanto decantata spada un corto e piccolo gladio romano e non la lunga e leggendaria Excalibur. Attorno al 410 d.C. i Romani avevano deciso di abbandonare la Britannia: avevano necessità di richiamare tutti i contingenti disponibili per fronteggiare i barbari che minacciavano la stessa Roma. Era allora sorto un capo tribù di nome Vortigern che si era proclamato re della Britannia, subito contrastato dai selvaggi Pitti che vivevano a nord, al confine con la Scozia.
 
Per far fronte a queste minacce, nel 433 Vortigern aveva chiamato sull'isola orde di mercenari sassoni affinché si congiungessero con il suo esercito. Così avvenne, ma quando era arrivato il momento di saldare il conto, visto che il re non era in grado di farlo, decisero che si sarebbero pagati da soli conquistando le terre di Britannia. I locali Britanni - quelle popolazioni che oggi chiamiamo Celti -vennero poco a poco scacciati verso il Galles, la Cornovaglia e la Scozia. Poi era intervento un ex comandate romano di nome Ambrogio Aureliano. Sotto la sua guida i Celti si erano compattati e avevano riconquistato le terre perdute, ricacciando gli invasori oltre il mare. Alla sua morte, il fratello Uther Pendragone, aveva rilevato il trono. Uno dei suoi più brillanti comandanti si chiamava Artorius, il leggendario re Artù, che poteva essere, o meno, figlio di Uther.
 
Fu proprio per merito di Artù che i Sassoni vennero contrastati nel modo più fiero grazie a una serie di grandi battaglie, l'ultima delle quali, lo scontro di Monte Badon, avvenne attorno al 518 d.C. Queste gesta epiche fecero di lui l'equivalente moderno di un generale Montgomery o di un Eisenhower. Se gli alleati si fossero mantenuti fedeli alla parola data, i Sassoni invasori sarebbero certamente stati ricacciati sul continente e sarebbero stati i Celti discendenti di Artù a governare l'isola, e non gli Anglosassoni.
 
Ma per sua sfortuna, gli alleati incominciarono a litigare disperdendo la loro energia e costringendo Artù a passare gli ultimi anni della sua vita a tentare invano di riconciliare il suo popolo. Poi anche per lui era venuta l'ultima, decisiva battaglia, quella di Camlann - secondo Goffredo avvenuta nei pressi del fiume Camel in Cornovaglia - ucciso dal nipote Mordred e non dai Sassoni invasori. Sempre secondo Goffredo di Monmouth, il corpo senza vita di Artù venne portato nell'isola di Avalon, da molti identificata con il centro di Glastonbury, all'epoca una piccola città nell'Inghilterra occidentale, nota per una famosa abbazia e per un torrione, una collinetta sormontata da una torre. (Anche se oggi Glastonbury non è un'isola, ci fu un tempo in cui, circondata com'era dalle acque del Canale di Bristol, poteva considerarsi tale).
 
Poiché il luogo della sepoltura doveva necessariamente restare segreto per impedire che i Sassoni lo profanassero, la fantasia popolare diede corpo alla diffusissima leggenda secondo la quale Artù non era veramente morto, ma semplicemente dormiva in una grotta, pronto a ridestarsi non appena il suo popolo avesse avuto di nuovo bisogno di lui. Nell'estate del 1113, circa vent'anni prima che Goffredo di Monmouth scrivesse la sua cronaca, un gruppo di preti francesi si presentò a Bodmin, in Cornovaglia, portandosi dietro alcune sacre reliquie.
 
Quando uno dei locali rivelò agli ospiti che Artù non era morto ma stava semplicemente vegliando in un posto sicuro, pronto a intervenire in soccorso della sua gente, l'attendente di uno dei preti si era messo a ridere. L'affronto aveva provocato un violento contrasto di opinioni, fino al punto che un manipolo di uomini armati aveva fatto irruzione nella chiesa con l'intenzione di dare una severa lezione agli sfrontati pellegrini. La cronaca narra che solo con grande fatica si riuscì a ricomporre il dissidio. L'episodio dimostra come quella di Artù fosse già una figura leggendaria ancora prima che Goffredo desse alle stampe il suo capolavoro.
 
Infatti Artù viene citato numerose volte in alcuni poemi gallesi scritti circa un secolo dopo la sua scomparsa. Ma i riferimenti più importanti ci vengono da un'altra opera, una sorta di confusa collezione di materiale storico compilato da un monaco di nome Nennio, fra l'800 e l'820 d.C. Il riferimento più antico che Nennio menziona a proposito di Artù, sono i cosiddetti Annali pasquali, ovvero le tavole delle ricorrenze della festività di Pasqua (una celebrazione che non cade in una data fissa) compilate dai solerti monaci.
 
Il testo delle tavole offre un ampio margine di tempo. In uno - in corrispondenza dell'anno 518 - si trova una notazione in latino in cui si dice: «La battaglia di Badon nella quale Artù portò sulle spalle per tre giorni e tre notti la croce di Nostro Signore Gesù, grazie alla quale i Britanni uscirono vincitori». Una seconda postilla, relativa all'anno 539 segnala: «L'eccidio di Camlann nel quale Artù e Modred morirono entrambi». Se diamo credito agli Annali pasquali, dopo Badon, Artù regnò dunque ancora per almeno ventuno anni. Ma l'episodio più drammatico della storia di Artù accadde circa trent'anni anni dopo la morte di Goffredo di Monmouth (avvenuta nel 1154), durante il regno di Enrico II, il sovrano ricordato per la triste vicenda dell'assassinio di Thomas Becket. Enrico era un viaggiatore instancabile.
 
Un giorno, nel corso di una spedizione in Galles, si era imbattuto in un bardo, un "cantore del passato", il quale gli aveva rivelato che Artù era sepolto nelle cripte dell'abbazia di Glastonbury. Per proteggere il corpo dalle possibili vendette dei Sassoni, era stata scavata una fossa profonda quasi cinque metri. Il cantore rivelò anche l'esatta collocazione della bara, che si trovava fra "due piramidi". Il re ne restò affascinato e contento, perché Goffredo aveva tratteggiato la figura di Artù come quella di un grande generale, il più grande dal tempo di Giulio Cesare. (Secondo Goffredo, Artù aveva conquistato l'Irlanda, la Scandinavia e la Francia e stava marciando verso Roma, quando, raggiunto dalla notizia della ribellione di Mordred, era stato costretto a fare dietrofront e a ritornare in Inghilterra).
 
Enrico era anche felice di sapere che il leggendario eroe era sepolto a Glastonbury. Come pronipote del grande Guglielmo il Conquistatore, Enrico ben conosceva la leggenda popolare secondo la quale Artù sarebbe tornato in vita qualora la sua patria ne avesse avuto bisogno. Se fosse riuscito a trovarne la tomba e a dimostrare quindi che egli era morto per davvero, i ribelli che continuavano a fare di quella leggenda una sorta di bandiera - come era capitato nel caso di Bodmin - l'avrebbero finita una volta per tutte con quella storia assurda. In aggiunta, Enrico nutriva una particolare predilezione per l'abbazia di Glastonbury, perché l'abate rettore Enrico di Blois aveva fortemente contribuito a sostenere la causa della sua salita al trono.
 
E così il re si era precipitato all'abbazia per dargli la buona nuova. Stranamente, l'abate non mostrò tutta quella soddisfazione che Enrico immaginava. La sua abbazia, d'altra parte, era già una delle più ricche di tutto il paese e non aveva certo bisogno di altra notorietà per attirare i pellegrini. E poi, "in mezzo a due piramidi" poteva voler dire tutto e nulla. Ma di colpo, la situazione era precipitata. Il 25 maggio del 1184 l'abbazia era stata devastata da un terribile incendio che l'aveva quasi totalmente distrutta. L'unica consolazione per i poveri frati stava nel salvataggio della preziosa immagine di Nostra Signora di Glastonbury, quasi come se il Signore avesse voluto dare il segno, pur nella rovina, di avere ancora in serbo grandi cose per il bene dell'abbazia.
 
Per re Enrico era venuto il momento di rifarsi sotto. Promosse una colletta e fu il primo dei generosi donatori per la ricostruzione dell'abbazia. Nel 1191 uno dei monaci morì esprimendo il pio desiderio di venire sepolto sotto l'edifico, in mezzo a due croci. Nel predisporre questo tumulo, vennero scoperte due colonne marmoree che in qualche modo avrebbero potuto anche essere descritte come due piccole piramidi. Ai monaci vennero subito in mente le parole cantate dal bardo e già che c'erano, visto che lo scavo era ormai già iniziato decisero di spingerlo fino ai cinque metri indicati come base della tomba di Artù. Scavando, si imbatterono in una lastra di pietra che non persero tempo a sollevare. Nella sua parte interna scoprirono una croce di piombo che riportava un'iscrizione latina: "Qui giace sepolto il celebre re Artù, nell'isola di Avalon".
 
Eccitati dal ritrovamento, i monaci continuarono a scavare, probabilmente per molti giorni, al fine non solo di procedere ancora di più in profondità, ma anche per realizzare un buco largo a sufficienza per permettere agli scavatori di muoversi agevolmente. Finalmente, una volta raggiunta la quota indicata, i badili incontrarono qualcosa, che però non era né marmo né pietra, ma legno. Si trattava di un sarcofago enorme, ricavato dal tronco scavato di una quercia. All'interno venne ritrovato il grande scheletro di un uomo, il cui cranio era segnato da profonde ferite.
 
Un monaco che aveva intravisto una ciocca di capelli biondi e che aveva tentato di sporgersi nel sarcofago per prenderli, se li era visti svanire fra le mani e per l'emozione era caduto dentro con grande spavento. Poi si era trovato anche un secondo scheletro decisamente più minuto, immediatamente attribuito a Ginevra, la sposa di Artù. Un cronista del tempo di nome Giraldo Cambrense, testimone oculare, qualche anno dopo la riesumazione delle ossa e della croce riferisce che nella iscrizione si citava anche la "Regina Wenneverla" (Guinevere, ovvero Ginevra).
 
Da quel momento in avanti l'abbazia divenne il luogo turistico e di pellegrinaggio più rinomato d'Inghilterra, se non dell'intera Europa. Va da sé che l'abbazia venne ricostruita da cima a fondo in modo ancora più sfarzoso e ricco. Molti studiosi sono restii a credere a questa storiella e accusano i monaci di Glastonbury di averla inventata di sana pianta, tuttavia la cosa sembra poco plausibile. Giraldo Cambrense pare potersi definire un uomo onesto - è stato il primo a denunciare Goffredo e la sua Historia come un concentrato di fandonie - e sostiene di aver veduto coi propri occhi i due scheletri e la croce di piombo.
 
Quest'ultimo oggetto venne conservato per molti secoli, tanto che nel 1607 William Camden, un illustre antiquario del tempo, ebbe ancora modo di trarne un disegno. Nel testo compare Arturius, antica forma in uso al tempo per indicare re Artù, che però non era mai stata usata fino a quel momento. Insomma, la confusione esiste.
 
Tuttavia, recenti scavi effettuati nel 1963 da C.A. Radford hanno dimostrato che i monaci non mentivano quando dicevano di essersi spinti nello scavo fin oltre cinque metri. Per di più, come il grande studioso di cose arturiane Geoffrey Ashe ha sottolineato, Glastonbury era anche ritenuta la sede della tomba di Giuseppe di Arimatea, l'uomo che aveva provvisoriamente prestato la sua grotta sepolcrale per ricoverare il corpo di Cristo dopo la crocifissione. Viene allora da chiedersi: come mai se gli zelanti monaci ebbero la buona sorte di rintracciare il sarcofago di Artù non pensarono di riportare alla luce anche quello di Giuseppe?
 
Ma questo è un altro problema. In definitiva, da tutto quello che si è detto, pare certo che re Artù - o il generale Arturius - sia esistito veramente, distinguendosi per la straordinaria bravura nel comandare e nel combattere. Questo, ovviamente, non risponde a tutti gli interrogativi, che continuano a essere molti, anche se la ricerca sta, piano piano, provando a risolverli uno dopo l'altro. Per esempio, sono molti gli studiosi che si dicono finalmente sicuri di aver identificato la collocazione geografica della mitica Camelot, la meravigliosa corte di Artù. Nel 1542 uno scrittore di nome John Leland annotava che una certa collina fortificata di South Cadbury, nel Somerset, era in realtà da riconoscere come «Camallate, un tempo famosa città o castello... re Artù trascorreva molto tempo a Camallate». Nel 1966 si iniziò a scavare al castello di Cadbury.
 
Sopra le rovine romane spiccavano altri importanti resti di edifici certamente in uso nel periodo arturiano da parte di qualche comandante di notevole autorità e potere. A questo punto anche l'apparentemente assurda storia sulla rocca di Tintagel narrata da Goffredo di Monmouth incomincia ad assumere un tono di maggiore credibilità. Il castello di Tintagel venne costruito nel 1140, vale a dire quando Goffredo scrisse la sua Historia. Secondo gli storici, al tempo di Artù in questa zona esisteva solo un antico monastero celtico. Nel 1924 il "visionario" Rudolf Steiner nel corso di una visita a Tintagel, fece una lettura spiritica del luogo identificando alcune postazioni come, per esempio, la Tavola Rotonda, il dormitorio dei cavalieri e così via.
 
Tutto sembrava una mera invenzione. Ma nella calda estate del 1983 un furioso incendio bruciò completamente tutta la vegetazione della piccola isola. Sono così venute alla luce le fondamenta di non meno di un centinaio di piccole costruzioni rettangolari e di un edificio, composto da una sola grande stanza, lungo circa 25 m. Più in basso, ai piedi della collina, è emerso un piccolo porticciolo naturale e un po' ovunque nel territorio dell'isola sono venuti alla luce resti di ceramiche attribuibili a anfore e giare, ad indicare come olio e vino fossero materia di primo e forte consumo largamente importata. (La quantità di residui di tal genere trovati in questo sito archeologico superano da soli tutti gli altri mai rintracciati nel resto delle isole britanniche).
 
Dall'altro capo dell'isolotto, di fronte a antichi tumuli sepolcrali celtico cristiani, è venuta alla luce una roccia con un'impronta ben modellata sopra. Era usanza del tempo che i condottieri e i sovrani lasciassero questi segni del loro potere, per indicare il loro predominio sul territorio che dovevano difendere. (In questo caso, anche il silente e severo sguardo degli antichi antenati avrebbe contribuito all'impresa).
 
Tutto questo induce a vedere in Tintagel la fortezza di un grande capo, qualcosa di ben di più di un semplice monastero. Pertanto, sostenere l'ipotesi che al tempo di re Artù fosse disabitata è alquanto azzardato. Insomma, mettendo insieme tante diverse testimonianze, la realtà storica di Artù e delle sue imprese diventa poco alla volta sempre più accettabile. Su questa scia, nel suo libro “Arthur: Roman Britain's Last Champion”, l'autore Beram Saklatvala è arrivato a sostenere che anche per confermare la realtà di Excalibur e del Santo Graal le prove disponibili sono già moltissime. La parola latina che indica pietra è saxo, vocabolo molto vicino a Sassoni. Se in alcune antiche cronache si legge di un certo Artù che trae una spada da un sassone - un qualche guerriero da lui incontrato e ucciso - ecco che, per un normale e quasi spontaneo gioco di parole e di equivoci, la leggenda si trasforma nella storia della spada nella roccia.
 
Goffredo di Monmouth afferma che la spada di Artù era detta “Caliburn”. Caliburn è una combinazione che nasce da due parole che significano ambedue “fiume”: la celtica “cale” e la sassone “burn”. Una spada ovviamente necessita di essere temprata in acqua fredda e se la parola anglosassone cale significa "freddo", caliburn potrebbe tradursi come "corrente gelida". In questa chiave, la spada di Artù potrebbe aver ricevuto il suo nome dal fiume nelle cui acque gelide essa venne temprata, ossia nel Cale, che scorre nei pressi di Sturminster, nel Dorset.
 
In merito al Graal - la sacra coppa che si dice sia stata usata da Gesù nel corso dell'Ultima Cena e nella quale si racconta che Giuseppe di Arimatea raccogliesse gocce del suo sangue e da lui stesso in seguito condotta a Glastonbury - si tratta forse di un oggetto dalle dimensioni più grandi, una specie di bacinella per abluzioni ritualistiche, piuttosto che una coppa vera e propria.
 
Nel 1959, nel corso di una campagna di scavi effettuata presso i resti di una villa romana in nord Africa, databile grosso modo allo stesso periodo in cui visse Artù, venne alla luce una grande urna marmorea. Su di essa era scolpita una croce e sul coperchio si potevano ancora notare alcuni fori che segnavano la sagoma di una croce, facendo intuire come un tempo vi fosse fissata una croce in metallo. Quasi certamente l'urna conteneva le spoglie mortali di un santo e veniva forse usata per santificare impegni e giuramenti, come siamo ancora abituati a fare oggi giurando sulla Bibbia. Un foro per le libagioni suggerisce inoltre un suo uso per qualche speciale rito. Certamente anche Artù doveva disporre nella sua cappella di un bacile simile, sul quale consacrare in forma ufficiale i giuramenti dei suoi cavalieri.
 
Qualora nel corso di una delle tante battaglie, questo oggetto fosse caduto nelle mani del nemico, ecco come, secondo Saklatvala, avrebbe potuto nascere il mito della cerca, della riconquista del Santo Graal. Che dire, invece, a proposito di Merlino? È davvero un personaggio inventato di sana pianta da Goffredo di Monmouth? Dopo la Historia, Goffredo scrisse “Vita di Merlino”, un poema rivolto a un numero ristretto di lettori. Se Goffredo avesse inventato Merlino ci aspetteremmo che in questo secondo lavoro avrebbe raccontato le stesse cose già narrate nel primo o, per lo meno, che non le avrebbe contraddette.
 
Merlino era molto più avanti negli anni che non Artù, visto che era un ragazzetto quando ancora era in vita re Vortigern e, stando a quanto testimonia san Gilda, Vortigern fece il grave errore di convocare i Sassoni in Inghilterra nel 443 d.C. Accade però che nell'opera di Goffredo, Merlino è al servizio di un re di nome Rodarco, impegnato a combattere un re degli Scoti chiamato Guennolous, due personaggi storici senz'altro vissuti però ben cento anni dopo la presunta morte di Artù. Goffredo si rende conto di questo anacronismo e lo giustifica affermando che Merlino visse fino a tardissima età, certamente oltre il secolo. L'impressione è però un'altra: che Goffredo abbia rinvenuto del materiale contraddittorio e che si sia sentito in obbligo di mescolare le carte per cercare di salvare le date in precedenza da lui avallate nell'altra opera.
 
Secondo gli storici, l'inghippo verrebbe chiarito se si accetta la figura di Merlino come corrispondente a quella di un bardo gallese di nome Myrddin, di cui si sa che era ancora in vita nel 573 d.C. Il gallese si configurò in lingua solo dopo la scomparsa di Artù e così è impossibile che Myrddin possa essere stato più vecchio del grande, mitico sovrano. L'identificazione fra Merlino e Myrddin, viene ampiamente sottoscritta da Robert Graves nel suo studio mitologico fondamentale intitolato “La dea bianca” (1948) e da Nicolai Tolstoj in “The Quest for Merlin (1985).
 
A essere sinceri, parrebbe un'ipotesi errata, perchè non si riesce a capire come mai, se Merlino si chiamava così, ci si dovesse riferire a lui con un altro nome. (La giustificazione più comune sostiene che fu Goffredo a cambiargli nome, passando da Myrddin a Merlino, perché in francese merde significa "merda" e un mago di nome Myrddin avrebbe fatto ridere in un momento storico in cui l'Inghilterra era governata dalla Francia). Per di più Myrddin non avrebbe in alcun modo potuto conoscere Artù, perché quand'anche le loro vite si fossero incrociate, egli sarebbe stato un bambino all'epoca della morte del condottiero. Per Geoffrey Ashe, Merlino è Myrddin e Goffredo di Monmouth lo ha fatto più vecchio di Artù, anche contro la logica imposta dalla storia, giocando su una licenza narrativa che gli tornava assi utile nell'economia della sua cronaca.Nel suo libro intitolato “Merlino” (1988), la professoressa americana Norma Lorre Goodrich respinge fermamente questa ipotesi, sostenendo che non solo Merlino è davvero esistito, ma che aveva 30 anni in più di Artù, anche se condivide l'idea che alcune avventure relative a Myrddin siano poi state convogliate nella storia della vita di Merlino.
 
