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Il Manoscritto 512

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Grazie al meraviglioso contributo del ricercatore Yuri Leveratto possiamo leggere il contenuto di un documento che a nostro parere rappresenta la prova della presenza di Occidentali in Sud-America millenni prima dell'arrivo di Cristoforo Colombo.

(per le immagini vi consiglio di visionare direttamente il sito dell'autore riportato in fondo al post)

Il Manoscritto 512, un documento inedito risalente al 1753, ma rinvenuto solo nel 1839, è conservato nella Biblioteca Nazionale di Rio de Janeiro.

Vi si narra di un gruppo di avventurieri portoghesi che cercarono a lungo le leggendarie miniere di Muribeca, viaggiando per ben dieci anni all’interno del Brasile. Durante il loro rocambolesco viaggio, trovarono le rovine di una grande città perduta, la cui architettura ricordava lontanamente lo stile greco-romano.

Dobbiamo considerare innanzitutto che l’interno del Brasile di circa 260 anni or sono era completamente diverso da come è ora. La penetrazione dei coloni era ancora inesistente e di conseguenza le foreste erano ancora allo stadio originario, esattamente come erano prima dell’arrivo degli Europei in America.

L’immenso “sertao” sommato agli sconfinati territori del Mato Grosso e dell’attuale Bolivia orientale rappresentavano una formidabile barriera contro la colonizzazione europea. Gli uomini che viaggiarono nella spedizione, che durò per ben dieci anni, sono rimasti anonimi (per il fatto che il documento è danneggiato), anche se alcuni studi effettuati in Brasile sui capitani dell’epoca hanno suggerito che probabilmente i capi della cosidetta “bandeira” (ovvero viaggio di esplorazione), erano Joao da Silva Guimaraes e Francisco Raposo.

Ecco la traduzione integrale del documento (dal portoghese antico, copyright della traduzione Yuri Leveratto):

Relazione storica di una grande città, occulta, antichissima e disabitata, che scoprimmo nell’anno 1753

In America….
Nel suo interno…
Vicino a …
Il comandante di reggimento…
E la sua comitiva, essendo circa dieci anni che viaggiava in territori inesplorati, perché voleva scoprire le miniere d’argento del grande esploratore Muribeca, che per colpa di un governatore non furono rese pubbliche, in quanto volle usurpargli la gloria della scoperta e lo tenne prigioniero [a Muribeca], nella città di Bahia, e così rimasero perdute, nascoste…vedo questa notizia a Rio de Janeiro all’inizio dell’anno del Signore 1754.

Dopo un lunghissimo viaggio attraverso il sertao, inebriati dalla ricerca insaziabile di enormi ricchezze, e quasi persi dopo molti anni di viaggio in questo enorme sertao, scoprimmo una cordigliera le cui montagne erano così elevate che sembrava arrivassero alla regione eterea, servendo così da trono al vento e alle stesse stelle.

Il luccichio che si ammirava da lontano, proprio quando il Sole illuminava i cristalli della quale era composta la cordigliera, formava una vista così bella e gradevole, che stranamente non dava fastidio agli occhi: presto iniziò a piovere prima che ci avvicinassimo alla meravigliosa e cristallina cordigliera e rimanemmo attoniti ad ammirare le cascate che cadevano da picchi rocciosi, tanto che l’acqua da lontano ci sembrava neve, ferita dal sole….

Quando la pioggià cessò e il cielo si fece nuovamente terso, decidemmo di esplorare quella cordigliera, quel meraviglioso prodigio della natura, e così ci direggemmo alle pendici della montagna, per nulla intimoriti dalla selva intricata e dai fiumi che dovemmo attraversare, quindi tentando di aggirare le montagne non trovammo un passaggio facile per poter accedere a questi Pirenei o Alpi Brasiliane, e ciò ci rese tristi e disillusi.

Accampammo senza entusiasmo e con il desiderio di retrocedere il giorno sucessivo, quando uno schiavo negro si allontanò seguendo un cerbiatto e nell’intento di fare legna.

Scoprì un piccolo camino tra due versanti, che sembravano essere artificiali e non frutto della Natura; con l’entusiasmo di questa novità iniziammo a salire, trovando molte pietre ammontonate in monticoli pertanto pensammo che facessero parte di una mulattiera che con il corso del tempo si era disfatta. Ci volero circa tre ore per la salita anche perché perdemmo tempo nell’osseravre alcuni cristalli, e una volta giunti nella cima del monte ci fermammo e guardammo tutt’intorno a noi, vedendo in un campo attiguo altre cose che richiamarono la nostra ammirazione.

In lontananza si vedeva una grande città abbandonata, inizialmente pensammo che fosse una città di proprietà della corte reggente il Brasile, per la sua grandezza: quindi scendemmo nella valle con prudenza, trovando alcuni vasi di terracotta. Inviammo due dei nostri uomini in avanscoperta.

Rimanemmo due giorni in attesa che tornassero e durante la notte sentivamo cantare dei galli, segno evidente che quella città era popolata. Quando tornarono i nostri due uomini ci dissero che la città era abbandonata e questo dato ci confuse: quindi inviammo un indigeno che faceva parte della nostra spedizione, ma quando tornò anche lui affermó di non aver trovato segno di alcuna persona. Tutto ciò ci confuse ancora di più in ogni caso decidemmo di avanzare tutti insieme ripercorrendo i passi del nativo.

Visto che la testimonianza dell’indigeno era che non vi fosse popolazione alcuna, iniziammo il cammino armati, all’alba del giorno seguente, e percorremmo il sentiero diretto che ci portò alla città., la cui entrata era delimitata da tre grandi archi di pietra, essendo quello di centro maggiore e quelli esterni minori; sull’arco principale vi erano alcune strane incisioni, forse lettere, ma vista l’altezza non potemmo renderci conto cosa indicavano.

Al di là dei tre archi vi era una strada, larga come i tre archi, con fondamenta di case da una parte e pietre scolpite dall’altra. Alcune di queste case avevano due piani, con terrazze, alcune costruite di mattoni, altre di lastroni di pietra.

Spaventati percorremmo quella strada e ci rendemmo conto che non vi era ceramica ne mobili, per mezzo dei quali avremmmo potuto conoscere le caratteristiche della gente che vi viveva: le case erano tutte scure nel loro interno, vi entra poca luce e siccome gli stanzoni erano così grandi, le nostre voci risuonavano formando strani echi, e tutto ciò ci terrorizzava.

Terminata la strada principale che era abbastanza lunga, giungemmo ad una piazza quadrangolare, al centro della quale vi era una colonna di pietra nera di altezza straordinaria e sulla cima della stessa vi era una statua di un uomo di altezza normale, che aveva il braccio destro teso come ad indicare il polo nord.

In ogni angolo di quella piazza vi erano aluni grandi aghi, simili a quelli utilizzati dagli antichi Romani, e altri gia danneggiati per il tempo.

Nel lato destro di questa piazza vi era un superbo edificio, come fosse la residenza principale di qualcun re o signore importante, aveva un grande salone nell’entrata, e timorosi non siamo riusciti a percorrere tutte le stanze, essendo moltissime….

I pipistrelli erano così tanti che a volte colpivano la faccia di alcuni di noi e facevano tanto rumore. Sul pórtico principale della strada vi era una figura umana in bassorilievo adornata con corone d’alloro: rappresentava una persona giovane, senza barba; al di sotto di tale figura vi erano incisi nel muro alcuni strani caratteri danneggiati in parte dallo scorrere del tempo, pero si potevano distinguere in parte:

Nella parte sinistra della stessa piazza vi era un altro edificio totalmente in rovine, e per la sua forma e il suo stile ci rendemmo conto che aveva potuto essere un tempio, perché conservava ancora una parte del suo magnifico frontespizio, e alcune colonne di pietra massiccia: il tempio era molto grande e nelle sue pareti in rovina potevamo scorgere alcune figure e ritratti scavati nelle pietra con croci di varia forma, uccelli, e altre piccole strane forme per le quali non disponevamo di sufficente tempo per ammirarle.

Dopo questo edificio vi era una grande parte della città quasi totalmente in rovine e parzialmente interrata, in grandi cavità della terra senza che vi crescesse erba o alberi o altre piante. Solo si potevano vedere lastroni di pietre scolpite……forse questa distruzione fu causata da qualche terremoto…

Di fronte a questa piazza vi scorreva un fiume abastanza largo, circa undici o dodici braccia, i cui margini erano scevri da rami o tronchi, che di solito le inondazioni portano a valle; volemmo renderci conto della sua profondità e verificammo che le sue parti più profonde erano di quindici fino a diciassette braccia.

Dall’altra parte del fiume vi sono dei vasti campi ameni, etutt’intorno vi sono vari laghi e moltissimi torrentelli d’acqua fresca e pura con molte oche, facili da prendere anche con le mani. Camminammo tre giorni seguendo il corso del fiume, e trovammo una grande cascata dove le acque al cadere facevano tanto rumore da rivaleggiare con le bocche del Nilo, dopo questo salto il fiume si allarga così tanto che sembra un Oceano, e ci sono così tante penisole, coperte di selva e tanti alberi dispersi che galleggiano. In queste praterie abbiamo trovato molti animali che ci hanno corso dietro, ci hanno perseguito.

Nella parte orientale di detta cascata vi erano varie gallerie sotterranee e molte caverne, cosicché abbiamo tentato di calcorare con delle corde la loro profondità, ma quasi mai riuscivamo a toccarne il fondo. Trovammo inoltre varie pietre nel terreno, con vene d’argento come fossero state tirate fuori da una miniera. Tra queste pietre ne vedemmo una che aveva delle strane iscrizioni molto misteriose.

Lontano dalla città, ad un tiro di cannone vi è un edificio, come fosse una casa di campo, con un lato lungo duecentocinquanta passi, e attraverso il quale si entra per un gran portico e si sale per uno scalone di pietre di vari colori, che porta a una grande piazza e tutt’intorno vi sono quindici casupole abbandonate in rovina, ognuna di esse con porte rivolte verso la piazza, e nelle vicinanze abbiamo trovato una colonna con alcune strane lettere incise nella pietra. 

Dopo aver ammirato queste cose iniziammo acamminare lungo il fiume allo scopo di cercare oro, e trovammo alcuni segni incoraggianti della presenza di oro fin da subito, e d’argento. Pensammo che il popolo che viveva nella città doveva aver abbandonato tutta la zona molto tempo addietro infatti non trovammo nessuna persona in tutto il territorio che ci possa aver raccontatodi chi fosse stata questa città e ci pssa aver mostrato le sue rovine e la grandezza che aveva, e quanta popolazione avesse e la sua opulenza nei secoli en el suo periodo di massimo splendore, essendo oggi invece popolata solo da pipisstrelli, topi, oche e altri piccoli animali. I topi hanno zampe così corte che quasi saltano come fossero pulci.

