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Difendersi dagli Dei... Da un'opera di Salvador Freixedo
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#FORZATSIPRAS
Il premier greco, Alexis Tsipras fa sapere che e’ pronto ad assumersi la responsabilità di respingere un accordo di aiuti nel quale le richieste dei creditori siamo inaccettabili. Lo si apprende da Bloomberg, secondo la quale Tsipras sostiene che, con una soluzione sostenibile, il governo di Atene e’ ”pronto ad affrontare i costi e a portare avanti un difficile accordo. Senza invece una soluzione di questo tipo, secondo Tsipras, ”ci assumeremo la responsabilità di dire un grande no alla continuazione di politiche catastrofiche per la Grecia”.

«Noi greci viviamo vicini al mare - esordisce Alexis Tsipras - per questo non abbiamo paura delle tempeste». E come l'interlocutore che lo ha preceduto nella sessione plenaria del Forum economico di San Pietroburgo, Vladimir Putin, anche il premier greco ostenta sicurezza e ottimismo. Le crisi che stanno affrontando i due leader e i loro Paesi sono ben diverse, ma oggi si incrociano in questo Forum da cui la Russia lancia due risposte all'Europa che la mantiene sotto sanzioni.

La prima è la constatazione di Putin che l'economia russa può affrontare il momento difficile; la seconda è un accordo energetico con Tsipras che rafforza i legami tra Mosca e Atene, firmato proprio nelle ore in cui si gioca il destino della Grecia nell'euro e nell’Unione Europea. Ma al di là di questo, il governo russo ha chiarito che non fornirà aiuti alle imprese nazionali intenzionate a investire in Grecia.
L'intesa preliminare firmata a San Pietroburgo dal ministro greco dell'Energia, Panagiotis Lafazanis, insieme al collega russo Aleksandr Novak, riguarda la costruzione di un gasdotto che nei piani dei russi ha preso il posto di South Stream, vittima della crisi ucraina. Turkish Stream attraverserà la Grecia, dividendo a metà la proprietà del tratto interessato tra la russa Vneshekonombank (Veb) - la banca di Stato dedicata allo sviluppo - e la Grecia. Anche se saranno i russi - non a caso - a fornire l'intero finanziamento, pari a due miliardi di dollari.
Si legga a tale proposito anche
dove si specifica appunto che è stata siglata l'intesa preliminare fra Russia e Grecia per il passaggio del gasdotto Turkish Stream sul territorio greco, che punta a rifornire l'Europa bypassando l'Ucraina. La firma, riferisce Bloomberg, oggi a San Pietroburgo da parte dei ministri dell'Energia dei due Paesi, nel giorno del vertice di emergenza della Bce sulla richiesta della Banca greca di aumentare la liquidità. Mosca, spiega il ministro per l'Energia russo Novak, fornirà ad Atene un prestito pari al 100% dell'importo del gasdotto
«Questo gasdotto - ha voluto chiarire il ministro Lafazanis - non è inteso contro nessuno in Europa o nel mondo. Nasce per servire i popoli, la pace e la stabilità. L'energia può unire le persone, e non alimentare situazioni da guerra fredda». Che le vicende dei gasdotti vogliano volare al di sopra della geopolitica lo ha dimostrato proprio ieri, sempre al Forum di San Pietroburgo, l'annuncio che Gazprom intende costruire un doppio collegamento accanto a Nord Stream, dal Baltico alla Germania. Annuncio riguardo al quale la Commissione europea ha voluto subito chiarire che «i gasdotti che già esistono sono più che sufficienti».
Quanto ai progetti energetici tra russi e greci, Bruxelles esprime le stesse obiezioni che aveva per South Stream, un gasdotto che contravveniva alle norme europee sulla proprietà contemporanea del gas e delle rotte per esportarlo. E forse proprio per questo il governo russo è stato attento a chiarire che non avrà alcuna partecipazione nella sezione greca di Turkish Stream, lasciando il posto alla Veb.
I lavori, è stato detto ieri a Pietroburgo, inizieranno nel 2016 e si concluderanno nel 2019, proprio quando verrà a scadere il contratto di Gazprom per il transito del gas attraverso l'Ucraina. E sarà in quel momento che la Russia intende tagliare completamente i ponti con Kiev.
Festeggiato in Russia, Tsipras ha ricambiato invitando tutti a mettere fine «al circolo vizioso delle sanzioni».
![LA GRECIA S'ALLEA ECONOMICAMENTE CON LA RUSSIA: AL VIA GASDOTTO DA MILIARDI DI DOLLARI,PRESTITI DI BANCHE RUSSE AD ATENE]()
I lavori, è stato detto ieri a Pietroburgo, inizieranno nel 2016 e si concluderanno nel 2019, proprio quando verrà a scadere il contratto di Gazprom per il transito del gas attraverso l'Ucraina. E sarà in quel momento che la Russia intende tagliare completamente i ponti con Kiev.
Festeggiato in Russia, Tsipras ha ricambiato invitando tutti a mettere fine «al circolo vizioso delle sanzioni».

E poi, intervenendo al Forum dopo aver incontrato Putin, Tsipras ha detto che l'Unione europea deve «imboccare di nuovo la sua strada, tornando ai principi e alle dichiarazioni originarie: solidarietà, equità, giustizia sociale». E deve scegliere tra la volontà di mostrarsi solidale alla Grecia o accanirsi su «misure di austerità che non portano a nulla». Come ha detto un membro del suo partito Syriza, Kostadinka Kuneva, all'agenzia russa Sputnik, per un giorno in Russia il premier greco ha potuto godersi legami «basati sul rispetto reciproco senza imposizioni, come invece avviene con la trojka».
Ma lo scacco matto che Tsipras sta confezionando alla Troijka non si conclude con l'accordo e l'avvicinamento a Mosca.
La Commissione d’Inchiesta sul Debito istituita dal Parlamento greco ha divulgato oggi un rapporto preliminare sui 240 miliardi di debito che le istituzioni della Troika (UE, BCE e Fondo Monetario Internazionale) pretendono dalla Grecia. In seguito a numerose audizioni, ed esaminate le prove, la Commissione ha dichiarato questo debito illegittimo, aggiungendo che non deve essere ripagato.
Questo rapporto rafforza la posizione del governo nei confronti delle nuove richieste della Troika che pretende un altro giro di vite di misure di austerità contro la popolazione greca, tra cui ulteriori tagli alle pensioni. Viene inoltre confermata l’analisi pubblicata da Lyndon LaRouche sulle pagine dell’Executive Intelligence Review lo scorso febbraio (vedi), nella quale il salvataggio della Grecia veniva definita come una enorme truffa per trasferire i soldi dei contribuenti greci, attraverso i conti del governo, nelle casse degli speculatori e delle loro “banche universali” a Londra e in Europa.
Questo rapporto rafforza la posizione del governo nei confronti delle nuove richieste della Troika che pretende un altro giro di vite di misure di austerità contro la popolazione greca, tra cui ulteriori tagli alle pensioni. Viene inoltre confermata l’analisi pubblicata da Lyndon LaRouche sulle pagine dell’Executive Intelligence Review lo scorso febbraio (vedi), nella quale il salvataggio della Grecia veniva definita come una enorme truffa per trasferire i soldi dei contribuenti greci, attraverso i conti del governo, nelle casse degli speculatori e delle loro “banche universali” a Londra e in Europa.

Il rapporto della Commissione, allegato per intero a fondo pagina, afferma: “Tutte le prove che presentiamo in questo rapporto dimostrano non soltanto che la Grecia non ha la possibilità di ripagare questo debito, ma che questa impossibilità deriva principalmente dagli accordi con la Troika in palese contrasto con i diritti umani fondamentali del popolo greco. Siamo pertanto giunti alla conclusione che la Grecia non deve ripagare questo debito in quanto illegale, illegittimo e detestabile”.
“La Commissione è inoltre giunta alla conclusione che l’insostenibilità del debito pubblico greco era già evidente fin dall’inizio ai creditori internazionali, alle autorità greche ed ai gruppi mediatici. Ciò nonostante nel 2010 le autorità greche, insieme ad altri governi europei, hanno cospirato contro la ristrutturazione del debito pubblico per proteggere le istituzioni finanziarie. I gruppi mediatici hanno nascosto la verità al pubblico presentando i piani di salvataggio come benefici per la Grecia, scaricando allo stesso tempo sulla popolazione la responsabilità della situazione”.
Questo rapporto dovrebbe avere un forte impatto anche su altre nazioni super indebitate dell’Eurozona.
Ci sono momenti in cui è necessario abbandonare le ideologie politche e unirsi per il bene comune, questo e' uno dei momenti, e' necessario dare tutto l'appoggio a tsipras...
... per questo vi invito a lanciare l'hashtag #FORZATSIPRAS del titolo condividendo questo articolo sui vostri profili facebook, twitter oppure sui vostri blog per fornire la maggiore visibilità possibile al sostegno che questo governo merita.
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Quell'esplosione sulla Luna...
Secondo Isaac Asimov (professore di biochimica), “… non possiamo che giungere alla conclusione che la Luna non ha nessun diritto di essere lì ed il fatto che esista è una di quei colpi di fortuna troppo belli per essere veri. I piccoli pianeti come la Terra con campi gravitazionali deboli non dovrebbero avere il satellite.
Di solito quando li hanno, sono molto piccoli, quindi anche se la Terra ha un satellite dovremmo pensare che anche nella migliore delle ipotesi dovrebbe trattarsi di un corpo molto piccolo non più di 30 miglia in diametro, ma non è così. La Terra non solo ha un satellite, ma ha un satellite enorme del diametro di 2.160 miglia. Allora come mai la piccola Terra dispone di un satellite straordinario?”
Di solito quando li hanno, sono molto piccoli, quindi anche se la Terra ha un satellite dovremmo pensare che anche nella migliore delle ipotesi dovrebbe trattarsi di un corpo molto piccolo non più di 30 miglia in diametro, ma non è così. La Terra non solo ha un satellite, ma ha un satellite enorme del diametro di 2.160 miglia. Allora come mai la piccola Terra dispone di un satellite straordinario?”
La Nasa nel ’69 aveva piazzato dei dispositivi particolari sulla Luna colpendo poi la superficie con l’equivalente di una tonnellata di esplosivo, e secondo gli scienziati la Luna ha emesso un suono simile a quello di una campana (cito testualmente), e Maurice Ewing disse in occasione della conferenza stampa che si sarebbe astenuto da un’interpretazione dell’accaduto limitandosi a dire che era proprio come se qualcuno avesse colpito una campana con un colpo secco fortissimo, con un riverbero che durava per 30 minuti, risuonando anche nell’interno dello stesso satellite.
Il Dr. Gordon Mc Donald negli anni ‘60 disse che la Luna appare essere più vuota che non una sfera omogenea.
Il Dr. Sean C. Soleman del Massachusetts Institute of Technology disse che il campo gravitazionale della Luna indicava la possibilità spaventosa che la Luna potesse essere vuota.
Di lì a poco, dopo l’esperimento del ’69 c’è stato un altro colpo con l’equivalente di 11 tonnellate di esplosivo. Gli scienziati dissero che la Luna aveva risuonato come un “gong” con un riverbero che durò più di 3 ore.
Ken Johnson, professore del Dipartimento di controllo fotografico e informativo, durante la missione dell’Apollo raccontò ad Alan Butler (autore di “Who built the Moon?”) che la Luna non soltanto suonava come una campana ma addirittura aveva oscillato in maniera precisa come se avesse avuto dei sostegni idraulici di ammortizzazione all’interno.
E’ probabile che ci troviamo di fronte a una sorta di “navicella spaziale” antica ricolma di strumenti di navigazione, combustibile e utensili per riparazioni. Insomma tutto quello che era necessario a quest’”arca di Noè” per consentire di navigare nell’Universo e di consentire a questo planetoide di viaggiare migliaia e migliaia di chilometri.
Credo Mutwa, ultimo sciamano Zulù ancora vivo, che è veramente un depositario straordinario di conoscenza sulla cultura Zulù e su tanto altro, gli è stato chiesto di raccontare storie e leggende della cultura Zulù e africana riguardo la Luna, e dice che secondo loro la Luna è un uovo, che nel linguaggio simbolico significa “vuota dentro”.
Una delle collane antiche degli Zulù, una collana dei misteri che ha almeno 500 anni, si chiama la “collana delle lune” perché nelle loro leggende credono che ci sono molte lune, come quella di cui stiamo parlando, che non sono quello che sembrano. Quindi… la Luna sembrerebbe proprio non essere “reale”.
Ma cosa ci sta a fare una gigantesca nave spaziale aliena orbitante attorno alla Terra? Probabilmente per controllarci, per controllare e limitare il nostro potenziale fisico e mentale.
Secondo le teorie di David Icke e sulla base delle ricerche di molti altri studiosi che hanno esaminato le sue anomalie, la Luna sarebbe una sfera artificiale tenuta in orbita intorno al nostro pianeta per scopi di controllo.

Le recenti foto della NASA restituiscono in effetti una chiara impressione della Luna.
In primo luogo, è evidente che dal punto di vista fisico essa non sia assimilabile alla Terra. Non è presente alcuna irregolarità sulla sua superficie; nè creste enormi come le catene montuose terrestri, nè trincee profonde come quelle all’interno dei nostri oceani.
In effetti, la luna assomiglia molto ad una sfera metallica ricoperta di polvere e colpita da qualcosa in diverse occasioni, ma sempre con una potenza specifica – proprio come l’effetto creato da una serie di gocce di pioggia su una superficie dura, coperta di polvere.
http://lastella.altervista.org/isaac-asimov-il-docente-di-biochimica-che-crede-che-la-luna-sia-artificiale/
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Mauro Biglino - Conferenza di Gavirate del 15/05/2015
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Estinzioni di massa. L’ipotesi "Shiva"
Shiva, chiamata così in nome del dio della distruzione degli Hindu, è una teoria scientifica esogeologica che intende spiegare un apparente schema nelle estinzioni di massa causate da eventi di impatto.

La teoria, formulata da Michael Rampino della New York University, afferma che i disturbi gravitazionali indotti sul sistema solare quando questo attraversa il piano galattico della Via Lattea sono sufficienti a perturbare le orbite delle comete nella Nube di Oort che circonda il sistema stesso.
Alcune comete sono spinte verso l’interno del sistema solare aumentando le possibilità di un impatto.
Secondo l’ipotesi il risultato è che la Terra viva grandi eventi di impatto ogni circa 30 milioni di anni.
Questa teoria ha una preoccupante implicazione: dato che il sistema solare è passato attraverso il piano galattico negli ultimi milioni di anni, un’altra cometa potrebbe essere in avvicinamento alla Terra.

Intensità delle estinzioni marine negli ultimi 550 milioni di anni
Il cratere della Terra di Wilkes, un cratere di 480 chilometri sotto i ghiacci: l’asteroide causò la più grande estinzione.
Le dimensioni del cratere polare ricavate dai dati gravimetrici sono impressionanti: diametro di 480 km, provocato dall’impatto di un asteroide di quasi 50 km di diametro – mentre si stima che l’asteroide di Chicxulub fosse di 18 km.
Il cratere della Terra di Wilkes è una formazione geologica scoperta nel 2006 nella regione della Terra di Wilkes in Antartide (coordinate 70°′S 120°′E). La scoperta è opera di un gruppo di scienziati guidati da Ralph von Frese e Laramie Potts, ed è stata ottenuta sulla base dei dati inviati dal satellite GRACE.
Si ritiene che il cratere possa essere un cratere meteoritico. Ha un diametro di circa 500 km, si trova circa 1,5 km sotto la superficie ghiacciata antartica e si è formato da 250 milioni a 500 milioni di anni fa.

Mappa dell’Antartide che mostra le Wilkes Land, con il cratere ipotizzato dal team di von Frese marcato in rosso
L’interpretazione del cratere come cratere d’impatto è controversa. Date le dimensioni della formazione geologica, si deve ipotizzare un impatto di proporzioni inaudite, che si verrebbe a correlare con fenomeni come la nascita della Grande Rift Valley e la spaccatura del Gondwana (con l’allontanamento dell’Australia e l’inizio della deriva dei continenti).
Il cratere ha un diametro sei volte superiore a quello del Chicxulub, comunemente ritenuto il segno dell’impatto catastrofico che avrebbe causato l’estinzione dei dinosauri. L’impatto nella Terra di Wilkes avrebbe cancellato il 90% delle forme di vita sulla Terra ed è stato collegato alla grande estinzione di specie viventi avvenuta alla fine del periodo Permiano.
La scoperta del cratere si deve alla rivelazione, da parte del satellite, di alcune anomalie nella struttura della crosta terrestre, in particolare variazioni di massa dovute al movimento di materiali presenti nel mantello terrestre verso la crosta. Esistono spiegazioni alternative alla differenza di massa rilevata in quel luogo; tuttavia la difficoltà nel prelevare campioni vista la profondità del sito non rende semplice appurare quale sia la causa reale di tale anomalia.
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La Caduta di Palmira e l'Apocalisse
Sottoponiamo ai lettori come spunto di discussione questo articolo visibilmente complottista, sempre ricordando il detto di un vecchio democristiano, secondo il quale "a pensar male si commette peccato, ma spesso ..."