Secondo lei il Merlino di Artù era nato in Galles ed era morto in terra di Scozia. Infatti conclude dicendo che "merlino" non era tanto un nome (il merlino è un uccello rapace simile al falco) quanto un titolo e che il vero Merlino altri non era che un vescovo di nome Dubricio, quello stesso che aveva incoronato Artù re dei Britanni. Myrddin, invece, era un "uomo selvatico dei boschi", un poeta impazzito che amava vivere in luoghi sperduti, dotato di poteri magici spiccati. Ed è questo il Merlino di cui si occupa Goffredo di Monmouth nella storia della sua vita, un personaggio diverso da quello che compare nella Historia.
 
Si tratta di un leader dotato di doti profetiche, divenuto pazzo dopo aver combattuto una battaglia contro gli Scoti e da quel momento datosi alla macchia profetizzando eventi futuri. Un aspetto importante del personaggio è la sua vena profetica. Non per nulla, prima della storia della sua vita, Goffredo aveva pubblicato un altro lavoro completamente dedicato alle profezie del grande mago, opera che in seguito aveva fatto convogliare nella successiva narrazione della vita. È come se Goffredo avesse appreso dell'esistenza di Myrddin solo dopo aver scritto la Historia e avesse pertanto deciso in un secondo momento di identificarlo con Merlino.
 
Nicolai Tolstoj concorda con questa ipotesi e dedica la maggior parte del suo libro a tutte quelle leggende e a quelle storie che parlano delle avventure «dell'uomo selvatico dei boschi». Sembrerebbe, dunque, che esistano due teorie fra loro contrastanti: da una parte quella dei due Merlino, suggerita in prima battuta da Giraldo Cambrense; dall'altra quella di un solo Merlino, il cui vero nome era Myrddin, bardo e profeta gallese. Tuttavia sia Goodrich che Tolstoj sostengono le loro teorie in modo così brillante e affascinante che è quasi un peccato optare per l'una piuttosto che per l'altra. A essere sinceri, comunque, la Goodrich ci pare più convincente a proposito della teoria del doppio Merlino e anche nel sostenere che il famoso mago era il primo consigliere di re Artù, sebbene anche Tolstoj abbia parecchio da dire sulla figura di Merlino mago.
 
Per comprendere appieno ciò che Tolstoj scrive, dobbiamo liberarci dalla immagine stereotipata che abbiamo del mago medievale, quella sorta di miscellanea che fonde insieme il Prospero di Shakespeare, il Gandalf di Tolkien, il Merlino, simpatico e amabile, di T.H. White. Sono tutte invenzioni recenti, perché in verità al tempo di Artù un mago era una combinazione fra un prete, uno stregone e uno sciamano. Per avere un quadro credibile di un mago in azione, è utile dare un'occhiata a “A.Pattern of Islands”, il resoconto che l'autore, Arthur Grimble, fa dei suoi anni trascorsi alle Isole Gilbert nel sud del Pacifico. Egli racconta che volendo mangiare della carne di focena si era interessato per sapere dove poterne trovare.
 
Gli era stato detto che sull'isola esistevano ancora gli eredi di coloro che erano considerati i cacciatori di focene. Un parente del suo informatore lo avrebbe condotto presso di loro. E così Grimble era stato invitato al villaggio, dove si stava celebrando una festa. Ad un tratto il capo tribù, un uomo grasso e bonaccione, si era ritirato nella sua tenda e vi era rimasto per alcune ore, mentre tutto intorno era sceso il silenzio. All'improvviso l'uomo era uscito in stato di chiara agitazione, si era gettato a terra e aveva preso a gridare: «Stanno arrivando, stanno arrivando!». All'invito tutta la tribù si era precipitata di corsa verso il mare ed era rimasta in silenziosa attesa. In un attimo le acque si erano popolate di focene che si lasciavano cullare dalle onde. Erano come in uno stato di trance, tanto che i pescatori le traevano a bordo delle loro barche senza che opponessero alcuna resistenza.
 
Giunti a riva le uccidevano senza problemi. È provato che ipnotizzare un animale non è impresa impossibile e già si sa che la tecnica chiama in causa anche la telepatia; ma riuscire a ipnotizzare un intero branco di focene a distanza sembra davvero un po' troppo! Ad ogni buon conto, assurdo o no, il fatto si verificava regolarmente, a dimostrazione che quella gente continuava a possedere antichi poteri che solo pochi uomini erano ancora in grado di governare. Lo studio dei popoli primitivi ha ormai chiaramente dimostrato che i numerosi graffiti dell'Età della Pietra rinvenuti sulle pareti delle caverne in cui si scorge un uomo, uno sciamano, che sembra danzare vestito con pelli di animali, non sono affatto da intendersi come una sorta di arte paleolitica, bensì come la raffigurazione pittorica di speciali rituali magici appositamente inscenati per attirare le prede nelle vicinanze dei cacciatori, né più né meno come avevano fatto i cacciatori di focene davanti agli occhi esterrefatti di Grimble.
 
Nel bel libro “Wizard of the Upper Amazon” scritto da F. Bruce Lamb, si raccontano le esperienze di un peruviano, un certo Manuel Cordova, che rapito da piccolo dagli indiani Amahuaca era cresciuto presso di loro assimilandone la cultura. Lamb testimonia che i cacciatori primitivi di oggi non fanno altro che imitare ciò che i loro antenati preistorici già facevano migliaia di anni or sono.
 
Fra i molti episodi, Cordova racconta come i cacciatori siano soliti ammazzare il capo branco di un gruppo di maiali selvatici e ne sotterrino la testa lungo il sentiero, nella ferma certezza che questo rituale costringerà il branco a ripassare ancora da quel passaggio. In un altro brano dalla drammatica sequenza, Cordova descrive le libagioni rituali, quando gli indigeni si riempiono di “hini xuma”, un liquore allucinogeno che chiamano "estratto della visione", grazie al quale hanno visioni continue di animali come serpenti e uccelli. Ricorda anche che una notte un gigantesco leopardo apparve proprio nel bel mezzo della cerimonia, senza né spaventare né fare del male ad alcuno.
 
Un'altra testimonianza significativa di un uomo che ha trascorso parte della sua vita fra popoli selvaggi, è il bel libro dal titolo “Mitsinari” (1954) di padre André Dupreyat, vissuto a Papua nella Nuova Guinea. Vi si parla dello stregone Isidoro che poteva trasformarsi in un casuario (una specie di grande struzzo) e, in quelle forme, era in grado di raggiungere in sole due ore luoghi montagnosi e lontani, normalmente raggiungibili in non meno di cinque giorni di cammino sostenuto. Il padre narra di alcune disavventure patite con gli stregoni locali, i quali gli avevano mandato il malocchio del serpente. Un potente maleficio che aveva attecchito, tanto è vero che in breve tempo era stato morsicato a più riprese da rettili. (Un fatto strano, se si considera che sono i serpenti i primi a allontanarsi appena vengono disturbati dalla presenza dell'uomo).
 
Ecco perché è sbagliato continuare a immaginare un mago alla stregua di un personaggio di Walt Disney, con un cappello a punta tutto trapuntato di stelline. I veri maghi ricordano molto da vicino i moderni medium spiritici, perché, come loro, sostengono che i poteri giungono grazie all'intervento di spiriti. Molti maghi moderni sono convinti che il potere e la forza per governare gli spiriti siano accessibili solo tramite la celebrazione di rituali, che vanno officiati e consumati con grande attenzione e puntigliosità.
 
Per tradizione, il ruolo riconosciuto di stregoni, uomini-medicina e sciamani è quello di intermediari fra l'essere umano e il mondo spirituale e la loro funzione prioritaria è quella di garantire alla tribù una buona caccia e un ricco raccolto. Anche i sacerdoti Druidi dei Celti appartenevano a questa categoria di maghi. Il druidismo, come sappiamo, era una forma di religione naturalistica, approdata in Britannia attorno al 600 a.C. a seguito delle migrazioni dei Celti. Ma, per essere precisi, molte forme di religione spontanea già esistevano in loco, come per esempio le ritualistiche legate al sito di Stonehenge, un vero e proprio tempio magico, perfettamente allineato in terra con le stelle in cielo. Secondo Nicolai Tolstoj, Merlino può considerarsi "l'ultimo dei Druidi".
 
Il druidismo venne introdotto nel Galles dai Celti, riuscendo a sopravvivere anche per molti secoli dopo che il cristianesimo aveva imposto la sua legge sulle Isole Britanniche. Tolstoy sottolinea che le storie relative a Myrddin - specialmente quelle che contemplano la figura del bardo Taliesin - sono piene zeppe di collegamenti che uniscono magia e druidismo. Ricorda, per esempio, i sacri alberi delle mele (che i Druidi veneravano in boschetti sacri) e i "famigli", gli animali alleati come il maiale o il lupo. Lo accosta al grande dio cornuto della mitologia pagana. Per Tolstoj è la "foresta di Calidon" il luogo che accoglie Merlino ormai impazzito, una macchia boschiva in Scozia, nei pressi di Hart Fell, nel punto in cui nascono i fiumi Annan e Clyde. Sempre stando a Tolstoj, Merlino tenne anche fede alla sua profezia nella quale aveva previsto la sua stessa morte, che sarebbe avvenuta per percosse, impalamento e annegamento.
 
Infatti, dopo essere stato picchiato dai pastori, era scivolato nelle acque del fiume Tweed ed era rimasto infilzato in un palo prima di annegare. Goodrich preferisce abbracciare la storia tradizionale, nella quale Merlino viene ucciso da una donna di nome Ninian o Nimue, la Dama del Lago (chiamata anche Viviana), di cui si era follemente innamorato e alla quale aveva rivelato tutti i suoi segreti di magia. La donna però lo aveva sempre rifiutato e alla fine, tramite un potentissimo incantesimo, lo aveva condannato a restare sepolto vivo in una grotta racchiusa da una grande roccia. Un altro autore segnala che a suo avviso Nimue altri non era che la santa cristiana Nimue e che la storia del suo trionfo finale su Merlino rappresenta in chiave simbolica la vittoria della Chiesa sul paganesimo.
 
Come già ho anticipato, i due bei libri di Nicolai Tolstoj e Norma Lorre Goodrich sono ricchi di storie complesse e intricate, capaci, nel loro formidabile insieme, di lasciare chi legge in una condizione che potremmo definire di "confusione illuminata". Ma alla fine, il quadro che ne viene fuori è quello di un re Artù realmente esistito, uno dei più grandi condottieri dell'epoca medievale, consigliato da un Merlino concreto e vitale, sciamano e druido. I due personaggi lasciarono dietro di loro un'impronta così straordinaria che, sin da subito dopo la loro morte, le avventure della loro vita erano entrate a far parte di una consistente mitologia, via via sempre più ricca.
 
Tanto che la leggenda aveva addirittura superato la realtà, così da non consentire più di discernere fino a che punto le imprese di questi due eroi (vissuti fra il 450 e il 550 d.C.) appartenessero al mondo della realtà o a quello della fantasia. Una cosa però sembra potersi accertare sempre, ogni qual volta si indaga sul loro mistero: essi furono personaggi realmente esistiti.
 

Il Demiurgo e la Dualità dell'Universo

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Il demiurgo, figura filosofica e al tempo stesso mitologica, è un essere divino, descritto la prima volta da Platone nel Timeo. Il termine greco da lui usato è δημιουργός (dēmiurgòs), composto da "δήμιος" (dèmios), cioè "del popolo", ed "ἔργον" (èrgon), "lavoratore", quindi lavoratore pubblico o compositamente artigiano.

La figura del Demiurgo, senza il quale «è impossibile che ogni cosa abbia nascimento», non è argomentata razionalmente, ma è introdotta come ipotesi cosmologica che ha carattere verosimile; si tratta in altre parole di un mito, di cui Platone, come in altri casi, si serve, per descrivere in modo intuitivo e narrativo, anziché con una rigorosa argomentazione dimostrativa, un aspetto del suo pensiero particolarmente difficile da illustrare e comprendere.

Il demiurgo, «artefice e padre dell'universo», è una forza ordinatrice, imitatrice, plasmatrice, che trasforma e forma, ma non crea. Secondo Platone il Demiurgo in qualche misura vivifica la materia, dandole forma e ordine, e la rende anima del cosmo. Dopo aver svolto il suo pensiero nella forma del più rigido dualismo fra mondo delle idee e mondo della realtà sensibile, nel Timeo Platone sente tuttavia la necessità di introdurre un principio unitario (il demiurgo, una sorta di artefice divino) in grado di giustificare e superare questa rigida distinzione.

A questo divino artigiano viene dato il nome di demiurgo, che nella filosofia platonica rappresenta il mediatore tra il mondo delle idee e la materia, dualismo altrimenti inscindibile. Il demiurgo è l'intelligenza che progetta il mondo, avendo le idee a modello e la materia (o chora) come strumento. Le idee platoniche sono eterne, necessarie e precedono ogni origine temporale.

Esse sono l'oggetto della vera intellezione in quanto "pura forma". Sono dunque esenti da generazione e corruzione, a differenza del mondo sensibile che è al contrario generato e corruttibile. Il mondo sensibile, soggetto al divenire e generato, deve necessariamente discendere da un principio, giacché non vi è generazione senza una causa. Il Demiurgo, essendo legato imprescindibilmente all'idea di Bene, non può che creare il migliore dei mondi possibili.

Pur avendo come modelli eterni le idee iperuraniche, il Demiurgo è legato alla "minorità ontologica" del mondo sensibile. Il Demiurgo quindi non crea affatto ex nihilo, dal nulla, ma è costretto ad operare trasmettendo la forma ideale ad una materia preesistente. Nell'antica Grecia, tuttavia, il termine demiurgo si riferiva anche ai lavoratori liberi, agli artigiani che vivevano liberamente dei frutti del loro lavoro.

L'utilizzo dell'analogia tra la figura cosmogonica del Demiurgo e quella dell'artigiano è presto detta: il Demiurgo, come un artigiano, trasmette il modello ideale ad una materia già esistente, e possiede, oltre che carattere intellettuale, anche competenze tecniche. Gran parte delle sette gnostiche teorizzavano che il mondo fosse stato creato non da Dio, ma da eoni che, nel loro complesso formavano il pleroma.

Quando un eone chiamato Sophia emanò il suo eone partner, il risultato fu il Demiurgo, o mezzo-creatore (nei testi gnostici a volte chiamato Yaldabaoth, o Rex Mundi per i catari), una creatura che non avrebbe mai dovuto esistere. Questa creatura, non appartenente al pleroma, creò tutto il mondo materiale, ma Sophia riuscì ad infondere nella materia la sua scintilla divina (pneuma), salvando così il creato e l'umanità dal Demiurgo.

Gli eoni, in molti sistemi gnostici, rappresentano le varie emanazioni del dio primo, noto anche come l'Uno, la Monade, Aion Teleos (l'Eone Perfetto), Bythos (greco per Profondità), Proarkhe (greco per Prima dell'Inizio), Arkhe ("Inizio"). Questo primo essere è anch'esso un eone e contiene in sé un altro essere noto come Ennoia ("Pensiero"), o Charis ("Grazia"), o Sige ("Silenzio").

L'essere perfetto, in seguito, concepisce il secondo ed il terzo eone: il maschio Caen ("Potere") e la femmina Akhana ("Verità", "Amore"). Anche il vangelo di Giuda (un apocrifo, non inserito nei vangeli canonici e quindi non presente nella Bibbia) recentemente scoperto, tradotto e poi acquistato dalla National Geographic Society, menziona gli eoni e parla degli insegnamenti di Gesù al loro riguardo. In un passo di tale vangelo, Gesù deride i discepoli che pregano l'entità che loro credono essere il vero Dio, ma che è in realtà il malvagio Demiurgo.

Gli gnostici ofiti veneravano il serpente, perché era stato mandato da Sophia (o era lei stessa in sue sembianze) per indurre gli uomini a nutrirsi del frutto della conoscenza proibito dal Demiurgo, al fine di far loro acquisire la gnosis di cui avevano bisogno per svegliarsi dai suoi inganni. Due esseri uguali, di colore diverso, dominano e ghermiscono la Terra. Sono  legati uno all’altro, praticamente la stessa cosa.

Sono anche la rappresentazione del bene e del male e, della dualità in generale. Sulla Terra, tutto è duale. Cielo Terra, corpo spirito, bello brutto, alto basso, piacevole spiacevole, onesto disonesto, ricco povero, fortunato sfortunato. Energia positiva e negativa. ecc.. Sei nato maschio, oppure femmina. Ti sei dovuto immedesimare in uno o nell’altro. Se questo non hai fatto sei un diverso, quindi sei caduto nella dualità del normale/diverso. Comunque, non ti sei liberato dalle catene imposte all’essere umano.

Hai scelto di essere buono o cattivo, oppure, buono e/o cattivo in base alla scelta del momento. Non ti sei liberato dalle catene di categoria. Potevi essere, al di là del bene e del male!. Hai creduto nel bipolarismo e quindi, hai votato per la destra o per la sinistra; oppure hai scelto di non votare per contestare il sistema. Quindi, sistema sì/sistema no. Non sei libero dalle catene.. la libertà vera è senza la necessità di dover votare o schierarsi.

Hai pregato perché credevi; oppure non hai pregato, perché non credevi. Non eri libero e consapevole di essere, senza la necessità di dover credere o non credere, di dover o meno pregare. Se tu fossi stato libero veramente, avresti imposto il tuo essere alla situazione che vivevi. Non sarebbe stata la situazione ad imporsi a te!..

Poi ti sei trovato a stabilire se sostenere la guerra per poter ottenere e/o difendere la pace; oppure sostenere la lotta per la pace per non essere in guerra.. mentre pace e verità, non vi era. Poi, hai scelto di informarti e di riflettere.. così hai compreso che le polarità estreme, le posizioni opposte, il bipolarismo della politica, della religione, ecc.. insomma di tutto il sistema, sono un inganno all’umano. Quindi, costatato che il sistema è sostanzialmente in stato di errore, hai deciso di rifiutarlo. Nuovamente sistema sì/no.

Hai volto la tua attenzione al mondo spirituale.. ma aimè, qui sono presenti le forze della Luce e quelle delle tenebre!.. quelle del bene e quelle del male!.. altra dualità estrema.. tu dovresti stare con questa o quella fazione, altrimenti la differenza sarà il paradiso o l’inferno, la giusta o l’errata strada!.. Osservando attentamente però, occorre riconoscere che l’umanità, nonostante tutto, ha necessità che la dualità esista.

Se l’individuo non si trovasse nella necessità di alzarsi il mattino, di fronte al bivio se farlo o non farlo, nulla lo motiverebbe per l’alzarsi. Deve però scegliere se avere o meno, lo stipendio a fine mese. Così come deve scegliere se scoppiare la vescica o meno, oppure se respirare o meno..

Costantemente l’essere umano deve scegliere tra due polarità opposte.. la vita stessa manifesta polarità.. vivere o non vivere?.. Essere o non essere?.. Occorre però, ringraziare la presenza della polarità, nonostante questa nasconda l’inganno..  Occorre ringraziarla perché consente, mediante l’esperienza del viverla, la possibilità del trascenderla, avendo acquisito la consapevolezza che ciò, genera coscienza.

Vale qui il principio “Quando il nemico non ti uccide, ti rende più forte!..”. Certo, ti hanno fatto credere che era normale il comune vivere umano; che era il risultato di un percorso evolutivo che andavi compiendo assieme all’umanità intera. Ti hanno ingannato; tutto questo non era evolutivo!.. tutto questo, è stata la prigione illusoria dentro il quale ti hanno tenuto.

L’illusione maya, oppure, realtà virtuale indotta. Tu puoi essere al di là di tutto questo. Tu però avevi creduto e, credere e non credere, sono due polarità opposte. Credere significa: “Accettazione passiva e incondizionata, di fatto non provato”. Non dovevi accettare passivamente.