Da quel luogo si appartò uno dei nostri insieme ad altri, che dopo nove giorni di cammino, avvistarono la sponda di una grande ansa che fa il fiume, e in lontanaza videro due persone bianche in una canoa, vestite all’europea, con capelli neri, e spararono un colpo di fucile per vedere la loro reazione ma……

Uno dei nostri chiamato Joao Antonio, trovò vicino alle rovine di una casa, una moneda d’oro, dove c’era impressa una figura sferica, maggiore delle nostre monete da seimilaquattrocento, da una parte vi era la figura di un ragazzo, e dall’altra parte un arco, una corona e un dardo, ma pensammo che nell’interno della città fosse difficile trovarne altre, perché probabilmente tutto fu semidistruuto da un potente terremoto, sarebbe necessario scavare a fondo per poter trovarne altre….

Queste notizie le invio a V.M. da questa zona della Bahia, e dei fiumi Paraguassú, Uná, sicuri di non aver trovato alcuna persona, perché pensammo che si erano spopolate le città e i contadi, inoltre a Voi vi consegno le miniere che abbiamo trovato, ricordandovi del molto che vi devo.

Supposto che dalla nostra Compagniaè uscito uno di noi con un pretesto differente…tuttavia chiedo a V.M. che abbondoni le penurie e venga a utilizzare queste grandezze, usanto alcuni modi per attirare quell’indio, che si è dato per perso, e condurre V.M. a trovare detti tesori…

Secondo alcuni ricercatori brasiliani è possibile che il governo portoghese dell’epoca, rappresentato dal Viceré che stava a Rio de Janeiro, tentò di occultare la scoperta di una grande e antica città nell’interno del suo territorio, per un motivo molto particolare: in quel periodo la Corona portoghese aveva appena negoziato con la corona di Castiglia i limiti dell’impero (trattato di Madrid del 1750); questo trattato si basava sul fatto che le immense terre dell’interno del Brasile, anche se appartenevano ufficialmente alla Spagna (trattato di Tordesillas del 1494), non erano state colonizzate e quindi sarebbero passate di fatto alla proprietà del Portogallo come ius possidentis, infatti i “bandeirantes” (esploratori ed avventurieri portoghesi), le avevano percorse e avevano fondato piccoli avamposti a partire dal 1650. Se però la notizia di una grande città antica di origine pre-greca fosse stata divulgata, i termini del trattato di Madrid avrebbero potuto essere rivisti in quanto sarebbe stata provata la colonizzazione e permanenza di un popolo del Mediterraneo o del Medio-Oriente in Brasile nei secoli o millenni passati e sarebbe caduto pertanto lo ius possidentis (che in realtà apparteneva agli indigeni americani).

Da un analisi attenta del manoscritto risulta che gli avventurieri terminarono la loro lunghissima spedizione presso il Rio Paraguassú, nell’odierno Stato di Bahia. Il fatto però che viaggiarono per circa dieci anni ci fa dubitare sul fatto che la città perduta dovesse trovarsi per forza nell’attuale Stato di Bahia.

Probabilmente durante la loro lungissima esplorazione giunsero negli attuali stati di Tocantins, Goias, Mato Grosso, fino ai limiti dell’attuale Bolivia.

In quel periodo esistevano le mappe e le bussole però bisogna considerare che gli avventurieri “bandeirantes” erano perlopiù analfabeti e non avevano le conoscenze geografiche e geometriche per ubicare correttamente un sito archeologico in un territorio così vasto, immenso, ci riferiamo a vari milioni di chilometri quadrati. Questo fatto supporta l’ipotesi che la città perduta si trovasse molto piu a nord ovest rispetto allo Stato di Bahia, verso i limiti attuali del Paese, mi riferisco alla frontiera con la Bolivia.

Il fatto che antichi popoli medio-orientali abbiano ragginto il Sud America prima dell’Era di Cristo, rappresenta ancora un tabù se si ascoltano studiosi accademici specializzati.

Le evidenze reali di questi viaggi occasionali che portarono prima i Sumeri e quindi i Fenici e i Cartaginesi oltre che probabilmente alcuni gruppi di Celti ad approdare ed esplorare le coste e l’interno del Sud America sono però tante: innazitutto il petroglifo di Ingá, di chiara origine pre-Fenicia, quindi l’immane tesoro della Cueva de los Tayos, di origine medio-orientale, e i ben conosciuti reperti conservati a La Paz come la Fuente Magna e il Monolito di Pokotia, risalenti all’epoca dei Sumeri. Inoltre il misterioso Cromlech di Calcoene (Amapá), probabilmente costruito da un gruppo di megalitici Celti giunti occasionalmente in Sud America.

La città che però viene descritta nell’enigmatico Manoscritto 512 sembra che fosse stata costruita da antiche genti del Mediterraneo.

L’architettura descritta richiama al modo di costruire dei Romani, (per esempio il triplice arco delle rovine di Lambesis o Timgad, città romane edificate in Algeria, vedi foto sulla destra).

Anche il particolare della statua di un uomo che con il braccio teso indicava il Polo Nord richiama ad alcune statua romane, come per esempio quella di Cesare Ottaviano Augusto che è conservata nei Musei Vaticani a Roma.

Gli strani segni incisi nella pietra che sono stati descritti nel manoscritto 512, invece, sono stati individuati da alcuni studiosi come “greco tolemaico”.

Lo studioso che diede questa interpretazione tuttavia, non era un linguista, ma un biologo marino: si trattava di Barry Fell, conosciuto scrittore statunitense, che sostenne nei suoi libri la tesi del contatto tra il mondo europeo/medio-orientale e il Nuovo Mondo ben prima di Cristoforo Colombo.

Srcondo altri ricercatori l’alfabeto utilizzato nelle iscrizioni del “manoscritto 512” potrebbe essere il punico, il fenicio antico o l’aramaico antico.

Nella mia personale interpretazione potrebbero essere stati i Cartaginesi a giungere in Brasile intorno al V secolo prima di Cristo. Il navigatore cartaginese Annone infatti, intorno al V secolo a.C. raggiunse le coste del Camerun in un viaggio avventuroso. E’ possibile che pochi anni più tardi un altra flotta cartaginese giunse in Brasile, come sappiamo infatti dalle isole di Capo Verde soffiano costantemente gli alisei verso l’America del Sud, e questo è il motivo che alcune navi giunsero occasionalmente in Brasile.

Una volta giunti presso le coste brasiliane gli antichi navigatori potrebbero aver cercato metalli preziosi con l’aiuto degli indigeni. Fu così che giunsero presso la misteriosa cordigliera dove fondarono la loro città. E’ solo un ipotesi che attende di essere provata sul campo.

A questo punto sorge la domanda: che fine ha fatto la città perduta descritta nel manoscritto 512?

Si possono avanzare varie ipotesi: la prima è che sia stata deliberatamente smontata pezzo per pezzo per occultarne la scoperta, in modo che non creasse problemi proprio in seguito al Trattato di Madrid (1750), in modo che la Corona del Portogallo non perdesse il diritto di possesso (ius possidentis).

La seconda è che la città perduta sia ancora nascosta da qualche parte anche se gravemente danneggiata da terremoti o bradisismi.

L’esploratore inglese Percy Harrison Fawcett la cercò per vari anni sia nello stato di Bahia che nel Mato Grosso, (indicandola come città Z), ma scomparve presso il fiume Culuene mentre si stava dirigendo verso la Serra del Roncador nel 1925.

I territori del Mato Grosso e della Rondonia sono ancora oggi scarsamente popolati (si pensi che il Mato Grosso, esteso piú di 900.000 chilometri quadrati, ha solo 3 milioni di abitanti, la maggioranza concentrati nella capitale Cuiabá, mentre la Rondonia, estesa 238.000 chilometri quadrati, ha solo 1,5 milioni di abitanti, perlopiú concentrati nella capitale Porto Velho), e le zone di selva intricata pressoché inesplorate sono ancora tante.

Un altra possibilità è che la misteriosa città perduta si trovi nell’aspra cordigliera di Huanchaco (Bolivia orientale), all’interno del Parco nazionale Noel Kempff Mercado, un enorme area spopolata e protetta situata al confine tra la Bolivia e il Brasile.


Gli Alieni sulla Luna secondo Siragusa

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Per coloro che nutrono ancora dubbi sull’esistenza degli extraterrestri, sarebbe oltremodo produttivo consultare le dichiarazioni fatte in un simposio della NASA in cui hanno partecipato sia Neil Armstrong sia Edwin "Buzz" Aldrin, in qualità di ex astronauti dell’Apollo 11.

Dopo che ebbero risentito le comunicazioni radio pervenute sul nostro pianeta attraverso un canale preferenziale, ma ugualmente captate da un radioamatore statunitense, Armstrong disse a chiare note che non poteva entrare nei dettagli su quanto successe in quello storico giorno del 21 Luglio 1969. Egli chiamò gli enormi dischi volanti con il nome in codice di "babies", e confermò che le due navi extraterrestri erano enormemente superiori sia per dimensioni sia per tecnologia.

Egli ha detto esattamente: "Ragazzo, erano grandi e minaccianti!".

Armstrong aggiunse poi che la NASA, nonostante l’ammonimento, continuò con il suo programma per non creare panico sulla Terra.

L’interlocutore, un professore che non ha voluto rivelare il suo nome, gli fece altre domande piccanti.

Armstrong confermò che la storia era vera e disse di nuovo che non poteva assolutamente rivelare altri particolari, poiché la CIA aveva già messo tutto nel più assoluto silenzio.

Fatta questa precisazione, affrontiamo il discorso della conquista lunare dall’altra parte.

Ci sono stati dei messaggi chiari ed evidenti, i quali sono finiti pure nelle mani dei dirigenti NASA dell’epoca e non solo, fatti recapitare dal contattista Eugenio Siragusa ai vari responsabili proprio nel periodo cruciale delle missioni lunari.