Un computer portatile sequestrato in un raid contro una roccaforte dell’ISIS ha svelato un bizzarro complotto che sembra uscito da un film di Indiana Jones di Steven Spielberg. Le analisi potrebbero portare prove di una strana ‘’fratellanza’’ che lega fra loro culti non solo all’interno di Israele ma anche le massonerie d’America ed Europa finalizzata alla distruzione pianificata di due luoghi di culto religioso, uno del tutto concreto, la moschea di Al Aqsa sul monte sacro di Gerusalemme, e il secondo, il mitologico secondo tempio di Re Salomone, figlio di Re Davide d’Israele.
La Storia coinvolge massicce dosi di soprannaturale: armate di spiriti demoniaci che costruiscono templi e un miscuglio di mitologia Massonico-Templare con espansionismo Sionista e l’eresia Cristiana apocalittica dei “doministi”.
Il fatto che l’ISIS abbia puntato proprio verso l’antica città di Palmira ha un significato speciale, stando ai documenti sequestrati il 16 Maggio 2015 da unità delle forze speciali Siriane in un attacco verso l’alba ad Al Mayadin, lungo il fiume Eufrate.
L’attacco di Al Mayadin, simultaneo ad un attacco americano a pochi minuti di distanza più a nord sull’Eufrate, ha fornito ad entrambe un importante documento informativo. I documenti trovati nel laptop di questo comandante dell’ISIS mostrano comunicazioni dirette per via di ‘’social networks’’ con Israele, ma questa non e’nemmeno la cosa più interessante o significativa. Il messaggio ricevuto da Israele, piuttosto, contiene diversi elementi a dir poco sorprendenti:
- Ordini all’Isis per la presa di Palmira vengono direttamente da Israele ma citano anche “I massoni’’, un gruppo le cui origini storiche sono intrecciate a quelle dei cavalieri templari, una organizzazione religiosa e militare che si ritiene abbia scoperto il primo tempio di Salomone a Gerusalemme e ne abbia saccheggiato tesori e reliquie.
- Il documento ordina all’ISIS di trovare e distruggere il secondo tempio di Salomone a Palmira, questo secondo tempio è argomento di ‘’archeologia di frontiera’’ e ritenuto un sito mitologico che sarebbe stato costruito da esseri sovraumani, persino alieni.
- Il documento va oltre, indicando che Israele distruggerà la moschea di Al Aqsa, il terzo luogo sacro Islamico che e’stato effettivamente sotto attacco Israeliano nelle ultime settimane.
I MISTERIOSI SUCCESSI DELL’ISIS
La presa di Palmira, patrimonio Unesco e sito archeologico di valore incommensurabile, da parte dell’Isis e’stata accuratamente coordinata con una offensive sulla città Irachena di Ramadi e un contemporaneo attacco di Al Nusra, appoggiato dalla Turchia, su Aleppo. Nessuno di questi attacchi stranamente è stato minimamente contrastato da attacchi USA o della ‘’coalizione’’.
Inoltre ci sono testimonianze da Ramadi di aerei C130 Americani che riforniscono unità dell’ISIS, confermati da innumerevoli fonti, nonostante gli USA smentiscano. Quando interrogati al riguardo, le forze speciali USA hanno accusato l’Iran di diffondere la diceria come parte di una operazione psicologica, nonostante il fatto che l’esercito americano aveva in precedenza già ammesso di aver rifornito truppe ISIS “per sbaglio” nei pressi della città Curdo-Siriana di Kobane. Gli ‘’errori’’ a Kobane si sono ripetuti varie volte durante alcuni giorni proprio nel picco della battaglia che lì si stava svolgendo.
LE ORIGINI BIBLICHE DI PALMIRA
Oggi il mondo teme la distruzione di Palmira, ma se quanto si afferma nel documento sequestrato sabato fosse attendibile, distruggere Palmira o forse solo il, vero o fantomatico, tempio di Salomone è un’azione intesa a portare a conseguenze anche peggiori, un conflitto mondiale che porta verso l’Apocalisse, l’ ‘’Armaggeddon’’.
Da Wikipedia: ‘’La bibbia ebraica (Secondo libro delle Cronache, 8.4) afferma di Tadmor, città costruita e fortificata da Re Salomone nel deserto, ve ne è menzione anche nel Talmud. Flavio Giuseppe menziona il nome Greco ‘’Palmira’’ e attribuisce la fondazione di Tadmor a Salomone nelle sue ‘’Cronache Giudee antiche’’ (libro VII). Tradizioni islamiche posteriori attribuiscono la fondazione al ‘’Jinn” (spirito) di Salomone.
Re Salomone era il figlio di Re Davide e fondatore del ‘’Grande regno di Israele’’, molti Israeliani infatti vedono come loro ‘’diritto di nascita’’ una ‘’Nazione che va dal Nilo all’Eufrate’’. Le attuali operazioni dell’ISIS, sono palesemente programmate per avere non soltanto largo appoggio militare e umanitario da Israele ma ulteriore appoggio attraverso l’influenza dei gruppi ‘’Tea party’’ Cristiano-evangelici in America, che condividerebbero lo stesso interesse a ‘’unire il Nilo all’Eufrate’’.
OPERAZIONI CONGIUNTE ISRAELE-ISIS DAL GOLAN A DARAA FINO A PALMIRA?
Gli attacchi aerei Israeliani su unità dell’esercito Siriano, ospedali Israeliani che ospitano feriti dell’ISIS, spesso trasportati in aereo da migliaia di miglia di distanza nella Siria orientale, fucili M16 Israeliani di produzione americana equipaggiati da migliaia di terroristi, gli indizi della complicità di Israele con l’ISIS crescono di giorno in giorno.
Quando Salomone ereditò la posizione di Re di Israele, pregò Dio affinché gli garantisse un regno che fosse più grande di quello di chiunque dopo di lui. Dio accettò la supplica di Salomone e gli concesse quello che domandava. A questo punto Salomone iniziò ad essere benedetto da molti doni che Dio gli inviava durante il corso della sua vita. Il Corano narra che il vento fu reso obbediente a Salomone, e lui poteva controllarlo a suo piacimento, e che anche lo “Jinn” (spirito) fu messo al controllo di Salomone.
Lo Jinn aiutò a rafforzare il regno di Salomone, costruendo per lui monumenti, luoghi di culto, opere d’arte e serbatoi idrici. Dio causò anche che una colata di ottone fuso colasse fino a Salomone, così che lo Jinn potesse servirsene per le costruzioni. A Salomone fu anche concesso di apprendere il linguaggio di molti animali, in particolare tutti gli uccelli.
Il Corano riferisce che un giorno Salomone e il suo esercito entrarono in una valle dove vi erano moltissime colonie di formiche. Alla vista di Salomone con il suo esercito una delle formiche accorse ad avvertire tutte le altre “riparatevi tutti dentro, altrimenti Salomone e i suoi soldati ci schiacceranno sotto i piedi senza accorgersene nemmeno!”.
Capendo immediatamente ciò che diceva la formica, Salomone, come sempre pregò Dio e lo ringraziò di avergli concesso doni così formidabili ed evitò di danneggiare i formicai. La saggezza di Salomone, poi, era l’ennesimo tra i doni che ricevette da Dio e i la tradizione Musulmana sostiene che Salomone non dimenticò mai la sua preghiera quotidiana, che per lui era molto più importante di qualsiasi dei doni ricevuti.
Un altro importante aspetto del regno di Salomone erano le dimensioni della sua armata, che consisteva sia di uomini che di Jinn. Salomone passava di frequente in rassegna le sue truppe e i suoi guerrieri, come tutti gli Jinn e gli animali che lavoravano con loro.
GWYNETH TODD E LA NASCITA DELL’ISIS
L’ISIS come lo conosciamo oggi è una filiazione diretta di una mossa del 2005 del presidente Bush per trovare una stabilizzazione “rapida e sporca” dell’Iraq in modo che fosse utilizzabile come piattaforma per un eventuale attacco all’Iran. Sino nel 2005 e fino al 2007, la quinta flotta Americana, stazionata in Bahrain sostenne di essere entrata a distanza di ingaggio con navi Iraniane di pattuglia nello strategico stretto di Hormuz.
Quando questi presunti attacchi si dimostrarono delle “false flags” dal consulente del dipartimento di Stato Gwyneth Todd, operazioni pianificate da estremisti alla Casa Bianca in collaborazione con ufficiali del Pentagono leali a John Hagee, un aderente Americano a culti di ispirazione Apocalittica, ufficiali della Marina complottarono coi servizi segreti del Bahrain per l’eliminazione di Todd. Todd tuttavia scappò in Australia, sopravvivendo in seguito a un tentativo di rapimento da parte dell’FBI come riportato dalla televisione nazionale Australiana in uno speciale e da Jeff Stein sul Washington Post.
IL PADRE DELL’ISIS: MCCAIN O PETRAEUS ?
Non si può rendere conto della nascita dell’Isis senza riconoscere i dovuti “meriti” dell’ex direttore della CIA, e oggi criminale condannato, Generale Petraeus. Fu Petraeus che come comandate dell’esercito americano in Iraq nel 2005 ebbe la felice idea di “mettersi a ballare col diavolo”. Petraeus suggerì che fosse conveniente per gli USA associarsi ai gruppi Wahabiti ostili al Governo Scita inizialmente appoggiato dagli stessi Americani per conseguire una “soluzione rapida e sporca” alla guerra civile causata dagli stessi Americani costata la vita a 5000 Americani e oltre 2milioni di Iracheni.
Nonostante Petraeus e i miliardi americani spesi a organizzare e finanziare gli estremisti Sunniti in Iraq che diverranno il fulcro della leadership dell’ISIS possono precedere il coinvolgimento diretto di John McCain o di generali USA come Vallely e McInerney, abbiamo visto questi individui ed altri della loro specie sfilare su youtube o su foxnews ripresi con comandanti dell’ISIS, filmati a dare consiglio ad Al Nusra, con i gruppi terroristici Siriani, spesso ripresi a parare in armi, come Vallely con il suo revolver con il manico in perla, al fianco di terroristi.
Quando confrontiamo questo con la prestazione scadente degli USA come alleato sul campo, sebbene in teoria dovrebbe supportare l’Iraq e il Governo locale Kurdo, da che parte stiano davvero si può facilmente mettere in discussione.
COMANDO BIFORCATO
C’è un filo comune che si può seguire, adesso ci sono sufficienti ragioni per farlo, basandoci sulle poche “prove forti” di intelligence che possiamo avere a disposizione. C’è poco da dubitare che la proposta distruzione della moschea di Al Aqsa da parte di Israele è un atto di guerra contro l’Islam stesso. Ma la prima domanda da porsi è perché allora l’Arabia Saudita, che dobbiamo assumere come pienamente complice di Israele nell’appoggiare l’ISIS, lo permetterebbe mai? L’Arabia Saudita si è a lungo propagandata come difensore dell’Islam e se accadesse il loro coinvolgimento nella distruzione di uno dei luoghi più sacri dell’Islam non sfuggirebbe.
Durante la conferenza sulla sicurezza di Damasco nel 2014, la delegazione Americana, inclusa massimi ufficiali dei servizi segreti in pensione, fece un riferimento a una “biforcazione” tra l’esercito e i servizi segreti USA. La presentazione denunciava una carenza di controllo centralizzato delle capacità operative Americane nel Medio Oriente.
Potrebbero personalità di spicco al Congresso come McCain e Graham e dozzine di altri a loro alleati, che sono chiaramente in difficoltà data la posizione ufficiale della Casa Bianca di ostilità all’espansionismo dell’ISIS, controllare indipendentemente delle unità, svolgere operazioni indipendenti o sviare gli sforzi USA contro l’ISIS? Questo fu suggerito in sede alla conferenza di Damasco e questo potrebbe essere ciò a cui stiamo assistendo sia in Siria che in Iraq.
LA MOSTRUOSITA’ DEL “LIBRO”
Se vogliamo seguire la recente rivelazione dell’Intelligence Siriana occorre formulare una nuova ipotesi di lavoro che spieghi il comportamento dell’ISIS. Se, come suggerito, ci fosse un coinvolgimento Massonico, ramo Siriano in stretti rapporti con Tel Aviv, per quanto improbabile una cosa del genere possa sembrare sulle prime, allora è lecito considerare pertinenti alcuni studi storici sul credo e sulle tradizioni dei Templari, su tutto il loro interesse verso l’Islam, raro in quel periodo storico, e il loro desiderio di ‘’rimediare’’ alle differenze tra “Le religioni del Libro’’
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Per coloro che non lo sappiano, non e’del tutto insensato considerare l’Islam agli inizi come una interpretazione che si modifica a partire da una setta di Giudaismo riformato. E’stato detto che l’Islam sta all’Ebraismo come il Cattolicesimo al Cristianesimo. Le tradizioni dell’Islam e dell’Ebraismo nelle loro similarita’ vanno ben oltre alle comuni radici Abramiche. Condividono una storia comune, da Mosè in avanti, con una sola eccezione di sorta. Gesù è un profeta per l’Islam mentre dal Giudaismo è visto come un pernicioso eretico.
Pare che i Templari si fossero attribuiti il ruolo di mitigare queste differenze, particolarmente mettendo in discussione interpretazioni cattoliche di Gesù incompatibili con il Giudaismo, e in particolare con l’Islam:
- La partenogenesi, basata su una traduzione Greca errata e priva di conferme nei Vangeli;
- La Resurrezione, vista come una nozione di origine Mitriadica che, presente nel paganesimo Romano sia stata inserita nei Vangeli come contraffazione postuma;
- La divinità di Gesù, teoria attribuibile esclusivamente a San Paolo, spinta dall’Imperatore Costantino e promossa dopo il Concilio di Nicea.
In ciò l’ISIS ha forti punti di incontro con gli elementi estremisti, sia Giudei che Cattolici, ed il fatto che si siano trovati espliciti riferimenti a un culto Massonico-Templare nel documento dell’ISIS recuperato, potrebbe significare che l’ISIS potenzialmente potrebbe avere un impatto sul mondo di quanto non si pensa, corrispondendo all’ambizione verso uno Stato Islamico ‘’Riformato’’ su radici ebraiche o persino a un ‘’più grande Israele’’ fondato sia sul Corano che sulla Torah.
L’ALTERNATIVA APOCALITTICA
Esiste un’altra possibilità, tuttavia. Sin dai primi anni ’80 l’esercito Americano è caduto sotto l’influenza di una dottrina promossa da ignoranti predicatori di campagna. Il loro credo fu portato a conoscenza del pubblico quando aderenti della mitologia della ‘’Fine dei tempi” presero il controllo della Casa Bianca dopo le elezioni presidenziali del 2000. Fu questo gruppo, più comunemente noto come i neo-con o ‘’Sionisti Cristiani’’ che ha presieduto al supporto per l’ISIS e che potrebbe rappresentare la ragione dei suoi successi chiave.
Ad ogni modo, queste credenze hanno un obbiettivo, causare una catastrofe nucleare, a partire da un conflitto in Medio Oriente che degenererà fino a ripulire la terra di ogni forma di vita, umana o animale. I ‘’prescelti’’, in numero costantemente variabile, voleranno verso il cielo in forma corporea in ciò che essi definiscono un ‘’rapimento’’ e si siederanno a fianco di Gesù. Da lì osserveranno coloro che sono rimasti sulla Terra, quelli lasciati indietro a soffrire e morire per i loro peccati.
Per quanto malata la cosa possa sembrare questa è la versione standard del Cristianesimo insegnata nelle accademie militari Americane di West Point, Annapolis, e in particolare l’accademia aeronautica di Colorado Springs. È in risposta a questa ‘’infestazione’’ della gerarchia militare Americana che comandanti a migliaia sono stati rimossi e la struttura di commando nucleare ‘’sterilizzata’’.
Può essere allora ragionevole assumere che, basandoci su prove più che valide dell’appoggio all’ISIS prestato da una frangia estremista dell’esercito USA, rappresentanti di fino a 100 milioni di Cristiani Eretici Americani della setta della ‘’fine dei tempi’’, i quali mettono sempre gli interessi di Israele sopra a quelli dell’America, che stiano seguendo un copione anticipato.
La distruzione della Moschea di Al Aqsa non servirebbe altro che ad allargare la scala del conflitto. Se mettiamo in conto le recenti minacce di attacco nucleare Israeliane rivolte all’Iran, notizie che i Sauditi stanno cercando di acquistare missili nucleari balistici a lungo raggio dal Pakistan, allora la caduta di Palmira potrebbe essere intesa a mettere in atto una commistione di Religioni e uno ‘’Stato dei Giusti’’ dal Nilo all’Eufrate.
Gordon Duff è un veterano dei Marines che ha combattuto in Vietnam che ha lavorato decenni per i problemi dei veterani e dei prigionieri di guerra ed è stato consulente di Governi sulle questioni legate alla sicurezza. E’ editore e gestore di VeteransToday, specialmente per la rivista online ‘’New eastern outlook’’.
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Un Popolo inventato?
Una pioggia di insulti ha coperto in Israele Shlomo Sand quando pubblicò un libro intitolato “Come fu inventato il popolo ebreo - The Invention of the Jewish People” che smonta miti biblici che sono il pilastro dello Stato sionista di Israele.

Professore di Storia Contemporaneo all’Università di Tel Aviv, nega che gli Ebrei sono un popolo dall’origine comune e sostiene che fu una cultura specifica e non il discendere da una comunità arcaica unita da legami di sangue lo strumento principale della fermentazione nazionale.
Secondo lui, “lo Stato ebraico di Israele”, lontano dall’essere la concretizzazione del sogno nazionale di una comunità etnica con più di 4000 anni è stato possibile grazie ad una falsificazione della storia resa possibile nel XIX secolo da intellettuali come Theodor Herzl.
Come studiosi accademici israeliani insistono nell’affermare che gli Ebrei sono un popolo con un DNA proprio. Shlomo Sand, basandosi su una documentazione esauriente, mette in ridicolo questa tesi scientifica.
Non ci sono altri ponti biologici tra gli antichi abitanti dei regni di Giudea e di Israele e gli Ebrei del nostro tempo.
Il mito etnico ha contribuito poderosamente sull’immaginario civile.
Le loro radici rimontano alla Bibbia, fonte del monoteismo ebraico. Come nell’Iliade, l’Antico Testamento non è opera di un unico autore. Sand definisce la Bibbia come “biblioteca straordinaria” che sarà stata scritta tra i secoli VI e II prima della nostra Era. Il mito inizia con l’invenzione “del popolo sacro” alla quale fu annunciata la terra promessa di Canaan.
L’interminabile viaggio di Mosè e del suo popolo verso la Terra Santa e la posteriore conquista, manca di qualsiasi fondamento storico. E’ necessario ricordare che l’attuale territorio della Palestina era ora parte integrante dell’Egitto faraonico.
La mitologia dei successivi esili, diffusa nei secoli, finì per guadagnare l’apparenza di verità storica. Fu forgiata, però, a partire dalla Bibbia ed ampliata dai pionieri del Sionismo.
Le espulsioni di massa degli Ebrei da parte degli Assiri sono un’invenzione. Non ne esiste registrazione su fonti storiche credibili.
Il grande esilio da Babilonia è falso come quello delle grandi diaspore. Quando Nabucodonosor prese Gerusalemme, distrusse il Tempio ed espulse dalla città una parte delle élite; ma Babilonia era da molto tempo la città di residenza, per propria scelta, di una numerosa comunità ebraica.
Quella è stata il nucleo delle creatività da parte dei rabbini che parlavano aramaico e introducevano importanti riforme nella religione di Mosè. E’ importante notare che solo una piccola minoranza di quella comunità tornò in Giudea quando l’imperatore Ciro conquistò Gerusalemme nel secolo VI della nostra era.
Quando i centri della cultura ebraica di Babilonia si disgregarono, gli Ebrei emigrarono a Bagdad e non in Terra Santa.
Sand dedica un’attenzione particolare agli “Esiliati” come miti fondanti dell’identità etnica.
Le due “espulsioni” degli Ebrei nel periodo romano, la prima ad opera di Tito e la seconda di Adriano, che sarebbero stati il motore della grande diaspora, sono tema di una riflessione profonda dello storico ebraico.
Nelle scuole, i giovani imparano che la “nazione ebraica” fu mandata in esilio dai Romani dopo la distruzione del Secondo Tempio ad opera di Tito,e poi, da Adriano nel 132. Abbiamo solo il testo fantasioso di Flavio Josefo che testimonia la rivolta degli Zeloti, che toglie credibilità a questa versione, oggi ufficiale.
Secondo lui, i Romani massacrarono 1.100.000 Ebrei e ne imprigionarono 97.000. Questo in un’epoca in cui la popolazione totale della Galilea era secondo i demografi attuali era molto meno di mezzo milione.
Gli scavi archeologici degli ultimi decenni fatti in Gerusalemme e in Cisgiordania hanno creato dei problemi insormontabili agli studiosi universitari sionisti che “spiegano” la storia del popolo ebraico prendendo la Torah e la parola dei Patriarchi come riferimenti infallibili. Le smentite dell’archeologia hanno turbato gli storici.
E’ stato provato che Gerico era poco più di un agglomerato senza le poderose mura citate dalla Bibbia. Le rivelazioni sulle città di Canaan allarmarono anche i rabbini. L’archeologia moderna ha sepolto il discorso dell’antropologia sociale religiosa.
A Gerusalemme non sono state nemmeno trovate vestigia delle grandiose costruzioni che secondo il Libro la trasformarono nel X secolo, prima della nostra Era, l’epoca d’oro di Davide e Salomone, nella città monumentale del “popolo di Dio” che meravigliava quanti lo conoscevano: niente palazzi, niente mura, niente ceramica di qualità.
L’utilizzo della prova del carbonio 14 ha permesso una conclusione. I grandi edifici della Regione Nord non furono costruiti all’epoca di Salomone.
“Non esiste in realtà nessuna testimonianza - scrive Shlomo Sand - dell’esistenza di quel re leggendario la cui ricchezza è descritta dalla Bibbia in termini che quasi lo rendono un equivalente dei potenti regni di Babilonia e di Persia”.
Se è esistita una entità politica in Giudea nel secolo X prima della nostra Era, afferma lo storico,potrebbe essere solo una micro realtà tribale e Gerusalemme Solo una piccola città fortificata.
E’ anche significativo che nessun documento egiziano riferisce “della conquista” da parte degli Ebrei di Canaan, territorio che allora apparteneva al faraone.
IL SILENZIO SULLE CONVERSIONI
La storiografia ufficiale israeliana, nell’erigere un dogma sulla purezza della razza, attribuisce alle successive diaspore la formazione di comunità ebraiche di dozzine di paesi.
La Dichiarazione d’Indipendenza di Israele afferma che, obbligati, gli Ebrei si sforzarono nei secoli di ritornare nel paese degli avi. Si tratta di una menzogna che falsifica molto la Storia.