Ti hanno fatto scegliere se stare dalla parte del bianco o del nero; ma i pedoni, ovvero il popolo o la massa, sono uguali in entrambi gli schieramenti, sia che abbiano l’aureola o che portino le corna.

Sulla Terra si sta svolgendo una grande partita di scacchi, insieme di un’infinità di partite minori. Tutti noi siamo protesi, nel tentativo di far vincere il nostro ideale re, che sia bianco, o  che sia nero. Per il nostro Sovrano, siamo disposti a dare il sangue e la vita.

Ad esso abbiamo indirizzato tutte le nostre offerte sacrificali, del presente e del passato. Per lui, siamo stati disposti o indotti a rinunciare, ad ogni pensiero alternativo all’essere pedoni. Al limite, se non ci piace l’idea dei pedoni, scegliamo di essere polli in un grande pollaio o pecore in un recinto che sta davanti alla macelleria.  E’ necessario cambiare l’ideologia che ci ha delusi; ma è anche necessario valutare attentamente.

Il presente articolo, parrebbe di primo acchito, sostenere che la dualità è completamente negativa; ma non né così. La dualità ha il grande pregio di imporre all’essere umano, di dover scegliere. Tutto nella vita ti impone il dover scegliere. L’ingegnarsi nello scegliere, porta all’individuo, l’esperienza, il retaggio di quanto elaborato e acquisito in fatto di consapevolezza e quindi di coscienza. Pertanto la dualità, sotto questo aspetto, è portatrice di coscienza.

Sulla Terra però, il gioco non si svolge in modo corretto. Il demiurgo corrotto, o chi per lui, è  il baro della situazione. E’ un baro in quanto impone l’inganno, nell’utilizzo del duale, quale mezzo di crescita. Se noi osserviamo con attenzione il vissuto umano; riscontriamo che, gli esseri umani continuano a commettere gli stessi errori, nonostante sia palese che errori sono. Il superficiale dirà a questo punto, che ciò è generato dall’egoismo umano. Certo, vi è dell’egoismo; ma chi è che coltiva o impone l’egoismo?..

Chi induce i pedoni ad essere egoisti ad insaputa di loro stessi?.. La dualità di per sé, non è negativa; il sistema adottato lo è. Se fosse insegnato agli esseri umani che sono chiamati a scegliere per acquisire il loro massimo bene, ovvero la loro “Coscienza d’Essere” quali elementi di un Tutto Uno; l’egoismo scomparirebbe per il non senso. A loro invece, è fatto credere che devono affermare se stessi sul prossimo.

La dualità, libertà o imposizione, farà il resto. Osservate come tutto nella vita terrestre è conseguenziale allo stato di coscienza delle persone in gioco.  Notate come l’aspetto manipolativo imposto all’umanità, ha come centro fondamentale, lo stato di coscienza individuale e collettivo. Quindi, la dualità bene/male è costruttiva sino a quando contribuisce all’elevazione dello stato di coscienza; diventa distruttiva quando lo impedisce.

Tutti gli operatori di luce, dovrebbero essere messi alla prova. Se favoriscono la presa di coscienza, sono veri operatori del bene. Se non la favoriscono, sono operatori del male, travestiti. L’opposto della speranza è la disperazione e, questa è la dualità in questione. Ai disperati poco vi è da dire. Chi raggiunge il culmine, arriva al suicidio.

Chi non è ancora al culmine ma quasi, significa che ha grandi problemi. In questa situazione, non può avere tempo e interesse per la filosofia e  quanto vado dicendo. Volgo quindi l’attenzione alla speranza. Fin da quando ero bambino, mi è stato insegnato che nella vita occorre avere fede (ovvero religione, per il sistema), pensiero positivo, speranza. Mi hanno imposto il pensiero della speranza, i miei genitori per nascondermi la crudele verità di questo mondo, in quanto ero piccolo e non volevano farmi soffrire. Non me ne hanno parlato quando ero grande, per non dover riconoscere la loro credulità, i loro errori ed il ruolo di semplici pedoni sacrificabili.

Mi ha imposto il pensiero della speranza la religione che, vendendo speranza in cambio di denaro sonante, regna al servizio della fazione nera, mentre cerca di farsi passare per bianca. Mi ha imposto il pensiero della speranza la politica, che facendo sperare nelle soluzioni, continua a prendere voti, ripetendo la storia di sempre, al servizio del potere del suo sovrano sulla scacchiera.

Mi ha detto di avere speranza, il potere economico, mentre io diventavo più povero e lui più ricco. Mi ha  detto di avere speranza, il potere  militare che, faceva la guerra per ottenere in seguito la pace; ma era eternamente in guerra per una pace che era mai presente. Tutti quanti hanno detto, che mi portavano speranza. Vigliacca miseria se mai vi è stato uno che mi ha portato sostanza, al posto della speranza!.. Tutti a vendermi la speranza, mentre mi rubavano la sostanza rimasta!..

Ora basta, voglio la sostanza.I casi sono due; o vi è vita e seguito oltre la vita terrestre, oppure non vi è. Siamo nuovamente di fronte a un’altra dualità. Se non vi sarà seguito alla morte fisica, tutto il mio dire e pensare è vano. Tutto morirà con me e, neanche questo articolo avrà più senso. Se vi è un dopo, me ne andrò nudo e, la sostanza non potrà essere ciò che io lascerò in questo mondo.

Se vi è un dopo, la sostanza è ciò che io porterò con me. L’unica cosa che io forse potrò portarmi dietro, è la memoria o il retaggio del vissuto. L’insieme delle informazioni che ho raccolto nel corso della vita. Questa è la sostanza ipotetica che mi porterò dietro ovvero, il mio stato di coscienza. Questa è la sostanza per il quale mi conviene lavorare oggi.

Se il mio stato di coscienza sarà sufficiente, forse in seguito impedirà che io nasca nuovamente su questo pianeta. Se sarà insufficiente, sarò costretto a tornare nel mondo della dualità, onde acquisire il necessario per non tornarci più; oppure per tornarci a ragion veduta. A detta di molti profondi pensatori, alcuni tornano; ma non per esperire loro, quanto invece per essere artefici di un ruolo nell’interesse della massa ancora schierata sulle posizioni bianco/nere.  Alcuni sono definiti maestri, altri eletti, altri avatar. Altri non verranno riconosciuti e altri ancora, rinascendo sulla Terra, si dimenticheranno i propositi di partenza.

Queste sono le anime che hanno scelto di essere qui. Le altre non hanno scelto. Erano prigioniere di una necessità da trascendere. Sovranità vera, o sovranità falsa? Per alcuni la sovranità vera è la sovranità sul popolo; per altri la sovranità deve essere su se stessi. Altra dualità.

La differenza tra colui che ha coscienza consapevole e colui che non la riconosce; consiste proprio in questo. Il primo vuole regnare esclusivamente su se stesso, mentre l’altro vuole regnare sul prossimo. Il primo vuole  realizzare l’interesse individuale, mentre realizza l’interesse collettivo. Il secondo vuole realizzare l’interesse personale a scapito del collettivo. Ancora qui però siamo di fronte ad una dualità, benché di livello superiore. Per trascenderla occorre trovare l’identificazione nel Tutto Uno; ma allora non saremmo più umani.

Restando però nell’umano, a un livello superiore a quello medio, occorre che ogni essere prenda coscienza di se stesso in quanto autore della propria vita e non, semplicemente un attore, alle dipendenze dell’autore del copione imposto. L’autore del copione imposto, della grande partita a scacchi, è il demiurgo.

Tu, quale ruolo stai vivendo?..

http://lemeravigliedellanima.blogspot.it/2015/04/il-demiurgo.html

Sumeri, Assiri, Babilonesi, Egizi, Ebrei: un solo Impero

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A proposito di testi particolari, ci piace segnalare l’interessante opera di Messod e Roger Sabbah: "I Segreti dell'Esodo". L'approfondimento è d'obbligo, pena capirci poco... L'oggetto della diatriba, riguarda le vicende della fuga ebraica dell'Egitto. 

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Nulla di nuovo, in apparenza, ma… avete mai associato Abramo ad Akhenaton, Smenkhara a Ismaele o Sara a Nefertiti? Un giochino simpatico che passa perfino dal binomio Horemeb-Aronne e da quello Ramose I-Mosè. Nel calderone tante informazioni attinte indifferentemente tra la Bibbia Aramaica e quella Ebraica, passando per il geroglifico pre e post amarniano. Naturalmente non mancano certezze e contraddizioni, ma è da leggere e rileggere.... 

Il popolo ebraico, guidato da Mosè, non era composto da schiavi di un'antica tribù in prigionia, bensì da membri di una casta sacerdotale costituitasi con il faraone monoteista Akhenaton. 

Con la controrivoluzione religiosa che ripristinò il politeismo nell'antico Egitto, i seguaci di Akhenaton furono costretti ad abbandonare la terra d'origine. Da qui il mito dell'Esodo biblico. Gli autori sono giunti a questa conclusione dopo uno studio ventennale. Rileggendo l'Antico Testamento in aramaico, accompagnati dall'esegesi biblica di Rachi (XI sec.) e con un paziente lavoro di comparazione, Roger e Messod Sabbah hanno scoperto similitudini sorprendenti tra geroglifici e alfabeto ebraico, tra Genesi e cosmologia egiziana. 

L'origine del Dio biblico

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Da Wikipedia l'enciclopedia libera

El biblico: il tetragramma biblico rappresentante il nome impronunciabile del Dio della Bibbia. Nella Tanakh ebraica, El è uno dei nomi coi quali viene citato il dio biblico Yahweh.

Ipotesi sull'origine del dio biblico 

I legami tra il dio semitico El ed il dio dell'Antico Testamento sono numerosi, a partire dalla raffigurazione stessa che, malgrado la riottosità dell'Ebraismo a rappresentare l'Essere Supremo, si dà di Dio, il quale appare ancora una volta immaginato come un vecchio seduto sul trono e con corna spuntanti dal capo.

Il fatto poi che l'El di Ugarit avesse un figlio di nome Yam ha indotto qualche studioso[5] a ipotizzare una affinità tra il figlio dell'El ugaritico e lo Yahvè ebraico: attestazione forse di una situazione politeistica ebraica in età pre-monarchica e monarchica, evolutasi poi in monoteismo.

Secondo alcune ipotesi popolazioni semitiche provenienti dalla Siria e residenti in Egitto durante il II millennio a.C., identificarono forse El col Dio unico Aton, sotto il regno del faraone Akhenaton. Allo stesso modo per cui Aton era considerato il creatore e generatore di tutti gli altri dèi del pantheon egiziano, così El sarebbe stato considerato il creatore degli dèi minori cananei cioè gli Elohim. Si addita come prova di questa identificazione il Salmo biblico numero 104 che ricorda l'Inno ad Aton scritto dal faraone Akhenaton, scritto solo su una tavoletta di argilla nel sito archeologico di Tell-el-Amarna, rimasta sepolta e ignorata sin dal tempo di quel faraone. 

Questa prima identificazione avrebbe favorito la diffusione del suo culto tra i seguaci di Aton dopo la restaurazione religiosa e in questo modo si potrebbe forse spiegare una genesi del Dio di Mosè da Aton. Per quanto riguarda il fatto che El sarebbe il padre di altri dei, gli Elohim, divinità minori maschili citati spesso nella Bibbia, occorre però tener presente che l'uso di un simile plurale sarebbe né più né meno che una forma di "pluralis maiestatis", allo stesso modo per cui, per riferirsi alla divinità siro-palestinese di Baal (Signore, Padrone), si usava il plurale di rispetto "Ba‘alim", o per Astarte si parlava di "Astarti" (Giudici 10:6).

Secondo alcuni, il vocabolo Israele potrebbe essere la trascrizione fonetica, nell'alfabeto dei geroglifici, degli dèi egizi e siriani Iside (IS), Ra (RA) e El (EL). Alla luce del fatto che, durante il regno del faraone Ramses II, i battaglioni dell'esercito egiziano si chiamavano coi nomi di dei, a qualcuno piace credere che la nazione d'Israele possa essere il risultato della defezione di tre battaglioni dell'esercito egiziano di stanza nel Sinai con a capo un generale di nome Mosè (nome che, in effetti, non è escluso possa appartenere all'universo onomastico egiziano). 

Successivamente la spiegazione del nome Israele avrebbe perduto le sue origini egizie e, per assonanza, avrebbe preso il significato dall'ebraico ISRA: colui che combatte, per significare ISRA-EL colui che combatte con Dio, e allo scopo venne fondato il mito di Giacobbe che combatte per un'intera notte con l'angelo di Dio. Occorre però sottolineare la totale impossibilità di argomentare scientificamente detta ipotesi.

Nell'ambito di un tentativo di unificazione della Palestina, fatto dal Re Giosia nel VII secolo a.C., si sarebbe identificato El, Dio creatore di Israele, con Dio, il Signore degli eserciti, Dio nazionale di Giuda. A tal fine altre ipotesi affermano che sarebbe stato scritto un libro di propaganda religiosa che unificava le genealogie delle tribù d'Israele e che in seguito sarebbe diventato la sacra Bibbia. Tutto ciò appartiene al campo delle pure ipotesi, mentre è più difficilmente contestabile il fatto che El e Yahweh abbiano caratteristiche assai diverse fra loro, pur rappresentando entrambi il Dio padre creatore, unico e onnipotente.

Secondo altre ipotesi invece El sarebbe legato agli aspetti mistici dell'Ebraismo, al profetismo e alla Cabala, tipiche tutte di una società ancora fortemente legata al nomadismo d'origine, mentre Yahweh sarebbe legato all'osservanza della Legge divina, al patto con Dio e alla circoncisione, allo studio della Torah e, quindi, a una concezione religiosa tipica dei modelli societari caratterizzati da sedentarismo.

La medesima radice <'-l-h>, da cui deriva il nome El, origina in arabo il termine Allah (articolo determinativo "al" + '-l-h), il Dio unico dei musulmani, e ilāh (divinità generica).

Tutankamon custode dell'Esodo Anunnaki

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Un segreto da nascondere

Lo scrittore statunitense Arnold C. Brackman, nel suo libro “The search for the gold of Tutankhamon” (1976), si diceva convinto che all’epoca dell’apertura della tomba l’unico reperto archeologico che avrebbe potuto costituire un “grave scandalo politico e religioso” fossero dei documenti storici risalenti all’epoca di Tutankhamon. 

Brackman suggeriva che grazie ad essi sarebbe stato possibile dimostrare in maniera inequivocabile la stretta relazione tra il primo faraone monoteista della storia, “l’eretico” Akhenaton (probabile padre di Tutankhamon) e Mosè [38], il legislatore israelita che secondo la tradizione dell’Antico Testamento “condusse il popolo d’Israele fuori dall’Egitto”

A conferma di tale ipotesi troviamo una importante testimonianza di Lee Keedick, che lo scrittore Thomas Hoving ha riportato testualmente in un suo volume del 1978, “Tutankhamon-the untold story”. 

Keedick ha raccontato di aver assistito ad una animata discussione tra H. Carter e un alto funzionario inglese, avvenuta nel 1924 all’ambasciata britannica del Cairo [38]. Durante l’acceso scontro Carter minacciò di rivelare pubblicamente “lo scottante contenuto dei documenti che aveva trovato nella tomba”, documenti che – stando a quanto lo stesso Carter affermava – “raccontavano il vero e scandaloso resoconto dell’esodo degli Ebrei dall’Egitto” [1]. Tuttavia, pare che al termine della discussione Carter abbia trovato un accordo vantaggioso per tacere, e di fatto, da allora, dei papiri non si è più saputo nulla.

La strana storia di Israele

Pur non potendo disporre dei preziosi documenti, la maggior parte degli storici è giunta ormai ad un passo dalla soluzione del mistero che circonda sia il periodo storico di Tutankhamon (presunto figlio del faraone eretico) sia la nascita del popolo ebraico. Tali conclusioni confermano le voci che già trapelarono al tempo, quando lo stesso Carter ammise davanti ad alcuni testimoni, durante una animata discussione, che il segreto da nascondere riguardava la vera storia d’Israele.

I più recenti studi condotti in materia dimostrano infatti che con ogni probabilità il popolo d’Israele trae origine dal processo di mescolanza razziale avvenuto tra le tribù semite Hyksos e le altre minoranze etniche che seguirono il faraone eretico Akhenaton con la sua casta sacerdotale Yahùd [20].

Peraltro, è sin dai tempi dell’occupazione napoleonica dell’Egitto, che l’erudito Jean-François Champollion suggerì l’esistenza di uno stretto legame del vecchio testamento con il periodo egiziano di El Amarna e il suo faraone monoteista. Si tratta quindi di una ipotesi già largamente condivisa in passato da illustri egittologi, e confermata persino da Sigmund Freud. 

Il padre della psicoanalisi, che era ebreo, aveva studiato a fondo i testi sacri alla ricerca delle vere origini del popolo israelita [21], e al termine delle sue ricerche aveva scritto: “Vorrei arrischiare una conclusione: se Mosè fu egizio, e se egli trasmise agli ebrei la propria religione, questa fu la religione di Akhenaton, la religione di Aton”.

Altri insigni ricercatori di origine ebraica, come ad esempio Messod e Roger Sabbah (“I segreti dell’esodo”), sono arrivati alle stesse conclusioni sull’origine del popolo ebraico.

Le nuove scoperte archeologiche hanno quindi costretto i ricercatori a rivedere drasticamente le proprie posizioni.

Akhenaton e la negletta storia del suo popolo

Il nord dell’Egitto fu invaso dagli Shasu -Hyksos intorno al XVII sec. a.C., e i loro re si insediarono come legittimi faraoni egizi per ben due dinastie, la XV e la XVI. Gli Hyksos erano un popolo semita culturalmente molto avanzato, che disponeva di tecnologie belliche d’avanguardia, come i poderosi carri da guerra mesopotamici (bighe, cavalleria pesante, elmi e corazze), a cui dovettero certamente il loro rapido successo militare.

Alla fine però i re Hyksos vennero sconfitti e cacciati definitivamente oltre il delta del Nilo, mentre parte del loro popolo venne catturata e costretta a rimanere in condizioni di schiavitù. I profughi Hyksos passarono così dallo status di dominatori a quello di prigionieri, e la loro permanenza in Egitto si estese per circa 400 anni: lo stesso periodo di tempo indicato dalla bibbia come “cattività egizia degli ebrei”.

Con l’avvento del faraone eretico Amenofi IV (rinominatosi Akhenaton), la minoranza Hyksos si convertì al culto monoteista di Aton, seguendo la sorte del suo breve regno. Cosa accadde dopo la caduta di Akhenaton ancora oggi non è chiaro, poiché i regnanti che gli succedettero ne cancellarono ogni traccia dalla storia. L’esodo biblico appare quindi inequivocabilmente connesso alle vicende del faraone eretico Akhenaton (le uniche idonee a garantirne un fondamento storico), il quale instaurò una nuova fede monoteista dedita al culto dell’ineffabile Dio Aton.

Ad esso Akhenaton dedicò la costruzione di una città intera, Akhet.aton (poi Tell el Amarna), il luogo dove radunò il suo nuovo popolo attorno al culto del sole. Molto si è discusso e scritto sull’eresia di Aton, un monoteismo in realtà molto atipico che racchiudeva in sé, senza rinnegarlo, il complesso politeismo egizio. Molti studiosi preferiscono quindi utilizzare il termine di “enoteismo”, spiegando che Aton non sarebbe stato l’unica divinità, ma bensì il dio supremo la cui venerazione avrebbe potuto sostituire tutte le altre in quanto derivanti da esso.

Tra i convertiti a tale forma di monoteismo vi furono anche altre minoranze etniche allora presenti in Egitto, che una volta riunite nel culto di Aton diedero luogo alla nascita di un popolo cosmopolita e multirazziale, in cui i membri di origine semita costituivano la maggioranza. All’interno di questa nuova nazione vi erano anche razze tipicamente africane, come quella dei Falashà etiopi che ancora oggi rivendicano la propria origine ebraica. Questi ultimi tuttavia, una volta cessato il regno di Akhenaton sull’Egitto, tornarono nella regione africana di appartenenza (l’Etiopia), separando così il proprio destino da quello degli altri profughi eretici.