Egli, già il 20 Ottobre 1966, scrisse:

"Da 175.000 anni gli extraterrestri hanno le loro basi sul satellite della Terra, sulla Luna. Non è necessario sapere come, ma è vero, che qualcuno ha visto e visitato le meraviglie di una tecnica e di una scienza superiore ad ogni immaginazione fantascientifica umana. Ritengo che non sia facile, nemmeno per le menti più evolute della terrena scienza, immaginare le strutture su cui poggia la fantastica opera che solo una mente divina può edificare. Le opere più moderne e tecnicamente più progredite della scienza terrestre, sono, nei loro confronti, insignificanti espressioni di una mente preistorica.

Se è vero che gli astronauti terrestri sarebbero destinati a visitare, dico visitare, il satellite del pianeta che abitano, credo fermamente che rimarrebbero incapaci di superare, psicologicamente, il trauma di quanto sarebbero costretti a costatare. Se tale ambita meta sarà concessa agli uomini di questo mondo, e se potranno raccontare quello che i loro occhi potranno vedere, l’umanità dovrà ricredersi in tantissime cose: dovrà disimparare tantissime concezioni sino ad oggi operanti alla base della loro esistenza, dovrà riconoscere quella che realmente è stata e sarà.

Dovrà, infine, imparare ad essere una microscopica parte operante di una infinita, grande famiglia abitante il Cosmo.

Ma è ancora vero che l’umanità dovrà necessariamente conquistare una verità se vuole rientrare nel consesso di questa grande e pacifica famiglia cosmica: una verità che è stata illuminata, divulgata, ma purtroppo erroneamente interpretata e resa malamente operante. Ancora la maggior parte degli uomini ignora la realtà che li sovrasta e crede a quello che ha toccato con le proprie mani e ha visto con i propri occhi. Ma sono certo che il giorno si approssima e gli eventi, che vi forniranno tangibile prova di quello che non avete voluto mai credere, sono pronti a mostrarsi con tutta la loro titanica potenza celeste. Sul satellite della Terra, vi è ancora la stessa forza che edificò gli eventi del grande passato: vi è la Milizia di Dio, pronta a manifestare il suo volere ed i suoi disegni.

Non sono spiriti folletti o quant’altro si possa di simile credere: sono creature viventi, animate da un solo e grande amore, di una sola e grande giustizia, da una sola e grande pace, da un solo e grande fraterno bene universale. Sono, nei confronti del Creatore, quello che gli uomini avrebbero dovuto essere e non sono: 'I Figli della sua Fiamma', l’espressione vivente della sua eterna saggezza, la potenza immortale della sua divina Intelligenza Cosmica. Sulla Luna, da 175.000 anni queste creature ci sono e ci rimarranno sino a quando gli uomini della Terra non si saranno per sempre risvegliati nei valori immortali della loro vera origine.
E. S."

È un linguaggio semplice e chiaro, come chiara è la logica espressa, basata su solide basi spirituali verso le quali l’uomo del pianeta Terra non ha saputo rispondere alla stessa maniera.

La storia sinora raccontata sulle missioni lunari, e non solo, non ha mostrato che una logica egoistica, materiale e molto spesso violenta. L’uomo terrestre non ha voluto intendere il messaggio, l’invito a migliorarsi e perciò, per l’ineluttabile legge di causa ed effetto, egli si è messo in una situazione completamente differente da quella in cui uno sviluppo corretto l’avrebbe condotto.

Ecco perché egli è giunto al punto d’essere capace di distruggere il proprio mondo e non solo.

Per capire meglio tale concetto, immaginate di abitare in un palazzo di 20 piani e al primo ci sono persone che accumulano man mano una certa quantità d’esplosivo. Quando la faccenda viene a conoscenza degli abitanti del condominio, come pensate che reagiranno di fronte a questa seria minaccia? Non pensate che sia la stessa cosa se allarghiamo l’ipotesi al nostro sistema solare e, addirittura, alla nostra galassia?

Proprio per dare una risposta a questa situazione, la civiltà extraterrestre volle fare un forte appello agli uomini della Terra ed in particolare agli scienziati e ai piloti delle navicelle spaziali:

"Accettate con puro senso di religiosità le conquiste della vostra intelligenza ed abbiate scrupolosa e cosciente cura di metterle al servizio del bene e della prosperità di tutta l’umanità del vostro pianeta. Siate umili, e guardate con sincera devozione la luce dell’eterna verità che benignamente si rivela e vi tende le sue invisibili e generose braccia. Non innalzatevi come usano fare gli stolti, ma siate semplici e puri di cuore per essere maggiormente graditi alle cose più grandi di voi che, misteriosamente, vi spingono verso un destino migliore.

Abbiate piena coscienza di quanto vi viene concesso per superare la miseria morale e spirituale in cui vi siete cacciati per aver poco creduto a Colui che è in voi e tramite vostro vive ed opera in questa vivente cellula del suo Macrocosmico Essere. Le vostre conquiste siano poste sul piano della verità che è in voi. E mai esse abbiano a divenire strumenti negativi e fatali all’anelato desiderio della sospirata evoluzione verso il felice progresso e verso il superiore bene universale.

Per camminare sicuri verso le celesti praterie del Creato occorre infiammare le proprie anime di fede pura e spogliare i propri spiriti d’ogni egoistico vestimento materiale. Negli spazi puri, a differenza di quanto un astronauta ha detto, è più facile entrare in contatto con Dio, essere con Dio e sentire la soavissima armonia della sua eterna giustizia, della sua celeste pace e del suo divino e penetrante amore. In queste conquiste il nostro fraterno aiuto non verrà meno, ma verrà meno, e sarete duramente contrastati, se ad esse non darete il loro spirituale e giusto valore, nonché se da esse scaturisse il funesto desiderio della conquista del potere con conseguente innesto del male.

Quali che siano i vostri pensieri su questo nostro messaggio che abbiamo affidato al nostro operatore per essere divulgato, giova comunque sapere che noi abbiamo solide basi sul vostro satellite Luna e possiamo, se ciò si rendesse necessario, procurarvi serie tribolazioni onde privarvi di ulteriori passi in queste imprese. Siate accorti e ravveduti ed il nostro aiuto non vi mancherà. Con fraterna benevolenza universale vi salutiamo. E. Siragusa 16-07-1969"

Potete ben capire adesso come le autorità terrestri e gli scienziati siano sempre stati perfettamente a conoscenza delle loro intenzioni e della loro logica. Logica che avevano già avuto modo di toccare con mano con tutte le missioni spaziali antecedenti le missioni Apollo.

Sembra inverosimile, ma la nostra azione verso la "conquista" della Luna non ha tenuto conto di queste conoscenze e dei relativi inviti. La storia dimostra ancora una volta che simili consigli sono stati dati nella maniera più disinteressata e con tutti i mezzi necessari.

Dopo che avvenne il primo sbarco dell’uomo sulla Luna, la civiltà extraterrestre volle fornire ancora alcuni chiarimenti sulle caratteristiche del satellite, in un modo così chiaro ed inequivocabile che sembrò essere fantascientifico:

"Per la naturale funzionalità delle strutture biofisiche dell’uomo, è possibile rintracciare sotto la superficie lunare quegli elementi (ossigeno, acqua, pressione) i quali sono disponibili in quantità sufficiente per operare ivi una lunga permanenza e senza bisogno di fare uso di scafandri, scorte d’ossigeno e complicate tute spaziali. Ancora la scienza terrestre non è in grado di poter conoscere le particolari condizioni in cui si vengono a trovare i corpi celesti quando questi hanno perduto una considerevole massa del nucleo igneo-cosmico.

È ancora vero che la scienza terrestre sconosce il radicale mutamento che si produce nell’anello magneto-sferico, quando questo subisce il progressivo assorbimento verso il centro di tutta la massa del corpo celeste. L’assorbimento dell’anello magneto-sferico verso il centro, è dovuto alla perdita progressiva della massa del nucleo igneo-cosmico. Tale assorbimento, oltre a provocare la compenetrazione degli elementi atmosferici sul piano fisico, produce pure una modificazione sostanziale delle forze coesili della materia e una conseguente contrazione di tutta la massa verso il centro.

Quelle perfette figure geometriche che sono visibili sulla superficie lunare e sulla Terra chiamate 'crateri', altro non sono che coni provocati da sprofondamenti causati dal deterioramento delle numerose caverne esistenti nel substrato della crosta lunare. Spesso succede che la concentrazione della massa igneo-cosmica subisce delle fortissime oscillazioni dovute alle linee magnetiche di notevolissima intensità che si sviluppano fra l’emisfero visibile del vostro satellite e le vaste superfici degli Oceani che periodicamente offre il geoide del vostro pianeta. Tali oscillazioni producono movimenti sismici di vaste proporzioni, con conseguente uscita di gas in superficie e sprofondamenti. Sono questi gas a provocare alcuni crateri a forma cupolare e a produrre estese lingue di fuoco, alcune delle quali ben visibili dalla Terra.

Le nostre basi spaziali installate da millenni sul vostro satellite, si trovano nell’emisfero visibile che sulla Terra chiamate 'Mari'. In queste zone vi sono scarse possibilità di sprofondamenti per la particolare natura degli elementi che ne compongono la superficie e le strutture interne del substrato della crosta, particolarmente pressata dalle citate linee magnetiche. E. Siragusa 25-07-1969"

È chiaro pure che, nonostante i consigli, le avvertenze e le informazioni che la civiltà extraterrestre ha trasmesso ai responsabili americani e russi, in particolare agli scienziati, la logica dei terrestri non è cambiata.

Sulla Luna furono programmati esperimenti pericolosissimi, come ad esempio quello di far esplodere una bomba nucleare. Verifichiamo i fatti.

Con l’Apollo 12 si programmò, tra le altre cose, di far cadere sulla superficie del nostro satellite il Modulo Lunare che si disintegrò nell’Oceano delle Tempeste. Produsse un terremoto artificiale che fu perfettamente registrato dai sismografi ivi lasciati. La Luna vibrò come un gong per circa 55 minuti, lasciando assai meravigliati gli scienziati terrestri. Da parte loro, gli extraterrestri non mancarono di dare spiegazioni all’insolito caso:

"Gli scienziati terrestri sono rimasti disorientati nel constatare che il terremoto provocato artificialmente sulla Luna si è ripercosso per ben 55 minuti. Un fenomeno di questo genere, infatti, non ha riscontro sulla Terra e la ragione è semplice. Allorquando sul vostro pianeta si verifica un terremoto, le vibrazioni del geoide vengono, tra l’altro, attutite dalla massa magneto-sferica che lo circonda. In altri termini, la fascia d’atmosfera che pressa tutto intorno al globo esercita un’azione frenante. La Luna, invece, non è circondata d’atmosfera e risulta, quindi, sospesa liberamente nel vuoto cosmico.