La grande diaspora è finta, come le altre. Dopo la distruzione di Gerusalemme e la costruzione di Aelia Capitolina, solo una piccola maggioranza della popolazione fu espulsa. La schiacciante maggioranza rimase nel paese.
Allora, qual è l’origine degli avi di almeno 12 milioni degli Ebrei oggi esistenti fuori di Israele?
Nel rispondere a questa domanda, il libro di Shlomo Sand distrusse simultaneamente il mito della purezza della razza, questa è l’etnicità ebraica.
Un’abbondante documentazione riunita da storici di prestigio mondiale rivela che nei primi secoli della nostra Era ci furono massicce conversioni all’ebraismo in Europa, in Asia e in Africa.
Tre di loro sono state particolarmente importanti e danno fastidio ai teologi israeliani.
Il Corano stabilisce che Maometto trovò a Medina, durante la fuga dalla Mecca, grandi tribù ebree con le quali entrò in conflitto, finendo coll’espellerle. Però non chiarifica che nell’estremo sud della Penisola Arabica, l’attuale Yemen, il regno di Hymar, adottò l'Ebraismo come religione ufficiale.
E’ bene dire che arrivò per rimanerci. Nel secolo VII, l’Islam si stabilì nella regione però, trascorsi tredici secoli, quando si formò lo Stato di Israele, decine di migliaia di yemeniti, parlavano l’arabo, ma continuavano a professare la religione ebraica. La maggioranza emigrò in Israele dove, tra l’altro, è discriminata.
Anche durante l’Impero romano, l’ebraismo creò radici. Il tema ha meritato l’attenzione dello storico Dione Cassius e del poeta Giovenale.
In Cirenaica, la rivolta degli Ebrei della città di Cirene costrinse alla mobilitazione di varie legioni per combatterla.
Fu soprattutto, però, nella parte estrema occidentale dell’Africa dove ci furono conversioni di massa alla religione ebraica. Una parte considerevole delle popolazioni berbere aderì all’ebraismo e a loro si deve l’entrata in Andalusia.
Furono questi magrebini che diffusero l’Ebraismo nella penisola, i pionieri dei Sefarditi che dopo l’espulsione da Spagna e Portogallo andarono esuli in diversi paesi europei, nell’Africa musulmana e in Turchia.
Più importante per le sue conseguenze, fu la conversione all’Ebraismo dei Giazari, un popolo nomade turcofono, imparentato con gli Unni, che provenendo dall’Altai, si stabilì nel secolo IV nelle steppe del basso Volga. I Giazari, che tolleravano bene il Cristianesimo, costruirono un potente stato ebraico, alleato di Bisanzio nelle lotte dell’Impero Romano d’Oriente contro i Persiani Sassanidi.

Questo impero medievale dimenticato occupava un’area enorme, dal Volga alla Crimea e dal Don all’attuale Uzbekistan. Scomparve dalla Storia nel secolo XIII quando i Mongoli invasero l’Europa distruggendo tutto al loro passaggio.Migliaia di Giazari, fuggendo dalle orde di Batu Khan, si dispersero nell’Europa Orientale.
La loro eredità culturale fu insperata.Grandi storici medievalisti come Renan e Marc Bloch e lo scrittore ungherese inglese Arthur Koestler identificano negli Giazari gli avi degli Schenaziti le cui comunità in Polonia, in Russia e in Romania avranno un ruolo cruciale nella colonizzazione ebraica della Palestina.
UNO STATO NEOFASCISTA
Secondo Nathan Birbaum, l’intellettuale ebreo che inventò nel 1981 il concetto di sionismo, è la biologia e non la lingua o la cultura che spiegano la formazione delle nazioni.
Secondo lui la razza è tutto. E il popolo ebreo sarebbe stato quasi l’unico a preservare la purezza del sangue nei millenni.
Morì senza capire che quella tesi era una tesi razzista, prevalendo appagherebbe il mito del popolo sacro “eletto da Dio”.
Perché gli Ebrei sono un popolo figlio di una catena di incroci. Ciò che conferisce loro una identità propria e una cultura e la fedeltà ad una tradizione religiosa radicata è un falso storico.
Sui passaporti dello stato di Israele non è accettata la nazionalità israeliana. I cittadini che hanno pieno diritto scrivono “ebreo”. I Palestinesi devono scrivere “arabo”, nazionalità inesistente.
Essere cristiano, buddista, mazdeista i indù, risulta da una scelta religiosa, non è una nazionalità.
In Israele non c’è un matrimonio civile. Per gli Ebrei è obbligatorio il matrimonio religioso anche se si è atei.
Questa aberrazione è inseparabile da molte altre in uno stato confessionale, etnocratico liberale costruito su miti, uno Stato che cambiò l’yiddish parlato dia pionieri del “ritorno in Terra Santa” con il sacro ebraico dei rabbini, sconosciuto al popolo di Giudea che si esprimeva in aramaico, la lingua in cui fu redatta la Bibbia in babilonia e non in Gerusalemme.
Lo “Stato del Popolo ebraico” si ritiene democratico.
La realtà però nega la legge fondamentale approvata dal Knesset. Uno Stato che tratta come paria di nuovo tipo il 20% della popolazione del paese, uno stato nato dal mostruoso genocidio in terra straniera, uno Stato le cui pratiche presentano sfumature neofasciste, non può essere democratico.
Il libro di Shalom Sand sull’invenzione del Popolo Ebraico è oltre che una chiara prova storica, un atto di coraggio.
Consiglio la sua lettura a tutti coloro secondo cui la linea di frontiera dell’opzione di sinistra oggi passa per la solidarietà col popolo martire della Palestina e che condanna il Sionismo.
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Il Simbolismo della Croce Celtica
La prima Croce Celtica, risalente al 10.000 a.C., è stata ritrovata in una grotta dei Pirenei francesi.
Oggi come secoli fa, grandi croci cerchiate di pietra punteggiano le campagne, le città e i monasteri d’ Irlanda. Si ritrovano, in misura minore e diverse nella forma, nelle restanti aree dell’ Europa celtica: Scozia, Galles, Cornovaglia e Bretagna. Scolpite per lo più in pietra arenaria, sono disseminate ovunque: spesso ad indicare i confini dei monasteri, una tomba, dedicate ad un re o ad un santo, poste nei luoghi di preghiera o a protezione contro le forze infernali.

In Irlanda a partire dal VI-VII secolo d.C. furono sviluppate e perfezionate fino al XII secolo, scomparendo dopo la conquista inglese del 1170. Il periodo culminante di questa forma di scultura fu quello dei secoli agitati dalle invasioni vichinghe e scandinave, quando le scorrerie di queste popolazioni barbare attaccavano i grandi centri monastici irlandesi.
La Croce Celtica è chiamata anche Ruota del sole, Anello Crociato, Sigillo dei Druidi o Croce Druidica.
E” forse il più completo tra i simboli e il più universale ed è stato adottato nel patrimonio simbolico da quasi tutte le civiltà. Si possono trovare svariate interpretazioni e leggende sulla storia del simbolismo insito nella Croce Celtica.
Esistono dei simboli che possono essere considerati i predecessori di questo tipo di croce. Uno di questi è il "Chi-Rho", così chiamato perché formato dalle due lettere dell’ alfabeto greco che compongono il monogramma di Cristo. È un simbolo comune nella cristianità dell’ Impero Romano del IV secolo, poiché è il simbolo dell’ eternità che enfatizza l”amore divino dimostrato attraverso il sacrificio di Cristo sulla croce. La croce latina compare in senso al crisma stesso ma conserva in alto l’ anello che ricorda la P (rho) e costringe a rilevare nell’ incrocio l’ antica X (chi) raddrizzata.
Una leggenda narra di come San Patrizio creò la prima Croce Celtica. Egli stava predicando di fronte ad una pietra sacra delimitata da un cerchio, durante la sua opera di conversione, tracciò all”interno del cerchio sacro una croce latina e benedì la pietra, creando così la prima Croce Celtica.
Questa leggenda non deve essere interpretata letteralmente, ma piuttosto va inserita nell”opera del Cristianesimo celtico di utilizzare simboli e idee già presenti nella cultura locale. Tuttavia va ricordato che la croce celtica non divenne un simbolo comunemente usato da cristiani fino almeno al IV secolo.
Di Croci Celtiche ne esistono diverse varianti, alcune delle quali presentano incisioni e lavorazioni molto complesse. Può capitare che vi siano rappresentate figure umane, per narrare eventi biblici. In generale, tuttavia, i nodi, le spirali, gli intrecci geometrici e i motivi zoomorfi sono quelli che compaiono più spesso; questi sono gli stessi elementi che caratterizzano gli oggetti in metallo e i manoscritti miniati della stessa epoca.

Al contrario delle scene di crocifissione dell” Europa Meridionale che mostrano la sofferenza di Cristo, generalmente seminudo e martoriato dalle ferite infertegli, la Croce Celtica sembra fatta per essere esteticamente bella. Quando appaiono le figure umane, queste sono molto semplici se messe a confronto agli intricati e complessi motivi decorativi che le stanno intorno. Sia la croce verticale che quella diagonale con i bracci della medesima lunghezza sono dei simboli presenti in moltissime culture.
Questi due simboli, cerchio e croce, sembrano avere valenze quasi antitetiche: il cerchio non ha un inizio né una fine e non ha direzione, mentre la croce ha un moto che s”espande verso l”esterno a partire da un singolo punto centrale.
Il cerchio è spesso simbolo lunare femminile, mentre la croce inscritta in un cerchio, sia che i bracci ne fuoriescano e sia che invece ne rimangano inscritti, è simbolo solare maschile. Infatti, alcune teorie "New Age" vedono in questo simbolo la rappresentazione del Sole e della Luna, del dio e della Dea, del Principio Maschile e di quello Femminile, facendo risalire l”origine della Croce Celtica ad un simbolo indù.
La Croce Celtica potrebbe anche rappresentare una qualche forma di ghirlanda trionfale in onore della Croce della Redenzione.
Ma la Croce Celtica rappresenta anche: l’ Albero della vita; i quattro elementi uniti al quinto, poiché il cerchio è visto come simbolo d’ energia; le quattro feste stagionali (Samhain 1 novembre, Imbolc 1 febbraio, Beltane 1 maggio, Lugfhnasadh 1 agosto); il ponte tra il mondo terreno e quello divino racchiusi nell”infinità dell”universo.
È un simbolo spaziale e temporale e questa proprietà lo rende adatto ad esprimere il mistero del cosmo, in cui è inserita la terra. Non a caso molte abbazie hanno una pianta a forma di croce, essa viene ad essere il centro del mondo, e l”uomo, al suo interno s”orienta espandendosi nelle quattro direzioni dei quattro punti cardinali.
La Croce Celtica potrebbe ben adattarsi ad una rilettura simbolica in chiave ermetica secondo il paradigma d’Ermete Trismegisto "come in alto, così in basso". Nella Croce Celtica possiamo, infatti, vedere sia una rappresentazione del microcosmo in relazione al macrocosmo: l’ uomo (microcosmo) attraverso di essa si orienta, partendo dal punto singolo al centro della croce, verso i quattro punti cardinali, i quattro elementi, per giungere al cerchio delle stagioni scandite dai solstizi e dagli equinozi e dell’ universo (macrocosmo). Il rapporto così creato non è statico, ma dinamico, determinato da un movimento centrifugo che dal microcosmo porta al macrocosmo o centripeto, dal macrocosmo al microcosmo.
Nel corso della storia il crisma fu utilizzato anche come emblema da Costantino per simboleggiare il trionfo, come segno d’ auspicio nella battaglia di Ponte Milvio e come simbolo imperiale in occasione dell’ incoronazione di Carlo Magno nell”800.
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Grexit e NATO
Pensate che questo titolo sia provocatorio? No, non è così, questo titolo non è provocatorio ma è una possibile conseguenza diretta dell’eventuale default della Grecia.
La Grecia non è solo un paese che fa parte della NATO, ma è un paese che fa parte dell’Unione Europea e della Moneta Unica. Oggi la Grecia è in forte difficoltà per le note problematiche economiche. Oggi alla Grecia servirebbe, da parte degli alleati, solidarietà indiscussa e la Grecia dovrebbe avere altrettanta indiscussa fiducia negli alleati.
Ma oggi non è così. La Grecia non ha alcuna fiducia nei suoi quasi ex alleati, che il governo e il popolo greco accusano di voler spogliare la Grecia della propria sovranità, e delle residue ricchezze nazionali, con politiche di privatizzazioni dei settori strategici e cessione di aree di territorio cruciali per lo sviluppo del paese, come porti e aeroporti.
E gli alleati della Grecia non mostrano alcuna solidarietà per il popolo greco, al quale vogliono far pagare ogni debito fino all’ultimo centesimo, rinfacciando errori del passato, e questa non è certo solidarietà.
La Grecia quindi, dopo il default e l’uscita dall’Euro, potrebbe spostare il suo baricentro geopolitico verso la Russia, nell’estremo tentativo di non cedere le proprie residue risorse all’Europa.
Questa catena di eventi potrebbe essere devastante per l’Alleanza Atlantica, per diversi fattori. In primo luogo perché per la prima volta l’Alleanza Occidentale (non parliamo della Nato ma dell’unione politica di Europa e America) si trova dinnanzi ad un momento nel quale un gruppo di paesi deve rinunciare a qualcosa di proprio per aiutare un alleato in difficoltà e, in caso di default di Atene, fallirà nella sua missione di sostegno ed aiuto reciproco.
Questo precedente potrebbe ripetersi? Secondo il nostro punto di vista sì, ad esempio nel caso di incidenti nell’area del Baltico. Perché un paese come la Germania, che ha rifiutato di concedere pochi miliardi di Euro alla Grecia, dovrebbe domani esporsi con costi e rischi ben maggiori per difendere i territori baltici, non certo il centro focale di interesse per Berlino?
Il secondo fattore è invece più “tecnico”. La NATO è suddivisa in diversi comandi. Quello che interessa la Grecia è il comando sud. Il Comando Sud ha competenza su reparti di Italia, Grecia, Turchia e della Gran Bretagna a Gibilterra. Ora cerchiamo di osservare la situazione del Comando Sud.
La Turchia si trova ai margini delle operazioni NATO, e negli ultimi anni non ha mai preso parte attivamente nelle azioni dell’Alleanza. La Turchia percorre una strada parallela alla NATO, tuttavia senza mai far coincidere la proprie decisioni con quelle dell’Alleanza, in Libia ad esempio, la Turchia non ha agito organicamente alla NATO ma ha consegnato “aiuti” alle fazioni a lei vicine, nella guerra in Siria e nelle azioni contro ISIS non ha concesso l’uso delle basi aeree per Raid contro gli islamisti, e da circa un anno valuta acquisizioni di sistemi di difesa della Cina invece che da alleati NATO. La Turchia è formalmente nella NATO ma agisce primariamente per il proprio interesse nazionale.
Il secondo paese del Comando Sud è la Grecia e in caso di default, come già scritto, potrebbe avvicinarsi alla Russia.
Il terzo paese è l’Italia, forte alleato della NATO, ma la NATO oggi non ascolta le richieste italiane, la NATO ha agito in Libia nel 2011 contro l’interesse dell’Italia e ora preserva nel non appoggiare le richieste italiane di intervento, seppur troppo limitato a nostro avviso, per contrastare i trafficanti di uomini che operano indisturbati in nord Africa espandendo la potenza delle organizzazioni estremiste e terroriste. La stessa NATO non agisce nelle opportune sedi internazionali per richiedere il giusto processo per i nostri Marò, nelle mani degli indiani. Anche in Italia quindi cresce l’antipatia dell’opinione pubblica nei confronti delle attuali politiche della NATO, una NATO irriconoscibile rispetto all’Alleanza che difese la nostra Libertà negli anni della Guerra Fredda.
Oggi il Comando Sud NATO si mantiene attivo per la presenza della Grecia, senza Grecia e con la situazione poco prima enunciata in Turchia e Italia, il Comando Sud potrebbe essere presto, in caso di avvicinamento della Grecia alla Russia, una scatola vuota.
Ecco perché secondo noi gli effetti del possibile default greco riverbererebbero fino a scuotere dalle fondamenta la stessa NATO, ed è per questo che la questione Grecia va osservata con la massima attenzione e senza limitarsi ai soli effetti economici immediati.
L’assenza della solidarietà degli alleati della Grecia (che sono in gran parte i medesimi componenti della NATO), e la completa sfiducia del popolo greco nei suoi teorici alleati, fatto che oggi osserviamo nella realtà, potrebbe essere il copione che osserveremo domani nel caso in cui un paese periferico della NATO chieda aiuto all’alleanza in caso di minaccia reale (come oggi fa l’Italia per la questione libica).
Il default greco potrebbe essere la fine della fiducia tra gli occidentali e la fine dell’Alleanza Atlantica per come la conosciamo oggi, una Alleanza che potrebbe divenire un’unione Tra Usa, Gran Bretagna e i paesi dell’ex Patto di Varsavia, nelle prossime settimane parleremo anche di questo.
Dimenticavamo una cosa : “Chiudere le basi straniere in Grecia e uscire dalla Nato” questo si trova scritto nel programma elettorale della lista di Syriza.
Dimenticavamo una cosa : “Chiudere le basi straniere in Grecia e uscire dalla Nato” questo si trova scritto nel programma elettorale della lista di Syriza.
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L'Apocalisse predetta da Baba Wanga
Esiste una forza in grado di predire i futuri avvenimenti? Quando si tratta di profeti del passato come Nostradamus, nessuno ha nemmeno un'ombra del dubbio che erano in grado di vedere attraverso il velo del tempo. Il nome della veggente cieca bulgara Wanga che condivideva le sue rivelazioni con i potenti di questo mondo è un clamoroso esempio delle profezie che si sono avverate. Alcuni ritengono che oltre all'80% delle sue predizioni si siano avverate. Cosicché secondo la sua profezia la Russia di nuovo acquisirà la forza sotto "il principe Vladimir", ciò che si combina a perfezione con il nome di Vladimir Putin. Nelle sue visioni c'è posto anche per il nuovo conflitto in Medio Oriente.