I due esodi quindi – quello storico del faraone monoteista Akhenaton da una parte, e quello biblico di Mosè dall’altra – si verificarono esattamente nello stesso periodo storico, al punto che le due vicende narrative risultano fra loro perfettamente sovrapponibili. La stessa Bibbia inoltre ci informa che Mosè crebbe come un principe alla corte dei faraoni, dopo essere stato trovato in una cesta che galleggiava lungo il Nilo. Un episodio fiabesco che ha l’inconfondibile sapore di una invenzione letteraria volta a giustificare la presenza del proprio patriarca nella casa del faraone. Sembra quindi evidente che gli scribi dell’Antico Testamento vollero celare la vera origine di Mosè e del suo popolo ai loro stessi posteri.

L’indagine di Messod e Roger Sabbah

Ciò che sembra ormai certo, in ogni caso, è la corrispondenza tra l’esodo multi-etnico avvenuto ad El Amarna, al termine del regno di Akhenaton in Egitto, e quello descritto dalla Bibbia con la figura di Mosè.

Tra le numerose prove raccolte in tal senso nel corso degli anni, ve ne sono alcune particolarmente significative, come ad esempio il Salmo 104 dell’Antico Testamento: secondo l’interpretazione più diffusa fra gli studiosi laici, il Salmo non è altro che una rielaborazione “del Grande inno ad Aton”, un testo fatto redigere dal faraone eretico in persona (il Grande inno ad Aton è stato rinvenuto nella tomba del faraone Ay ad Akhet-Aton/ Tell el Amarna).

Secondo l’autorevole interpretazione di Messod e Roger Sabbah, inoltre, il termine ebraico “adonai”, utilizzato per intendere “signore mio”, tradotto nel linguaggio dei geroglifici egizi corrisponde alla parola Aton, mentre una parte degli studiosi la traduce in adon-ay, ovvero, signore “Ay”, il nome del primo successore di Akhenaton.

Anche la controversa origine della preghiera cristiana del Pater Noster (“Padre nostro che sei nei cieli…”), nonostante quanto lasciato intendere dalla Chiesa Cattolica, sembra essere, secondo alcuni studiosi (34), un inno religioso che risale all’antico Egitto, e precisamente al periodo in cui vigeva il culto del Dio-sole (da cui sarebbero nati termini come “l’altissimo” o “il signore dei cieli”).

Un secolo fa Albert Churchward, studioso esperto di mitologia, affermava: “I Vangeli canonici possono essere considerati come una raccolta di detti prelevati dai miti e dalla escatologia degli Egizi”. Assai più recentemente i co-autori de “I segreti dell’esodo”, Messod e Roger Sabbah, sono arrivati a sostenere la stessa tesi partendo dall’esame rigoroso delle fonti più antiche a disposizione, come alcuni testi sacri scritti in aramaico.

In tal modo hanno evitato di consultare testi già tradotti o deformati da interpretazioni precedenti, recuperando il prezioso significato originale. (E’ bene sapere infatti che l’aramaico non usava le vocali, e tradurlo significa sempre in qualche modo interpretarlo a propria discrezione.

Gli autori in questione hanno eseguito un rigoroso e approfondito lavoro esegetico, che si è avvalso degli autorevoli studi ermeneutici di Salomon Rashì, un traduttore ebraico medioevale molto noto e rispettato anche in ambiente ebraico ortodosso, soprattutto per essere diventato l’esclusivo depositario della loro perduta tradizione orale.

Il segreto della scatola n°101

Una volta chiarita l’importanza storica dei papiri presenti nella tomba di Tutankhamon è possibile tornare ad esaminare gli indizi che suggeriscono che questi siano stati occultati, mentre dovrebbe risultare sempre più chiaro il motivo per cui documenti del genere erano, e sono ancora considerati, politicamente esplosivi.

Lasciamo per un momento da parte la vicenda del ritrovamento, e facciamo un breve salto indietro nella storia.

La nascita del Sionismo

Le idee sioniste iniziarono a diffondersi nella comunità ebraica con le pubblicazioni e i discorsi di Binjamin Ze’ev, noto come Theodor Herzl. Il suo volume “Der Judenstaat” (lo stato ebreo) del 1896, divenne una sorta di “testo sacro” tra i più ferventi militanti sionisti. 

Egli è passato alla storia come il fondatore del World Zionist Organization (la prima organizzazione sionista a livello mondiale), un movimento che propagandava due istanze fondamentali: il concetto di “razza ebraica” e il suo imprescindibile legame storico con la Terra Promessa, Eretz Israel (che non significa “Terra di Israele” in senso geografico ma Terra dei discendenti di Giacobbe, ovvero “israeliti”). La lobby sionista non fu mai un movimento politico qualsiasi, infatti potette contare subito sull’appoggio dei poteri forti di allora.

Il supporto finanziario ai futuri coloni ebrei infatti fu assicurato dallo storico summit tra insigni banchieri e massoni che si tenne a Basilea nel 1897, durante i lavori del Primo Congresso Sionista. Il convegno era presieduto dal barone Edmond de Rothschild, il quale mise all’ordine del giorno la nascita di un istituto di credito che avesse il precipuo scopo di sostenere la causa sionista.

Nacque così il Jewish Colonial Trust, uno strumento finanziario creato dai banchieri più ricchi e potenti del mondo, con lo scopo di provvedere all’acquisto di importanti porzioni di territorio arabo da concedere poi ai nuovi coloni. Il 2 novembre 1917 (quindi appena cinque anni prima della scoperta della tomba) il Segretario di Stato britannico(Ministro degli Esteri), ovvero il massone Lord Balfour inviò la storica missiva al barone Walter de Rothschild, un altro insigne massone banchiere del suo stesso casato ebraico.

In questa ultima si affermava testualmente quanto segue: “Il governo di Sua Maestà guarda con favore all’instaurazione in Palestina di una patria nazionale per il popolo ebreo, e farà del suo meglio per facilitare il raggiungimento di questo scopo purché sia ben chiaro che non sarà fatto niente che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebree esistenti in Palestina, o i diritti e lo status politico di cui godono gli ebrei degli altri paesi”.

A partire da tale data dunque le condizioni necessarie alla nascita dello stato d’Israele erano state già poste in essere, avendo i sionisti “incassato” l’appoggio ufficiale del governo britannico. Ma nonostante le enormi pressioni esercitate dall’alta finanza, e i successi politici da essa ottenuti in campo internazionale, la propaganda sionista (che aveva appunto come principale obiettivo la costituzione dello stato di Israele in Palestina) non riscosse inizialmente alcun successo degno di rilievo all’interno della stessa comunità ebraica. La maggior parte degli ebrei e dei rabbini d’altronde si erano perfettamente integrati nei propri paesi di residenza e non avevano nessuna intenzione di trasferirsi a vivere in Palestina.

I sionisti viceversa, nonostante la mancanza di fondatezza sia storica che biologica, cercavano a tutti i costi di validare e diffondere il concetto di “razza ebraica”: una ideologia che venne propagandata attraverso opere [25] come quelle di Vladimir Jabotinsky (uno dei massimi attivisti storici del sionismo revisionista). Costoro infatti, proprio a causa del processo d’integrazione effettivamente in corso a quell’epoca, consideravano la purezza etnica degli ebrei in grave pericolo, arrivando a sostenere che l’unica soluzione possibile per porvi rimedio fosse l’edificazione di uno stato ebraico.

A questo punto non è difficile immaginare come l’eventuale diffusione del contenuto dei papiri, che riscrivevano alla radice la storia dell’origine del popolo ebraico, avrebbe nuociuto alla causa sionista in maniera probabilmente letale. 

Come già detto, in quel periodo la causa non aveva ancora riscosso molto successo. Fu solo negli anni ’30, con l’ascesa al potere di Adolf Hitler, che la politica sionista cominciò ad ottenere largo consenso anche all’interno della comunità ebraica. A seguito della propaganda anti-semita del dittatore tedesco, molti ebrei accettarono di buon grado la proposta di traslocare definitivamente in Palestina, innescando quel consistente processo di immigrazione che portò poi alla nascita dello stato ebraico. Paradossalmente quindi la politica di segregazione razziale messa in atto dal Fuhrer giocò a favore dei sionisti che premevano per un emigrazione ebraica di massa verso la Palestina. La storia deve ancora chiarire fino in fondo i diversi punti di contatto che di fatto si registrarono fra nazisti e sionisti, in questa paradossale convergenza di interessi.

Concludendo: cospirazione?

Siamo quindi di fronte ad una terza ipotesi, per cercare di spiegare la serie impressionante di morti sospette che sta alla base di questa vicenda: casualità statistica, maledizione del faraone, o “intervento umano”, teso a impedire la diffusione dei contenuti dei preziosi papiri?

Per quanto tutto suggerisca chiaramente la terza ipotesi, non esistono prove concrete che legittimino tale accusa verso i sionisti dell’epoca. Esiste però una curiosa connessione, ben difficile da ignorare: la presenza del barone Edmund de Rothschild nella cerchia delle persone che seppero per prime la verità sullo scottante contenuto dei documenti. L’insigne banchiere godeva infatti di una canale d’informazioni privilegiato, essendo parente stretto di Alfred de Rothschild, il finanziere che coprì i debiti dello squattrinato conte di Carnarvon.

A. de Rothschild, a sua volta, era il padre naturale della moglie di Carnarvon, Lady Almina, la figlia di Marie Felice Wombwell, una donna regolarmente sposata con l’inglese George Wombwell [26]. Tale grado di parentela di uno dei massimi esponenti del potente casato ebraico con Lady Almina – anch’essa fra le vittime della “maledizione” – è autorevolmente testimoniato dalle memorie del VI conte di Carnarvon [27], ed appare quindi evidente che, se davvero fosse stato trovato il resoconto storico sulle vere origini del popolo ebraico, un influente membro della lobby sionista come E. Rothschild lo avrebbe certamente saputo.

NOTE: 
[1] da “La cospirazione di Tutankhamon”, Andrew Collins e Chris Ogilvie-Herald, Newton & Compton, p.171).
[2] Ibid p.164.
[3] ibidem
[4] ibidem
[5] ibid p.165
[6] ibidem
[7] ibidem
[8] ibid p.166
[9] ibid pp.132-133
[10] ibid p.118
[11] ibid p.120
[12] LINK
[13] LINK
[14] “La cospirazione di Tutankhamon”, Andrew Collins e Chris Ogilvie-Herald, Newton & Compton p.125
[15] ibid p.120.
[16] ibid p.125.
[17] ibid p.120 – LINK
[18] ibidem
[19] citaz. “A Passion for Egypt: A Biography of Arthur Weigall” by Julie Hankey Author of Review: Herbert W. Mason.
[20] citaz. Aldred, “Akhenaton: King of Egipt” – citaz. Assmann, Moses the Egyptian: “The memory of Egipt in Western Monotheism” – Weigall, “Tuthankhamen and other Essays”, pp. 108-109.
[21] S. Freud, Opere, Vol.11,. “L’uomo e la religione monoteista e altri scritti”, Torino, Bollati Boringhieri, 1979.
[22] da “La cospirazione di Tutankhamon”, Andrew Collins e Chris Ogilvie-Herald, Newton & Compton.
[23] da: G.Herbert, V conte di Carnarvon, “Resoconto della scoperta della tomba di Tutankhamen”, British Library Manuscript Collection, RP 17991.
[24] “La cospirazione di Tutankhamon” p.168.
[25] “Dialogo sulla razza e altri scritti”, Vladimir Jabotinsky, traduz. effettuata da V.Pinto per M&B Publishing ediz., 2003
[26] citaz. Nial Ferguson, “The House of Rothschild: The world’s bankers”, Londra, Penguin, 2000, p.247.
[27] citaz. The 6° Earl of Carnarvon, “No regrets, Memoirs of the earl of Carnarvon”, Londra Weidenfeld and Nicolson, 1980, p.6.
[28] “La cospirazione di Tutankhamon” pag 312.
[29] ibidem
[30] ibid. pag. 314.
[31] “Mosè l’egiziano”, J.Lehmann, Garzanti, Milano
[32] “I segreti dell’esodo”, Messod e Roger Sabbah
[33] “L’ultimo mistero di Qumran”, Robert Feather
[34] “The Origin and Evolution of Religion” di Albert Churchward”
[35] G. Hancock e R. Bauval “Talismano”.
[36] Arthur C. Mace, “The Tomb of Tut.ankh.Amon”.
[37] Arnold C. Brackman “The search for the gold of Tutankhamen”
[38] Lee Keedick , 1978, “Tutankhamen-the untold story”.

Se tre greci partecipano al Bilderberg...

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Partendo dal presupposto che 3 rappresentanti greci fossero presenti al Bilderberg 2015 e che tutti e tre spingevano per una ulteriore “cessione di sovranità”, vogliamo porvi una domanda molto semplice, la cui risposta potrebbe non essere così scontata: è solo una coincidenza che la Grecia sia stata di fatto affondata, “grazie” all’accordo dell’Eurogruppo?

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Siamo stati tra i primi a darvi la notizia sulla location del Bilderberg 2015, la riunione dei “Potenti della Terra” svoltasi agli inizi di giugno all’Interalpen-Hotel Tyrol, struttura a 5 stelle tra le montagne dell’Austria. In quei giorni sono state delineate le strategie geopolitiche del mondo occidentale, a breve e medio termine.

E da quel momento l’Europa, e soprattutto la Grecia, hanno iniziato a tremare. Prima il referendum, poi la vittoria del no, infine l’inaspettata decisione di estromettere il Ministro Varoufakis dalle trattative e il conseguente “calare le braghe” di Tsipras. L’accordo raggiunto all’Eurogruppo è infatti insostenibile per il Governo greco, di qualunque colore esso sarà da qui in avanti.

Nel “presentavi” la location del Bilderberg 2015 vi avevamo anche rivelato i partecipanti italiani: oltre a Mario Monti e Franco Bernabé, che siedono nel comitato direttivo, erano presenti anche il presidente di Fca John Elkann, la giornalista Lilli Gruber e Gianfelice Rocca, imprenditore e presidente del gruppo industriale Techint, dell’Istituto Clinico Humanitas e di Assolombarda.

Il tema della Grecia, la patata bollente dell’Eurozona, era ovviamente tra i punti chiave dell’agenda del Bilderberg 2015, come dimostra questo report ed è bene sapere – come riporta il Guardian – che “Benoît Coeuré, membro del comitato esecutivo della Banca Centrale Europea, era lì per discutere il futuro della Grecia – privatamente – con le parti interessate. Vale a dire i capi Deutsche Bank, Lazard, Banco Santander e HSBC, cioè gli istituti più esposti finanziariamente.

Cosa si sono detti?

Non lo sapremo mai ma in qualche modo possiamo intuirlo, visti i risultati e visti anche chi erano i 3 rappresentati greci al Bilderberg 2015 e visto il mantra sulla “cessione di sovranità greca” che i tre hanno promosso al Bilderberg 2015.

IL TITANO GRECO

Dimitris Papalekopoulos

Il primo era Dimitris Papalekopoulos, managing director del gruppo Titan Cement, il maggior produttore greco di cemento e altri materiali da costruzione. Il gruppo opera in 14 paesi in Europa, Nord America e nel Mediterraneo orientale: principalmente in Grecia, nei Balcani, in Egitto, Turchia e Stati Uniti.

Negli ultimi cinque anni, da quando si è acuita la crisi greca, il gruppo Titan ha fatto affari d’oro, come dimostra il grafico sottostante (fonte Bloomberg).

Grafico Titan Cement 5 anni

Tra i proprietari della Titan Cement Company S.A. (TTN.R) troviamo alcuni dei maggiori fondi internazionali (tra cui Fidelity Management & Research Co.), la più importante banca norvegese (Norges Bank Investment Management) e la famiglia Canellopoulos, rappresentate massimo dell’oligarchia greca. Vale la pena sapere che Constantine Canellopoulos, della omonima famiglia, ha lavorato come Financial Consultant presso Goldman Sachs e Citibank.

E anche un’altra controllata del Titan Cement, la Titan Cement Co SA (TITK) è nelle salde mani statunitensi: tra gli azionisti principali troviamo infatti il Vanguard Group, il Wellington Fund e il Fidelity. Se questi nomi non vi dicono niente sappiate che i fondi in questione sono le leve finanziare utilizzate dalle principali multinazionali statunitensi per colonizzare il Capitalismo mondiale.

L’ONORARIO PRESIDENTE

Panagiotis Pikrammenos

Il secondo rappresentate greco al Bilderberg 2015 era Panagiotis Pikrammenos, primo ministro ad interim per un mese nel 2012 e Presidente Onorario del Consiglio di Stato ellenico. Laureato alla Deutsche School di Atene, un istituto privato che già dal nome vi racconta quale background possa avere, Panagiotis Pikrammenos viene è apertamente descritto come niente di più che un custode dell’èlite europea, cui ha promesso il suo sostegno anche a costo di indebitare maggiormente il suo paese.

L’ECONOMISTA PRO-DEBITO

Loukas Tsoukalis

Il terzo rappresentate greco al Bilderberg 2015 è l’economista Loukas Tsoukalis, membro del Council on Foreign Relations (versione europea) e Presidente della Fondazione Ellenica per la Politica Europea ed Estera, una sorta di think tank dell’oligarchia greca. Secondo quanto scrive Il Fatto Quotidiano le teorie economiche di Tsoukalis, esposte nel saggio Europa infelice, serve un big deal (Atene, Patakis Publications, 2014) prevedono “un controllo più democratico e un potere esecutivo con un forte potere discrezionale quando si prendono decisioni”. 

Ovvero cessione di sovranità nazionale al nucleo centrale, è la tesi, per prendere decisioni comuni. Una situazione che, nei fatti, esiste già, con regole comuni per Paesi ancora diversi, meccanismi di difesa bancari messi in campo in occasione della prima crisi greca del 2012, trattati europei e parametri di finanza pubblica imposti dall’alto come l’impossibilità di sfondare il famoso 3% per quanto riguarda il rapporto debito/pil.

In sostanza Loukas Tsoukalis è l’anti Varoufaikis per eccellenza.

CONCLUSIONI

Ecco spiegato, quindi, chi e perché ha partecipato – in nome del popolo greco – al Bilderberg 2015. E in nome, si fa per dire, di questo popolo ha distrutto la Grecia. Ora, come rispondereste alla domanda iniziale? Se avete ancora qualche dubbio potrebbe esservi utile sapere che la crisi della Grecia è dovuta, in gran parte, agli accordi segreti del 2001 tra il governo dell’epoca e Goldmans Sachs. Si trattava di un prestito-truffa, sotto forma di derivati, che costò allo stato greco 6 miliardi di dollari. E quel buco nero si è sempre allargato, fino a diventare una voragine che tutto inghiotte.

Il TTIP e la vittoria degli "Elohim" moderni

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Il dato più preoccupante del recente incontro del G7 è la promessa di realizzare in tempi brevi il Ttip, come ha rassicurato la cancelliera Merkel, ormai unica voce in rappresentanza dei Paesi europei, che non a caso per fare un piacere a Obama non ha dimenticato di minacciare un inasprimento delle sanzioni alla Russia, colpevole di aver violato la sovranità dell’ Ucraina quando tutti ormai sanno il gioco sporco che Usa e Ue hanno fatto e stanno facendo in quella regione.
 
Se non fosse per l’irrilevanza di queste riunioni annuali, che non fanno altro che ribadire progetti e decisioni prese in altri contesti molto meno pubblicizzati, si potrebbe relegare il tutto all’ennesimo carrozzone messo in piedi dai Paesi più industrializzati, su impulso e direzione degli Stati Uniti che escludono i Brics dalle loro riunioni, non abbastanza ligi alla visione del mondo che hanno a Washington, e ora anche la Russia.

La cancelliera Merkel ha promesso a Obama di concludere le trattative sul Ttip entro la fine di quest’anno. Il Transatlantic Trade and Investment Partnership, o preferibilmente Trattato transatlantico sul Commercio e gli Investimenti, è un trattato di libero scambio che serve a modellare l’economia e il commercio europeo a immagine e somiglianza di quello statunitense.
 