Al verificarsi di un terremoto la sua massa vibra senza alcun freno esterno, fintantoché le oscillazioni non si esauriscono da sole. Il terremoto provocato dagli astronauti dell’Apollo 12 è stato di modesta entità. Però, un terremoto d’intensità maggiore potrebbe far vibrare la massa selenica in misura tale da causare addirittura uno spostamento dell’orbita lunare, con conseguenze assolutamente incalcolabili.

Recentemente, tramite un nostro operatore vivente sulla Terra, vi abbiamo esortato dal non condurre esperimenti che potrebbero provocare disfunzioni sulle strutture energetiche della Luna. Oggi ritorniamo per diffidarvi nuovamente dal proseguire su questa via e per proporre alla vostra intelligenza una concreta testimonianza che ancora vi appare velata da mistero, ma che racchiude in sé memori immagini di un tragico evento carico di possibili significative analogie. In un passato oramai remoto, orbitava attorno al vostro pianeta una seconda luna. Questa, a causa di un violentissimo urto con un meteorite, spostò la sua orbita tanto da avvicinarsi sensibilmente al vostro globo. Attratto così progressivamente dalla Terra, il planetoide finì col precipitare su questa, provocando la distruzione di Atlantide e un vasto mutamento della configurazione dei continenti. Quando accadde allora, potrebbe ancora ripetersi!

Siate, dunque, saggi e ben consigliati affinché non si rinnovino simili cataclismi. E. Siragusa 25 Novembre 1969"
Quest’altro ammonimento arrivò di nuovo agli scienziati della NASA e per conoscenza a tutta la stampa mondiale. Gli effetti non furono quelli sperati.

Ecco allora che la civiltà extraterrestre dette un monito definitivo e assai chiaro:

"Agli scienziati della NAS - Attenti a quello che vi prefiggete di attuare nel prossimo vostro viaggio sul satellite della Terra, sulla Luna. Vi raccomandiamo di tener presente, e responsabilmente, quanto vi abbiamo a suo tempo comunicato, se non volete incorrere in seri guai. Tenete presente, altresì, che le particolari condizioni cosmofisiche del vostro satellite non si prestano a quegli esperimenti che vi siete prefissi di edificare. Un intervento coercitivo di forze energetiche, provocate da esplosioni sulla superficie o nel sottosuolo lunare, potrebbe sprigionare un disquilibrio tale da proporre al corpo celeste un divario sostanziale del suo normale esito di repulsione rispetto al vostro pianeta.

La vostra disgrazia diverrebbe irreparabile se il satellite dovesse raggiungere il punto ipercritico della sua attuale orbita. La vostra storia non conosce nulla di un remoto passato, assai doloroso per gli abitanti di allora. Ricordate la caduta sulla Terra di una delle sue lune provocando immani disastri e lo spostamento dell’asse terrestre di 45° ad oriente? Questo vostro satellite potrebbe segnare la fine del vostro pianeta se vi trastullerete a sconvolgere il suo cosmologico equilibrio.

STATE MOLTO ATTENTI A QUELLO CHE FATE!

Potremmo anche non intervenire e permettere la vostra completa distruzione togliendo, così, dalla nostra Galassia la forza negativa che la vostra specie edifica, a danno della grande famiglia universale. Ma poiché il nostro amore è Luce di Dio, i nostri mezzi sono già in allarme e pronti ad attuare, qualora si rendesse necessario, gli interventi di impedimento o di annullamento della vostra missione nello spazio. State attenti, signori scienziati della Terra!"

Il seguito dell’azione è stato già, in gran parte, scritto con riferimento all’Apollo 13.

Gli scienziati terrestri non poterono, né potranno mai affermare che non sapevano nulla di tutto ciò. Sta di fatto che gli esperimenti di sismologia attiva sono continuati con l’Apollo 14, 15, 16 e 17.

Con l’Apollo 14 furono eseguiti esperimenti con l’esplosione di 13 cartucce, delle 21 previste, fatte detonare sulla superficie e con il lancio dell’S-4B e del LEM contro la Luna.

Un esperimento con un lanciagranate telecomandato da Terra, fu abbandonato per timore di danni all’ALSEP (Apollo Lunar Surface Experiment Package), una serie di strumenti scientifici molto complicati e sensibili.

Con l’Apollo 15 furono compiuti esperimenti di sismologia attiva utilizzando lo stadio S-4B e la sezione d’ascesa del LEM. Con l’Apollo 16 furono utilizzate piccole cartucce esplosive e lanciagranate, innescate con radiocomando dalla Terra. Infine, con l’Apollo 17 fu eseguito un esperimento di profilatura sismica lunare, realizzato con quattro cariche esplosive, da far brillare dopo il rientro degli astronauti mediante radiocomandi da Houston, che servirono per lo studio del sottosuolo.

La storia c’informa che le missioni Apollo finirono drasticamente. Pure i sovietici, nello stesso periodo, dovettero abbandonare ogni progetto lunare. Furono avanzate delle scusanti di tipo economico e tecnico ma onestamente bisogna affermare che la ragione deve essere ricercata nella logica espressa nei messaggi prima proposti.

Visto l’affanno in cui, al giorno d’oggi, versano le maggiori agenzie spaziali, considerando poi che, oltre all’Europa, anche il Giappone e la Cina stanno ricalcando la stessa logica, vorrei riproporre un lavoro unificato che in un breve lasso di tempo potrebbe portare all’unione di tutti gli sforzi per realizzare un progetto notevole e pieno di grandi prospettive e prosperità per l’umanità intera.

Si tratta della costruzione di un satellite-laboratorio da porre intorno al nostro pianeta per risolvere definitivamente la questione energetica. Qualche decennio fa la civiltà extraterrestre c’invitò a realizzare tale progetto, attraverso il seguente messaggio:

"È il momento propizio perché vi sforziate seriamente di mettere in pratica il progetto per la costruzione di un satellite-laboratorio tipo Phobos (satellite artificiale di Marte) capace di trasformare l’energia solare in energia motrice e di convogliare questa sul vostro pianeta. Presto o tardi sarete costretti a ricorrere a questa fonte inesauribile d’energia pulita, capace anche di farvi definitivamente uscire dall’era della combustione con benefici immensi sul piano ecologico e vitale.

Anche lo sfruttamento temporaneo dei flussi termici dei vulcani attivi potrebbe notevolmente agevolare una momentanea difficoltà, ma occorre sollecitare il progetto di massima che è quello della costruzione nello spazio di uno o più laboratori orbitanti con il compito specifico di trasformare energia solare. L’impegno richiede uno sforzo collettivo non indifferente, ma se la cosciente responsabilità prevarrà, l’edificazione di questo benefico progetto sarà possibilissima. Noi vi aiuteremo, programmando mentalmente coloro che si renderanno disponibili allo studio e alla realizzazione di questo progetto che noi chiamiamo nella nostra lingua 'Dal Cielo alla Terra'. E. Siragusa 26-11-1973"

Sim-Universe 2.0

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In ogni epoca storica la visione dell’universo è, in qualche modo, dettata dal contesto. I miti arcaici narravano l’origine e l’evoluzione del cosmo con i soli strumenti che avevano a disposizione: l’azione di dèi, l’antropomorfizzazione dei fenomeni naturali. Agli albori della scienza moderna le descrizioni del cosmo erano più rigorose, facevano uso della matematica e della fisica conosciuta. 


Le metafore usate erano diverse, l’universo era visto, in un certo senso, come un congegno meccanico, una specie di orologio. Oggi, nell’epoca dell’informatica e della computazione, qualcuno ha cominciato a descrivere il cosmo come un computer. 

Nel libro "Il programma dell'universo", Seth Lloyd del MIT, uno dei pionieri della computazione quantistica, divulga l’idea che ogni componente fondamentale dell’universo, ogni particella elementare, sia in ultima analisi un bit di informazione. 

Un bit quantistico, per l’esattezza, cioè non uno 0 o un 1, come in un computer digitale normale, ma contemporaneamente uno 0 e un 1, secondo l’idea della sovrapposizione di stati della meccanica quantistica. Proprio perché lo stato di una particella in meccanica quantistica non è definito fino al momento in cui lo si misura, poche particelle elementari possono essere usate per compiere un numero enorme di operazioni “in parallelo”, cioè contemporaneamente, e possono essere usate per simulare sistemi fisici complicati, cosa che richiederebbe tempi lunghissimi per un computer ordinario. 

La possibilità di usare singoli elettroni per compiere semplici calcoli (per esempio la fattorizzazione di numeri primi) è stata già dimostrata da Lloyd e da altri ricercatori, e c’è grande attività per fare in modo che la computazione quantistica diventi una realtà tangibile nei prossimi anni. Spingendo molto oltre la faccenda, Lloyd è convinto che l’universo stesso non sia niente altro che un enorme computer quantistico, e che la riformulazione di alcuni concetti della fisica in termini di teoria computazionale (un esempio ben noto è il parallelo tra entropia di un sistema e quantità di informazione) possa spiegare fenomeni come l’emergere della complessità che osserviamo nel cosmo, a partire da condizioni iniziali estremamente semplici. Un bell’esempio è quello delle scimmie calcolatrici. 

Fu Boltzmann a far notare che l’emergere per puro caso della complessità nell’universo sembra una cosa estremamente improbabile, più o meno come se alcune scimmie, battendo dei tasti a caso su una macchina da scrivere, scrivessero l’intera Divina Commedia. Ma Lloyd fa giustamente notare che l’universo potrebbe funzionare in modo diverso: le scimmie batterebbero sui tasti di un calcolatore, non di una macchina da scrivere, e la probabilità di scrivere casualmente sequenze di software, anche molto brevi, che diano risultati sensati, diventa non trascurabile. 

A loro volta, i compiti svolti da queste sequenze sensate potrebbero includere la produzione di ulteriori sequenze, in una complessità via via crescente, che una volta creata verrebbe auto-preservata. Una specie di meccanismo di selezione naturale per frammenti di informazione, che dà vita alla ricchezza e alla differenziazione di strutture che osserviamo nel cosmo. Lloyd pensa che dietro la visione computazionale dell’universo possa esserci addirittura la soluzione al problema della gravità quantistica: la ricerca, finora senza successo, di una teoria che unifichi le quattro interazioni fondamentali in un unico modello.



E se vivessimo in una simulazione? Dopo aver visto il film Matrix, tutti abbiamo riflettuto almeno per un po' su questa fastidiosa eventualità. 