Secondo la rivelazione venuta a questa donna cieca, la Siria subisce i colpi "delle forze del male", ciò che segna la fine della stabilità del mondo. L'epicentro delle sciagure (Wanga lo considera una "punizione celeste") deve diventare l'Europa, la quale in tal modo pagherà per i "propri peccati".
Secondo le sue affermazioni, la peggiore è stata l' abiura della religione da parte dell'Occidente.
L'inizio di uno scenario catastrofico è ipotizzato nel 2016, ossia gli europei, a quanto sembra, hanno ancora un anno a disposizione per ripensarci. Infine non si può non evidenziare la profezia di un monaco italiano che visse nel XVI-esimo secolo. Nelle sue opere, scoperte in biblioteca di un monastero nel 1972, questo profeta noto sotto lo pseudonimo "Ragno nero" con una sorprendente precisione ha predetto le guerre religiose in Europa, la guerra Franco-prussiana del 1870, le guerre balcaniche, l'ascesa al potere di Stalin (lui lo chiamava "montanaro fumatore") e via dicendo. Lui ha anche scritto che l'ombra di Stalin coprirebbe un terzo del pianeta.
Per quanto riguarda il futuro, Ragno ha predetto un "decennio delle ceneri" dal 1990 al 2000, quando l'uomo si renderebbe conto degli errori da lui commessi. E' noto che questo periodo è stato segnato dalla fine della guerra fredda e la disgregazione dell'URSS. Poi sarebbe seguito un decennio del caos, e successivamente sarebbe seguito un decennio di guerre e devastazioni (2010-2020). Il periodo degli anni 2020-2030 dove diventare il decennio della "conciliazione", seguito da un decennio della "ristrutturazione". Da quel momento e fino al 2500 l'umanità vivrà in piena armonia con la natura, ponendo la fine allo strapotere di alte tecnologie, le quali sono state "ispirate dal diavolo per il profitto". Il 90% delle profezie del monaco italiano si è avverato.
Per quanto siano sorprendenti si abbinano meravigliosamente con le rivelazioni dei veggenti russi, i quali per lo più predicevano un simile sviluppo degli avvenimenti. Perciò siate vigili... E pensateci a insegnare ai figli la lingua russa. Il Ragno nero ha predetto una grande "ondata spirituale" che inizierà insieme con la ripresa economica sulle sponde del Volga, nel nuovo centro della civiltà europea del XXI-esimo secolo.
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Ringraziamo tutti i fedeli dell'Euro che con il loro consenso hanno permesso questo...
Theodoros Giannaros tiene gli occhi fissi sul computer e una sigaretta tra le dita. Guarda le immagini di alberi, di spiagge. È talmente assorto da non accorgersi che la cenere sta coprendo la tastiera. Compare l’immagine di un giovane. Bello, sorridente. «È mio figlio, si è tolto la vita pochi giorni fa. Aveva 26 anni. Quando l’ho saputo non sono riuscito a fare altro che questo video».
Atene, Ospedale Elpis: un complesso di palazzine bianche nel centro della città. È un giorno festivo, ma il dottor Giannaros si fa trovare nel suo ufficetto di direttore. Siede lì dal 2010. È un biologo molecolare, specializzato in genetica. Ha studiato a Karlsruhe, in Germania, a San Francisco e a Vienna. Da anni è un punto di riferimento assoluto per tutta la Grecia.
Quando interviene sui giornali o in tv nessuno si permette di contraddirlo. Fruga ancora nel pacchetto di nazionali, tira fuori l’ennesima sigaretta e un’altra sassata: «Mio figlio è solo l’ultimo di una lista interminabile. Da quando è iniziata la crisi in questo Paese si sono suicidate 10 mila persone. Sì ha capito bene: 10 mila. È come se una grande città fosse stata cancellata dalla carta geografica della Nazione».
Giannaros ha un passato nelle truppe speciali: mostra le foto delle sue ultime missioni, in mimetica, immerso in un fiume fino alle ginocchia. È come se avesse bisogno di una pausa, vuole raccontare ancora qualcosa della sua famiglia, degli altri due figli, 24 e 28 anni. «Anche il più piccolo è un soldato». Lo dice con un sottinteso chiaro: lui si è salvato.
Ma quanti sono i giovani senza speranza? Le statistiche si afflosciano come svuotate di senso al cospetto della forza, della dignità di quest’uomo. «Appena arrivato qui incontravo pazienti che mi chiedevano: ma quanto devo pagare per operarmi qui? Quanto per una lastra? Nulla, rispondevo, questo è un ospedale pubblico. Poi mi sono fatto portare il registro delle prenotazioni e ho capito. La lista d’attesa risultava sempre infinita, ma con una buona “fakelaki” si poteva comodamente saltare la fila». “Fakelaki”, la bustarella. «In cortile ho fatto mettere dei cartelli con una busta sbarrata con una grande x rossa. Significa che qui non si accettano tangenti».
Le parole del più atipico dei manager conducono nell’antro della crisi. I ragionamenti sulla sostenibilità del debito lasciano il posto alla scarsità di siringhe, bisturi, persino guanti per la sala operatoria. «Abbiamo sviluppato un network di scambi tra le diverse cliniche. Andiamo avanti anche grazie a donazioni in arrivo dalla Svizzera, dall’Austria, dalla Germania».
Theodoros accende un’altra sigaretta. Aspira profondamente, poi scarica fumo e una lunga invettiva. Contro le vecchie classi politiche, le dieci famiglie che hanno monopolizzato l’economia del Paese, le «idiote» prescrizioni della «troika», il Fondo monetario, la Bce, la Commissione europea, Angela Merkel. Spera che Alexis Tsipras possa raggiungere qualche risultato, «ma deve avere dietro tutti i partiti, tutta la Grecia. Questo è l’unico modo che abbiamo per sopravvivere». Già, «sopravvivere».
«Penso continuamente a quei 10 mila morti che abbiamo seppellito nel silenzio. Penso a mio figlio. E penso che se in Germania un cane muore in malo modo, ecco che il caso finisce sui giornali, se ne dibatte in tv. Ma avete mai sentito parlare dei nostri giovani, dei nostri anziani che si sono suicidati? La guerra civile della Jugoslavia ha fatto 20 mila morti.
Quella, però, era una guerra. Che cos’è, invece, questa nostra strage? È una domanda a cui non so rispondere, posso solo dire che in questo momento mi vergogno di essere un europeo». Forse è arrivato il momento di andare. Ma Theodoros ha ancora qualcosa da dire: «In questi anni sono stato corteggiato da tutti i partiti, avrei potuto fare il ministro cento volte. Invece ho sempre voluto restare un uomo libero e mi sono fatto un mare di nemici. Continuo a stare qui, a lavorare per 1.400 euro al mese, cinque volte meno di qualche anno fa. Non posso permettermi la macchina, viaggio in scooter e giro con una pistola. Prima che mio figlio se ne andasse così, mi sentivo anche un privilegiato».
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Greche e Greci...
Non siamo mai stati tanto vicini alla sconfitta dei potentati oligarchici sovranazionali rappresentati dalla Troijka e dalle istituzioni fantocce della UE.
Tanto per parlare di fatti e non opinioni o interpretazioni personali. Così almeno si sa di che cosa si sta parlando.
Ecco il testo integrale, reso pubblico dal primo ministro greco Alexis Tsipras, di ritorno da Bruxelles dopo aver rotto con la troika dichiarando “con voi non ci parlo più”. E’ stato diffuso dai telegiornali, letto alla radio e oggi è comparso su tutte le testate pubblicate in Grecia.
Poi, ciascuno ha il diritto di esercitare il proprio diritto individuale di opinione. Ma non prima di averlo letto, così si dibatte sui fatti e non sull’interpretazione dei fatti.

“Greche e greci,
da sei mesi il governo greco conduce una battaglia in condizioni di asfissia economica mai vista, con l’obiettivo di applicare il vostro mandato del 25 gennaio a trattare con i partner europei, per porre fine all’austerity e far tornare il nostro paese al benessere e alla giustizia sociale. Per un accordo che possa essere durevole, e rispetti sia la democrazia che le comuni regole europee e che ci conduca a una definitiva uscita dalla crisi.
In tutto questo periodo di trattative ci è stato chiesto di applicare gli accordi di memorandum presi dai governi precedenti, malgrado il fatto che questi stessi siano stati condannati in modo categorico dal popolo greco alle ultime elezioni. Ma neanche per un momento abbiamo pensato di soccombere, di tradire la vostra fiducia.
Dopo cinque mesi di trattative molto dure, i nostri partner, sfortunatamente, nell’eurogruppo dell’altro ieri (giovedì n.d.t.) hanno consegnato una proposta di ultimatum indirizzata alla Repubblica e al popolo greco. Un ultimatum che è contrario, non rispetta i principi costitutivi e i valori dell’Europa, i valori della nostra comune casa europea. È stato chiesto al governo greco di accettare una proposta che carica nuovi e insopportabili pesi sul popolo greco e minaccia la ripresa della società e dell’economia, non solo mantenendo l’insicurezza generale, ma anche aumentando in modo smisurato le diseguaglianze sociali.
La proposta delle istituzioni comprende misure che prevedono una ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, nuove diminuzioni dei salari del settore pubblico e anche l’aumento dell’IVA per i generi alimentari, per il settore della ristorazione e del turismo, e nello stesso tempo propone l’abolizione degli alleggerimenti fiscali per le isole della Grecia. Queste misure violano in modo diretto le conquiste comuni europee e i diritti fondamentali al lavoro, all’eguaglianza e alla dignità; e sono la prova che l’obiettivo di qualcuno dei nostri partner delle istituzioni non era un accordo durevole e fruttuoso per tutte le parti ma l’umiliazione di tutto il popolo greco.
Queste proposte mettono in evidenza l’attaccamento del Fondo Monetario Internazionale a una politica di austerity dura e vessatoria, e rendono più che mai attuale il bisogno che le leadership europee siano all’altezza della situazione e prendano delle iniziative che pongano finalmente fine alla crisi greca del debito pubblico, una crisi che tocca anche altri paesi europei minacciando lo stesso futuro dell’unità europea.
Greche e greci,
in questo momento pesa su di noi una responsabilità storica davanti alle lotte e ai sacrifici del popolo greco per garantire la Democrazia e la sovranità nazionale, una responsabilità davanti al futuro del nostro paese. E questa responsabilità ci obbliga a rispondere all’ultimatum secondo la volontà sovrana del popolo greco.
Poche ore fa (venerdì sera n.d.t.) si è tenuto il Consiglio dei Ministri al quale avevo proposto un referendum perché sia il popolo greco sovrano a decidere. La mia proposta è stata accettata all’unanimità.
Domani (oggi n.d.t.) si terrà l’assemblea plenaria del parlamento per deliberare sulla proposta del Consiglio dei Ministri riguardo la realizzazione di un referendum domenica 5 luglio che abbia come oggetto l’accettazione o il rifiuto della proposta delle istituzioni.
Ho già reso nota questa nostra decisione al presidente francese, alla cancelliera tedesca e al presidente della Banca Europea, e domani con una mia lettera chiederò ai leader dell’Unione Europea e delle istituzioni un prolungamento di pochi giorni del programma (di aiuti n.d.t.) per permettere al popolo greco di decidere libero da costrizioni e ricatti come è previsto dalla Costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica dell’Europa.
Greche e greci,
a questo ultimatum ricattatorio che ci propone di accettare una severa e umiliante austerity senza fine e senza prospettiva di ripresa sociale ed economica, vi chiedo di rispondere in modo sovrano e con fierezza, come insegna la storia dei greci. All’autoritarismo e al dispotismo dell’austerity persecutoria rispondiamo con democrazia, sangue freddo e determinazione.
La Grecia è il paese che ha fatto nascere la democrazia, e perciò deve dare una risposta vibrante di Democrazia alla comunità europea e internazionale.
E prendo io personalmente l’impegno di rispettare il risultato di questa vostra scelta democratica qualsiasi esso sia.
E sono del tutto sicuro che la vostra scelta farà onore alla storia della nostra patria e manderà un messaggio di dignità in tutto il mondo.
In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei suoi popoli. Che in Europa non ci sono padroni e ospiti. La Grecia è e rimarrà una parte imprescindibile dell’Europa, e l’Europa è parte imprescindibile della Grecia. Tuttavia un’Europa senza democrazia sarà un’Europa senza identità e senza bussola.
Vi chiamo tutti e tutte con spirito di concordia nazionale, unità e sangue freddo a prendere le decisioni di cui siamo degni. Per noi, per le generazioni che seguiranno, per la storia dei greci.
Per la sovranità e la dignità del nostro popolo
Alexis Tsipras”.

E' importantissimo far sentire in questi giorni, la voce dei cittadini europei a favore delle posizioni del legittimo e democratico governo greco che si sta battendo per una revisione e del debito. Un debito che è nato privato ed è diventato "pubblico" solo per salvare banche e istituzioni finanziarie (nord europee) che hanno speculato e giocato col fuoco dei derivati.
La battaglia della Grecia è la battaglia di tutti i cittadini europei contro le elites nazionali e internazionali dell'1-10% che negli anni della crisi si sono arricchiti oltre ogni limite a danno dei lavoratori, dei precari dei disoccupati.
L'Europa avrà un futuro solo se sarà ripristinato un equilibrio sostenibile tra paesi del nord e paesi del sud, solo se la ricchezza sarà ridistribuita all'interno dei singoli paesi, solo se le istituzioni finanziarie torneranno a rispondere ai governi democratici.
Lanciamo e diffondiamo una campagna europea a sostegno del governo greco. Dagli esiti della negoziazione in corso, dipenderà il futuro del nostro continente e delle generazioni future.
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L'evoluzione di Yahweh nella Bibbia ebraica
Ecco un estratto dell'intervista di Thom Stark, intitolata «Polytheism and Human Sacrifice in Early Israelite Religion». Thom Stark è autore del libro The Human Faces of God, sul politeismo e il sacrificio umano nella religione israelitica delle origini.
D. Chi è lo Yahweh degli Israeliti?
R. Come studiosi del livello di Frank Cross, Chris Rollston, Mark Smith e altri hanno dimostrato e sanno da qualche tempo, i testi più primitivi della Bibbia ebraica forniscono indizi decisivi che la concezione iniziale di Yahweh fosse quella di una divinità tribale dell'antico Vicino Oriente. Come sostengo nel mio libro, in accordo con Rollston, la «Canzone di Mosè» di Deuteronomio 32 indica che Yahweh era considerato uno dei figli della divinità cananea El Elyon (Dio l'Altissimo).
La canzone descrive come le nazioni furono formate in origine, e ciò che dice è che i popoli della Terra furono divisi in accordo al numero dei figli di El Elyon (i membri minori del pantheon divino). Yahweh, la divinità patrona di Israele, era uno dei figli di Elyon.
Gli indizi migliori suggeriscono che Yahweh non ebbe inizio come l'"unico vero Dio" del più tardo monoteismo ebraico; non ebbe inizio come il creatore del mondo. Yahweh iniziò come una giovane divinità tribale in ascesa la cui forza eccezionale tra gli altri dèi rispecchiava le aspirazioni di Israele a fronte delle tribù e delle nazioni circostanti.
D. Sta dicendo che Dio evolve nell'Antico Testamento?
R. Esattamente. Sorpresa delle sorprese, mentre Israele aspirava alla grandezza e cercava di farsi un nome, circondata da vasti imperi, Yahweh divenne sempre più grande, finché non divenne così grande nelle loro teologie che non ebbe più senso riferirsi alle altre divinità nazionali come dèi — tanto più largamente superiore era Yahweh agli dèi delle altre nazioni, secondo la letteratura propagandistica giudea.
R. Esattamente. Sorpresa delle sorprese, mentre Israele aspirava alla grandezza e cercava di farsi un nome, circondata da vasti imperi, Yahweh divenne sempre più grande, finché non divenne così grande nelle loro teologie che non ebbe più senso riferirsi alle altre divinità nazionali come dèi — tanto più largamente superiore era Yahweh agli dèi delle altre nazioni, secondo la letteratura propagandistica giudea.
D. Ci dica qualcosa di più a riguardo di questa evoluzione da divinità tribale a monoteismo.
R. Come sostiene Chris Rollston, ci sono varie fasi nella progressione di Israele dal politeismo al monoteismo. Yahweh inizia come membro minore del pantheon divino. Questa è la visione durante il periodo della storia di Israele caratterizzato dalla confederazione tribale. Dopo che Israele divenne una monarchia, Yahweh ottenne una promozione a capo del pantheon, prendendo il posto di suo padre Elyon (si tratta di un parallelo con idee simili presenti nella letteratura babilonese, in cui l'ascesa di Marduk a re degli dèi rispecchia il sorgere dell'impero babilonese).
R. Come sostiene Chris Rollston, ci sono varie fasi nella progressione di Israele dal politeismo al monoteismo. Yahweh inizia come membro minore del pantheon divino. Questa è la visione durante il periodo della storia di Israele caratterizzato dalla confederazione tribale. Dopo che Israele divenne una monarchia, Yahweh ottenne una promozione a capo del pantheon, prendendo il posto di suo padre Elyon (si tratta di un parallelo con idee simili presenti nella letteratura babilonese, in cui l'ascesa di Marduk a re degli dèi rispecchia il sorgere dell'impero babilonese).
Col tempo, Yahweh ed Elyon furono uniti, in un certo senso si fusero in un solo dio. In questa fase Yahweh inizia ad essere visto come un dio creatore. Ma in questo periodo, Israele crede ancora in altre divinità; è solo che non devono venerare altri dèi perché devono la loro lealtà a Yahweh, il loro patrono. Naturalmente, si credeva che Yahweh avesse una moglie, Asherah, ed è chiaro che gli Israeliti la veneravano come la consorte di Yahweh.
Pare che questa sia stata l'ortodossia accettata fino al VII secolo a.e.v. circa. A quel punto, profeti come Geremia iniziarono a entrare in polemica contro altri dèi, mettendo in dubbio la loro stessa esistenza. Questa idea che Yahweh solo è Dio si solidificò durante l'esilio babilonese nel VI secolo, per un insieme complesso di ragioni. Questo è il momento in cui la religione israelitica ufficiale divenne finalmente monoteistica.
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L'Ingranaggio Cosmico e il Numero 72