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Ad una prima lettura superficiale può apparire sorprendente che la Germania, il Paese che di fatto guida l’Unione Europea imponendole l’austerity e il modello economico tedesco, possa aderire ad un Trattato che distruggerebbe il vantaggio competitivo che ha accumulato in questi anni a discapito dei Paesi dell’Europa del Sud. Non lo è poi tanto, se si considera che la Germania stessa commette un suicidio per la sua politica commerciale, quando continua ad applicare sanzioni economiche nei confronti della Russia, uno dei suoi partner commerciali più importanti.
 
La dichiarazione della Merkel è dunque la conferma che l’Unione Europea non è che una periferia nella quale gli Usa possono far valere i propri interessi politici e commerciali. Il Ttip è l’ultimo passo per l’abdicazione della sovranità degli Stati europei e la nascita di un’unica area commerciale dominata dall’egemonia di Washington.
 
I cittadini europei e italiani, ne sanno ancora ben poco perché su questo trattato e i suoi contenuti è stato mantenuto il più stretto riserbo. I documenti sulle trattative sono trapelati solo grazie al contributo di Wikileaks. Se avessimo atteso che le autorità europee e americane rendessero possibile l’accesso ai documenti avremmo dovuto attendere 30 anni, un tempo giudicato sufficientemente lungo dal capo delle negoziazioni dell’Ue Ignacio Garcia Bercero, che ha ribadito il suo impegno alla controparte americana a non diffondere in alcun modo il contenuto delle trattative.
 
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Perché imporre la segretezza su un accordo che cambierà completamente l’assetto del commercio europeo e la sua economia? Chi è il vero beneficiario di questo trattato? I documenti descrivono un mercato senza più barriere e controlli, quella liberalizzazione totale che darebbe alle corporation americane l’opportunità di esportare le loro merci nei mercati europei, senza tutte quelle regolamentazioni che oggi ostacolano il commercio Europa-Usa. Il vantaggio dunque è solo americano. Quale sarebbe però l’impatto per le nostre economie? Forse è questa segretezza che ha spinto il Presidente dell’Europarlamento Martin Schulz a sancire che non deve esserci né voto né dibattito sul Ttip, suscitando forti tensioni nell’aula plenaria che ancora una volta dimostra un grave deficit democratico delle istituzioni europee.

Aumento della disoccupazione

La storia recente insegna che gli accordi di libero commercio sono svantaggiosi per i Paesi che hanno più protezioni a livello salariale o diritti più solidi in materia di legislazione del lavoro, e vantaggiosi per chi ha deregolamentato il mercato del lavoro.
 
Una volta che il Trattato entrerà in vigore, le imprese potranno aprire sedi in tutte le aree interessate dall’accordo ed essere trattate allo stesso modo delle imprese locali. Lo Stato in questo modo perde il potere di porre delle condizioni di entrata al suo mercato e non può regolamentare l’apertura di imprese straniere, che avranno lo stesso trattamento di quelle locali.
 
Il mercato europeo e quello statunitense hanno ancora profonde differenze; il primo ha costi del lavoro più alti e sindacati più forti; il secondo ha costi del lavoro più bassi e una protezione sindacale molto più debole. E’ quindi facile immaginare che la creazione di un’unica area di libero scambio, incentivi la migrazione di imprese europee sul suolo americano, attratte da costi più bassi.
 
Sarebbe una riedizione del fenomeno della delocalizzazione di imprese europee verso l’Europa dell’Est e l’Asia, con gli Stati Uniti come nuovo mercato di riferimento e un conseguente aumento della disoccupazione interna per i Paesi che subiscono la chiusura delle imprese locali.

Ttip: perché imporre la segretezza su un accordo che cambierà completamente l’assetto del commercio europeo e la sua economia? Chi è il vero beneficiario di questo trattato? Quale sarebbe però l’impatto per le nostre economie?
 
Sicurezza alimentare e ambientale

Gli standard europei sono decisamente più alti anche in questo settore. Circa il 70% dei cibi industriali nei supermercati americani contengono Ogm, mentre in Europa, nonostante il lobbysmo delle multinazionali verso la Commissione Europea, ci sono norme molto più restrittive.
 
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Il Ttip sarebbe il cavallo di Troia perfetto per portare gli organismi geneticamente modificati sulle nostre tavole, e corporation come la Monsanto avrebbero il modo di dominare completamente il mercato dell’agricoltura europeo. L’industria delle biotecnologie in Europa sta lavorando a stretto contatto con quella statunitense proprio per aumentare la diffusione di Ogm nel mercato alimentare europeo.
 
Con le norme attuali circa il 40% dei cibi americani non potrebbe essere venduto in Europa, a causa delle restrizioni sugli interferenti endocrini che vengono utilizzati ad esempio nelle carni americane, sottoposte ad un trattamento a base di ormoni della crescita oppure trattate con cloro; una procedura espressamente vietata dall’Ue nel 1997.

Privatizzazioni

Cosa non è stato ancora toccato dalle privatizzazioni? Attualmente la sanità pubblica non è ancora stata privatizzata, anche se le politiche di tagli al bilancio l’hanno fortemente indebolita. Le compagnie assicurative americane che controllano la sanità americana, vedono nell’Europa un importante mercato di sbocco e il Ttip rappresenta l’occasione attesa da tempo per sostituire i servizi pubblici sanitari europei. La logica è quella del business: al monopolista pubblico che ha esigenze e interessi diversi, si sostituisce l’oligopolio privato che vuole fare profitti. Sono interessate a questa dinamica anche le compagnie dei trasporti aerei, ferroviari e marittimi le quali dovrebbero essere vendute a compagnie private transnazionali che in questo modo potrebbero gestire i servizi strategici essenziali dei Paesi europei.

Multinazionali superiori agli Stati nazionali

Questa forse è la parte più grave e inquietante. Negli accordi di investimento bilaterali esiste una clausola specifica che consente di mettere su un piano giuridicamente uguale o addirittura superiore le corporation rispetto agli Stati stranieri. Si tratta dell’Isds (Investor-State Dispute Settlement), ovvero la risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, uno strumento già presente nel trattato di libero scambio nordamericano (Nafta).
 
Invocando questa clausola, le multinazionali avrebbero il potere di trascinare gli Stati in tribunali internazionali per esercitare una richiesta di danni contro quelle nazioni che non hanno permesso la vendita dei loro prodotti sul proprio territorio. Una situazione che ha dovuto fronteggiare il Canada alle prese con ricorsi di corporation straniere che si sono appellati a questo strumento. Usa e Ue stanno trattando per inserire questa procedura nel Ttip, e l’impatto di questa misura potrebbe essere devastante non solo per la sovranità degli Stati, che si troverebbero alle prese con i ricorsi (costosi) delle compagnie straniere, ma anche per i sistemi giuridici nazionali che verrebbero sottoposti al giudizio di tribunali internazionali.
 
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Non sarà neppure necessario passare prima per il giudizio di un tribunale nazionale, in quanto questa procedura consente alle corporation di scavalcare le giurisdizioni nazionali e ricorrere direttamente al giudizio dei tribunali internazionali, spesso espressione di corti fittizie patrocinate dagli avvocati delle stesse compagnie che ricorrono in giudizio. Non è difficile immaginare che questi tribunali sosterranno le ragioni delle compagnie transnazionali a discapito di quelle degli Stati nazionali.

In conclusione, il Ttip non è solo una manifesta sottomissione degli interessi europei alla politica estera e commerciale statunitense, ma una definitiva trasformazione dello Stati che compongono l’Europa, che saranno completamente privati della loro sovranità in ambito economico, come già con l‘ euro sono stati privati della loro sovranità monetaria. Il Ttip è, insomma, la fase suprema della globalizzazione.
 

Ci sono sempre più prove che l'universo sia un ologramma gigante

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Se un amico ti avesse detto che viviamo tutti in un ologramma gigante, probabilmente gli avresti risposto di cambiare spacciatore. Ma, incredibile a dirsi, i fisici di tutto il mondo stanno iniziando a pensare lo stesso: che quello che noi vediamo come un universo tridimensionale potrebbe essere l’immagine di un universo a due dimensioni proiettato lungo un enorme orizzonte cosmico.

Sì, è roba da pazzi. La natura tridimensionale del nostro mondo è il fondamento del nostro senso della realtà tanto quanto l’idea dello scorrere del tempo. E ora, alcuni ricercatori tendono a credere che le contraddizioni tra la teoria della relatività einsteiniana e la meccanica quantistica potrebbero essere conciliate se considerassimo ogni oggetto tridimensionale del nostro mondo come la proiezione di minuscoli byte subatomici contenuti in un mondo piatto.

Se fosse vero, sarebbe un tassello davvero importante nella nostra conoscenza della realtà,” mi ha detto al telefono Daniel Grumiller, un fisico dell’Università Tecnologica di Vienna. Grumiller, insieme ai colleghi Max Riegler, Arjun Bagchi e Rudranil Basu ha pubblicato recentemente il primo studio in assoluto che offre delle prove concrete che il cosiddetto principio olografico—secondo il quale certi spazi a tre dimensioni possono essere matematicamente ridotti a proiezioni bidimensionali—possa descrivere il nostro universo.

“Se vent’anni fa avessi chiesto a qualunque fisico quante fossero le dimensioni del mondo, ti avrebbe risposto ‘tre dimensioni spaziali più il tempo,’" ha aggiunto. “Il principio olografico è stato postulato per la prima volta più di 20 anni fa come una possibile soluzione al famoso paradosso dell’informazione del buco nero di Stephen Hawking.” (Il quale sostiene, essenzialmente, che i buchi neri sembrano inghiottire informazioni, cosa impossibile secondo la teoria dei quanti.)

Ma se il principio non è mai stato formalizzato matematicamente per i buchi neri, il fisico teorico Juan Maldacena ha dimostrato diversi anni fa che l’ipotesi olografica reggeva per un tipo di spazio teoretico chiamato spazio anti de Sitter. A differenza dello spazio del nostro universo, che su scala cosmica è relativamente piatto, lo spazio anti de Sitter ha una curvatura interna che ricorda una sella.
Se questa descrizione dello spazio è corretta, allora come per ogni computer c'è un limite intrinseco alla capacità dell'universo di archiviare e processare informazioni.

“Lo spazio anti de Sitter non è direttamente rilevante per il nostro universo, ma ci permette di effettuare calcoli che altrimenti sarebbero complicatissimi, se non impossibili.”

All’interno di questo spazio teoretico, Maldacena ha mostrato che due set di equazioni fisiche si sovrapponevano perfettamente: le equazioni della teoria gravitazionale e quella della teoria quantistica dei campi. Questa corrispondenza era totalmente inaspettata, perché mentre la gravità è descritta in tre dimensioni spaziali, la teoria quantistica dei campi ne richiede soltanto due. Il fatto che le leggi della fisica producessero risultati identici a due o tre dimensioni indicava la natura olografica dello spazio anti de Sitter.

“Questa era la prima volta che qualcuno mostrava esplicitamente come funzionasse l’olografia,” ha continuato Grumiller. “Ma visto che il nostro universo non è uno spazio anti de Sitter—su larga scala è praticamente piatto—è interessante chiedersi se il principio olografico si applichi allo stesso modo anche allo spazio piatto.”
 

Illustrazione dello spazio anti de Sitter. Immagine: Wikimedia
 
Per dimostrare che è effettivamente possibile vedere il nostro universo come un ologramma, è necessario calcolare le grandezze fisiche usando sia la teoria quantistica dei campi che quella della gravità in uno spazio “piatto,” e ottenere risultati corrispondenti. Grumiller ha deciso di provare a replicare una qualità fondamentale della meccanica quantistica—l’entanglement quantistico—usando la teoria della gravità.

Quando due particelle quantistiche sono legate dall’entanglement, non possono essere descritte individualmente, ma formano un solo “oggetto” quantistico, pur essendo distanti tra loro. Esiste un modo per quantificare l’entanglement di un sistema quantistico, conosciuto come “entropia dell’entanglement.” Dopo molti anni di ricerche, Grumiller e i suoi colleghi sono riusciti a dimostrare che questa entropia ha esattamente lo stesso valore se calcolata sia con la teoria gravitazionale che con la teoria quantistica dei campi, per quanto riguarda spazi simili al nostro universo.

“Questo calcolo conferma le nostre supposizioni sul fatto che il principio dell’ologramma possa realizzarsi anche in spazi piatti,” ha detto Riegler in un comunicato stampa. “Prova la validità del principio di corrispondenza nel nostro universo.”

 
Lo scienziato del Fermilab Aaron Chou (a sinistra), e la studentessa della Vanderbilt University Brittany Kamai controllano lo Holometer usato per testare l’ipotesi che l’universo sia un ologramma in 2D. Immagine: Fermilab
 
Se il principio olografico si applica davvero al nostro universo, potrebbe forse aiutarci a risolvere le varie incongruenze tra la teoria della relatività e quella quantistica, incluso il paradosso dell’informazione del buco nero. Offrirebbe inoltre ai ricercatori un modo per rispondere a quesiti quantistici davvero complessi usando equazioni gravitazionali relativamente semplici. Ma prima di poter dire con certezza che viviamo dentro Matrix, c’è ancora un bel po’ di lavoro da fare.

“Abbiamo fatto questi calcoli usando la teoria gravitazionale a tre dimensioni e la teoria quantistica dei campi a due dimensioni, ma l’universo si sviluppa in tre dimensioni, più il tempo,” ha detto Grumiller. “Il passo successivo sarà generalizzare queste considerazioni per includere una dimensione in più. Ci sono molte altre grandezze che dovrebbero coincidere tra le due teorie, ed è anche su questo che stiamo lavorando ora.”

Aldilà delle considerazioni teoretiche, c’è la faccenda completamente diversa dell’abbattere l’illusione e osservare mediante esperimenti la natura olografica della realtà. I fisici al Fermilab del Department of Energy stanno provando a fare proprio questo.

Come abbiamo raccontato su Motherboard l’anno scorso, il Direttore del Fermilab Center for Particle Astrophysics Craig Hogan ha recentemente ipotizzato che il nostro mondo macroscopico sia come uno “schermo video a quattro dimensioni” creato da pezzetti simili a pixel di informazioni subatomiche trillioni e trillioni di volte più piccoli degli atomi. Ai nostri macroscopici occhi, qualsiasi cosa sembra a tre dimensioni.
Ma esattamente come avvicinare la faccia allo schermo fa sì che i pixel diventino visibili, se scrutiamo abbastanza a fondo nella materia a livello subatomico, la bitmap del nostro universo olografico potrebbe rivelarsi.

A questo punto. Se questa definizione di spazio è corretta, allora, come per qualsiasi computer, la capacità di contenere e processare dati dell’universo è limitata. Inoltre, questo limite si porterebbe dietro segnali rivelatori—il cosiddetto “rumore olografico”—che possiamo misurare.

Come ha spiegato Hogan a Jason Koebler di Motherboard, se davvero viviamo in un ologramma, “l’effetto primo è che la realtà ha un numero di informazioni limitato, come un film su Netflix quando la Comcast non ti da abbastanza banda. È tutto un po’ sfocato e a scatti. Niente resta fermo, mai, si muove sempre un pochino.”

Il rumore della banda della realtà, si può dire, è esattamente ciò che sta cercando di misurare il laboratorio di Hogan, usando uno strumento chiamato Holometer, che è fondamentalmente un puntatore laser molto grande e potente.

“Stiamo cercando di stabilire se ci sia un limite alla precisione con cui possiamo misurare le posizioni relative di grandi oggetti,” mi ha scritto in una mail Robert Lanza, ricercatore postdoc. “Rappresenterebbe un limite nelle informazioni effettive immagazzinate dall’universo.”
 

L'Holometer. Immagine: Fermilab

L’esperimento che decifrerà questa cosa prevede la misurazione delle posizioni relative di grandi specchi lontani 40 metri, tramite l’uso di due interferometri laser Michaelson, con una precisione 1 miliardo di volte più piccola di un atomo. Se, come sostiene l’ipotesi del rumore olografico, le informazioni sulle posizioni dei due specchi sono finite, allora i ricercatori dovrebbero raggiungere un limite oltre il quale non dovrebbero essere in grado di risolvere ulteriormente le posizioni reciproche.

“E poi cosa succede?” mi ha detto Lanza. “Ci aspettiamo di cogliere semplicemente rumore, come se le posizioni delle ottiche danzassero in giro, senza riuscire a fissarsi con maggiore precisione. Alla fine, il segno che cerchiamo è un fondo di rumore irriducibile dato dal fatto che l’universo non può immagazzinare altre informazioni sulle posizioni degli specchi.”

Il gruppo al momento sta raccogliendo e analizzando dati, e si aspetta di trovare i primi risultati entro la fine dell’anno. Lanza mi ha detto che sono animati dal fatto che i loro strumenti hanno raggiunto fino ad ora la migliore sensibilità mai avuta a onde gravitazionali e alte frequenze.

“La fisica delle onde gravitazionali non è legata al rumore olografico, ma i risultati delle onde gravitazionali dimostrano che il nostro strumento opera alla massima qualità scientifica, e ora non rimane che scavare a forza di esperimenti nella scienza del rumore olografico,” ha detto Lanza.

Sembra dunque che per ora dovremo aspettare che i fisici facciano i loro calcoli difficili e sparino i loro laser per sapere se le nostre vite sono in realtà solo un’illusione sofisticata. Nel frattempo, la domanda fondamentale nella mia testa è, come diamine ci condizionerà una rivelazione del genere?

“Sapere questa cosa non avrà un impatto sulle nostre vite, come sapere del Big Bang o che esistono altre galassie non cambia la nostra quotidianità,” ha detto Grumiller.

“Ma sapere che l’universo ha avuto inizio con il Big Bang ha senza dubbio cambiato la nostra visione dell’universo, e allo stesso modo sapere che l’universo è un grande ologramma sarà una nozione profonda.”

Lanza è d’accordo. “Ci costringerebbe a cambiare radicalmente la nostra percezione della realtà, in un modo che, io stesso, faccio fatica a comprendere,” ha detto.

Indubbiamente, si scardina del tutto la definizione di “simulazione.” Se viviamo in un ologramma gigante, possiamo davvero dire che tutti quei mondi di sim e MMO che abbiamo costruito non sono reali quanto i pianeti, i cluster stellari e le galassie del nostro universo, che si riducono tutte alla fine dei conti in punti quantistici su una bitmap cosmica?

Forse l’unica cosa che possiamo dire con qualche certezza è questa: se il nostro universo è una simulazione è probabilmente molto più vicino alla perfezione di quanto noi potremo mai sperare di fare. In questo senso, vivere dentro Matrix non sembra poi tanto male.

http://motherboard.vice.com/it/read/le-prove-che-l-universo-e-un-ologramma

La BBC torna a parlare del caso UFO noto come Rendlesham Forest

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In un’intervista alla BBC, il colonnello Charles Halt- uno dei testimoni oculari dell’avvistamento UFO verificatosi nel dicembre del 1980 in Suffolk- ha affermato di essere in possesso di nuove prove sul discusso episodio di Rendlesham Forest. Un elemento in più che confermerebbe l’origine extraterrestre dell’oggetto volante visto da lui e da molti altri soldati.

IL COLONNELLO CHARLES HALT OGGI

La vicenda è nota, tanto da essere considerata l’equivalente europeo del caso Roswell. Per più notti di seguito, nel bosco che divideva due basi aeree gemelle della NATO in territorio britannico- Woodbridge e Bentwaters- fu notata una strana sfera luminosa muoversi tra gli alberi e persino tra gli hangar. Un’astronave aliena, stando ai racconti (non sempre coerenti tra loro) dei vari militari che se la trovarono di fronte; semplicemente la luce emessa dal faro di Orfordness o un meteorite secondo la spiegazione comunemente accettata.

Halt- all’epoca colonnello e vicecomandante della base di Bentwaters – stilò una relazione sull’accaduto, spiegando il comportamento bizzarro e la natura sconosciuta delle luci misteriose che aveva inseguito insieme ai suoi soldati. La relazione finì sul tavolo del Ministero della Difesa, insieme a decine di altri documenti, incluse le deposizioni dei numerosi testimoni. Ma la conclusione degli esperti fu molto tranquillizzante: non era successo nulla di rilevante per la sicurezza nazionale, ma in ogni caso andava mantenuto il segreto.