La cosa sorprendente è che, mentre noi riprendevamo la vita di tutti i giorni come se niente fosse, qualcuno ha continuato a rimuginare seriamente sulla questione. Quali sono le probabilità che l'universo che conosciamo non sia altro che una complicata messa in scena, un mondo virtuale estremamente ben realizzato? 

Sembrano chiacchiere da dopocena, ma dietro c'è Nick Bostrom, un filosofo dell'università di Oxford. Nel 2003 ha pubblicato un articolo che, in estrema sintesi, sostiene che le probabilità di vivere in una simulazione sono piuttosto alte. Essenzialmente, l'argomento di Bostrom fa leva sul fatto che noi stessi siamo ormai in grado di produrre simulazioni molto realistiche di aspetti più o meno complessi della realtà: simulazioni usate per scopi scientifici (ad esempio quelle che tentano di riprodurre l'evoluzione della struttura su grande scala dell'universo) oppure per intrattenimento (nei film di animazione, oppure in videogiochi come The Sims o Second Life). 

Potremo mai essere in grado di spingere le simulazioni a livelli di realismo tale da contenere al loro interno entità autocoscienti? Questo è evidentemente un quesito senza risposta, per il momento. Ma se avremo mai questa possibilità, la quantità di mondi simulati inizierebbe a moltiplicarsi con un ritmo molto rapido. Secondo il ragionamento di Bostrom, allora, un osservatore (cioè un'entità autocosciente) scelto a caso avrebbe molte più probabilità di trovarsi in una simulazione, piuttosto che nel mondo reale.

L'articolo di Bostrom ha scatenato un certo dibattito, e c'è una pagina web che segue tutti gli sviluppi. Si tratta, ovviamente, di speculazioni filosofiche, che coinvolgono campi molto complessi come la logica, la computazionabilità, il calcolo delle probabilità, e persino la natura della realtà e delle leggi fisiche. 

Secondo il cosmologo John Barrow, ad esempio, se davvero vivessimo in una simulazione dovremmo notare strane variazioni nelle leggi fisiche o nelle costanti di natura, scaturite dalla necessità di aggiornare le simulazioni per mantenerle ben funzionanti (nello stesso modo in cui un programma di computer ha bisogno di manutenzioni periodiche e di interventi di upgrade che non erano stati previsti al momento del suo lancio).

Ma se tutto questo vi disturba, sappiate che Bostrom suggerisce che, fino a che non dovesse comparirvi davanti una finestra che vi avvisa che siete davvero in una simulazione, la strategia migliore è continuare a vivere come se niente fosse.

http://www.keplero.org/2007/04/il-programma-delluniverso.html
http://www.keplero.org/2006/11/universi-simulati.html

Antiche Rotte Commerciali

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Questa avventura inizia alla corte di Salomone, sovrano del regno di Israele intorno al 950 a.C., figlio e successore di Re Davide. Sotto il suo comando il regno si estendeva dal fiume Eufrate fino all’Egitto ed inoltre aveva due alleati molto importanti: il re Hiram, a capo dei Fenici, i grandi navigatori dell’antichità, e la regina di Saba, che dominava un regno esteso nell’attuale Yemen ed Etiopia la cui capitale era Aksum, che gli forniva oro, incenso, profumi e spezie.

Il suo regno viene considerato dagli ebrei come un'età ideale, simile a quella del periodo augusteo a Roma. La sua saggezza, descritta nella Bibbia, è considerata proverbiale. Durante la sua reggenza venne costruito il Tempio di Salomone, che divenne leggendario per le sue molteplici valenze simboliche.

Il regno di Davide ereditato dal figlio Salomone

L’omonimia del Re fenicio Hiram con l’architetto proveniente dalla città di Tiro selezionato da Re Salomone per l’edificazione del Tempio ci lascia pensare che in realtà i due potessero essere la stessa persona.

La Bibbia ci presenta Hiram Abiff come il massimo artista del suo tempo. Famoso nella propria città natale, appunto Tiro, per la magnificenza delle sue opere, onorato ed ammirato dal sovrano per le straordinarie capacità dimostrate nelle arti, fu da questi inviato al potente Re Salomone per la costruzione del grande Tempio, la Casa del Signore. Nessuno meglio di Hiram sapeva lavorare i metalli, egli padroneggiava i segreti dell’Arte, fine intagliatore di pietre e legno aveva accumulato grande esperienza nel governare operai e maestranze.

Sulle conoscenze di navigazione dei Fenici, estremamente avanzate per l’epoca, parleremo in seguito e torneranno utili per indagare sulla ubicazione dei giacimenti auriferi che consentirono al Regno di Israele di diventare una delle più ricche nazioni del tempo durante il regno di Re Salomone, grazie allo stretto rapporto che questi intrattenne con la sua seconda potente alleata: la Regina di Saba. 

La Regina di Saba regnava su un territorio che si estendeva a cavallo tra Africa e penisola arabica, più circostanziabile in Etiopia e Yemen dove recenti ritrovamenti archeologi hanno riportato alla luce quelli che sembrano essere i resti dei palazzi del fastoso regno della consorte di Re Salomone dove forse si cela uno dei manufatti più preziosi e misteriosi della storia ebraica: l’Arca dell’Alleanza.

Gli arabi la conoscevano come la regina Bilquis, gli etiopi la chiamavano Macheda, per gli ebrei e i cristiani è la regina di Saba. La regina venne a conoscenza della fama di Salomone e si recò a Gerusalemme per conoscerne la saggezza. Arrivò con un gran seguito e con cammelli carichi di spezie. La storia della regina di Saba probabilmente ha origini giudee, ma esiste anche una versione persiana, la troviamo anche nel Corano difatti gli arabi affermano che credesse nella grandezza di Halla.

Dalla visita a Gerusalemme, avvenuta tra il 1000 ed il 950 a.C. vi è menzione nel Talmud ebraico, nella Bibbia - Antico Testamento, nel Corano ed ovviamente nel Kebra Nagast, Gloria dei re che è il libro fondamentale per la storia dell'impero degli altopiani, elaborato in Etiopia nel XIV secolo, ed uno dei testi sacri del movimento Rastafariano.

Il mito della Regina di Saba si mescola con la leggenda della città perduta di Ubar. Conosciuta anche come “Iram delle Colonne”, Aran o Ubar, si trovava nella Penisola Arabica ed era una città mercantile edificata nel deserto del Rub’ al Khali, il più grande deserto di sabbia del mondo.

La tradizione narra che la città sopravvisse dal 3000 a.C. fino al I secolo d.C., arricchendosi anno dopo anno grazie a un florido commercio; successivamente se ne persero completamente le tracce, forse perché, come ricorda il Corano, subì la stessa punizione della tribù dei Banu ‘Ad, una stirpe araba vissuta durante il periodo pre-islamico che osò sfidare Allah innalzando alti edifici in pietra e che per questo venne punita prima con un tremenda siccità, poi da una violenta pioggia seguita da un fortissimo vento che distrusse tutti i loro edifici; una storia peraltro simile sotto certi aspetti alla condanna divina conseguente al tentativo della costruzione della Torre di Babele così come narrato nella Bibbia.

Le rovine della Città delle Mille Colonne si troverebbero ancora sotto le sabbie del deserto, dimenticate anche dal tempo. Questa storia rimase una delle tante tradizioni orali raccontate intorno al fuoco, almeno fino a quando non giunse in Occidente in seguito alla traduzione del famoso “Le mille e una notte”. Durante il II secolo d.C., Claudio Tolomeo, astronomo e geografo greco, disegnò la mappa di una misteriosa regione che, a suo dire, era abitata da un altrettanto enigmatico popolo, gli Ubariti, ovvero gli antichi abitanti di Ubar.

In tempi più recenti il tenente colonnello Thomas Edward Lawrence, meglio conosciuto ai più come Lawrence d’Arabia, mostrò spesso un notevole interesse per questa città, che lui stesso definiva come l’Atlantide delle Sabbie.

Ed effettivamente da sotto le sabbie del deserto yemenita a volte compaiono resti di civiltà perdute. Quando il vento sposta le dune, talvolta appaiono ai beduini momentanei scorci di mura e fondazioni sepolte, subito nuovamente coperti dal tempo e da altra sabbia. Le voci che parlavano dell’esistenza di un gran muro hanno portato gli archeologi a scoprire un enorme complesso, che si è rivelato il più segreto e misterioso sito del Medio Oriente. Un gran muro in pietra alto circa 20 metri, con 5 metri di spessore, forma un ovale che protegge un ampio cortile che deve ancora essere scavato. Sul muro c’è una miriade di simboli che non si sa (ancora) come tradurre. Il sito archeologico si trova in Mareb, Yemen, in quella che è conosciuta come la "zona vuota". Si tratta di un territorio asciutto e desolato, con dune di sabbia e chilometri di deserto.

Sito archeologico nel Mareb e i simboli ritrovati sul muro – I resti del Palazzo della Regina di Saba?

Simboli simili compaiono su uno tra i più misteriosi ma meno conosciuti reperti dell’archeologia israeliana che consiste in un semplice coccio di terracotta. Un archeologo israeliano sostiene che le cinque righe presenti su questo coccio potrebbero rappresentare il più antico esempio di scrittura ebraica mai scoperto. Il frammento è stato trovato da un adolescente, che scavava come volontario, circa 20 km a sud–ovest nel sito di Khirbet Qeiyafa, che domina la valle di Elah, dove la Bibbia dice che l’ebreo Davide, padre di Salomone, combatté contro il gigante filisteo Golia. Esso contiene segni ritenuti di un antico alfabeto, chiamato proto–cananeo o Prima Lingua.

Il coccio di terracotta

Esperti della Hebrew University hanno detto che è stato scritto 3000 anni fa – circa 1000 anni prima dei rotoli di Qumran. L’epoca corrisponde grosso modo al momento del primo tempio, dominato dalle figure bibliche di Davide e Salomone, e pre–daterebbe lo stesso alfabeto, usato anche dalla Regina di Saba (presumibilmente sposata a Salomone), in quello che ora si chiama Yemen. Gli scritti trovati nello Yemen in questo stesso alfabeto e le loro traduzioni in ebraico antico indicavano il nascondiglio dell’Arca di Mosé in un sito vicino a Mareb (Ma'rib, nell’antico regno di Saba).