Un giorno Gesù ci spiegò i segreti delle stelle. Era
un mattino di Primavera.
Dall’alto del colle vedevamo, nella pianura lontana,
sorgere il Sole là dove nell’orizzonte ancora
brillava una luminosa costellazione.
“Passano le costellazioni.” disse Gesù “dopo
l’Ariete i Pesci. E poi verrà l’Acquario. Allora
l’uomo scoprirà che i morti sono vivi e che la
morte non esiste.”
(Da “Il Gesù proibito” di Mario Pincherle, capitolo “il quinto Vangelo” o il Vangelo secondo
Tommaso).
un mattino di Primavera.
Dall’alto del colle vedevamo, nella pianura lontana,
sorgere il Sole là dove nell’orizzonte ancora
brillava una luminosa costellazione.
“Passano le costellazioni.” disse Gesù “dopo
l’Ariete i Pesci. E poi verrà l’Acquario. Allora
l’uomo scoprirà che i morti sono vivi e che la
morte non esiste.”
(Da “Il Gesù proibito” di Mario Pincherle, capitolo “il quinto Vangelo” o il Vangelo secondo
Tommaso).
Come fare per trasferire un sapere scientifico all’interno di un contesto culturale illetterato?
Trasformandolo in una storia bilanciata dal giusto equilibrio tra eventi storici reali ed episodi mitici dal ricco contenuto simbolici.
Il mito come il valoroso Amleto è astutamente armato di simulata follia, celando una saggezza troppo elevata per l’umano ingegno sotto una mirabile finzione di stoltezza. In questo modo il mito è riuscito a garantire per migliaia di anni la sopravvivenza dell’antica scienza, permettendo all’antico sapere di viaggiare sulle ali del tempo.
Le antiche civiltà all’interno dei loro testi religiosi hanno inserito conoscenze astronomiche molto avanzate ed avvalendosi del linguaggio simbolico hanno tramandato le loro competenze fino ai giorni nostri. Essi avevano compreso che la nostra terra fa parte di un’enorme sistema cosmico che come ingranaggio gira all’infinito con movimenti perfettamente calibrai e di conseguenza prevedibili.
I movimenti di questo immaginario ingranaggio, visti dalla terra, sono rilevati dagli spostamenti del Sole, nel breve come nel lungo periodo. Durante i principali momenti dell’anno, gli equinozi e i solstizi, quando il Sole sorge, alle sue spalle si presentano diverse costellazioni. Durante l’equinozio di primavera il Sole sorge nella costellazione dell’acquario, nel solstizio estivo in quella dei gemelli, nell’equinozio d’autunno in quella del leone e nel solstizio invernale in quella dello scorpione.
Tuttavia le costellazioni che fanno da sfondo agli equinozi e ai solstizi durante il sorgere del Sole non rimangono immutate nell’arco del tempo, ma con un movimento retrogrado si spostano a causa del fenomeno della precessione degli equinozi. Come abbiamo detto, attualmente il Sole equinoziale di primavera sorge nella costellazione dell’acquario mentre nell’era precedente sorgeva in quella dei pesci.
Questi spostamenti richiedono tempi lunghissimi e non possono essere scrutati nell’arco della vita di un solo uomo, ma solo tramite l’attenta e costante osservazione di più generazioni. Gli equinozi e solstizi restano in una costellazione per 2160 anni e questo periodo segna la distanza che intercede tra due grandi ere. Tramite le millenarie osservazioni e le ancestrali memorie l’uomo ha osservato il ciclico ritorno di sconvolgimenti climatici e le ha messe in relazione al lento, inesorabile e ripetuto movimento dell’ingranaggio cosmico. Un indizio di questo lo troviamo nella mitologia Maya secondo la quale l’uomo ha già attraversato quattro grandi ere (definite “soli”) e sta vivendo nella quinta.
Secondo i maya la quarta era (il quarto sole) è terminato con un’evento catastrofico avvenuto sotto forma di diluvio che ha quasi estinto il genere umano proprio come descritto dal racconto biblico e da moltissimi altri testi antichi. Gli antichi hanno inserito queste informazioni all’interno di un linguaggio simbolico capace di sopravvivere allo scorrere del tempo, il mito. I loro testi contengono un avvertimento per le future generazioni e il codice per decodificare queste informazioni è proprio la conoscenza della precessione mentre lo strumento di osservazione sono i templi in pietra lasciati in eredità ai posteri.
Davvero povero sarà quell’uomo che non riuscirà
ad andare oltre il linguaggio cifrato ed allegorico
delle parole.
ad andare oltre il linguaggio cifrato ed allegorico
delle parole.
Veramente piccolo sarà l’uomo che si fermerà solo
alle apparenze, poiché intrappolato nel proprio
labirinto non troverà il filo di Arianna che lo
guiderà alla salvezza.
alle apparenze, poiché intrappolato nel proprio
labirinto non troverà il filo di Arianna che lo
guiderà alla salvezza.
Vane sarebbero state le ciclopiche fatiche dei nostri
antenati dalle menti eccelse e dai cuori divini.
antenati dalle menti eccelse e dai cuori divini.
Ringraziamo questi fratelli poiché il loro compito è
arrivato a termine ed abbracciandoli, idealmente ci
incamminiamo per vincere l’ultimo drago,
togliendo la verità dalla sabbia e dall’oblio.
arrivato a termine ed abbracciandoli, idealmente ci
incamminiamo per vincere l’ultimo drago,
togliendo la verità dalla sabbia e dall’oblio.
Non bisogna dubitare del fatto che gli antichi avessero già in tempi preistorici dettagliate conoscenze astronomiche e che monitorassero lo scorrere delle grandi ere. La dimostrazione di questo sono le informazioni codificate nei miti e nella leggende antiche di ogni parte del mondo. Se ci pensate questo era l’unico modo possibile per conservare le informazioni ad imperitura memoria.
Un linguaggio troppo tecnico non sarebbe sopravvissuto a lungo senza una casta erudita che lo potesse conservare, ma nelle mani di pochi sarebbe sicuramente andato perduto prima o poi tra le fasi turbolente della storia del genere umano.
Tramite il significato simbolico e i numeri chiave inseriti nelle leggende di tutte le mitologie antiche invece il messaggio è stato conservato e tramandato all’insaputa dei più, in attesa del momento propizio in cui sarebbe stato compreso e riscoperto.
Il numero più importante inserito nei miti è sicuramente il 72 che corrisponde agli anni necessari per lo spostamento di un grado precessionale. In realtà il numero esatto calcolato scientificamente è 71,6 anni, ma chiaramente un linguaggio basato su figure simboliche non poteva prevedere numeri decimali così gli antichi sono giunti ad una approssimazione per eccesso.
Sapendo che il Sole equinoziale impiega 72 anni per spostarsi di un grado e che ogni costellazione zodiacale occupa 30° dell’orizzonte celeste su un totale di 360°, servono 2160 anni per far si che il Sole equinoziale attraversi per intero una costellazione e passi a quella successiva (anche se è meglio dire quella precedente dato che il movimento è retrogrado) .
Spostamenti del Sole Equinoziale
lo spostamento di 1° avviene nell’arco di 72 anni
360° dell’orizzonte celeste / 12 costellazioni = 30° per ogni costellazione
72 anni x 30° = 2160 anni impiegati dal Sole equinoziale per attraversare una costellazione
2160 anni x 12 costellazioni = 25920 anni impiegati dal Sole per attraversare tutte le costellazione e completare un intero ciclo precessionale.
lo spostamento di 1° avviene nell’arco di 72 anni
360° dell’orizzonte celeste / 12 costellazioni = 30° per ogni costellazione
72 anni x 30° = 2160 anni impiegati dal Sole equinoziale per attraversare una costellazione
2160 anni x 12 costellazioni = 25920 anni impiegati dal Sole per attraversare tutte le costellazione e completare un intero ciclo precessionale.
Per chiarire il concetto ai meno esperti dell’argomento; se durante lo scorso equinozio di primavera del 2014 ci fossimo trovati ad osservare il cielo durante il sorgere del Sole, quest’ultimo nel levarsi avrebbe occupato la porzione di cielo appartenente alla costellazione dell’acquario, ben visibile all’orizzonte poco prima dell’albeggiare.
Se potessimo osservare la medesima scena durante l’equinozio di primavera tra 2160 anni (nel 4174 d.C.) non vedremmo più la costellazione dell’acquario nella zona del cielo dove sorge il Sole, ma quella del capricorno. Dopo altri 2160 anni (nel 6334 d.C.) quella sagittario. Mentre dopo 25920 anni a partire dal 2014 (nel 27934 d.C.) troveremmo nuovamente la costellazione dell’acquario.
Dopo 25920 anni un grande ciclo precessionale sarà concluso e ne comincerà un’altro. Il numero precessionale fondamentale 72, i suoi multipli ed gli altri numeri chiave sono stati inseriti all’interno delle mitologie di tutto il mondo.

- Nel lungo computo Maya i cicli temporali sono divisi in 360 giorni (tun), 720 giorni (2 tun), 7200 giorni (katun) e 720.000 giorni (baktun).
- Nel mito di Osiride furono 71 i cospiratori che al fianco di Seth (72 totali) attentarono alla vita del grande Re pastorale.
- 72 è il numero degli immortali Taoisti
- Nella Cabala indiana sono 72 gli angeli nominati per invocare i poteri divini.
- 72 è il numero di discepoli scelti da Gesù secondo alcuni manoscritti di Luca 10,1 e Luca 10,17 (altri parlano di 70 discepoli invece)
- 72 erano le lingue confuse della torre di Babele
- 72 erano le colonne dell’Apadana sulla TERRAZZA DI PERSEPOLI
- 72 è il numero totale degli articoli del codice Templare
- 72 sono le pagine del codice di Dresda, uno dei pochi manoscritti Maya scampati alla distruzione durante la conquista spagnola contenente le osservazioni di Venere
- 72 sono le stupa del tempio Borobudur in Indonesia
- 72 sono i templi di Angkor in Cambogia
- 72 sono gli angeli della tradizione ebraica
- 72 sono i nomi di Dio nella Cabala ebraica
- 72 è il numero totali di libri nella sacra Bibbia
- 72 sono le volte in cui nella sacra Bibbia compare la parola maledizione
- 72 sono gradini della scala di Giacobbe
- 72 è il numero delle malattie di Adamo ed Eva nella Genesi
- 72 sono le razze nate da Noè enunciate al capito 10 della Genesi
ecc…
Mi sono limitato ad elencare alcuni esempi in cui compare il numero 72, ma sono moltissimi i casi in cui compaiono anche i suoi multipli. I testi antichi ce lo ripetono all’infinito, il numero 72 è la chiave per capire come funziona l’ingranaggio cosmico. Il Sole equinoziale è da considerarsi come una lancetta cosmica che tiene il computo delle grandi ere.
Vorrei chiudere con una curiosità riguardante il grande genio Leonardo Da Vinci a cui sicuramente non è sfuggita l’importanza di questo numero visto quello che è stato trovato nel suo dipinto più famoso, la Gioconda. Nascosto sotto l’arco di un ponte che compone gli elementi dello sfondo sorprendentemente c’è proprio il numero 72.
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Il Mistero del Linguaggio
L’evoluzionismo ha contaminato quasi tutti i campi del sapere: così anche in Storia si insegna che da culture antiche molto primitive si svilupparono nazioni sempre più progredite. E’ un dogma assai diffuso, ma che si scontra almeno con la questione inerente all’origine delle lingue.
Gli idiomi primigeni (sumero, sanscrito, le lingue precolombiane etc.) erano di una complessità incredibile a tal punto che dubitiamo si possano attribuire a rozze comunità di cacciatori-raccoglitori o alle prime civiltà urbane.
Se la genesi degli alfabeti (Giovanni Sermonti opina che essi richiamino i glifi delle costellazioni) è un grosso problema, la scaturigine dei sistemi linguistici ci pone di fronte ad un nodo di Gordio.
Pensiamo al sumero, al suo impianto nominale e verbale, includente l’ergativo, ossia la funzione sintattica del complemento d’agente; pensiamo al greco antico la cui compagine verbale presenta innumerevoli articolazioni; pensiamo a molte parlate dei nativi americani, contraddistinte da particolarissimi, inusuali rapporti tra locutore ed azione…
Gli esempi sono innumerevoli e ci consentono di comprendere che, con il passare del tempo, le lingue, quando non si estinguono, si impoveriscono sotto il profilo strutturale e semantico, smarrendo costruzioni, sfumature, rinvii al referente, significazioni metaforiche, simboli...
Così il latino passò da otto casi a sei per perderli tutti, se si eccettua qualche “relitto”, quando si trasformò e si ramificò nelle lingue romanze. Oggi nell’inglese sopravvive il genitivo sassone, a fronte di un substrato molto più ricco, un substrato formato da varie declinazioni, tre generi e tre numeri.
Perché le lingue subiscono questo declino, una decadenza che corrode tutte le cose? In primis, esse assomigliano agli utensili: se li adoperi, si rovinano. Come gli utensili, è importante che facciano alla bisogna; pazienza se non sono belli.
E’ indispensabile comunicare: se oggi molti riescono a comunicare attraverso un inglese corrotto ed ipersemplificato, l’obiettivo è conseguito. Il fine è quello di trasmettere e ricevere informazioni, dati. Al giorno d'oggi si inviano e captano messaggi, ma non ci si esprime, non si entra in contatto con l’interlocutore: i codici attuali ci confinano nel silenzio assordante dell’egomania, del non ascolto, dell’introflessione autistica.
Il processo di degenerazione glottologica trascina con sé la perdita di valori, sensi, rimandi, slanci creativi che paiono rivelare la vera matrice del linguaggio umano non costruito per piatti fini di comunicazione denotativa, ma forse ereditato da “messaggeri”, da geniali creatori intenti ad auscultare soffi spirituali.
“In principio era il Logos” è scritto nell’incipit del Quarto Vangelo: il Logos pare qui l’essenza stessa del reale. L’essere si manifesta nel suono, nella parola che è al tempo stesso, in guisa del tutto misteriosa, vibrazione, idea, oggetto.
Dunque se riuscissimo ad udire il suono della vera sorgente del linguaggio, potremmo intravedere pure il principio del mondo, come chi, avvicinandosi ad una cascata, ne ode prima lo scroscio argentino. E’ un’opportunità che, però, oggi più che mai ci è del tutto preclusa.
Comunemente si ritiene che le lingue moderne si siano evolute dai grugniti degli uomini primitivi nelle forme complesse diffuse al giorno d'oggi. Nel corso degli eoni il vocabolario e le strutture grammaticali sarebbero diventati sempre più complessi. Eppure la documentazione storica sembra suggerire altro.
E' evidente infatti che la struttura grammaticale del linguaggio tenda a decadere nel tempo da forme complesse a forme sempre più esemplificate.

L'inglese è la più recente delle lingue moderne. Nacque circa 800 anni fa, dopo l'invasione normanna della Gran Bretagna, sotto forma di sintesi del francese e dell'anglosassone, le cui radici sono principalmente tedesche. Nel francese i nomi possiedono due generi: maschile e femminile. Nei sostantivi tedeschi i nomi hanno tre generi: maschile, femminile e neutro. Ma nei sostantivi inglesi il genere è assente (a parte un paio di eccezioni).
Stesso discorso concerne i casi grammaticali, che nella lingua inglese sono andati perduti. I sostantivi tedeschi hanno quattro casi: nominativo (soggetto), accusativo (oggetto), dativo (oggetto indiretto), e genitivo (possessivo). Al di là dell'uso di alcuni pronomi, nella lingua inglese i nomi non mutano la loro configurazione sulla scorta di differenti casi grammaticali.
Se risaliamo al greco antico troviamo cinque casi. Il latino annoverava sei casi. Risalendo ancora più indietro nel tempo registriamo che il sanscrito - considerata la madre di tutte le lingue Indo-europee - annoverava otto casi. Quindi a quanto pare più antica è la lingua, più casi contengono le sue regole grammaticali.
Una tendenza simile è riscontrabile nelle forme verbali. I verbi francesi e tedeschi cambiano le loro desinenze a seconda del genere della persona (prima, seconda o terza) e della quantità singolare o plurale. Lo stesso discorso vale per il tedesco, il greco antico, il latino ed il sanscrito. Nella lingua più giovane al mondo, cioè l'inglese, troviamo una 's' da aggiungere ai verbi per indicare la terza persona singolare, ma per il resto le desinenze non mutano, al di là di poche forme 'irregolari' come il verbo 'essere.'
In altre parole, la struttura linguistica sembra svilirsi con il passare del tempo, perdendo molte regole complesse e decadendo in forme sempre più spoglie. Più antico è il linguaggio, più complesse sono le sue regole grammaticali.
Ciò detto la domanda sorge spontanea: da dove sono spuntate queste antiche strutture grammaticali estremamente complesse? Da dove scaturirono gli otto casi del sanscrito e la grande varietà delle sue declinazioni verbali?
Ho posto questa domanda a moti linguisti, storiografi e intellettuali di diverse convinzioni, tuttavia nessuno è stato in grado di fornirmi una risposta soddisfacente.
Alcune scuole di filosofia indiana sostengono che il sanscrito sia stato divinamente ispirato. E in questa affermazione potrebbe esserci qualcosa di vero. Erich von Däniken e altri ritengono che migliaia di anni fa l'umanità sia stata influenzata da visitatori extraterrestri che apparvero come divinità alle genti dell'epoca.
D'altro canto analizzando l'origine delle lingue moderne si riscontra una sorta di anello mancante, un gap. Potrebbe essere che tali ipotetici visitatori non terrestri, preso atto che gli umani stessero iniziando a usare il linguaggio, abbiano stabilito che fosse il momento giusto per introdurre nella nostra civiltà un linguaggio sofisticato, incentrato su una grammatica complessa?
Se l'ipotesi fosse fondata, il giorno in cui dovessimo entrare in contatto con una civiltà extraterrestre, faremmo bene a cercare di comunicare con loro in sanscrito piuttosto che nell'inglese moderno in cui si è lentamente involuto.
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Neolingua orwelliana
La Neolingua -- dichiara Orwell -- era intesa a non estendere, ma a diminuire le possibilità del pensiero
Capire l'uso manipolativo che costoro fanno della lingua può dunque aprirci la mente al fatto che le stesse parole usate dai nostri padroni al potere non hanno mai il significato che noi sudditi-schiavi inconsapevoli diamo loro, ma un significato diverso.
Esattamente quello che danno loro alle parole: né più, né meno.
Tanto che a volte può essere anche l'esatto contrario di ciò che la parola usata notoriamente significa: osservate come tutte le volte che Monti ha fatto qualcosa, dicendo che era per lo Sviluppo, in realtà ha viceversa reso più concreta... la Recessione.
Proviamo adesso con un'altra parola: "democrazia".
Detta da noi ha il significato di Governo del popolo dei Singoli individui che eleggono liberamente i loro rappresentanti.
La stessa parola "democrazia", invece, detta da un "Visitor" oggi al potere in Italia ha il significato di Governo dei Gruppi organizzati internazionali che insediano manzonianamente i loro 'Bravi', infischiandosene allegramente di leggi e diritti acquisiti.
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La Questione delle armi dell'ISIS
Fin dai tempi più remoti un esercito ha (sempre) richiesto un significativo supporto logistico per portare avanti ogni genere di campagna militare di tipo continuativo. Nell’antica Roma era stato costruito un esteso sistema di strade per facilitare non solo i commerci, ma per permettere alle legioni romane di muoversi velocemente laddove ci fosse stato bisogno di loro, e perchè tutti gli approvvigionamenti necessari alle operazioni militari potessero successivamente seguirle.