Le notizie invece sono presto trapelate, grazie alla prima “gola profonda”, il sergente Larry Warren, seguito poi da altri militari. Halt invece si è attenuto agli ordini fino al giorno del suo pensionamento. 

Da allora, è diventato un fiume in piena. Ha raccontato tutti i dettagli di quell’esperienza memorizzata in modo indelebile su nastri registrati proprio in quella notte di 35 anni fa. E non ha mai smesso di accusare il  governo di Washington e quello di Londra di aver insabbiato la verità sul caso di Rendlesham Forest.

COME I GIORNALI DESCRISSERO LA VICENDA...

Adesso, l’ex ufficiale sostiene di avere un’ulteriore informazione a sostegno della veridicità del suo racconto: la testimonianza degli operatori radar al lavoro nel dicembre 1980 alla base di Bentwaters e nel vicino campo di aviazione della RAF di Wattisham, sempre nel Suffolk. Anche loro hanno mantenuto la consegna del silenzio fino a quando sono stati in servizio. Una volta in pensione, hanno accettato di inviargli per iscritto i loro ricordi su quell’episodio.

“Quelli di Bentwaters mi hanno confermato di aver visto un oggetto attraversare il loro spazio aereo in due o tre secondi, alla velocità di migliaia di miglia all’ora; poi è tornato indietro, si è fermato davanti alla torre dell’acqua e lo hanno visto mentre procedeva dentro la foresta dove ci trovavamo noi”, ha dichiarato alle telecamere della BBC. “A Wattisham, hanno agganciato quello che definiscono un bogey e lo hanno perso vicino a Rendlesham Forest. Qualunque cosa fosse, era sicuramente sotto un controllo intelligente.” La parola bogey è usata in gergo militare per indicare velivoli non identificati.

Le dichiarazioni di Charles Halt riaccendono l’entusiasmo dei ricercatori UFO britannici, già in fibrillazione alla notizia del prossimo rilascio dei documenti relativi proprio a questo famoso caso. Il dossier finora pubblicato infatti è formato da pochi fogli di scarsa rilevanza: la  maggior parte della documentazione raccolta ai tempi rientrerebbe in quei 18 file che il Ministero della Difesa non ha ancora divulgato, ma che ha promesso di consegnare agli Archivi Nazionali entro il prossimo marzo.

ANCHE BERLINO DEVE DIVULGARE I SUOI X FILE

Ma c’è attesa anche per altri file. Sono quelli che un tribunale ha ordinato al Governo di Berlino di rendere disponibili. Il lungo braccio di ferro tra gli ufologi tedeschi e il Parlamento si è concluso nei giorni scorsi con la sentenza della Suprema Corte Amministrativa di Lipsia: il Bundestag dovrà permettere a tutti i cittadini tedeschi che ne faranno richiesta di prendere visione di questi documenti. Anche se ufficialmente  non esistono. Questa infatti è stata la linea seguita dall’autorità politica: negare di aver mai ordinato indagini sull’argomento. Ma il giudice non c’ha creduto.

La storia di Cameron Macaulay e le indagini di Ian Stevenson

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Reincarnazione, ipnosi regressiva… quanto c’è di vero e scientifico in tutto ciò? Possono davvero gli scienziati fare chiarezza sulla vita e sulla morte? Forse la certezza di cosa avverrà sarà sempre il grande tabù della società che crede nell’aldilà per religione. Eppure dei casi che potrebbero fare chiarezza ci sono e studi scientifici non mancano sull’argomento. Ma ecco la storia più emblematica della prova della reincarnazione.

I segni della reincarnazione possono riconoscerli tutti. Ecco quali sono

Nel 2007 suscitò scalpore l’incredibile storia di Cameron, il bambino scozzese che a pochi anni ricordava sorprendenti dettagli di una vita precedente.

Cameron Macaulay vive con la madre Norma, separata, e un fratello maggiore a Clydebank, una città industriale vicino a Glasgow, in Scozia. A tre anni ha cominciato ad avere un comportamento strano: parlava sempre di persone che non aveva mai conosciuto e descriveva nei dettagli luoghi nei quali non era mai stato. A volte si spingeva oltre: diceva di essere cresciuto a Barra, un’isola sperduta a nord della Cornovaglia, a 300 chilometri dalla sua città, dove, naturalmente, non era mai stato prima. 

Ma soprattutto nominava di continuo la sua «vecchia» famiglia, la «mamma e i fratelli di prima» e il vecchio padre di nome Shane Robertson, morto, secondo lui, in un incidente d’auto. Riusciva a descrivere la sua vecchia casa nei dettagli dicendo che era grande, bianca e affacciata su una baia di Barra, dalla quale diceva di sentire il rumore degli aerei che atterravano sulla spiaggia. 

Spesso il bimbo si lamentava della sua casa di «adesso», dotata di un solo bagno mentre quella «di allora» ne aveva tre. Anche la sua famiglia attuale non gli andava tanto bene, perché viaggiava troppo poco rispetto a quella «di prima».

Per tre anni la mamma di Cameron e le maestre hanno ritenuto che i suoi racconti fossero frutto di fantasia.

Ma quando Cameron ha compiuto sei anni la situazione è precipitata: piangeva tutti i giorni perché voleva tornare dalla famiglia e dagli amici «di prima». Per risolvere la questione una volta per tutte, Norma pensò di accompagnare suo figlio a Barra, certa che il bambino, una volta giunto sull’isola, avrebbe ammesso di essersi inventato tutto. 

Intanto la donna aveva saputo che una casa di produzione tv era alla ricerca di storie legate alla reincarnazione e così ha contattato la troupe, ha proposto il caso di suo figlio e insieme con loro ha deciso di girare un filmato sul viaggio a Barra. Al gruppo si è aggiunto anche un medico incuriosito dalla vicenda, Jim Tucker, direttore della clinica di Psichiatria infantile della Virginia University.

Una volta arrivato sull’isola, dopo aver visitato quasi tutte le case del posto, Cameron ha ritrovato la casa bianca, isolata e affacciata su una splendida baia di cui aveva tante volte parlato alla madre. Nei pressi della casa, inoltre, si è diretto a colpo sicuro verso un pertugio nascosto da cespugli: un’entrata segreta che non si sa come potesse conoscere, poiché dall’esterno era totalmente invisibile. 

Nel frattempo si era anche scoperto che in effetti una famiglia Robertson era esistita veramente su quell’isola e aveva abitato in quella casa, affacciata sulla baia di Cockleshell, proprio come descritto da Cameron. Tuttavia gli ultimi discendenti se n’erano andati da tempo. Ma di fronte d alcune foto della famiglia rintracciate sull’isola, il bambino ha riconosciuto il cane maculato e l’auto nera di cui parlava spesso!

Dunque Cameron Macaulay si è davvero reincarnato?

Lo scienziato che invece ha studiato vari casi per anni è Ian Stevenson, professore di psichiatria all’Università di Charlottesville, è il più famoso studioso della reincarnazione. Colui che ne ha ricercato le prove scientifiche e che ha dato spiegazioni su segni, voglie, cicatrici che talvolta si hanno senza spiegazioni. 

In più di trenta anni di ricerche ha analizzato circa 2000 casi di bambini che raccontavano spontaneamente la loro vita precedente. 

Nel libro Bambini che ricordano altre vite Stevenson raccoglie alcuni interessanti casi, scegliendoli tra le culture di tutto il mondo. C’è ad esempio la storia dell’indiano Gobal Gupta, che a due anni cominciò a sostenere di essere appartenuto in passato ad una famiglia di una casta più alta dell’attuale, che viveva in una città a 160 chilometri di distanza da quella dei suoi genitori e che uno dei suoi fratelli gli aveva sparato uccidendolo: questi elementi sono stati puntualmente verificati. 

Oppure c’è il caso della srilankese Shamlinie Prema, che fin da prima che potesse parlare mostrava un totale rifiuto per l’acqua quando le volevano fare il bagno e che piangeva ogni volta che vedeva passare un autobus. Quando cominciò a parlare, la bambina raccontò che una mattina, all’età di undici anni, mentre andava a scuola, la strada era allagata e un autobus passando l’aveva schizzata facendola cadere in una risaia piena di acqua dove sarebbe morta affogata. I suoi genitori trovarono sui giornali locali questa storia esattamente come l’aveva riportata la figlia.

In molti casi di reincarnazione si verificano addirittura predizioni fatte prima di morire dall’individuo che intende reincarnarsi o sogni premonitori fatti da qualcuno che gli sta vicino. 

In Birmania, ad esempio, una donna incinta sognò per ben tre volte un soldato giapponese a torso nudo e con i pantaloncini corti che le diceva che sarebbe andato a stare da lei e da suo marito. Suo figlioMa Ting Aung Myo fin da piccolissimo aveva il terrore degli aeroplani. Quando cominciò a parlare, raccontò di una vita precedente durante la Seconda Guerra Mondiale come soldato giapponese e ricordò di essere morto durante un’ incursione aerea. Descrisse anche come era vestito quando l’aereo bombardò il villaggio: era esattamente come il soldato che era comparso prima della sua nascita nei sogni della madre.

Ma la prova più forte della reincarnazione Stevenson l’ha rintracciata nel fatto che i bambini presentano voglie, malformazioni o segni di nascita che dopo un’accurata ricerca si rivelano perfettamente corrispondenti ai segni di morte, di solito violenta, di coloro che sostengono essere stati nella vita precedente. ( Il suo libro "Le prove della reincarnazione", è addirittura corredato di foto a riguardo). 

Bambini che Ricordano altre Vite - Libro

Un anziano pescatore dell’Alaska, ad esempio, disse a sua nipote che sarebbe rinato come suo figlio e le mostrò due cicatrici grazie alle quali lo avrebbe riconosciuto. Qualche tempo dopo la morte del nonno, la ragazza mise al mondo un bambino che riportava esattamente quelle cicatrici e che le cominciò a raccontare fin da molto piccolo la sua precedente vita come suo nonno.


Ubuntu... La prova, che i re sacerdoti furono i banchieri delle origini

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Nel seguito riportiamo traduzione e sintesi, da fonte anglosassone, di alcuni commenti e recensioni dell’opera di Tellinger realizzata da Cristina Bassi.

Michael Tellinger, sudafricano, è autore ancora poco noto in Italia; le recensioni che seguono sono di due donne, che collaborano con Zen Gardner.

http://offplanetmedia.net/wp-content/uploads/2014/04/Tellinger.png

Se mai un libro arrivasse nella giusta stagione, in perfetto tempismo e in modo sincronico, questo è il caso di Ubuntu, di Michael Tellinger.  E’ un’opera che si colloca in prima linea nella comprensione del perché siamo qui, in questi tempi turbolenti ed indica anche come cambiare il corso delle maree… in questo costante attacco contro l’umanità

Leggere e studiare ripetutamente il manoscritto di Michael Tellinger, Ubuntu, è stato come fare una doccia: mi sono resa conto di quanto in profondità vada la programmazione alla schiavitù, dalla culla alla tomba. Il suo lavoro di ricerca durato 8 anni, illustra le macchinazioni della elite e del suo sistema di controllo . E questo mi ha ribaltato la visione del mondo.

Per esempio la tavoletta d’argilla, di ca il 2460 aC, è l’evidenza del sistema bancario, dell’usura, della cambiale come lignaggio rivelatore, se non la prova, che i re sacerdoti furono i banchieri delle origini

Le tavolette sumeriche sono le testimonianze piu’ antiche, mai state ritrovate ad oggi, di un linguaggio scritto. Questi documenti mostrano l’aspetto misterioso della famiglia reale dei re-sacerdoti, portati qui per controllare l’umanità e l’ ”improvviso” arrivo del denaro e della lingua sumerica. Credo sia importante rilevare che solo i reali e l’elite erano alfabetizzati. Il resto della umanità era tenuta nell’ignoranza della lingua e delle meccaniche del sistema monetario, per mantenere il controllo. 4500 anni dopo… nulla è cambiato

Non c’è un aspetto delle nostre vite fisiche che non sia controllato dalla elite bancaria. I governi, i militari, i tribunali, le scuole il cibo, l’aria e persino il vostro libero arbitrio è manipolato, mentre vi offrono una serie di opzioni, dandovi cosi l’illusione della scelta.

UBUNTU-cover-front-only-LR

Citando Tellinger: “Il denaro non si è evoluto da migliaia di anni di baratto e commercio come siamo portati a credere. ” E continua: “Perchè se pensiamo che il denaro sia in qualche modo legato alla evoluzione della umanità, crederemo che il denaro sia parte di un processo naturale di evoluzione che, come specie, ci ha accompagnato dove siamo oggi.”

Il viaggio attraverso il capitolo dell’Impero dei Banchieri dell’Elite collega in modo sconvolgente il passato con il presente … nulla è cambiato

Tellinger , nominando alcune delle famiglie piu’ potenti che oggi controllano l’intero flusso di denaro sul pianeta, svela non solo chi lo controlla e la sua distribuzione, ma anche chi paga la sua protezione presso governi e militari.

Già… l’evoluzione della specie. Ma in che cosa ci siamo evoluti? Desideriamo status sociale e ricchezza, che crediamo ci libereranno ma che invece servono solo a tenerci separati gli uni dagli altri e chiusi dentro nella matrix.

Combattiamo, non solo chi a noi si oppone ma anche per proteggere cio’ che abbiamo acquisito, sono i nostri ego insaziabili e le menti inconsce alimentate ogni giorno dai giganti dei media dell’impero. Rincorriamo il “Sogno Americano” che è proprio solo quello, un sogno.

E’ qui che Tellinger ci introduce l’alternativa … ci mostra un’altra via. Una via di cooperazione anziché conflitto, che sarà a beneficio di tutta l’umanità e non solo dei pochi prescelti”.”

Il potere e controllo che esercitano queste elite bancarie è oltre ogni misura. Il loro strumento piu’ potente sono i media, che possiedono e controllano. Non fate errori: ogni parola pronunciata o scritta, ogni orrenda immagine proiettata è stata attentamente calcolata per l’impatto che eserciterà sulla mente umana.

Non c’è più bisogno di un controllo mentale che si basi su traumi fisici. Per parafrasare Tellinger: con l’ultima tecnologia satellitare il processo del controllo mentale può essere trasmesso alla velocità della luce con estremo successo.

E’ umiliante comprendere che il controllo mentale della umanità, viene cosi facilmente diretto da un mostro audio-visivo… la televisione.  Proprio come la bestia finanziaria del sistema bancario, questi due danzatori, operano 24 ore al giorno: l’uno controlla ogni aspetto delle nostre vite, l’altro controlla l’attività mentale o la sua mancanza.


260px-TempleChurch-Exterior

Il capitolo di Tellinger, The Muscle Behind the Bankers (Il muscolo dietro i banchieri) espone il centro di controllo, ovvero come questo sistema , apparentemente fuori controllo, è controllato. 

L’epicentro è nello stato sovrano della City of London, creata dai Cavalieri Templari nel 1185. Fu chiamata poi Temple Church nella City of London, nota come la Corona. Tellinger evidenzia che questa “Corona” è diversa dalla corona regale della Regina, che molti pensano sia dietro i controlli. 

La “Corona” a cui Tellinger ci fa fare riferimento è il Tempio della Corona, ovvero il Templare della Corona

Parafrasando, questa Temple Church (Chiesa del Tempio ) è fuori da ogni giurisdizione canonica, senza governo o autorità che abbiano controllo o potere su di essa. Il Maestro del Tempio è nominato, ha sede ed è sotto sigillo con un brevetto non pubblico, senza istituzione. Inoltre sia il governo che i sistemi giudiziari all’interno degli Usa, sia a livello federale che dello stato locale, sono di proprietà della Corona. Le operazioni di questo centro di controllo non sono circoscritte alla UK, dato che il suo controllo si estende sia al Vaticano che a Washington DC

Il sistema bancario e quello legislativo sono controllati dall’interno di questo “chilometro quadrato di Londra”. La City of London Corporation (a cui non possono essere rivolte accuse) ha lavorato con pazienza per 800 anni usando le sue politiche legali e bancarie, creando guerre e mai smettendo di procurare debito come mezzo per completare la dominazione globale.

Dalla Svizzera, la Corona controlla la Federal Reserve, dove sono stati noleggiati l’ONU, il FMI e il W.T.O. e dove il B.I.S. [Bank for International Settlements] controlla le banche centrali di tutti i paesi G7 ed oltre; è così centrale per il sistema di controllo bancario in questo paese , che Hitler si rifiutò di bombardarlo. “Chi controlla l’oro controlla il mondo" .

Definizione di sudditanza: adesione fedele di un locatario o vassallo, al superiore (padrone) di cui tiene la terra; Da qui arriva la parola inglese “landlord”, padrone di casa.

“Firmando la Carta (atto costitutivo) del 1213, per la sudditanza, King John (Re Giovanni) dichiarò che la Corona inglese-britannica e i suoi possedimenti dell’epoca, incluse tutte le future proprietà, beni, fiduciarie, brevetti, sarebbero stati per sempre legati al Papa e alla Chiesa Romana, come padrone.” Il tempio della Corona possiede il titolo per tutta la terra e le proprietà terriere in Nord America, ma , cosa piu’ importante, il Papa controlla il tempio della Corona perché fu creato sotto i suoi ordini.

Tellinger ha delineato magistralmente e descritto in dettaglio shockante, la grandezza e la scala, sia nella storia che nel presente, di come funziona questo sistema di prigione planetaria.

Il “ladro non dorme mai” e “nascondersi agli occhi di tutti” sono concetti che risuonano. Tellinger inizia a descrivere i suoi capitoli sul costrutto della schiavitù, in questo modo:

“Proprio come la pace non puo’ mai essere ottenuta con la violenza o il conflitto, il denaro non potrà mai diventare un beneficio per la società, perchè nella sua essenza esso è uno strumento di controllo che causa divisione tra la umanità”

Egli poi si inoltra nei concetti di Contribuzionismo, proiettando un modo utopistico, con la legge dell’attrazione. In breve: se vogliamo il cambiamento dobbiamo proiettare il cambiamento. E in questo caso si tratta di rompere il ciclo del controllo mentale che ci tiene in servitù attraverso le nostre azioni.

Ubuntu parla di unità nella consapevolezza conscia, unità nel nostro coraggio di allontanarci dal vecchio paradigma che non ci serve, di abbandonare l’avidità e tutti i suoi prodotti collaterali e riunirci nella cooperazione e nella prosperità che ne ha per tutti.

Bisogna fare esperienza di un nuovo concetto che accomuna e rinnova gli esseri umani, gli animali e la Terra. Bisogna immaginare un mondo dove siamo liberi di creare e imparare.

Il pensiero avvelenato dell’emisfero sinistro continua a complicare le cose, dato che la piu’ parte di noi, non puo’ immaginare che una cosa cosi semplice possa funzionare. Ci sono molte domande a cui va data una risposta ed è per questo che a fine libro c’è un FAQ

Tu sei nato libero. Nessuna persona, nulla puo’ darti o toglierti la libertà, ma con menzogne e inganni la nostra libertà è stata totalmente violata.

Siamo creatori e solutori di problemi, che fanno accadere le cose. Per l’umanità, i banchieri sono la maggiore resistenza verso idee di cooperazione, ma il risveglio è appena cominciato e le persone possono vedere come sono soggiogate.

Nel capitolo “Trasformazione” , Tellinger descrive la via dalla schiavitù capitalista alla liberazione e spiega: “L’aspetto piu’ bizzarro di tutta questa trappola del denaro, è che siamo tutti sospesi in un vortice di promesse di pagamento, perché nessuno in realtà viene pagato”.

Egli afferma che solo pochi banchieri comprendono veramente il processo del signoraggio o persino cosa è una riserva frazionaria bancaria ed è molto raro che ce ne sia uno che li comprende tutti e tre.

Tellinger ci porta ad alcune soluzioni realizzabili, nel capitolo: Le Risposte Sono in Piccole Città Rurali e successivamente nella Implementazione.

Il libro Ubuntu offre soluzioni e non solo critica del sistema attuale. Tellinger parte dal rendere autosostenibili le piccolo comunità rurali. Semplicemente rimuovendo il “costo” dalla equazione produttiva, si sradica la competizione e la si sostituisce con l’abbondanza. E’ cosi che comincia l’effetto domino.