L’uso di questa lingua, all’inizio della storia dell’ebraico, spiegherebbe il motivo per cui la stessa era utilizzata anche nell’antico regno di Saba. Nella leggenda, e nel Santo Corano, si ipotizza che la regina di Saba fosse stata invitata a visitare il re Salomone, che si fossero sposati e avessero avuto un figlio, Menelik. Ulteriori ricerche condotte da Gary Vey e John McGovern hanno portato alla recente scoperta del presunto palazzo della regina, nel Mareb, Yemen, con iscrizioni nello stesso alfabeto, che descrivono il trasferimento della famosa Arca dell’Alleanza a quel sito da parte del figlio di Salomone, in seguito alla distruzione di Gerusalemme. Entrambi Vey e McGovern credono che sino ad oggi l’Arca sia rimasta nello Yemen.

I risultati del lavoro di traduzione di Vey hanno rivelato una prosa che descriveva la "cassa di El" e parlava di un "figlio" e di un "padre". Vey successivamente apprese che questo era un riferimento all’Arca, a Salomone e al figlio di Saba, Menelik, e per il "padre" – a Salomone stesso. 

Egli legge l’iscrizione come segue:

... perché il figlio era consapevole della natura che era in lui ... ma la felicità del figlio fu avvelenata dalla notizia che suo padre stava morendo, la rabbia crebbe, ma al figlio fu rivelata da suo padre la collocazione della grande cassa di EL. E l’azione di grazia del bel Signore rese felice il figlio, che giurò di proteggere la cassa di EL, e di essere associato con lo spirito del Signore...


Il sito purtroppo si è trasformato in un pericoloso avamposto d’estremisti dal settembre 2001 e nessun ulteriore intervento è stato possibile.

La Bibbia lascia intendere che il Regno della Regina di Saba fosse oltre modo ricco di oro visto che faceva confluire ogni anno nelle Casse di Re Salomone ben 666 talenti d’oro equivalenti a poco meno di 20 tonnellate.

Due archeologi italiani, Alfredo e Angelo Castiglioni, avrebbero localizzato le miniere di re Salomone dalle quali proveniva l'oro regalatogli dalla regina di Saba. L'importante scoperta è in Etiopia ma è stata resa nota oggi, a Rovereto, durante l'ultima giornata della XXI Rassegna internazionale del Cinema Archeologico. Secondo i due archeologi non vi è ancora la certezza, ma tutti gli indizi sembrano portare in questa direzione.

"Abbiamo compiuto cinque missioni, tra il 2004 e il 2008, per cercare le antiche zone di estrazione - hanno raccontato i due studiosi - Le prime tre, nel Beni Shangul (Etiopia sud occidentale), fruttarono la scoperta di enormi zone aurifere, sfruttate nell’antichità; ancora oggi vi si lavora con gli stessi metodi e utensili di allora, e alcune profonde gallerie sono tutt'ora chiamate dalla gente locale 'le antiche miniere di re Salomone'".

Ma un’altra ipotesi, ancora più affascinante, vede l’origine di tutto quell’oro in una regione distante migliaia di kilometri dall’Etiopia e dallo Yemen, addirittura al di là dell’Oceano Atlantico coinvolgendo i Fenici e le conoscenze da questi ottenute dall’eredità di uno dei popoli più misteriosi della storia e della regione medio-orientale: i Sumeri.

Sappiamo già come l’opera più importante del re Salomone fu la costruzione del Tempio di Gerusalemme, dove era depositata l’Arca dell’Alleanza, contenenti le tavole della Legge, che secondo la tradizione erano state consegnate direttamente da Jehova a Mosè.

Per costruire il Tempio di Gerusalemme, Salomone aveva bisogno di una quantità spropositata d’oro e argento abbiamo visto in gran parte ottenuti grazie all’alleanza con la Regina di Saba. Secondo il Libro dei Re nella Bibbia, la provenienza dei preziosi metalli era da ricercarsi nel leggendario paese di Ofir. Le flotte mercantili comandate da esperti navigatori Fenici partivano dal Mar Rosso o dai porti fenici del Mediterraneo e tornavano indietro dopo tre anni di navigazione, ricolme d’oro, argento, pietre preziose e profumi.

Molti storici hanno tentato di ubicare questo mitico paese in Africa o in India, ma la tesi che vogliamo approfondire oggi è quella di Benito Arias Montano che colloca il mitico Regno di Ofir al di là dell’Oceano Atlantico e più precisamente in Perù, anche se fino ad oggi non vi sono state prove esaustive sulla sua ubicazione.

A conferma di questa ardita teoria viene in nostro soccorso la ricerca portata avanti dal ricercatore indipendente Yuri Leveratto. Yuri Leveratto è un ricercatore indipendente con al suo attivo diverse spedizioni in Sudamerica e diverse pubblicazioni tra cui “Cronache indigene del Nuovo Mondo”. Con questo libro, che è una ricompilazione di settanta suoi articoli, l’autore ha voluto fornire una ampia visione dell’affascinante storia dei popoli autoctoni del Nuovo Mondo, dai primordi fino ai giorni nostri. Il suo lavoro è stato fondamentale per noi per approfondire i collegamenti esistenti tra il mondo medio-orientale e quello sud-americano migliaia di anni fa.

Uno dei primi sostenitori della teoria della presenza antica dei Fenici in Brasile fu il professore di storia austriaco Ludwig Schwennhagen (XX secolo), che nel suo libro “Storia antica del Brasile”, citava gli studi di Umfredo IV di Toron (XII secolo), che a sua volta aveva descritto i viaggi di navi fenicie fino all’estuario del Rio delle Amazzoni.

Come sappiamo, sono varie le evidenze archeologiche e documentali su una possibile antica presenza dei Fenici (o Cartaginesi), in Brasile: la pietra di Paraiba, i pittogrammi della Pedra de Gavea e i petroglifi della Pedra do Ingà, oltre al misterioso documento 512.

Vi è, però un’altra evidenza archeologica che suggerisce una possibilità sulla probabile coincidenza della terra di Ofir con l’Alto Perù: l’esistenza di un antico e lunghissimo cammino, detto in portoghese “Caminho do Peabirú”, che dalle attuali coste dello Stato di San Paolo e Santa Catarina (Brasile), conduce, dopo circa 3000 chilometri, proprio fino a Potosì, e prosegue fino a Tiahuanaco e Cusco.

Già da vari anni alcuni archeologi e ricercatori indipendenti brasiliani stanno studiando un antico cammino, conosciuto con il nome di “Peabirù” che nella lingua Tupi Guaranì, significa “cammino d’andata e ritorno”. Secondo l’interpretazione di Yuri Leveratto, siccome in lingua Guaranì “pe” significa “sentiero” e Birú era l’antico nome con il quale veniva identificato il Perú, non è un azzardo considerare il nome “Peabirú” come “cammino al Perú”.

Questo è un sentiero, largo circa 1,4 metri, che origina dalla zona di San Vicente nell’attuale Stato di San Paolo e dalla costa di Santa Catarina, in particolare dalla baia conosciuta con il nome di Cananea, durante l’era delle scoperte geografiche. I due tronchi si uniscono presso l’attuale Stato del Paraná, per procedere fino all’attuale frontiera con la Bolivia, presso la città di Corumbá. Quindi, dopo aver attraversato le praterie del Chaco, il cammino si dirige a Potosí.


In realtà il sentiero prosegue, dividendosi in due rami: uno va verso Oruro, Tiahuanaco e poi Cusco, mentre un altro ramo si dirige verso l’Oceano Pacifico, nell’attuale Cile settentrionale. In pratica il cammino del Peabirú si interconnetteva con i sentieri incaici dell’impero che a loro volta univano Samaipata, la fortezza inca ubicata più a Sud (attuale Bolivia), con il Cusco e con altri siti “misteriosi” delle culture andine.

L’esistenza dell’antico cammino del Peabirù è importantissima, perché prova che era possibile raggiungere nell’antichità il Cerro Rico di Potosì che ricordiamo essere la montagna più ricca d’argento del mondo, dalle coste del Brasile, con un viaggio di circa 2 mesi.

L’interrogativo che ci appassiona è chi furono gli ideatori e i costruttori di questi percorsi?

I membri dell’etnia Guaraní attribuiscono la costruzione del cammino al loro leggendario semi-dio Sumé, che fu un civilizzatore e colonizzatore vissuto prima del diluvio, il quale insegnò ai Guaraní l’agricoltura, l’artigianato e impose loro i fondamenti del diritto in modo del tutto simile a quanto narrato dai popoli andini relativamente al dio Viracocha. 

Come non riscontrare in tutto ciò la forte analogia con il processo di “Rinascita” perpetuato dal dio Anunnaki Enki, che secondo quanto affermato nelle ricerche del Progetto Atlanticus coinvolse in primis l’area medio-orientale fin dalla fine della glaciazione di Wurm circa dodicimila anni fa sugli altopiani iranici e caucasici partendo proprio dalle pendici del monte Ararat su cui si arenò Noè e la sua “Arca” e dove giustappunto sorgono le città di Gobekli Tepe e Kisiltepe?


Se le due cose sono collegate allora forse il cammino del Peabirù potrebbe essere considerato come uno dei tanti resti di una civiltà antidiluviana riutilizzato in seguito dai depositari di determinate conoscenze, diciamo esoteriche, tramandate dagli antichi dei civilizzatori (Enki, Viracocha, Sumè, etc.etc.) ai popoli loro prediletti: Sumeri, Fenici, Egizi, Ebrei.

Questo rafforza l’ipotesi, sostenuta peraltro dal noto e compianto archeologo boliviano Freddy Arce, che il cammino del Peabirú potrebbe essere stato usato successivamente, seppur in tempi remotissimi dai popoli del Medio Oriente, come per esempio i Sumeri (da cui deriverebbe la parola Sumè), ed in seguito dai Fenici e Cartaginesi, per inoltrarsi all’interno del continente e raggiungere così la miniera d’argento più grande del pianeta forti appunto di quelle conoscenze di cui al paragrafo precedente.

Sappiamo inoltre che i reperti che richiamano alle culture Medio-Orientali sono diversi in Sud America, come il Monolite di Pokotia e il Fuente Magna, il grande vaso cerimoniale di pietra trovato presso il lago Titicaca, all’interno del quale vi sono iscrizioni in lingua sumera. 