L’altra metà della guerra è la logistica. Senza un flusso costante di rifornimenti, gli eserciti, per quanto forti o determinati che siano, sarebbero sopraffatti e sconfitti. Come si spiega allora la baldanza bellicosa dell’ISIS e l’immensa rete logistica di cui ha bisogno per mantenerla?
Alla fine del ‘700, il leader della Francia, generale ed esperto stratega, Napoleone Bonaparte scriveva che “gli eserciti marciano con il loro stomaco”, riferendosi all’estesa rete logistica necessaria per nutrire un esercito e di conseguenza fargli mantenere le sue capacità offensive. Da parte francese, l’incapacità di mantenere un flusso costante di rifornimenti alle forze che combattevano in Russia, e la decisione dei russi di bruciare le loro stesse infrastrutture sul territorio per renderle inutilizzabili alle forze di invasione, furono alla fine i fattori che portarono alla sconfitta dei francesi.
La Germania nazista andò incontro ad un simile destino quando anch’essa sovraccaricò le sue capacità logistiche durante l’invasione della Russia con l’Operazione Barbarossa. Ancora una volta, le armate di invasione si ritrovarono bloccate, con risorse limitate prima di essere circondate e distrutte o costrette alla ritirata.
In tempi recenti, durante la Guerra del Golfo del 1990, l’estensione eccessiva della colonna dei rifornimenti al seguito delle forze di invasione americane, unita allo scontro imprevisto con il grosso dell’esercito di Saddam Hussein, fermò quella che fino ad allora era stata un’avanzata fulminea, che molti (erroneamente) pensavano avrebbe potuto continuare fino a Bagdad se solo ci fosse stata la volontà politica di farlo. La voglia di conquista c’era, la componente logistica no.
Le lezioni della storia, per quanto chiare possano essere, sembrano andare completamente perdute per quella squadra di politici e giornalisti occidentali che sono o immensamente ignoranti o incredibilmente menzogneri.
Le linee di rifornimento dell’ISIS
Ci dicono che l’attuale conflitto che infiamma il Medio Oriente, in particolare l’Iraq e la Siria, dove il cosiddetto “Stato Islamico” (ISIS) è attivo combattendo e sconfiggendo contemporaneamente gli eserciti di Siria, Libano, Iraq e Iran, si regge sul supporto logistico derivante dal mercato nero del petrolio e dal ricavato dei rapimenti a scopo di riscatto.
Le capacità offensive dell’ISIS sono quelle di uno Stato nazionale vero e proprio. Controlla vaste entità di territorio a cavallo fra Siria ed Iraq ed è capace non solo di difendere ed espandere militarmente questo territorio, ma possiede le risorse per occuparlo, comprese quelle per amministrare la popolazione assoggettata al suo interno.
Gli analisti militari, specialmente i membri anziani delle forze armate occidentali, e anche i giornalisti occidentali, che ricordano i convogli di autocarri necessari all’invasione dell’Iraq nel 1990 e poi di nuovo nel 2003, devono sicuramente domandarsi dove siano oggi gli autocarri dell’ISIS. Dopo tutto, se le risorse per mantenere le capacità offensive mostrate dall’ISIS fossero tutte disponibili all’interno del territorio siriano ed iracheno, allora le forze siriane ed irachene dovrebbero sicuramente possedere una capacità offensiva uguale o maggiore (dell’ISIS), cosa che semplicemente non hanno.
Se le linee di rifornimento dell’ISIS fossero unicamente confinate all’interno del territorio siriano ed iracheno, allora di sicuro, sia le forze siriane che quelle irachene utilizzerebbero il loro unico vantaggio, l’arma aerea, per isolare i combattenti di prima linea dell’ISIS dalla fonte dei loro rifornimenti. Questo però non succede, e per una buona ragione.
Alla fine del ‘700, il leader della Francia, generale ed esperto stratega, Napoleone Bonaparte scriveva che “gli eserciti marciano con il loro stomaco”, riferendosi all’estesa rete logistica necessaria per nutrire un esercito e di conseguenza fargli mantenere le sue capacità offensive. Da parte francese, l’incapacità di mantenere un flusso costante di rifornimenti alle forze che combattevano in Russia, e la decisione dei russi di bruciare le loro stesse infrastrutture sul territorio per renderle inutilizzabili alle forze di invasione, furono alla fine i fattori che portarono alla sconfitta dei francesi.
La Germania nazista andò incontro ad un simile destino quando anch’essa sovraccaricò le sue capacità logistiche durante l’invasione della Russia con l’Operazione Barbarossa. Ancora una volta, le armate di invasione si ritrovarono bloccate, con risorse limitate prima di essere circondate e distrutte o costrette alla ritirata.
In tempi recenti, durante la Guerra del Golfo del 1990, l’estensione eccessiva della colonna dei rifornimenti al seguito delle forze di invasione americane, unita allo scontro imprevisto con il grosso dell’esercito di Saddam Hussein, fermò quella che fino ad allora era stata un’avanzata fulminea, che molti (erroneamente) pensavano avrebbe potuto continuare fino a Bagdad se solo ci fosse stata la volontà politica di farlo. La voglia di conquista c’era, la componente logistica no.
Le lezioni della storia, per quanto chiare possano essere, sembrano andare completamente perdute per quella squadra di politici e giornalisti occidentali che sono o immensamente ignoranti o incredibilmente menzogneri.
Le linee di rifornimento dell’ISIS
Ci dicono che l’attuale conflitto che infiamma il Medio Oriente, in particolare l’Iraq e la Siria, dove il cosiddetto “Stato Islamico” (ISIS) è attivo combattendo e sconfiggendo contemporaneamente gli eserciti di Siria, Libano, Iraq e Iran, si regge sul supporto logistico derivante dal mercato nero del petrolio e dal ricavato dei rapimenti a scopo di riscatto.
Le capacità offensive dell’ISIS sono quelle di uno Stato nazionale vero e proprio. Controlla vaste entità di territorio a cavallo fra Siria ed Iraq ed è capace non solo di difendere ed espandere militarmente questo territorio, ma possiede le risorse per occuparlo, comprese quelle per amministrare la popolazione assoggettata al suo interno.
Gli analisti militari, specialmente i membri anziani delle forze armate occidentali, e anche i giornalisti occidentali, che ricordano i convogli di autocarri necessari all’invasione dell’Iraq nel 1990 e poi di nuovo nel 2003, devono sicuramente domandarsi dove siano oggi gli autocarri dell’ISIS. Dopo tutto, se le risorse per mantenere le capacità offensive mostrate dall’ISIS fossero tutte disponibili all’interno del territorio siriano ed iracheno, allora le forze siriane ed irachene dovrebbero sicuramente possedere una capacità offensiva uguale o maggiore (dell’ISIS), cosa che semplicemente non hanno.
Se le linee di rifornimento dell’ISIS fossero unicamente confinate all’interno del territorio siriano ed iracheno, allora di sicuro, sia le forze siriane che quelle irachene utilizzerebbero il loro unico vantaggio, l’arma aerea, per isolare i combattenti di prima linea dell’ISIS dalla fonte dei loro rifornimenti. Questo però non succede, e per una buona ragione.

Mappe recenti del territorio controllato dall’ISIS mostrano evidenti linee di rifornimento che arrivano dalla Giordania e dalla Turchia. Se la Siria e i suoi alleati riuscissero a tagliare queste linee logistiche ci si potrebbe chiedere quanto potrebbe durare questa inspiegabile sequenza di successi dell’ISIS.
Le linee di rifornimento dell’ISIS corrono corrono proprio dove l’aviazione siriana ed irachena non può intervenire. A nord dentro la Turchia, membro della NATO, a sud-est dentro la Giordania e l’Arabia Saudita, alleati degli americani. Oltre questi confini si estende una rete logistica che si espande fino ad includere sia l’Europa dell’est che il nord Africa.
I terroristi e gli armamenti rimasti in Libia dopo l’intervento della NATO nel 2011 sono state inviati di corsa in Turchia e da qui in Siria, il tutto coordinato da rappresentanti del Dipartimento di Stato Americano e dalle agenzie di intelligence a Bengasi, covo di terroristi da decenni.
Il “London Telegraph” in un articolo del 2013 intitolato “Unità della CIA dedite al contrabbando delle armi a Bengasi durante l’attacco all’ambasciata”, riporta che:
(la CNN) ha asserito che una squadra della CIA era al lavoro in un edificio di fianco al consolato per rifornire i ribelli siriani di missili provenienti dai depositi libici.
Le armi sono arrivate anche dall’Europa dell’Est, con il New York Times, che in un suo articolo del 2013, intitolato:” Il ponte aereo per le armi ai ribelli siriani si intensifica con l’aiuto della CIA”, scrive:
Da uffici in località segrete, rappresentanti dei Servizi Segreti americani hanno aiutato i governanti arabi ad acquistare armi, incluso un grosso stock dalla Croazia, ed hanno accuratamente valutato i vari comandanti dei ribelli e i rispettivi gruppi di appartenenza per determinare chi dovesse ricevere le armi man mano che arrivavano, questo secondo rappresentanti americani che lo hanno riferito in condizioni di anonimato.
Mentre le fonti giornalistiche occidentali fanno riferimento all’ISIS ed alle altre bande che operano con il simbolo di Al Qaeda, chiamandoli “ribelli” o “moderati”, è chiaro che, se tutti quei miliardi di dollari in armi andassero veramente ai “moderati”, sarebbero loro, e non l’ISIS a dominare il campo di battaglia.
Recenti rivelazioni hanno messo in luce che già nel 2012, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti non solo aveva anticipato la creazione di un “Principato Salafita” che occupasse parte della della Siria e dell’Iraq, esattamente dove ora si trova l’ISIS, ma gli aveva dato un entusiamante benvenuto e un concreto contributo alla sua formazione.
Per quanto si estendono le linee di rifornimento dell’ISIS?
Per quanto molti in Occidente ci mettano tanta buona volontà a fingersi ignoranti su come faccia l’ISIS a procurarsi i rifornimenti atti a mantenere le sue impressionanti capacità offensive, alcuni giornalisti hanno viaggiato nella regione e hanno videoregistrato e fatto articoli sugli infiniti convogli di autocarri che riforniscono l’esercito dei terroristi.
Questi camion, stavano per caso viaggiando avanti e indietro dai luoghi di produzione nel territorio conquistato dall’ISIS, ben all’interno di Siria ed Iraq? No. Venivano dall’interno della Turchia, passavano il confine siriano con assoluta impunità e se ne andavano per la loro strada sotto la tacita protezione delle vicine forze militari turche. Tutti i tentativi della Siria di attaccare questi convogli e i terroristi che entravano nel Paese con loro, si sono sempre scontrati con le difese antiaeree turche.
La rete televisiva internazionale tedesca Deutsche Welle (DW), ha trasmesso quello che è stato il primo videoservizio di un grosso organo di informazione occidentale inteso a documentare come le fonti di sostentamenro dell’ISIS non siano il “mercato nero del petrolio” o i “rapimenti a scopo di riscatto”, ma i rifornimenti del valore di miloni di dollari trasportati quotidianamente all’interno della Siria da centinaia di autocarri provenienti dai confini della Turchia, Stato membro della NATO.
Le linee di rifornimento dell’ISIS corrono corrono proprio dove l’aviazione siriana ed irachena non può intervenire. A nord dentro la Turchia, membro della NATO, a sud-est dentro la Giordania e l’Arabia Saudita, alleati degli americani. Oltre questi confini si estende una rete logistica che si espande fino ad includere sia l’Europa dell’est che il nord Africa.
I terroristi e gli armamenti rimasti in Libia dopo l’intervento della NATO nel 2011 sono state inviati di corsa in Turchia e da qui in Siria, il tutto coordinato da rappresentanti del Dipartimento di Stato Americano e dalle agenzie di intelligence a Bengasi, covo di terroristi da decenni.
Il “London Telegraph” in un articolo del 2013 intitolato “Unità della CIA dedite al contrabbando delle armi a Bengasi durante l’attacco all’ambasciata”, riporta che:
(la CNN) ha asserito che una squadra della CIA era al lavoro in un edificio di fianco al consolato per rifornire i ribelli siriani di missili provenienti dai depositi libici.
Le armi sono arrivate anche dall’Europa dell’Est, con il New York Times, che in un suo articolo del 2013, intitolato:” Il ponte aereo per le armi ai ribelli siriani si intensifica con l’aiuto della CIA”, scrive:
Da uffici in località segrete, rappresentanti dei Servizi Segreti americani hanno aiutato i governanti arabi ad acquistare armi, incluso un grosso stock dalla Croazia, ed hanno accuratamente valutato i vari comandanti dei ribelli e i rispettivi gruppi di appartenenza per determinare chi dovesse ricevere le armi man mano che arrivavano, questo secondo rappresentanti americani che lo hanno riferito in condizioni di anonimato.
Mentre le fonti giornalistiche occidentali fanno riferimento all’ISIS ed alle altre bande che operano con il simbolo di Al Qaeda, chiamandoli “ribelli” o “moderati”, è chiaro che, se tutti quei miliardi di dollari in armi andassero veramente ai “moderati”, sarebbero loro, e non l’ISIS a dominare il campo di battaglia.
Recenti rivelazioni hanno messo in luce che già nel 2012, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti non solo aveva anticipato la creazione di un “Principato Salafita” che occupasse parte della della Siria e dell’Iraq, esattamente dove ora si trova l’ISIS, ma gli aveva dato un entusiamante benvenuto e un concreto contributo alla sua formazione.
Per quanto si estendono le linee di rifornimento dell’ISIS?
Per quanto molti in Occidente ci mettano tanta buona volontà a fingersi ignoranti su come faccia l’ISIS a procurarsi i rifornimenti atti a mantenere le sue impressionanti capacità offensive, alcuni giornalisti hanno viaggiato nella regione e hanno videoregistrato e fatto articoli sugli infiniti convogli di autocarri che riforniscono l’esercito dei terroristi.
Questi camion, stavano per caso viaggiando avanti e indietro dai luoghi di produzione nel territorio conquistato dall’ISIS, ben all’interno di Siria ed Iraq? No. Venivano dall’interno della Turchia, passavano il confine siriano con assoluta impunità e se ne andavano per la loro strada sotto la tacita protezione delle vicine forze militari turche. Tutti i tentativi della Siria di attaccare questi convogli e i terroristi che entravano nel Paese con loro, si sono sempre scontrati con le difese antiaeree turche.
La rete televisiva internazionale tedesca Deutsche Welle (DW), ha trasmesso quello che è stato il primo videoservizio di un grosso organo di informazione occidentale inteso a documentare come le fonti di sostentamenro dell’ISIS non siano il “mercato nero del petrolio” o i “rapimenti a scopo di riscatto”, ma i rifornimenti del valore di miloni di dollari trasportati quotidianamente all’interno della Siria da centinaia di autocarri provenienti dai confini della Turchia, Stato membro della NATO.