Queste città di frontiera offrirebbero cosi abbondanza e libertà mettendo sulla stessa linea le comunità confinanti, dove le persone contribuiscono con i talenti che Dio ha dato loro, piuttosto che sprecare questi doni lavorando senza passione per denaro e per pagare i conti.

Grandi menti ed idee come la energia libera sarebbero condivise tra le persone per fare progredire tutta la civiltà sul pianeta.

Di questo si parla nella parte del libro che indica una guida passo dopo passo per transitare in un mondo senza denaro. Inizia riprendendo il nostro controllo attraverso un Consiglio degli Anziani che operano secondo leggi e regole di natura, basate sulla geometria sacra

Il capitolo “The Structure of Things” La Struttura Delle Cose”- è di grande interesse per tutti coloro che hanno un profondo credo nella sacralità della Vita e del pianeta. Da questo punto Tellinger inizia a rispondere all’annosa questione che è nella mente di tutti: sovvenzionare le Foundations of Transition (Fondazioni di Transizione), ossia far funzionare il Contribuzionismo.

Tellinger sottolinea che nel Consiglio degli Anziani (Council of Elders -COE) non è necessario di ci siano persone anziane, ma coloro che hanno lavorato idealmente entro i confini del sistema esistente. I COE sono i coordinatori amministrativi di ogni comunità sovrana. La sua definizione dei COE è “Saggi di Integrità” (Wise Humans of Integrity).

Tellinger : serve essere efficienti nel muovere della sostanza umana “direttamente” dalla fattoria alla tavola”; cio’ catturerà l’attenzione di tutti coloro che stanno a guardare. E continua: “benvenuti nel nostro meraviglioso mondo utopico, fatto di persone consapevolmente evolute che vivono in armonia ed unità con il nostro pianeta e con tutta la vita. Solo da una unità potremo avere la diversità infinita, quindi che essa sia.”

Conclude il suo libro con il capitolo, The New Freedom Charter – La Carta della Nuova Libertà- creata con il lancio del sistema Ubuntu del Contribuzionismo - Ubuntu Contribution System- il 3 Novembre 2010 ed inizia con queste parole “La Libertà non è il nostro diritto, ma il nostro dono dal divino creatore. Nessuno ha il diritto di alienarla, o di schiavizzarci in alcun modo e forma.”

La Libertà, amico mio è l’idea Ubuntu in una sola parola.

E come l’amore, anche la libertà appassirà sul vitigno, se non ne viene esercitato il suo pieno potenziale. Il cambiamento che diventi influente, nasce da una auto realizzazione su chi siamo veramente, e sul fatto di impegnare quel dono di “chi siamo”, con un approccio pratico, secondo fasi di transizione ricostitutiva.

Abbiamo tutti gli incentivi di cui necessitiamo per andare oltre, in questa iniziativa di contribuzionismo. Siamo nati con tutte le componenti spirituali necessarie, con la destrezza ben informata, per riconoscere i nostri nemici, per comprendere che siamo noi stessi i nostri liberatori e che possiamo riposizionarci nella nostra casa-pianeta.

Tellinger ha eloquentemente ed intelligentemente definito i mezzi che già ora abbiamo, dobbiamo solo raccoglierli ed iniziare ad usarli per il beneficio di ogni individuo, anziché vendere le nostre abilità e talenti sul mercato delle corporations per acquisire “denaro”

Il viaggio del pendolare , compiuto ogni giorno dallo schiavo per andare in azienda, è un testamento verso la destinazione del “nulla”, che indica come abbiamo nutrito loro anzichè noi stessi. 

Immaginate che significhi e sia, avere tutti quei talenti condivisi reciprocamente!

Ma come si dovrebbe cominciare e.. devo farlo da solo? 

Esistono dei siti web che sono già coinvolti nella ricostruzione cooperativa. 

Per esempio: Timebanking.org, alt-mkt.com di Brandon Smith e la Universal Community Trust sono buoni esempi di questo movimento in crescita.

Potresti unirti a queste comunità per familiarizzare con il loro lavoro e le loro linee guida ed avere anche un incoraggiamento su come far partire la tua micro-comunità.

Timbri il cartellino ogni giorno, ogni singolo minuto della tua giornata viene gestito, fai funzionare le macchine senza gioia o passione, fino a che stanco ed esausto torni a casa, consumi sostanze senza vita, senza amore e senza energia e pronunci insignificanti parole alle persone che ti stanno a cuore.

Il contribuzionismo di Ubuntu riguarda la libertà, la scelta, l’abbondanza e la condivisione con gli altri. Dobbiamo conoscere la bellezza della libertà, perché non volerla?

Molti sono entrati nel risveglio o si trovano sulla soglia del risveglio, dove sono avvenuti profondi cambiamenti personali. Ora queste persone stanno cercando di attuare questi cambiamenti fuori da se stessi , congedando coloro che esercitano con forza autorità su di noi, attraverso trucchi ed illusioni; in questo modo si puo’ riprendere il proprio potere personale e proclamare la sovranità.

Uno Stargate Elettromagnetico

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E’ possibile creare un campo magnetico tale da modificare lo spazio-tempo ed essere catapultati in un’altra realtà? Leggi questo esperimento sconvolgente

L’esperimento dell’Ing. Ferlini apre uno stargate con dei magneti!

C’è pochissima documentazione rispetto a quello che state per leggere e non sono a conoscenza di altre persone che hanno provato a ripetere questo esperimento. Il tutto è molto affascinante e secondo alcuni è la spiegazione di come in luoghi particolari del pianeta, come ad esempio il Triangolo delle Bermuda, possono accadere fenomeni inspiegabili e addirittura sparizioni. Il testo che segue fa riferimento al libro disponibile online intitolato “La barriera magnetica” dell’Ing. G. B. Ferlini.

Nel libro Ferlini narra come, nel corso di ricerche, si sia casualmente accorto di uno strano fenomeno visivo generato da due magneti permanenti che interagivano. Disponendo due calamite a forma di cavallo, in modo che i poli opposti si attirino, se si avvicinano molto lentamente, si addiviene ad un punto critico d’attrazione. 

Qualche istante prima la forza d’attrazione è piccola ma con un ulteriore piccolo movimento di avvicinamento la forza attrattiva cresce in modo molto forte. Quando ciò accade, Ferlini notò che nella zona centrale di collegamento tra le due calamite, la visione dello spazio perdeva di trasparenza e si deformava leggermente come se ci fosse una lente. A suo dire anche altre persone, con un po’ d’esercizio, riuscirono a notare tale anomalia.

A questo punto egli provò a disporre quattro potenti magneti permanenti in acciaio, in una disposizione a croce. Con opportuno sistema di leve era in grado far avvicinare micrometricamente le calamite. Arrivati nella zona critica le calamite incominciarono a vibrare violentemente, avvicinando ulteriormente di pochissimo, si cominciò a formare una nebbiolina azzurra e nell’aria si sparse un odore di ozono.

Una misteriosa nebbia

Ripetendo tale esperimento in grande con potenti magneti del peso di svariati quintali, il fenomeno si ripeté. Questa volta, a causa di un incidente, lo stesso Ferlini venne avvolto della nebbia e sparì dalla vista, egli sostiene, sia nel libro che in un’intervista a Rai 3, di aver visto un altro posto. 

L’esperimento nel frattempo prosegue e gli assistenti osservarono la nebbia espandersi notevolmente e cambiare colore passando per tutta la gamma dell’arcobaleno. Finalmente egli ricomparve alla vista degli assistenti esterrefatti.


Curiosamente la maschera antigas che aveva con se, sparì e non fu più possibile trovarla. Del racconto esiste anche una registrazione sonora, in una intervista fatta a Rai 3 con il compianto Pietro Cimatti.  Il portale dimensionale di Ferlini o come lo definì lui stesso “barriera magnetica” è un vero e proprio sistema di phase shifting che permette di collegare la dimensione che per convenzione definiamo “fisica” con altre dimensioni del multiverso olografico.

Ferlini la definì barriera magnetica perchè fondamentalmente è questo ciò che è…un muro magnetico che vibra a una specifica frequenza e che costituisce uno squarcio dimensionale.  La costruzione del portale alla Ferlini è molto semplice concettualmente e non richiede di circuiti pilota ne elettronica…si basa solamente su quattro magneti permanenti posizionati trà loro sui quattro punti cardinali. In questa rappresentazione potete vedere il setup del portale.

I magneti sono fissati su dei supporti a slitta mossi da una vite senza fine in modo che sia possibile regolarne finemente la distanza reciproca. Nell’esperimento Ferlini usò magneti molto grandi di acciaio che pesavano diversi quintali ciascuno…in teoria la dimensione dei magneti dipende dalla dimensione dell’area che si vuole influenzare e quindi per aree più piccole basta usare magneti più piccoli e pratici. Questo significa che in teoria non servono grosse potenze per creare un portale in una zona piccola e lo deduciamo dallo stesso racconto di Ferlini sulla sperimentazione che fece con questi magneti ad U.


Giovanni Battista Ferlini iniziò la sua avventura studiando le piramidi di Giza. Inizialmente non era interessato allo studio dei portali e nemmeno ne sospettava la fattibilità pratica. In questa sede non tratteremo tutti gli studi antecedenti di Ferlini che poco hanno a che vedere con il portale ma ci concentreremo sulla sperimentazione. 

Ad ogni modo durante i suoi esperimenti con le riproduzioni delle piramidi si accorse che l’energia di tipo magnetico emessa dalle piramidi aveva una forte influenza su diverse variabili come ad esempio la schermatura dai raggi cosmici. Oggi dopo numerose sperimentazioni sappiamo bene come agisce l’effetto di forma delle piramidi sull’etere e la loro azione magnetica che è solo una risultante del campo torsionale emesso dalla punta della piramide stessa. 

A quel tempo però gli esperimenti con le piramidi fecero riflettere molto Ferlini il quale si accorse che la forma e la disposizione dei materiali usati creavano interazioni più o meno forti con svariati effetti.

La geniale idea che ebbe Ferlini fù quella di simulare il campo energetico della piramide usando dei magneti permanenti, in fondo dalle sue sperimentazioni era evidente che c’era un collegamento diretto trà l’energia delle piramidi e il magnetismo. 

Con i suoi collaboratori smontò un motore elettrico e ne estrasse quattro magneti permanenti ad “U” che stavano nello statore, li dispose su quattro angoli e mentre regolava le reciproche distanze mantenendo i poli alternati notò che c’era una distanza critica in cui si manifestava una forza di attrazione molto brusca e se regolava la distanza in modo che tale forza fosse “sul confine” trà debole e forte si formava una barriera offuscata al centro che impediva di vedere il tavolo sottostante. 

Capì quindi che la sua teoria era giusta e che l’esperimento doveva essere riprodotto su una scala maggiore. Ordinò quindi quattro magneti ad U molto grossi fatti di acciaio dolce successivamente magnetizzato, ognuno pesava diversi quintali e furono trasportati con un camion.

Lì dispose su delle slitte, regolabili con viti senza fine, sul pavimento del laboratorio e iniziò la sperimentazione con i suoi colleghi. Avvicinando i quattro magneti arrivò a una distanza critica, un confine molto sottile e preciso in cui la forza di attrazione reciproca diventava improvvisamente da debole a molto intensa. La vite senza fine era molto precisa e ci volevano molti giri per spostare i magneti..in questo modo potè regolare la distanza critica finemente studiando quale posizione dava i migliori risultati. Raggiunta la posizione ottimale delle forti vibrazioni scossero tutto il laboratorio e i magneti iniziarono a vibrare molto probabilmente per l’intensa attrazione.

Una nebbiolina grigiastraazzurrognola iniziò a formarsi nella zona circoscritta dai poli dei magneti e Ferlini dedusse che poteva essere ozono perciò si dotarono di maschere antigas per evitare le esalazioni velenose, la nebbiolina diventava di colore sempre più intensa e verso il verde a mano a mano che si raggiungeva la posizione critica. 

Mentre i suoi assistenti stavano più a distanza Ferlini si avvicinò al portale appoggiandosi su uno dei magneti per scrutare più da vicino la barriera magnetica, siccome la maschera gli limitava la vista e i movimenti decise di togliersela e la appoggiò su uno dei magneti. Avvicinandosi alla barriera si ritrovò catapultato di fronte alle piramidi di giza ma non quelle odierne…bensì nell’epoca in cui le piramidi erano intere con la punta di quarzo rivestita in metallo, ossia prima del grande cataclisma che sconvolse la terra 12.000 anni fà. 

Ad un certo punto si sentì chiamare da lontano e si ritrovò nel laboratorio con la macchina spenta, si avvicinò ai suoi assistenti allarmati i quali asserivano che il dott. Ferlini l’avevano visto scomparire trà i magneti per diverso tempo per poi rivederlo in piedi davanti a loro non appena disattivarono il portale allontanando i magneti trà loro. Consultandosi con i colleghi scoprì che decisero di interrompere l’esperimento quando si accorsero che c’era stata una brusca variazione di flusso tra due dei quattro magneti, riguardo la sua assenza non gli diedero peso inizialmente perchè pensarono che si era solo allontanato momentaneamente, non potendo spiegare perchè all’improvviso non lo vedevano più con loro pensarono che forse non si erano accorti dei suoi spostamenti nel laboratorio.

Ferlini raccontò quello che vide durante il “viaggio” attraverso la barriera magnetica e scoprirono che la maschera antigas di Ferlini era scomparsa e non riuscivano più a trovarla nonostante nessuno era uscito dal laboratorio e le maschere fossero state indossate tutte tranne quella di Ferlini che appoggiò su uno dei magneti. 

Scoprirono successivamente che la variazione di flusso tra i due magneti era situata nella posizione vicina a quella dove Ferlini appoggiò la maschera sul magnete stesso. Ipotizzarono giustamente che nel momento in cui Ferlini si sporse nella barriera dovette far cadere la maschera nella barriera finendo chissà dove. Sulla maschera c’erano riportate le iniziali con l’indirizzo di Ferlini…mesi dopo la maschera arrivò per posta a Ferlini e il mittente era in egitto precisamente al Cairo! La maschera era stata teleportata in egitto e chi la trovò pensò gentilmente di rispedirgliela! Altra nota importante sull’esperimento è che l’ozonometro posto vicino al portale non rivelò tracce di ozono e che anche quando ci si avvicinava alla nebbiolina si poteva respirare bene non come quando ci si trova in un gas.  E ora le considerazione teoriche.

Considerazioni teoriche

Il portale di Ferlini può sembrare molto diverso da altri sistemi di phase shifting che usano l’interazione rotante trà campi magnetici ed elettrici ad alto voltaggio o quelli basati su campi elettromagnetici rotanti con frequenze specifiche…in realtà pur usando un metodo un pò diverso sfrutta per forza di cose gli stessi principi. Per aprire un portale o realizzare il phase shifting si deve isolare una zona di spazio e si và a modificare la frequenza di vibrazione dell’etere di quella zona stessa…siccome siamo in un ologramma è normale che tutto dipende dalla frequenza della portante olografica scelta, cambiamo portante e cambiamo dimensione. 

Nei sistemi tipo “philadelphia experiment” si usano delle bobine pulsate trà loro in sequenza a formare un campo rotante ed alimentate a specifiche frequenze di risonanza dimensionale, in altri sistemi invece si usa l’interazione trà un campo magnetico rotante e un campo elettrico che vibra a una certa frequenza. In entrambi i casi avremo un campo di etere rotante che vibra una frequenza specifica. 

Già qui è possibile notare l’analogia dei suddetti metodi con quello di Ferlini, infatti un campo magnetico non è altro che un flusso di etere ricircolante in una zona di spazio (flusso che si chiude su di sè) e il trucco usato da Ferlini è stato quello di far interagire diversi magneti in modo che il loro flusso si concatenasse creando un flusso rotatorio…infatti Ferlini lo definiva “campo unificato”. Ecco perchè i poli devono essere alternati ed ecco anche perchè c’è una distanza critica precisa…perchè geometricamente quando le calamite sono alla distanza precisa creano un flusso tondo rotatorio che si rafforza.

Immaginate le linee di flusso che escono da ogni polo che vanno a fluire nel polo opposto e così via unificandosi….in tale situazione si avrà una campo rotante unificato o per meglio dire un flusso di etere rotante proprio come illustrato in questa figura:




Un giroscopio spaziale

Ora una volta creato il campo rotante bisogna impostare una frequenza di risonanza che ci ricolleghi a una specifica dimensione o punto spazio-temporale dell’ologramma multiverso. Nel caso di Ferlini tale vibrazione può essere stata indotta sia dalle vibrazioni meccaniche dei magneti per semplice attrazione che dalle vibrazioni indotte da lui stesso quando ci si appoggiò. Sicuramente non era un sistema preciso perchè soggetto a molte vibrazioni spurie, ogni vibrazione meccanica sui magneti produceva una increspatura sul campo della zona critica. C’è però un indizio molto interessante, Ferlini non vagò a caso ma fù portato proprio dove a lui desiderava andare sia consciamente che inconsciamente…ossia nel tempo delle piramidi su cui era basata tutta la sua ricerca scientifica.

Questo indica che una volta aperto il varco la mente stessa è libera di scegliere dove e in che tempo spostarsi, nelle proiezioni extracorporee solo il corpo astrale (corpo olografico come quello fisico ma che vibra su una portante più alta) è libero di andare dove vuole ma nel phase shifting tutto il corpo compreso quello “fisico” si innalza di vibrazione rendedolo facile da spostare dove si vuole. La maschera invece fù sempre portata in egitto ma non nello stesso tempo…evidentemente la variazione di flusso indotta dal suo passare attraverso la zona critica ha spostato la variabile tempo facendola arrivare nei tempi moderni.

Chiaramente si dovrà fare molta sperimentazione in tal senso per poter stabilire meglio come agiscono le variabili nel phase shifting. Altro elemento importante è la famosa “nebbiolina”. Quando si interagisce con l’etere spostandone la frequenza o addensandolo in una zona di spazio esso diventa visibile sotto forma luminescente che a prima vista è come una nebbiolina il sui colore dipende dalla densità raggiunta. 

Questo lo si osserva anche nelle sperimentazioni con sistemi antigravitazionali tipo le repulsine di Schauberger, il SEG di Searl e altri…quello che ci interessa è che è ben visibile anche nei casi phase shfting. Nel celebre Philadelphia Experiment la nave veniva avvolta da una nebbiolina azzurrognola che virava verso il verde prima di scomparire…anche nel triangolo delle bermuda le navi prima di sparire o sortire certi effetti particolari entrano in una nebbiolina grigiastra a volte verdastra…sono entrambi casi di phase shifting e combaciano ovviamente con l’esperimento di Ferlini.

Un’altra considerazione che voglio fare è che per realizzare la zona critica dovrebbero in teoria bastare anche solo tre magneti ad U disposti a 120° l’uno dall’altro e inoltre non penso sia necessario usare per forza magneti ma invece gli elettromagneti che sono più pratici ed economici. Ferlini preferì i magneti perchè voleva usare una fonte magnetica “pura” ma gli elettromagneti potrebbero svolgere lo stesso lavoro perchè quello che conta è solo il campo magnetico generato e la disposizione geometrica.

Dagli ‪Elohim‬ alle sovrastrutture "invisibili" di oggi il passo è breve...

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GLI IBRIDI NEL PASSATO

Chi sono gli Ibridi, gli Ibridi sono il risultato di una seconda ibridazione sugli esseri umani, un ibridazione con più geni degli Elohim (chiamati anche "dèi" nel passato e "dio" nel presente) rispetto all'altra venuta in precedenza, proprio come testimoniano tutti i testi antichi; questa seconda ibridazione viene anche chiamata dagli Elohim "perfezionamento" della razza. 


Questi Ibridi con più DNA degli Elohim diventarono poi i faraoni egizi, gli imperatori romani, i re, eccetera, fino ad arrivare agli odierni nobili. Queste persone, che amano definirsi "semidei" sono sempre state ossessionate dal loro corredo genetico, infatti i faraoni egizi arrivarono persino ad usare incesti come sposarsi tra fratelli per non diluire il loro "sangue blu". Cosi anche per i nobili, che davano i propri figli in matrimonio solo a persone di sangue blu puro, di sangue reale puro, quindi con DNA più simile agli Elohim. Persino nella Bibbia leggiamo che Yaweh -uno degli Elohim- ordina di fare matrimoni tra fratellastri per non far diluire il DNA. 