La Fuente Magna e il Monolite di Pokotia – prove di presenza Sumera in Sudamerica

Secondo la versione ufficiale il vaso fu scoperto in Bolivia nel 1960, da un contadino, in un terreno privato che si dice sia appartenuto alla famiglia Manjon, situato a Chua, circa 80 chilometri da La Paz, nelle vicinanze del lago Titicaca. Nella parte esterna il vaso riporta alcuni bassorilievi zoomorfi (di origine Tihuanacoide), mentre nell’interno, oltre a una figura zoomorfa o antropomorfa (a seconda dell’interpretazione), vi sono incisi due tipi di differenti scritture, un alfabeto antico, proto-sumerico, e il quellca, idioma dell’antica Pukara, civiltà antesignana di Tiwanaku.

Un ulteriore elemento di prova ci viene fornito dal cosiddetto “Manoscritto 512” un documento inedito risalente al 1753, ma ritrovato solo nel 1839, conservato nella Biblioteca Nazionale di Rio de Janeiro nel quale viene descritta la rocambolesca avventura di un gruppo di esploratori portoghesi alla ricerca delle leggendarie miniere di Muribeca, durante la qual ricerca scoprirono le rovine di una grande città perduta, la cui architettura ricordava lontanamente lo stile greco-romano e dove furono ritrovate delle iscrizioni che furono ricopiate dagli esploratori nel documento.


Secondo altri ricercatori l’alfabeto utilizzato nelle iscrizioni del “manoscritto 512” potrebbe essere il punico, il fenicio antico o l’aramaico antico. Non deve fare meraviglia che i libri di storia non menzionino questo documento. Se la notizia di una grande città antica di origine pre-greca fosse stata divulgata, i termini del trattato di Madrid avrebbero potuto essere rivisti in quanto sarebbe stata provata la colonizzazione e permanenza di un popolo del Mediterraneo o del Medio-Oriente in Brasile nei secoli o millenni passati e sarebbe caduto pertanto lo ius possidentis del Portogallo sulle terre brasiliane.

Se a questi reperti aggiungiamo il petroglifo di Ingà di chiara origine pre-fenicia, il tesoro della Cueva di Los Tayos alla cui ricerca partecipò nientemeno che l’astronauta recentemente scomparso Neil Armstrong, possiamo affermare con ragionevole certezza che l’esistenza del Nuovo Mondo era perfettamente conosciuta ai Fenici e ai Cartaginesi che già circumnavigarono l’Africa nel I millennio prima di Cristo e che le loro conoscenze derivavano proprio dai Sumeri. 

E’ noto che i Sumeri navigavano sulle loro imbarcazioni attraverso i canali del Tigri e dell’Eufrate allo scopo di commerciare. E’ invece poco conosciuta la navigazione marittima dei Sumeri, che avevano come base l’attuale isola di Bahrein, dove recenti scavi hanno dimostrato l’esistenza di un porto commerciale che era in attività nel terzo millennio prima di Cristo. Nei testi Sumeri l’odierno Bahrein era identificato come Dilmoun, e da quel punto le flotte sumere partivano per la foce dell’Indo da dove rimontavano il grande fiume, giungendo a Mohenjo-Daro, per intercambiare tessuti, oro, incenso e rame. Le imbarcazioni sumere erano lance che potevano dislocare fino a 36 tonnellate. 

Secondo Bernardo Biados i Sumeri circumnavigarono l’Africa già nel terzo millennio prima di Cristo, ma, arrivati presso le isole di Capo Verde, si trovarono sbarrato il passaggio dai venti contrari che soffiano incesantemente verso sud-ovest. Si trovarono pertanto obbligati a fare rotta verso ovest, cercando venti favorevoli. Fu così che giunsero occasionalmente in Brasile presso le coste dell’attuale Piauì o Maranhao. Da quei punti esplorarono il continente risalendo gli affluenti del Rio delle Amazzoni, in particolare il Madeira e il Beni o percorrendo il già citato "Cammino del Peabirú".

In questo modo arrivarono all’altopiano andino, che probabilmente nel 3000 a.C. non aveva un clima così freddo. Si mischiarono così alle genti Pukara che a loro volta provenivano dall’Amazzonia (espansione Arawak), e ai popoli Colla (i cui discendenti parlano oggi la lingua aymara). La cultura Sumera influenzò le genti dell’altopiano, non solo dal punto di vista religioso, ma anche lessicale. Molti linguisti infatti hanno trovato molte similitudini tra il proto-sumerico e l’aymara. 

Una storia che si mescola con la leggenda di Akakor, perduto regno antidiluviano fiorente sulle rive del bacino del Rio delle Amazzoni, salito agli onori della cronaca grazie al preziosissimo contributo del colonnello Percy Fawcett, esperto coloniale e cartografo della Società Cartografica Britannica. Appassionato esploratore e cultore delle civiltà del passato, raccoglie dagli Indios delle varie tribù, tradizioni orali e leggende stupefacenti. Lo studio accurato che il colonnello ha fatto di tutto il materiale raccolto, lo porta alla conclusione che tutti i miti testimoniano l’origine divina di tutti quei popoli.

Viene in possesso, inoltre, d’indicazioni e strani racconti su enormi abbandonate e misteriose città, che lo portano a viaggiare in lungo e in largo della giungla del Sud America, sino quando, a Rio, ebbe modo di consultare il Manoscritto dei Bandeirantes, conservato nel Museo locale dell’Indio; ispirato dal documento decide di intraprendere una spedizione nel Mato Grosso alla ricerca della fantastica città perduta. Tenta più volte senza successo, sino a quando Fawcett e' sicuro di avere in mano le indicazioni decisive e l’orientamento esatto per la rivoluzionaria scoperta. Parte con pochi uomini fidati, ma la sua marcia viene seguita sino alla metà del percorso da lui previsto, poi scompare nella foresta vergine e di lui non si sa più nulla. Era il 1925.


Il regno di Akakor fu forse una delle nazioni antidiluviane di cui serbiamo il ricordo di Atlantide, artefice di tutte le incredibili strutture megalitiche del continente sudamericano come Tiahunaco, Machu Picchu, Cuzco, la Città di Caral, etc.etc. così come la rete viaria sfruttata dall’impero inca migliaia di anni dopo di cui il Peabirù o cammino del Perù né rappresenta un segmento? Noi onestamente pensiamo di sì. 

Così come pensiamo che il retaggio di queste civiltà antidiluviane sia giunto attraverso i sumeri ai popoli medio-orientali, Egizi, Fenici, Etiopi-Yemeniti (Saba) ed Ebrei compresi i quali sfruttarono queste loro conoscenze per scopi commerciali. Ma il nostro Salomone, da dove questa nostra avventura ha avuto inizio, non ottenne soltanto oro e argento dallo sfruttamento commerciale di queste antiche rotte.

In un nostro precedente articolo abbiamo affrontato il tema dello Shamir, potente oggetto, presumibilmente tecnologicamente avanzato, che compare in numerosi midrash ebraici tra i quali uno che fa riferimento proprio al Re del nostro articolo. Il midrash che parla dello Shamir riporta che, per la costruzione del Tempio, Salomone aveva dato ordini molto precisi. Secondo la Legge mosaica, Legge divina, nessun materiale facente parte del Tempio doveva essere lavorato con attrezzi di ferro, il metallo di cui son fatte le armi che portano morte, evitando così di contaminare la sacralità del luogo. 

L'altare, soprattutto, non doveva essere profanato in nessun modo da quel contatto, e nel cantiere non doveva entrare nemmeno un chiodo; né tanto meno martelli, scalpelli, picconi o altro. Tanto è vero che il materiale da costruzione - o almeno, sicuramente, la pietra - era arrivato sul posto già squadrato, se non rifinito, di modo che durante i lavori "non si udì nel Tempio nessun rumore prodotto da utensili metallici". L'unica maniera alternativa di lavorare la pietra senza impiegare strumenti di ferro era quella di usare il "magico Shamìr". Dio stesso, secondo la tradizione, l'aveva consegnato a Mosè sul Sinai, il quale se ne era servito per incidere i nomi delle dodici tribù sulle pietre incastonate nel pettorale e nell'"efòd" che facevano parte dei paramenti del Sommo Sacerdote. Da allora però lo Shamìr era sparito e non si sapeva più che fine avesse fatto.

Lo Shamìr venne inoltre usato per tagliare le pietre con cui fu costruito il Tempio, perché la legge proibiva di usare per quest'opera strumenti di ferro così come possiamo leggere nel Talmud e nell’ambito della letteratura midràshica. Forse la tecnologia dello Shamir è la stessa che venne usata in epoca antidiluviana per lavorare e tagliare altre pietre… gli enigmatici blocchi H di Puma Punku.

Inoltre, sempre dalle stesse fonti, sappiamo che lo Shamìr non può essere conservato in un recipiente chiuso di ferro o di qualunque altro metallo, poiché lo farebbe scoppiare, forse a causa dell’emissione di gas o di calore derivante da una possibile radioattività dell’elemento. Radioattività che giustificherebbe i malanni di Re Salomone e di Re Davide dopo l’utilizzo dello Shamir e della elevata mortalità di coloro che lo maneggiava per più tempo senza probabilmente le dovute precauzioni.

Altre incredibili applicazioni dello Shamir sono descritti nel racconto di come Salomone riuscì a impossessarsi dello strumento in oggetto. Il dèmone Asmodeo il quale conosce l#146;ubicazione di tutti i tesori nascosti, fu costretto a rivelare al re che Dio aveva consegnato lo Shamìr a Rahav, l'Angelo (o il Principe) del Mare, il quale non lo affidava mai a nessuno se non, raramente e solo a fin di bene, al gallo selvatico, il quale viveva lontano, ai piedi di montagne mai esplorate dall'uomo: questi se ne serviva per "forestare" intere colline nude e pietrose, producendovi - per mezzo dello Shamìr - innumerevoli forellini, nei quali poi piantava semi di varie piante e di alberi. Ciò veniva fatto nell'imminenza della migrazione di gruppi tribali divenuti troppo numerosi, che più tardi, arrivando sul posto, avrebbero trovato un ambiente vivibile.

Come non collegare a questa descrizione le migliaia di buche delle dimensioni di un uomo scavate nella nuda roccia vicino a Valle Pisco, Perù, su una pianura chiamata Cajamarquilla. Questi strani buchi (pare 6900), si estendono per circa 1450 mt in una banda larga approssimativamente 20 mt di terreno montuoso e irregolare e sono stati qui da così tanto tempo che le persone non hanno idea di chi li ha fatti e perché.