La rete televisiva internazionale DW ha fatto un servizio sui convogli composti da centinaia di autocarri che quotidianamente entrano in Siria dalla parte (e con la complicità) della Turchia, membro NATO, diretti alle basi dell’ISIS, chiarendo una volta per tutte l’origine delle capacità belliche dell’esercito terrorista. Secondo DW gli autocarri provenivano da località ben all’interno della Turchia, molto probabilmente porti e basi aeree della NATO.
Il servizio intitolato “Le vie di rifornimento dell’ISIS attraverso la Turchia” conferma quanto già detto da analisti geopolitici almeno fin dall’inizio del 2011, che l’ISIS si basa su una immensa sponsorizzazione statale multi nazionale, che include, naturalmente, la stessa Turchia.
Guardando le mappe del territorio conquistato dall’ISIS e leggendo i resoconti delle sue manovre offensive attraverso la regione ed anche oltre, ci si immagina che per mantenere questo livello di capacità bellica siano necessari (i rifornimenti) di centinaia di autocarri al giorno. Si possono immaginare questi convogli che entrano in Iraq dalla Giordania e dall’Arabia Saudita. Altri convogli è probabile che entrino in Siria dalla Giordania.
Riassumendo, considerando la realtà della logistica e la sua costante importanza in tutte le campagne militari della storia dell’umanità, non esiste nessun’altra spiegazione plausibile della capacità dell’ISIS di portare la guerra all’interno della Siria e dell’Iraq, se non attraverso massicce risorse provenienti dall’estero.
Se un esercito marcia con il suo stomaco e gli stomaci dell’ISIS sono pieni di rifornimenti dalla NATO e degli stati del Golfo Persico, allora l’ISIS continuerà a marciare a lungo e con successo. Il segreto per spezzare la schiena all’ISIS sta nello spezzare le sue linee di rifornimento. Per fare ciò, ed è per questo che il conflitto si trascina così da tanto tempo, Siria, Iraq, Iran e gli altri dovrebbero per prima cosa assicurarsi il controllo dei confini e costringere l’ISIS a combattere all’interno dei territori di Turchia, Giordania e Arabia Saudita, uno scenario difficile da realizzare in quanto nazioni come la Turchia hanno creato di fatto zone tampone all’interno della Siria, zone che non è possibile eliminare senza un intervento militare diretto contro la Turchia stessa.
Con l’Iran che si unisce alla lotta, con un ipotetico dispiegamento di migliaia di truppe per sostenere le operazioni militari siriane, i basilari principi di deterrenza potrebbero impedire alla Turchia di rafforzare le sue zone tampone.
In pratica, quello che succede è che la NATO tiene letteralmente in ostaggio tutta l’area tramite la prospettiva di una catastrofica guerra regionale e lo sforzo di difendere e perpetuare il carnaio fatto dall’ISIS in Siria, il tutto con la copertura di una immensa rete logistica che fuoriesce dal territorio stesso della NATO.
Il servizio intitolato “Le vie di rifornimento dell’ISIS attraverso la Turchia” conferma quanto già detto da analisti geopolitici almeno fin dall’inizio del 2011, che l’ISIS si basa su una immensa sponsorizzazione statale multi nazionale, che include, naturalmente, la stessa Turchia.
Guardando le mappe del territorio conquistato dall’ISIS e leggendo i resoconti delle sue manovre offensive attraverso la regione ed anche oltre, ci si immagina che per mantenere questo livello di capacità bellica siano necessari (i rifornimenti) di centinaia di autocarri al giorno. Si possono immaginare questi convogli che entrano in Iraq dalla Giordania e dall’Arabia Saudita. Altri convogli è probabile che entrino in Siria dalla Giordania.
Riassumendo, considerando la realtà della logistica e la sua costante importanza in tutte le campagne militari della storia dell’umanità, non esiste nessun’altra spiegazione plausibile della capacità dell’ISIS di portare la guerra all’interno della Siria e dell’Iraq, se non attraverso massicce risorse provenienti dall’estero.
Se un esercito marcia con il suo stomaco e gli stomaci dell’ISIS sono pieni di rifornimenti dalla NATO e degli stati del Golfo Persico, allora l’ISIS continuerà a marciare a lungo e con successo. Il segreto per spezzare la schiena all’ISIS sta nello spezzare le sue linee di rifornimento. Per fare ciò, ed è per questo che il conflitto si trascina così da tanto tempo, Siria, Iraq, Iran e gli altri dovrebbero per prima cosa assicurarsi il controllo dei confini e costringere l’ISIS a combattere all’interno dei territori di Turchia, Giordania e Arabia Saudita, uno scenario difficile da realizzare in quanto nazioni come la Turchia hanno creato di fatto zone tampone all’interno della Siria, zone che non è possibile eliminare senza un intervento militare diretto contro la Turchia stessa.
Con l’Iran che si unisce alla lotta, con un ipotetico dispiegamento di migliaia di truppe per sostenere le operazioni militari siriane, i basilari principi di deterrenza potrebbero impedire alla Turchia di rafforzare le sue zone tampone.
In pratica, quello che succede è che la NATO tiene letteralmente in ostaggio tutta l’area tramite la prospettiva di una catastrofica guerra regionale e lo sforzo di difendere e perpetuare il carnaio fatto dall’ISIS in Siria, il tutto con la copertura di una immensa rete logistica che fuoriesce dal territorio stesso della NATO.
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Il sorgere del monoteismo nell'antico Israele. Prove bibliche ed epigrafiche
«The Rise of Monotheism in Ancient Israel: Biblical and Epigraphic Evidence» («Il sorgere del monoteismo nell'Antico Israele: prove bibliche ed epigrafiche») è il titolo di un articolo di Christopher Rollston, in cui l'autore, assistant professor di Antico Testamento e Studi semitici alla Emmanuel School of Religion, indaga sulle prove bibliche ed epigrafiche dell'evoluzione della religione ebraica, in particolare per quanto riguarda l'aspetto monoteistico.

Basandosi su di un'analisi induttiva delle prove dell'Antico Testamento, appare chiaramente che l'antica religione israelita non era originariamente monoteistica.
Piuttosto, durante i secoli del periodo dell'Antico Testamento, il monoteismo si sviluppò gradualmente. In aggiunta al materiale biblico, prove epigrafiche ebraiche dell'Età del Ferro e altri tipi di prove del Vicino Oriente sono usati in questo articolo, in quando forniscono una vista sul contesto culturale più ampio sull'antico Israele.
In sintesi, dunque, questo articolo suggerisce che la fede monoteistica di Israele fu il prodotto finale di un lungo processo di sviluppo e rivelazione.
Qui di seguito riporto il contenuto dell'articolo di Rollston.
Rollston sottolinea il fatto che nell'antico Vicino Oriente il politeismo era la normalità, e che gli studiosi hanno tanto materiale sui pantheon delle popolazioni vicine e coeve agli Israeliti da porte ricostruire i loro membri con le relative relazioni e attributi. Talune divinità erano fortemente associate con una particolare città, come nell'esempio di Marduk e Babilonia, e l'ascesa della città coincideva con l'ascesa del dio, ma la particolare devozione per il dio nazionale non implicava mai la negazione dell'esistenza di altri dei. Anzi, una caratteristica importante di queste religioni era il "concilio divino": gli dei, infatti, si riunivano in un consesso divino, presieduto da una divinità che agiva come capo.
Di particolare interesse sono le epiche di Ugarit, che permettono di ricostruire il pantheon di questa civiltà: ʾIl (simile ad ʾEl) come capo e la sua consorte ʾAtrt (ʾAsherah), Baʿlu (simile a Baʿal) e la sua consorte ʿAnat, Yammu (dio del mare), Motu (morte) Kothar-wa-Asis (il dio delle arti). Le fonti ugaritiche fanno spesso riferimento al concilio divino, identificato con vari nomi tra cui, significativamente, quello di «il circolo dei figli di ʾIl».
Israele nacque come nazione periferica in un contesto culturale politeista (si veda la storia di Abramo e la sua migrazione da Ur) e visse all'interno di questo contesto, con continui scambi culturali con l'esterno.
«Le religioni di Ammon, Moab ed Edom»
In particolare, Israele fu influenzata dalle relazioni con i popoli confinanti di Ammon, Moab ed Edom. Si trattava anche in questo caso di religioni politeistiche con un dio "nazionale", talvolta accompagnato da una consorte, il quale era il dio principale del pantheon, venerato dalla comunità nel suo complesso, ma che non escludeva l'esistenza e la venerazione (sebbene in forma minore) di altre divinità.
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Il dio nazionale dei Moabiti era Chemosh, come attestato dalla Stele di Mesha, risalente all'840 a.C. circa e ritrovata a Dhiban in Giordania. La stele narra come Chemosh fosse adirato con la propria gente, i Moabiti, e per punirli permise che il Regno settentrionale di Israele ottenesse l'egemonia su Moab. Successivamente Chemosh si placò e Mesha, re di Moab, inflisse tre sconfitte al figlio del re Omri di Israele, riconquistando i territori di Moab. Nella stele Mosha, vittorioso sugli Israeliti, si vanta di aver catturato il vasellame di Yahweh (il vasellame sacro dedicato al dio) e di averlo portato nella polvere dinanzi a Chemosh: si tratta della più antica citazione epigrafica del nome del dio israelita.
Per quanto riguarda gli Ammoniti, si hanno prove epigrafiche di un culto particolare per il dio Milkom, anche se alcuni studiosi hanno preso spunto dall'uso molto più frequente del nome del dio ʾIl nei nomi teoforici per sostenere che fosse quest'ultimo a rivestire il ruolo di capo del pantheon ammonita.
In Edmon, la divinità nazionale era invece Qaus.
«Resti biblici della religione israelitica primitiva»
Alcune testimonianze delle fasi primordiali della religione israelitica si sono conservate all'interno della Bibbia. Una di queste è Genesi 6:1-4:
1 Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, 2 i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. 3 Allora il Signore disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni».
4 C'erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi [Nefilim]. (traduzione CEI/Gerusalemme)
Il brano testimonia di un dio (ʾĕlōhîm è morfologicamente plurale, ma può essere semanticamente singolare, come in questo contesto) che ha dei figli maschi (bᵊnê).
Questa interpretazione ha messo in difficoltà gli esegeti per secoli, che hanno cercato di aggirare il problema interpretando questi bᵊnê come «angeli» (ad esempio nel Primo libro di Enoch o nella Settanta, la traduzione greca di epoca tolemaica - 250 a.C. circa - dell'Antico Testamento), come discendenti di Set (Agostino d'Ippona) o come sovrani dell'antico Vicino Oriente. Queste interpretazioni non sono accettabili: Genesi usa un altro termine per «angelo», Set non è nominato in quel passaggio, gli bᵊnê sono creduti presenti all'atto della creazione (Giobbe 38:7), e non vi sono prove in altre lingue semitiche che quel termine possa indicare sovrani con grandi harem.

Le lingue semitiche e le letterature del mondo biblico (Mesopotamia, Ugarit, Fenicia) forniscono prove decisive che il termine בני האלהים [bᵊnê hāʾĕlōhîm] fosse un modo comune di riferirsi alla discendenza divina maschile (figli del capo/capi divini del pantheon). La religione israelitica primitiva sorse nel mondo semitico antico, parlò e scrisse in semitico, e accettò inizialmente la diffusa credenza semitica che esisteva un pantheon di divinità. Genesi 6:1-4 sembra essere un residuo fondamentale di quell'antica credenza.
Un'altra testimonianza significativa è contenuta in Deuteronomio 38:8-9:
8 Quando l'Altissimo diede alle nazioni la loro eredità,
quando separò i figli degli uomini,
egli fissò i confini dei popoli,
tenendo conto del numero dei figli d'Israele.
9 Poiché la parte del Signore è il suo popolo,
Giacobbe è la porzione della sua eredità. (traduzione Nuova Riveduta)
Giacobbe è la porzione della sua eredità. (traduzione Nuova Riveduta)
Questa è la versione del testo masoretico, ma una versione più antica di circa un millennio, contenuta nel manoscritto di Qumran 4QDeutq ha una formulazione differente del versetto 8:
Quando l'Altissimo [ʿElyôn] diede alle nazioni la loro eredità,
quando separò i figli degli uomini,
egli fissò i confini dei popoli,
tenendo conto del numero dei figli di dio [bᵊnê hāʾĕlōhîm].
quando separò i figli degli uomini,
egli fissò i confini dei popoli,
tenendo conto del numero dei figli di dio [bᵊnê hāʾĕlōhîm].
È importante notare che la Settanta traduce questo passaggio come «angeli di Dio»; questo, oltre a confermare come la Settanta interpreti bᵊnê come «angeli», testimonia come il testo da cui fu tradotta non aveva «figli d'Israele», ma «figli di dio» (altrimenti non si spiegherebbe il motivo di questo cambiamento).
Il significato di questo brano è evidente: in questa fase dello sviluppo della religione israelitica, ʿElyôn era il capo del pantheon e divise tra i propri figli maschi (bᵊnê) i popoli: Israele (Giacobbe) toccò a Yahweh, che ne divenne divinità nazionale senza esserne divinità suprema (questo ruolo spettava a suo padre ʿElyôn).
«La religione israelitica primitiva: Yahweh come capo del pantheon»
La fase successiva dell'evoluzione della religione israelitica fu quella di promuovere Yahweh a capo del pantheon, senza negare l'esistenza di altri dei, ma sottomettendoli alla sua autorità. Prove di questo fenomeno sono presenti nel Salmo 29 (28 nell'edizione CEI), che inizia dicendo (versetto 1):
Date al Signore [Yahweh], o figli di Dio [bᵊnê hāʾĕlōhîm],
date al Signore [Yahweh] gloria e forza! (traduzione Nuova Riveduta)
Qui i figli di dio sono invitati dal salmista a dare a Yahweh gloria e forza: è evidente che Yahweh non fa parte del consesso dei bᵊnê hāʾĕlōhîm e che è ad essi superiore.
La posizione di predominio di Yahweh sul consesso dei figli di dio è ancor più evidente nel libro di Giobbe, in cui si narra che (Giobbe 1:6):
Un giorno, i figli di Dio [bᵊnê hāʾĕlōhîm] andarono a presentarsi davanti al Signore [Yahweh] e anche satana [haśāṭān, letteralmente «l'avversario»] andò in mezzo a loro. (traduzione CEI/Gerusalemme)
Qui Yahweh è chiaramente raffigurato come capo del consesso divino, e viene raggiunto dai figli di dio; nessuna divinità è messa alla pari o sopra di lui (si veda anche Esodo 15:11).
Risalgono probabilmente a questa fase le iscrizioni di Kuntillet ʿAjrud e di Khiribet el-Qom, risalenti all'VIII secolo, in cui si citano «Yahweh e la sua ʾAsherah» e si distingue tra «Yahweh di Teman» e «Yahweh di Samaria», rispettivamente la manifestazione settentrionale e meridionale di Yahweh. Qui è attestata la relazione tra Yahweh e ʾAsherah, la consorte del dio supremo ʾEl nel pantheon ugaritico e principale dea del Vicino Oriente antico, il cui culto è chiaramente accettato.
Esistono altre tracce di questa fase. Salomone brucia mille olocausti sull'altare di un "luogo alto" a Gibeon (1Re 3:4, anche se la traduzione CEI non lascia comprendere come i "luoghi alti" fossero dei luoghi di culto), sebbene questa pratica sia deprecata in testi successivi. Davide sacrifica di persona e indossa i paramenti sacerdotali, così come fanno i suoi figli, senza essere un levita, cosa inaccettabile dalla religione israelita successiva. Sono infine attestati luoghi cultuali fuori Gerusalemme e il culto di ʾAsherah, successivamente distrutti e proibiti (2Re 18:4).
Esistono altre tracce di questa fase. Salomone brucia mille olocausti sull'altare di un "luogo alto" a Gibeon (1Re 3:4, anche se la traduzione CEI non lascia comprendere come i "luoghi alti" fossero dei luoghi di culto), sebbene questa pratica sia deprecata in testi successivi. Davide sacrifica di persona e indossa i paramenti sacerdotali, così come fanno i suoi figli, senza essere un levita, cosa inaccettabile dalla religione israelita successiva. Sono infine attestati luoghi cultuali fuori Gerusalemme e il culto di ʾAsherah, successivamente distrutti e proibiti (2Re 18:4).
«Il sorgere del monoteismo nella religione israelita: Yahweh è l'unico dio»
La seguente profezia di Geremia, databile la fine del VII e l'inizio del VI secolo, fornisce uno dei più antichi indizi della fase di monoteismo completo della religione israelita (Geremia, 10:3-6):
3 Poiché ciò che è il terrore dei popoli è un nulla,
non è che un legno tagliato nel bosco,
opera delle mani di chi lavora con l'ascia.
4 È ornato di argento e di oro,
è fissato con chiodi e con martelli,
perché non si muova.
5 Gli idoli sono come uno spauracchio
in un campo di cocomeri,
non sanno parlare,
bisogna portarli, perché non camminano.
Non temeteli, perché non fanno alcun male,
come non è loro potere fare il bene».
6 Non sono come te, Signore;
tu sei grande
e grande la potenza del tuo nome. (traduzione CEI/Gerusalemme)
non è che un legno tagliato nel bosco,
opera delle mani di chi lavora con l'ascia.
4 È ornato di argento e di oro,
è fissato con chiodi e con martelli,
perché non si muova.
5 Gli idoli sono come uno spauracchio
in un campo di cocomeri,
non sanno parlare,
bisogna portarli, perché non camminano.
Non temeteli, perché non fanno alcun male,
come non è loro potere fare il bene».
6 Non sono come te, Signore;
tu sei grande
e grande la potenza del tuo nome. (traduzione CEI/Gerusalemme)
Questo brano e quello simile della metà del VI secolo conservato in Geremia 44:14-20 sono satire che colpiscono l'idolatria: sono caratteristici della fase finale della religione israelita, in cui Yahweh non è più solo il dio maggiore e più potente, come nella fase precedente, ma anche l'unico.
Rollston riporta anche un brano apocrifo risalente a questa fase, interessante per comprendere l'atteggiamento degli ebrei dell'epoca del Secondo Tempio. Si tratta di un episodio in cui Daniele, al servizio del re Ciro, dimostra che Bel (Marduk) è solo un idolo di bronzo, non un dio.![]()

La statua del dio Bel è omaggiata ogni sera con sacchi di farina, carni di agnello e orci di vino, e ogni notte, dal tempio chiuso a chiave, spariscono le offerte. Ciro dice a Daniele che questa è la prova che Bel accetta le offerte dategli, ma Daniele dubita; assieme a Ciro, una notte rientra nel tempio e sparge sul pavimento della cenere.
La mattina dopo Ciro e Daniele riaprono il tempio e scoprono che le offerte sono scomparse; Ciro esulta, ma Daniele gli fa notare le impronte dei passi sul pavimento, grazie alle quali costringono i sacerdoti a confessare di essere loro, ogni notte, a prelevare le offerte attraverso un ingresso secondario.
L'episodio termina con i sacerdoti di Bel messi a morte da Ciro, che permette a Daniele di distruggere il tempio di Bel e l'idolo. Ancora una volta, è chiaro che Yahweh è l'unico dio.
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Il Mistero di Ayers Rock
Uluru, chiamato in inglese Ayers Rock, è un gigantesco monolite di arenaria rossa, nel cuore del deserto australiano, immerso nel mistero e nella leggenda. Qual è il suo significato per gli Aborigeni?
Perché i segni lasciati su di esso dall’erosione sono così importanti per loro?
Perché i segni lasciati su di esso dall’erosione sono così importanti per loro?
Perchè i visitatori che vi si accostano riescono a percepire il senso del sacro che ne emana?

Mentre esplorava le aride regioni del Territorio Settentrionale australiano, nel 1873, William Gosse scoprì, a sud di Alice Springs, una fila di cumuli di roccia a forma di cupola.Il più impressionante era il grande monolite rosso che egli denominò ‘Ayers Rock’, dal nome del primo ministro australiano, Sir Henry Ayers. Gosse ignorava però che la roccia, che all’alba e al tramonto si ammantava di vividi colori, aveva già un nome, Uluru.
Uluru – Ayers Rock è il più imponente massiccio roccioso dell’Australia nonché il simbolo del Paese ed è presente nella lista dei Patrimoni mondiali dell’Umanità dell’Unesco dal 1987. Si trova nel territorio federale del Northern Territory, a circa 450 chilometri dalla città più vicina, Alice Springs, e a quasi 2mila chilometri dal capoluogo Darwin, ‘l’Australia più vicina’.

Quello che le migliaia di visitatori vedono ogni anno, però, è solo un ventesimo della roccia, la maggior parte della quale è nascosta sotto terra. Uluru Ayers Rock, infatti, misura 380 metri di altezza, ma ben 7 chilometri sono sotto la superficie terrestre. In pratica è come un gigantesco iceberg fatto di roccia arenaria anziché di ghiaccio. Ma non è tutto.
Uluru non è un solo monolite, ma è formato da altre due montagne: Kata Tjuta e il Monte Conner. Infatti, è la formazione rocciosa è composta da un enorme blocco di roccia arenaria molto ma molto più grande. Kata Tjuta, letteralmente “molte teste”, conosciuto anche come Monte Olga, si trova a poca distanza da Uluru (25 km) tanto che le due rocce sono una di fronte all’altra e si estende per oltre 21 km quadrati.
La formazione rocciosa è diversa da quella di Uluru e comprende 36 cupole (oggi ridottesi a 28) costituite di un misto di tre distinti materiali: granito, basalto e scisto. Insieme danno il nome al Parco nazionale Uluru-Kata Tjuta.