Ora questi matrimoni tra consanguinei non sono più palesi come nel passato, ma continuano in modo più discreto. E' sulla base di questo "sangue blu" che gli Ibridi hanno sempre rivendicato il diritto di comando e sovranità verso gli altri umani; dicendo espressamente che essendo loro con più geni degli "dei" o "dio" (in base al periodo storico) avevano il diritto di governare ed essere serviti dall'intera umanità.


RELIGIONE SUMERA: LA RELIGIONE DEGLI IBRIDI

In passato per controllare le masse hanno usato la religione di regime, con essa hanno asservito l'uomo e sempre grazie ad essa sono riusciti ad uccidere -con la scusa del "demoniaco"- chiunque aveva una pensiero spirituale differente da quello che ordinava il regime. Sono riusciti a creare un popolazione pecora e sottomessa, grazie ai dogmi e alle inquisizioni. 

Il cristianesimo per esempio non è altro che la religione sumera con altri nomi, e cosi anche tutte le altre religioni, che non sono altro che la stessa religione di Sumer ma con nomi diversi; ad esempio: indovinate di chi sto parlando ? "Nacque da una vergine per immacolata concezione attraverso l'intervento dello spirito santo. Con ciò si avverava un'antica profezia. 

Quando nacque, il tiranno allora in carica voleva ucciderlo. I suoi seguaci dovettero fuggire in un luogo sicuro. Tutti i bambini di sesso maschile sotto l'età di due anni furono uccisi per ordine di quello stesso sovrano. Angeli e pastori lo accolsero alla nascita e gli furono elargiti in dono oro, incenso e mirra. Fu venerato come il salvatore degli uomini e condusse una vita virtuosa e umile. Compì miracoli, tra cui la guarigione di malati, la restituzione della vista ai ciechi, l'allontanamento degli spiriti maligni, la resurrezione dei morti. Fu giustiziato sulla croce tra due ladri. Discese all'inferno e risorse per ascendere in paradiso". 

Sembra proprio che si tratti di Gesù, vero? Ma non è lui! 

Così venne descritto il dio salvatore orientale Virishna, 1200 anni prima della presunta nascita di Cristo. Se cercate un dio salvatore che muoia affinché i nostri peccati possano essere perdonati, non avrete che l'imbarazzo della scelta, perché il mondo antico ce ne offre una miriade. Perchè le religioni hanno tutte la stessa matrice, tutte venerano lo stesso culto antico, il culto di Sumer.

Ora in occidente la religione non ha molto effetto come lo può essere in medio-oriente (dove continua a ad essere il maggior mezzo di controllo), ma gli ibridi semplicemente usano altri mezzi per tirare le fila dei nostri destini e per manipolarci. Come ad esempio la TV e i media di regime in generale, come vedremo tra poco.



GLI IBRIDI AI GIORNI NOSTRI

Ora ai giorni nostri questi Ibridi (gli ex faraoni, re, eccetera) appartengono a tredici delle più ricche famiglie del mondo e sono i personaggi che veramente controllano e comandano il mondo da dietro le quinte. Vengono, da molti, anche definiti la “Nobiltà Nera”. 

Rispetto al passato dove regnavano alla luce del sole, ora hanno optato per un potere occulto, perchè è molto più producente e duraturo, infatti cosi non rischiano nulla, visto che in caso di rivolta od altro, a rischiare sono i loro pupazzi politici, politici che non fanno altro che seguire gli ordini degli Ibridi, anche se in TV sembra che litighino, in realtà entrambi gli schieramenti prendono ordini dalla stessa elite di Ibridi. Ma vediamo chi sono e come agiscono. La loro caratteristica principale è quella di essere nascosti agli occhi della popolazione mondiale. 

Il loro albero genealogico va indietro migliaia di anni, e risale alla civiltà sumera/babilonesi, son frutto di una seconda ibridazione di una razza extraterrestre chiamata: Elohim. Sono molto attenti a mantenere il loro legame di sangue di generazione in generazione senza interromperla. Il loro potere risiede nel controllo specie quello economico (gruppo Bilderberg ecc), “il denaro crea potere”, "noi siamo semidei", sono la loro filosofia e il loro motto. Il loro controllo punta a possedere tutte le banche internazionali, il settore petrolifero e tutti i più potenti settori industriali e commerciali. Sono infiltrati nella politica e nella maggior parte dei governi e degli organi statali e parastatali. Inoltre negli organi internazionali primo fra tutti l’ONU e poi il Fondo Monetario Internazionale. Ma qual è l’obiettivo degli Ibridi? 

Creare un Nuovo Ordine Mondiale (NWO) con un governo mondiale, una banca centrale mondiale, un esercito globale e tutta una rete di controllo totale sulle masse. A capo ovviamente loro stessi, per sottomettere il mondo ad una nuova schiavitù, non fisica, ma “spirituale” ed affermare il disegno che gli Elohim hanno prestabilito. Questo progetto va avanti da millenni, ma ebbe un’incremento nella prima metà del 1700 con l’incontro tra il “Gruppo dei Savi di Sion” e Mayer Amschel Rothschild, l’abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il Sistema Bancario Internazionale. L’incontro portò alla creazione di un manifesto: “I Protocolli dei Savi di Sion”. Suddiviso in 24 paragrafi, che descrive come soggiogare e dominare il mondo con l’aiuto del sistema economico. 

E anche se molti definiscono questi protocolli dei falsi, chiunque li legge si accorge invece di quanto siano profetici. E questo Sistema Bancario Internazionale servirà per portare un piccolo e ristretto numero di persone al potere assoluto di tutto il globo unito. Quindi un potere sempre più centralizzato e facile da controllare.


IL PIANO

Loro hanno un piano ben preciso che portano avanti a piccoli passi, proprio per non destare alcun sospetto. La loro strategia è creare la divisione delle masse, è un passo fondamentale, in  politica, nell’economia, negli aspetti sociali, con la religione, l’invenzione di razze ed etnie ecc… 

Scatenare conflitti tra stati, così da destabilizzare l’opinione pubblica sui governi, l’economia e incutere timore e mancanza di sicurezza nella popolazione.  Corrompere con denaro facile, vantaggi e sesso, quindi rendere ricattabili i politici o chi ha una posizione di spicco all’interno di uno stato o di un’organo statale. Scegliere il futuro capo di stato tra quelli che sono servili e sottomessi incondizionatamente. 

Avere il controllo delle scuole: dalla scuola infantile all’Università per fare in modo che i giovani talenti siano indirizzati ad una cultura internazionale e diventino inconsciamente parte del complotto. 

Indottrinare la popolazione su come si può o non può vivere, su quali sono le regole da rispettare, gli usi e i costumi ecc… Infiltrarsi in ogni decisione importante (meglio a lungo termine) dei governi degli stati più potenti del mondo. Controllare la stampa e l’informazione in generale, creando false notizie, false emozioni, paura ed instabilità. 

Abituare le masse a vivere sulle apparenze ed a soddisfare solo il loro piacere ed il materialismo così da portare la società al vuoto e superficialità assoluta, stadio in cui l’uomo non abbia più una spiritualità sana e cada nel nichilismo più nero. Creare un tale stato di degrado, di confusione, di spossatezza e nichilismo, che le masse debbano reagire cercando un protettore o un benefattore al quale sottomettersi spontaneamente. 

Uno degli ultimi loro obbiettivi è cippare la popolazione così da manipolare il loro pensiero ed il loro comportamento, oltre che rendere molto facile la loro identificazione e localizzazione. Tutto questo con la scusante della sicurezza personale. 

In pratica usano la tattica PROBLEMA-REAZIONE-SOLUZIONE, esempio: Se voi guardate in tutti i TG di regime, tutte le notizie riguardanti i fatti dell’11 settembre (il famosissimo auto-attentato servito per invadere il medio-oriente) provengono dalle sole fonti ufficiali controllate dal regime: FBI, CIA, Pentagono, Casa Bianca, eccetera. Queste notizie manipolate servono per creare paura e terrore nelle masse. Se osservate i giornalisti non fanno altro che ripetere le notizie senza mai confutarle, e quelli che vogliono scoprire che cosa è veramente accaduto, vengono licenziati in tronco ed emarginati. 

Quindi i giornalisti di regime non sono altro che portavoce di organismi governativi e servono per portare a termine il disegno finale. Una volta che tu grazie ai media di regime sei riuscito a suscitare questa reazione di paura del pubblico che si chiede che cosa faranno le autorità per proteggerli, non devi fare altro  che offrire su un piatto d’argento la soluzione del problema. Ecco che così utilizzando questa tecnica (gli Ibridi) possono introdurre delle normative, delle leggi che mai al mondo sarebbero state accettate senza aver creato prima il problema.

PROBLEMA: Crei un auto attentato. REAZIONE: I giornalisti fomento la paura della gente, che chiede soluzioni e protezione al regime. SOLUZIONE: Gli Ibridi introducono le leggi che servono per portare avanti il disegno prestabilito.

Nel 1871 il piano di Weishaupt viene ulteriormente confermato e completato da un suo seguace americano, il gran maestro, Albert Pike che elaborò un documento per l’istituzione di un Nuovo Ordine Mondiale (N.W.O.) attraverso tre Guerre Mondiali. Lui sosteneva che attraverso questi tre conflitti la popolazione mondiale, stanca della violenza e della sofferenza, avrebbe richiesto spontaneamente protezione e pace e la creazione di organi mondiali che controllassero ciò. 

Dopo la Seconda Guerra Mondiale venne fatto il primo passo in questa direzione con la formazione dell’ONU. Per Pike, la Prima Guerra Mondiale doveva portare gli Ibridi, che già avevano il controllo di alcuni Stati Europei e stavano conquistando attraverso le loro trame gli Stati Uniti di America, ad avere anche la guida della Russia. 

Quest’ultima sarebbe poi servita alla divisione del mondo in due blocchi. La Seconda Guerra Mondiale sarebbe dovuta partire dalla Germania (cosa che accadde), manipolando le diverse opinioni tra i nazionalisti tedeschi e i sionisti politicamente impegnati. Inoltre avrebbe portato la Russia ad estendere la sua zona di influenza e reso possibile la costituzione dello Stato di Israele in Palestina. La Terza Guerra Mondiale sarà basata sulle divergenze di opinioni che gli Ibridi avranno creato tra i Sionisti e gli Arabi (occidente cristiano contro l’Islam cosa che si sta avverando e anche velocemente), programmando l’estensione del conflitto a livello mondiale.

Ovviamente non potevano pensare di conseguire i loro obiettivi da soli, avevano ed hanno bisogno di una “struttura operativa”, composta da organizzazioni o persone che esercitando del potere  ed operino più o meno consapevolmente nella stessa direzione. 

La loro strategia ha fatto leva su 2 capisaldi: la forza del denaro, loro hanno costituito e controllano il sistema bancario internazionale; la disponibilità di persone fidate, ottenuta attraverso il controllo delle società segrete. Gli Ibridi e chi con loro controlla queste società, sono pressoché  empatici e spietati. praticano la magia nera e sacrifici umani verso i loro "dèi". I loro dèi sono gli Elohim e attraverso queste pratiche e riti occulti manipolano e influenzano le masse.

Titanic: gli oppositori della Fed eliminati in una volta sola

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Nel 1912 affondò il Titanic, di cui non esiste neanche una lista completa delle vittime. Nel 1913 di fu la privatizzazione della Federal Reserve. I principali oppositori alla Federal Reserve

scomparvero in una volta sola. Non so a voi, ma a me ricorda la caduta dell’aereo del governo polacco…. che si opponeva all’euro….e ai vaccini…


Scorrendo la lista dei passeggeri, si scoprono cose molto interessanti, ad esempio che Sir William Pirrie, primo Visconte Pirrie, presidente di Harland and Wolff cancellò il viaggio all’ultimo minuto, e che il finanziere J. P. Morgan, Milton S. Hershey, fondatore della Hershey Company, Henry Clay Frick, Theodore Dreiser, Guglielmo Marconi, Edgar Selwyn, e Alfred Gwynne Vanderbilt avevano previsto di viaggiare sul Titanic, avevano comprato il biglietto – che costava tra i 4000 e i 10000 euro attuali, ma cancellarono il viaggio all’ultimo minuto.

Sempre tra i passeggeri di prima classe, dove si salvarono prima le donne e i bambini, la percentuale di uomini di affari e notabili salvati è assai elevata, 57 uomini salvi su 118 vittime, per cui si capisce che è bizzarro che Astor, il passeggero più abbiente del Titanic, fu lasciato a bordo per dare la precedenza a donne e a bambini mentre altri notabili uomini meno importanti furono fatti salire sulle scialuppe di salvataggio.

Perché i cittadini dovrebbero pagare gli errori delle Banche?

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Dedicato agli ‪#euroinomani‬ drogati di ‪‎euro‬... anche in Carinzia hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità come in Grecia e in Italia?!

Se i ‪‎Bankster‬ fanno porcate non vedo perché debbano essere i cittadini a pagare, in Grecia come in Austria... e domani toccherà a noi.

E la colpa sarà dei dogmatici euristi nostrani...

La Carinzia rischia di dover pagare miliardi di euro per il fallimento della banca Hypo Alpe Adria

In Austria, la Carinzia rischia il default per il crack della banca Hypo Alpe Adria
 
Mentre l’Europa attende di scoprire il destino della Grecia travolta dalla crisi economica, con il bilancio pubblico tenuto in piedi solo dai prestiti internazionali, un disastro economico su scala minore rischia di svolgersi lontano dai riflettori in uno Stato federale austriaco, ai confini con l’Italia.

La questione è tornata d’attualità dopo che il quotidiano britannico Telegraph ha pubblicato sabato 7 marzo un articolo dal titolo «L’Austria sta rapidamente diventando l’ultimo incubo del debito per l’Europa». Nell’articolo, il giornalista economico Jeremy Warner ha scritto che «i mercati finanziari e i politici» stanno sottostimando il rischio che viene dai guai di Heta, la bad bank creata per gestire le perdite del defunto istituto di credito Hypo Alpe Adria.

Poco tempo fa alcuni revisori dei conti hanno trovato nei bilanci di Heta un ulteriore ammanco stimato tra i 4 e i 7,6 miliardi di euro. Il ministro delle Finanze austriaco Hans Jörg Schelling si è affrettato a dichiarare che Heta non riceverà più soldi pubblici per sanare i suoi debiti e che bisognerà passare a un bail in che ricadrà sui creditori privati. Il cancelliere austriaco Werner Faynmann ha detto che il governo vuole sedersi a un tavolo con i creditori per proporre loro un piano di riduzione del debito. Il prossimo futuro rischia di vedere una pioggia di ricorsi legali.

Nel frattempo, venerdì 6 marzo l’agenzia di rating Moody’s ha declassato il debito dello Stato federale della Carinzia di ben quattro gradini, da A2 a Baa3, con outlook negativo.

Il governo centrale si è tirato indietro e ha sospeso i pagamenti sul debito. Il problema, però, è che il debito di Heta è formalmente garantito dalla Carinzia, su cui si potrebbero rivalere i creditori. La Carinzia, Kärnten in tedesco, è uno dei nove stati che compongono la repubblica federale austriaca, un rettangolo di novemila chilometri quadrati a nord del Friuli. Con circa 560mila abitanti e un bilancio annuale di 2,2 miliardi di euro, è lo Stato federale più povero del paese.

«Hypo manderà in bancarotta la Carinzia», ha previsto Warner sul Telegraph, «una mini-Grecia che va a finire male nel cuore dell’Europa». La situazione, ha aggiunto, rischia di avere conseguenze a cascata in altre Landesbanken creditrici di Heta fuori dall’Austria, in particolare in Baviera. La stampa austriaca riporta che alcuni istituti di credito tedeschi stanno già pensando ad azioni legali per riavere i loro soldi.

Il ministro delle Finanze austriaco Schelling ha dichiarato ieri a Bruxelles che il paragone tra l’Austria e la Grecia è «completamente inappropriato», ma ha proseguito con frasi meno rassicuranti: «Non riguarda la Repubblica austriaca. Abbiamo detto dall’inizio che rispetteremo in pieno i nostri impegni. Riguarda il Land della Carinzia».

Il governatore Peter Kaiser, del Partito socialdemocratico austriaco (SPÖ), ha dichiarato il 3 marzo che la situazione è «precaria» e che lo Stato, da solo, non può onorare il debito complessivo di 11 miliardi di euro ereditato da banca Hypo Alpe Adria.

I guai di Hypo Alpe Adria

La banca, un tempo uno dei principali datori di lavoro in Carinzia, non è un problema nuovo per le finanze del paese: i contribuenti austriaci, prima dello stop, ha già fornito oltre 5 miliardi di euro dopo la nazionalizzazione. Il governatore Kaiser ha sottolineato che i guai vengono dal periodo del suo predecessore, il controverso politico di estrema destra Jörg Haider. Haider è morto l’11 ottobre 2008 in un incidente stradale a poca distanza da Klagenfurt, la capitale della Carinzia.

Durante il suo lungo mandato da governatore, cominciato nel 1999, Haider permise che Hypo Alpe Adria – in cui il governo locale aveva una quota di maggioranza fino al 2007 – si trasformasse da piccolo istituto locale fondato nel lontano 1896 a protagonista di operazioni finanziarie molto rischiose. In particolare, Hypo Alpe Adria dava prestiti con scarse garanzie in Croazia, Bosnia e altri paesi, forte delle garanzie del governo locale che le permetteva di trovare soldi a tassi molto vantaggiosi sui mercati.

Nell’arco di pochi anni si ritrovò con una montagna di crediti inesigibili e venne travolta dalla crisi finanziaria internazionale. La banca bavarese BayernLB comprò Hypo Alpe Adria nel 2007, ma due anni dopo lo Stato austriaco fu costretto a nazionalizzarla per evitare gravi conseguenze per il settore bancario europeo. Un anno fa venne istituita ufficialmente Heta, la bad bank per le sofferenze di Hypo Bank

Una commissione indipendente nominata dal governo austriaco, la cosiddetta Commissione Griss, ha concluso un anno di indagini sulla vicenda rilasciando, tre mesi fa, un documento che chiama in causa tutti: le autorità della Carinzia, in primo luogo, ma anche la banca centrale austriaca e il governo di Vienna, che secondo la commissione hanno ignorato molto a lungo i segnali di allarme.

Nel frattempo, delle operazioni della banca si sono cominciate a interessare anche le autorità giudiziarie, scoperchiando uno dei più grandi scandali finanziari della storia austriaca. Nel 2010, due anni dopo la morte di Haider, decine di persone finirono sotto inchiesta in Austria, in Germania e nei paesi balcanici per reati di frode, tangenti, insider trading e una moltitudine di altri reati collegati alla vicenda. Il 27 ottobre scorso l’amministratore delegato di BayernLB, Werner Schmidt, è stato condannato da un tribunale di Monaco a 18 mesi di carcere per aver pagato tangenti a Haider durante i negoziati per l’acquisizione.

Ora è iniziato un altro capitolo della storia, che promette di non essere l’ultimo. L’ente di regolazione austriaco del settore bancario, la FMA, ha preso il controllo della banca e ha detto che fino a maggio del 2016 non verranno pagati i debiti in scadenza né gli interessi, agendo sulla base dei nuovi regolamenti sul settore bancario approvati dall’Ue in conseguenza della crisi finanziaria europea.

Se la Carinzia sarà lasciata da sola e i creditori vorranno andare per le vie legali, il Land potrebbe trovarsi sul lastrico. Da parte sua, il governatore Kaiser ha detto che il default di uno Stato federale austriaco non si è mai verificato prima, e quindi non è chiaro che cosa potrebbe succedere. Ma il ministro delle Finanze austriaco Hans Jörg Schelling dispensa sicurezza, dicendo che né la Carinzia né Heta sono a rischio di insolvenza e che il bilancio federale non verrà toccato dalla vicenda.

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