Il Monte Conner dall’alto spesso viene confuso con Uluru anche se la sua forma è molto più piatta sulla cima. E’ la più distante delle tre alture (88 km da Uluru), ma la si scorge lungo la strada che conduce al parco, venendo da Alice Springs.
I tre fanno parte di un immenso e unico monolite in gran parte sepolto nella sabbia di dimensioni asteroidali. Secondo alcuni scienziati, questo immenso monolite potrebbe essere in realtà quel che resta di una luna terrestre, assai simile morfologicamente alla marziana Phobos, caduta intorno a 3,5 miliardi di anni fa e conficcatasi nel nascente scudo continentale australiano.
Uluru è visibile da decine di chilometri di distanza ed è celebre per la sua intensa colorazione rossa, che muta in maniera spettacolare dall’ocra, all’oro, al bronzo, al viola, in funzione dell’ora del giorno e della stagione. Motivo per cui non ci si stanca mai di guardarlo e di fotografarlo. Questi effetti di colore sono dovuti a minerali come i feldspati, che riflettono particolarmente la luce rossa. Il massiccio è costituito in larga parte di ferro e il suo colore rosso è dovuto all’ossidazione.

La superficie che, da lontano, appare quasi completamente liscia, avvicinandosi rivela molte sorgenti, pozze, caverne, strani fenomeni erosivi e antichi dipinti aborigeni. Ed è proprio il ruolo che esso ha nella mitologia del dreamtime (“era del sogno” o tjukurpa) delle popolazioni del luogo che rende Uluru un luogo pieno di misteri. Il sito di Uluru porta i segni dell’attività di numerose creature ancestrali.
La maggior parte dei miti su Uluru, sulle sue caverne, le sue pozze, le sue sorgenti o le caratteristiche del paesaggio circostante sono segrete e non vengono rivelate ai piranypa (i non-aborigeni, cioè noi), ma solo la storia generale della sua formazione possono essere noti a noi. Inoltre, solo alcune parti del monolite possono essere fotografate dai turisti, altre invece sono severamente vietate perché sono considerate sacre.
Il rispetto della Natura fa parte della cultura degli Aborigeni e la loro arte rappresenta in abbondanza animali e piante. Per essi la viva roccia è la migliore delle ‘tele’. Gli Aborigeni di Ayers Rock hanno tracciato sui fianchi delle grotte dei dipinti sacri, mentre le popolazioni dell’estremo Nord, insediate vicino al mare a Darwin, hanno ornato parti della Nourlangie Rock con decorative immagini dei pesci che popolano il fiume East Alligator: (da sinistra a destra) un barramunda, un saratoga e un branco di piccoli pesci gatto.
Secondo il mito, Tatji, la Lucertola Rossa, che abitava nelle pianure, giunse a Uluru, lanciò il suo kali (boomerang) che si piantò nella roccia. Tatji scavò la terra alla ricerca del suo kali, lasciando numerosi buchi rotondi sulla superficie della roccia, tuttora visibili. Questa parte della storia è volta a spiegare alcuni insoliti fenomeni di corrosione sulla superficie del monolite. Non essendo riuscito a trovare il suo kali, Tatji morì in una caverna; i grossi macigni che vi si trovano oggi sono i resti del suo corpo.

Un altro mito riguarda due fratelli bellbird, un uccello australiano della famiglia dei passeri, che cacciavano un emù. L’emù fuggì verso Uluru e due uomini lucertola dalla lingua blu, Mita e Lungkata, lo uccisero e lo macellarono. Alcuni grossi macigni nei pressi di Uluru sarebbero pezzi della carne dell’emù.
Quando i fratelli bellbird giunsero sul posto, gli uomini lucertola diedero loro un misero pezzetto di carne, sostenendo che non c’era altro. Per vendetta, i fratelli bellbird diedero fuoco al riparo degli uomini lucertola.
Questi cercarono di fuggire scalando le pareti della roccia, ma caddero e arsero vivi. Questa storia spiega i licheni grigi sulla superficie della roccia nella zona dove si sarebbe tenuto il pasto (che sono considerati traccia del fumo dell’incendio) e due macigni semi-sepolti (i resti dei due uomini lucertola).
I miti e le leggende del dreamtime sono rappresentate da numerosi dipinti rupestri lungo la superficie di Uluru. Secondo la tradizione aborigena, questi dipinti vengono frequentemente rinnovati; fra gli innumerevoli strati di pittura, i più antichi risalgono a migliaia di anni fa. Diversi luoghi lungo il perimetro dell’Uluru hanno valenza religiosa particolarmente forte e i turisti che li visitano sono soggetti a diversi livelli di proibizione (per esempio di non avvicinarsi a determinati luoghi o non scattare fotografie).
Le popolazioni aborigene hanno richiesto più volte che i turisti non scalino il massiccio perché si tratta di un luogo sacro nella mitologia aborigena del dreamtime, ma ci sono anche motivi di sicurezza. Nel 1983, il Primo ministro australiano Bob Hawke promise che avrebbe vietato la scalata. Tuttavia, quando il governo australiano restituì la proprietà di Uluṟu alla popolazione aborigena degli Anangu (1985), furono poste due condizioni: che per 99 anni Uluṟu fosse gestito congiuntamente e che durante questo periodo fosse concesso ai turisti di scalare la roccia.
Le popolazioni aborigene hanno richiesto più volte che i turisti non scalino il massiccio perché si tratta di un luogo sacro nella mitologia aborigena del dreamtime, ma ci sono anche motivi di sicurezza. Nel 1983, il Primo ministro australiano Bob Hawke promise che avrebbe vietato la scalata. Tuttavia, quando il governo australiano restituì la proprietà di Uluṟu alla popolazione aborigena degli Anangu (1985), furono poste due condizioni: che per 99 anni Uluṟu fosse gestito congiuntamente e che durante questo periodo fosse concesso ai turisti di scalare la roccia.
La scalata di Uluru è un’attrazione turistica a cui pochi riescono a resistere e sonosoprattutto i giapponesi, che costituiscono una percentuale significativa dei turisti in Australia, a farlo. Sebbene sia stato posizionato un corrimano, l’ascesa è ancora piuttosto pericolosa a causa delle superfici ripide e lisce, della fatica della scalata che dura circa un’ora e, almeno in alcune ore e stagioni, del rischio di insolazioni; l’attacco di cuore è fra le principali cause di morte. E anche in questo caso c’è chi crede a qualche strana leggenda…
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Karma e Reincarnazione - La Scuola
Il Karma è la legge di causa-effetto, ogni effetto deve avere una causa, non può sorgere dal niente.
Quando noi vediamo una pianta sappiamo che è nata da un seme, sappiamo che non è sorta dal nulla e la logica ci dice che così è per tutte le cose, anche se a volte questo nesso causale ci sfugge, perchè non è così ovvio. Nel '600 i naturalisti dell'epoca erano convinti che i pesci e tutti gli animali inferiori nascessero dal fango inanimato, cioè dal nulla.
Se uno sosteneva il contrario veniva bruciato sul rogo, ci vollero due secoli per dimostrare la vera causa e cioè che la vita nasce dalla vita e non dal nulla. Oggi sono ancora in molti a credere che l'anima nasca insieme al corpo e che nasca con tutte le sue caratteristiche personali dal nulla, cioè senza nessun passato o causa precedente. Lo spirito è il prodotto di tutto il suo percorso passato.
Tutto quello che ci accade è per una ragione precisa. Non esistono errori. Non esiste il caso. Non esistono capricci divini. Il motivo risiede in qualcosa che abbiamo fatto in precedenza, o in questa vita o in qualcuna delle precedenti esistenze terrene. E non ci accade per punizione, ma per darci la possibilità di cambiare e migliorare, ossia di evolverci. E siamo noi stessi ad aver scelto le nostre prove, ben prima di nascere, proprio per questa finalità. In realtà, subiamo tanti condizionamenti da chi ci circonda, spesso senza neanche accorgercene, ma la scelta è sempre e solo nostra.
Ogni qual volta una persona ci fa del male siamo noi ad aver creato quella situazione e quella persona, inconsapevolmente, ci sta in realtà regalando l’opportunità di cambiare, di vincere il nostro orgoglio, i nostri cattivi sentimenti. Se noi reagiamo male abbiamo fallito la prova, la prova che noi stessi ci siamo messi davanti, abbiamo sprecato un’opportunità per evolverci. La prova dipende esclusivamente da noi, la responsabilità è sempre e solo nostra se vogliamo o non vogliamo cambiare, sbagliamo se ce la prendiamo con chiunque altro.
Ogni qual volta noi soffriamo per un qualunque motivo è perché non abbiamo compreso qualcosa e la sofferenza è l’ultimo rimedio che ci viene dato quando non vogliamo proprio capire la lezione, data la nostra incapacità di non averla voluta capire con “le buone”. L’esistenza terrena è esattamente una scuola, un corso di studi, il mondo è una palestra dove ciascuno viene per imparare, fare esperienze, evolversi.
Quasi sempre, sono le esperienze più dure e difficili, quelle che ci fanno soffrire di più, proprio quelle da cui impariamo di più, quelle che ci fanno cambiare maggiormente. Quando tutto è rose e fiori, quando tutto è facile e in discesa allora è molto difficile che una persona si sforzi di cambiare, è probabile anzi che si divenga viziati, proprio come le persone che hanno tutto, il vizio le rende peggiori, non migliori.
Quando invece una persona nasce in mezzo alle difficoltà è costretta a rimboccarsi le maniche e a migliorare. Ecco perché gli individui, quando pianificano il loro karma, cioè il programma del loro viaggio terreno, prima di incarnarsi, scelgono spesso vite difficili e piene di ostacoli, altrimenti sarebbe una passeggiata ed è probabile che si finisca con il non imparare nulla e questo viaggio sia inutile e che debba essere ripetuto. Paradossalmente la prova più difficile è proprio quella di chi ha tutto, perché è rarissimo che si resista alle forti tentazioni del vizio e si diventi una persona semplice, con grande umanità e altruismo. Quello che accade può avere un legame anche con il futuro, non solo con il passato.
Un esempio accaduto realmente può chiarire il concetto. Un uomo nacque mentalmente ritardato. Visse una vita intera dove subì emarginazione e mancanza di carità da parte degli altri. Questo handicap non gli accadde perchè aveva fatto qualcosa di male in una vita precedente, ma in preparazione di un'esistenza futura. Infatti quell'uomo si reincarnò in una vita successiva dove fu un uomo di grandissima carità. Lui stesso scelse quella dura vita di handicap per imparare ad essere caritatevole.
Gesù disse: "Tommaso, non ti lamentare, se tutto ti va di traverso. In fondo, queste prove che tu devi superare, le inventasti tu stesso. Quanti dal cielo, si affacciano per vedere se cadi nelle trappole che tu stesso ti sei preparato! Felice l'uomo che supera queste prove perchè, al di là, egli trova la Vita" (Vangelo di Tommaso)
“Le anime vengono assegnate al loro luogo o regione o condizione in base alle loro azioni prima della vita presente. Dio ha organizzato l'universo sul principio di una retribuzione assolutamente imparziale, Dio non creò secondo alcun favoritismo ma diede alle anime un corpo secondo i peccati di ognuno. Se l'anima non ha avuto una pre-esistenza, perchè alcuni sono ciechi dalla nascita, non avendo peccato, mentre altri nascono senza alcun difetto?
È chiaro che alcuni peccati erano stati commessi prima che l'anima entrasse in un corpo e, come risultato di tali peccati, ogni anima riceve una ricompensa in proporzione a ciò che merita. Ogni anima viene in questo mondo rafforzata dalle vittorie o indebolita dalle sconfitte della sua vita passata”. (Origene, uno dei più importanti Padri della Chiesa Cristiana)
Il paragone seguente può aiutare a far capire le peripezie della vita dell’anima. Immaginiamo una lunga strada sulla quale, ad intervalli irregolari, si trovino foreste da dover attraversare; all’entrata di ognuna di queste, la strada, larga e comoda, si interrompe per continuare poi all’uscita. Un viaggiatore segue la strada ed entra nella prima foresta; ma non trova nessun passaggio battuto: solo un dedalo inestricabile in cui si perde.
La luce del sole è sparita, nascosta dai rami fitti e folti; il viandante vaga senza sapere dove va; infine, dopo innumerevoli fatiche, arriva ai margini della foresta: ma è allo stremo delle forze, le spine lo hanno ferito ed i sassi stordito. Ritrova così la strada e la luce, e prosegue il suo cammino tentando di guarire dalle varie ferite che ha subito. Proseguendo, incontra un’altra foresta dove lo attendono difficoltà simili; ma, poiché ha già un po’ di esperienza, ne esce con contusioni minori. In una di queste foreste, trova un boscaiolo che gli indica la direzione da seguire affinché non si perda.
Ad ogni nuova foresta, la sua abilità aumenta, cosicché gli ostacoli sono di volta in volta superati con maggiore facilità; cosciente di ritrovare la strada buona all’uscita, ha il conforto di questa fiducia; e poi, sa orientarsi per trovarla più facilmente. La strada termina sulla cima di un’alta montagna, da cui scopre tutto il percorso seguito fin dal punto di partenza; vede anche le diverse foreste attraversate e ricorda allora le vicissitudini che ha dovuto superare, ma questo ricordo non ha nulla di pesante, poiché egli è arrivato alla meta.
E’ come il vecchio soldato che, nella calma del focolare domestico, si sovviene delle battaglie cui ha preso parte. Le foreste disseminate lungo la strada si presentano ai suoi occhi come punti neri su un nastro bianco; e dice tra sé e sé: «Quando mi trovavo in quelle foreste, soprattutto nelle prime, mi sembravano lunghissime da traversare! Mi sembrava che non sarei mai arrivato alla fine; intorno a me, tutto appariva immenso e invalicabile. E quando penso che, senza quel bravo boscaiolo che mi ha indicato la retta via, potrei essere ancora là... Ora che considero queste stesse foreste dal punto in cui mi trovo, mi sembrano piccolissime! Mi sembra che avrei potuto superarle con un solo passo; dirò ancora di più, la mia vista le penetra tanto da farmene distinguere i più piccoli dettagli; vedo perfino i passi che ho fatto».
Allora, un vecchio gli dice: «Figlio mio, eccoti arrivato alla fine del viaggio; ma un infinito riposo sarebbe per te causa di noia mortale, e cominceresti allora a rimpiangere le vicissitudini provate e che davano attività alle tue membra ed al tuo spirito.
Puoi vedere da qui un gran numero di viaggiatori sulla stessa strada che tu hai già percorso e che, come te, corrono il rischio di smarrire la via; tu hai ormai l’esperienza, non hai più paura di nulla; va’ loro incontro e prova a guidarli grazie ai tuoi consigli, perché arrivino più presto». «Ci vado con gioia», risponde il nostro uomo; «ma perché non esiste una strada diretta che arrivi qui dal punto di partenza? questo risparmierebbe ai viaggiatori l’attraversamento di quelle terribili foreste». «Figliolo», riprende il vecchio, «guarda attentamente e ne vedrai molti che ne evitano un certo numero; sono quelli che, avendo acquisito prima l’esperienza necessaria, sanno prendere un cammino più diretto e più breve per arrivare; ma questa esperienza è il frutto del lavoro di cui hanno avuto bisogno durante i primi attraversamenti; cosicché, anche loro arrivano qui soltanto in ragione del loro merito.
Cosa sapresti tu stesso se non le avessi attraversate? L’attività che hai dovuto svolgere, l’immaginazione di cui hai avuto bisogno per crearti un sentiero hanno aumentato le tue conoscenze e sviluppato la tua intelligenza; senza questo, saresti sprovveduto come al momento della partenza; e poi, cercando di trarti d’impaccio, hai tu stesso contribuito al miglioramento delle foreste che hai attraversato; ciò che hai fatto è certamente cosa piccola ed impercettibile; ma pensa alle migliaia di viaggiatori che fanno altrettanto e che, pur lavorando per loro stessi, lavorano, senza saperlo, per il bene comune. Non è forse giusto che ricevano il premio per la loro pena e fatica con il riposo di cui godono qui? Quale diritto avrebbero a questo riposo se non avessero fatto nulla?».
«Padre mio», riprende il viandante, «in una di queste foreste ho incontrato un uomo il quale mi ha detto che al margine della foresta si trova un baratro che deve essere superato con un salto; ma, su mille che ci provano, uno solo ci riesce; tutti gli altri cadono in una fornace ardente e sono perduti senza possibilità di ritorno! Questo baratro io non l’ho mai visto». «Figliolo, non esiste, altrimenti si tratterebbe di una trappola abominevole tesa a tutti i viaggiatori che vengono da me. So bene che devono sormontare diverse difficoltà, ma so anche che prima o poi le sormonteranno; se avessi creato un’impossibilità per uno solo sapendo che avrebbe dovuto soccombere, sarebbe stata crudeltà pura, e lo sarebbe stato ancor di più se lo avessi fatto per la maggioranza. Questo baratro è un’allegoria di cui vedrai ora la spiegazione.
Guarda la strada, nell’intervallo tra le foreste; tra i viaggiatori, ne vedi alcuni che camminano lentamente con aria felice; vedi quegli amici che si sono persi di vista nei labirinti della foresta e che sono felici di ritrovarsi all’uscita; ma vicino a loro ce ne sono altri che si trascinano con fatica; sono storpi e implorano la pietà dei passanti, perché soffrono molto a causa delle ferite che per colpa loro si sono procurati attraverso i rovi; ma ne guariranno, e questa sarà per loro una lezione di cui si ricorderanno alla prossima foresta che dovranno traversare e da cui usciranno meno straziati e contusi. Il baratro rappresenta i mali che devono sopportare, e affermando che, su mille, un uomo solo lo supera, quell’uomo ha avuto ragione, perché il numero degli imprudenti è grande; ma ha avuto torto nel dire che una volta dentro non se ne esce più; c’è sempre un modo per arrivare fino a me.
Và, figliolo, và a mostrare questo modo a quelli che si trovano in fondo al baratro; và ad aiutare i feriti sulla strada e mostra il cammino a quelli che attraversano le foreste». La strada è l’immagine della vita spirituale dell’anima, sul cui percorso si è più o meno felici; le foreste rappresentano le esistenze fisiche in cui si lavora al proprio avanzamento ed al tempo stesso al bene comune; il viaggiatore arrivato al termine e che ritorna ad aiutare quelli che si trovano indietro è l’immagine degli angeli custodi, dei missionari di Dio, che trovano la loro felicità nel vederlo, ma anche nell’attività che svolgono per fare il bene ed obbedire al Maestro supremo.
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