Valle Pisco, Perù

Questo avvalora l’incredibile ipotesi che gli Egizi o comunque qualcuno prima di loro, sia riuscito a raggiungere il Sudamerica, dando origine alle prime civiltà mesoamericane. Gli studiosi hanno stabilito che il giorno uno del calendario olmeco era coincidente con il 13 Agosto 3113 a.C., data della nascita della civiltà olmeca, evento straordinario per tutte le civiltà dell'America Latina al pari dell’anno zero del calendario cristiano. Ma il 3113 a.C. indica per la precisione la data esatta dell'esilio di Thoth e dei suoi seguaci africani dall'Egitto per mano di suo fratello Ra, verso i confini del mondo per la colonizzazione di nuove terre.

Presenza di egiziani in Sudamerica che giustificherebbero le forti similitudini a livello architettonico e culturale tra le civiltà pre-colombiane, Maya in primis, e l’antico egitto di cui le piramidi ne rappresentano l’esempio più eclatante. Qualcosa di più di una semplice teoria secondo alcuni approfonditi studi che desideriamo condividere con i lettori.

Esiste infatti una serie di geroglifici risalenti ad epoche diverse che si riferiscono a un paese non meglio identificato e denominato come Punt dove alcuni faraoni inviarono delle spedizioni; la prima di cui si abbia notizia è quella ordinata dal faraone Sahura della V dinastia. Il Punt doveva essere una terra ricca di risorse e di materiali preziosi visto che le iscrizioni parlano di navi cariche di oro, argento, spezie e ogni sorta di ricchezza tra cui anche animali e piante rare come i leopardi e, presumibilmente, anche cocaina e tabacco, delle cui piante sono state rinvenute tracce nelle tombe di alcuni faraoni.

L’ultima a inviare spedizioni nel Punt fu la regina Hatshepsut alla cui morte Tutmosi III cancellò, come era consuetudine, ogni traccia del passato del precedente sovrano, e con esse i riferimenti al Punt e alla sua ubicazione.

La cosa interessante di questa ricerca è che, per volere del faraone, i lavoratori inviati nel Punt dovevano essere “… del paese dei Tebani…”, ovvero provenienti dalle culture nubiane dell’attuale Sudan dominate dall’Egitto caratterizzate da una popolazione con caratteristiche somatiche negroidi. Questi schiavi nubiani sarebbero poi stati lasciati in Sudamerica per alleggerire le imbarcazioni egizie di ritorno in Egitto dando origine alla cultura olmeca il che giustificherebbe il ritrovamento di monumentali teste olmeche dalle fattezze tipicamente negroidi, forse scolpite in onore dei primi rappresentanti della civiltà olmeca.

Teste olmeche

Un percorso logico che sostanzialmente ripercorre le rotte di schiavi durante il periodo coloniale di epoche storiche molto più vicine temporalmente a noi. 

Gli Olmechi ebbero una importanza fondamentale nello sviluppo e nell’evoluzione degli aspetti culturali e religiosi delle civiltà mesoamericane precolombiane, Maya in primo luogo, alle quali trasmisero le loro conoscenze ereditate dal dominio egizio in terra nubiana, strutture piramidali comprese.

E’ inoltre testimoniata dai primi esploratori spagnoli e portoghesi durante la conquista coloniale del Sudamerica nel XVI secolo la presenza di tribù indigene composte da individui di pelle nera all’interno della foresta, probabilmente discendenti regrediti allo stato preistorico dei primi schiavi egizi, fondatori della cultura Olmeca. 

L’ultima prova a supporto di questa teoria che voglio citare, consapevole dell’esistenza di molte altre non affrontate in questa sede è rappresentata dai tre calendari Olmechi, il più noto è quello definito di Conto Lungo che prevede il via da un Enigmatico Giorno Uno (il nostro equivalente di avanti e dopo Cristo, evento straordinario per i cristiani segnato dalla nascita di Gesù di Nazareth.) Gli studiosi hanno stabilito che il Giorno Uno era coincidente con il 13 Agosto 3113 a.C. quale data di nascita della civiltà olmeca, evento straordinario per tutte le civiltà dell'America Latina. 

Ma il 3113 a.C. "stranamente" segna per la precisione la data esatta dell'esilio di Thoth e dei suoi seguaci (africani) dall'Egitto per mano di suo fratello Ra (inizio del regno dei faraoni), verso i confini del mondo per la colonizzazione di nuove terre: solo una straordinaria coincidenza?

Proprio quel Thoth, depositario dei segreti di una civiltà madre pre-esistente a quelle storicamente conosciute e direttamente collegata ai miti inerenti la civiltà di Atlantide quale super potenza globale tecnologicamente avanzata, secondo il Progetto Atlanticus di derivazione Anunnaka.

E volete conoscere la sorte del manufatto più prezioso dell'America Latina, ovvero un elefantino che attribuisce i veri natali alle civiltà americane Misteriosamente sparito, insieme ai calendari originali Olmechi incisi su tre colonne a Veracruz.

La conclusione di questo lungo percorso che ci ha portato ad affrontare diverse tematiche spesso affrontate dalla storiografia ufficiale come non collegate fra di loro è sempre la stessa. Ovvero che la storia così come la conosciamo probabilmente è da riscrivere.

Così come, alla luce di queste scoperte, andrebbe rivista la storia di un navigatore genovese (?) che per buscar el levante por el ponente si ritrovò in terre sconosciute secondo la storia… ma questo sarà oggetto di un altro articolo del Progetto Atlanticus.

Io credo che le conoscenze antiche descritte nel precedente articolo abbiano consentito durante i secoli delle grandi esplorazioni la redazione di talune mappe (p.es. Piri Reis) e soprattutto l'esecuzione di spedizioni come quella di Cristoforo Colombo - conoscenze acquisite dai Templari durante la permanenza in Terra Santa durante la quale probabilmente sono entrati in contatto con comunità che preservavano i saperi contenuti nella Biblioteca di Alessandria.

Di Cristoforo Colombo ne abbiamo parlato qui:

Dei Templari e della Biblioteca di Alessandria qui:


Fonti:

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I Crop Circle dei nostri nonni

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I cerchi nel grano non sono una mistificazione, una truffa, uno scherzo, ma un fatto reale. A sostenerlo è uno storico australiano, che ha esaminato una serie di foto d’epoca inglesi, risalenti alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nelle quali si vedono insoliti disegni nei campi coltivati molto simili a quelli poi diventati noti come “Crop Circle”.

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Whiston Cross, 1945

Complicati ricami, intrecci geometrici, raffigurazioni astronomiche: sono mille le varianti apparse negli ultimi decenni, impresse tra le spighe soprattutto delle campagne britanniche, dove il fenomeno è nato per poi diffondersi in tutto il mondo. Un mistero da molti attribuito all’azione di entità o forze aliene.

Almeno fino a quando non si sono fatti avanti Dave Chorley e Doug Bower. I due, nel 1991, confessarono di essere gli autori dei cerchi nel grano comparsi nel sud della Gran Bretagna a partire dal 1978. Con corde, assi di legno e bastoni mostrarono pubblicamente quant’era facile realizzarli.  Da allora, è stato gioco facile per gli scettici archiviare tutti gli esemplari spuntati qua e là come falsificazioni.

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Whiston Cross, 1945, dettaglio a maggiore altitudine

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Whiston Cross, 1945, dettaglio ad una altitudine più elevata

Ma Greg Jefferys, al contrario, crede di poter provare che i crop circle esistevano molti anni prima che i due burloni si mettessero all’opera. Lo storico, laureato in archeologia, si è appassionato dell’argomento dopo aver letto un articolo relativo a questi insoliti disegni pubblicato dalla rivista scientifica Nature nel 1880 ed ora intende addirittura promuovere un dottorato di ricerca presso l’Università della Tasmania.

Jefferys ha dunque studiato le immagini aeree scattate nel 1945 dalla Raf, a guerra appena conclusa, e visibili su Google Earth: in questo modo ha analizzato il 35 per cento del territorio britannico- com’era circa 70 anni fa- disponibile online. Ed ha scoperto molti, strani disegni nella campagne inglesi: in totale, ben 64. Ma considerando tutti i possibili difetti della pellicola, dovuti a cause meccaniche o chimiche, alla fine ne ha salvati 13.

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Un altro Crop Circles datato 1945 scoperto attraverso Google Earth

“Utilizzando queste immagini aeree di Google Earth 1945, emerge che il numero dei cerchi del grano risulta relativamente costante negli ultimi 70 anni e che questi disegni non possono essere spiegati con la teoria della burla. E se non ha valore la rivendicazione dei mistificatori, allora i crop circle restano un fenomeno inspiegato che merita un’approfondita indagine da parte di istituzioni accademiche o da altre organizzazioni di ricerca“, scrive lo studioso australiano.

Facendo le proporzioni, secondo Jefferys quell’estate dovrebbero essere apparsi sul territorio britannico circa 100 cerchi nel grano. “E questo dato, combinato con un significativo corpus di documenti storici che comprovano l’esistenza anche nei secoli scorsi dei crop circle, smentisce le affermazioni fatte da coloro che rivendicano di esserne i creatori”- aggiunge lo storico, che si pone così la fatidica domanda:”Ma se non sono stati loro, allora chi o cosa è responsabile della formazione dei cerchi del grano?”

Greg Jefferys ha già una possibile risposta. “Ci sono molti elementi che suggeriscono il coinvolgimento di una rara forma di energia elettromagnetica chiamata vortice di plasma ionizzato, noto anche come fulmine globulare.” Si tratta di uno dei fenomeni meno conosciuti della fisica: ancora non è chiaro come si producano queste sfere di pura energia, in grado di attraversare finestre e muri o di fluttuare a mezz’aria.

“In base ai miei studi, sospetto che le forze coinvolte nella creazione dei crop circle rappresentino un nuovo campo della scienza, potenzialmente straordinario, insomma una nuova frontiera che potrebbe portarci a scoperte fondamentali o a tecnologie sconosciute”, afferma il ricercatore.

E conclude: ”Se la comunità scientifica non fosse così timorosa e così tradizionalista nella sua visione dell’Universo, non se ne starebbe con le mani in mano fingendo che questi fenomeni non esistono, ma anzi intraprenderebbe uno studio approfondito per cercare una spiegazione.

Dovevamo morire

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Il primo colpo storico contro l’Italia lo mette a segno Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, incalzato dall’allora ministro Beniamino Andreatta, maestro di Enrico Letta e “nonno” della Grande Privatizzazione che ha smantellato l’industria statale italiana, temutissima da Germania e Francia. E’ il 1981: Andreatta propone di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, e Ciampi esegue. Obiettivo: impedire alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato, come fanno le altre banche centrali sovrane del mondo, a cominciare da quella inglese. 

Il secondo colpo, quello del ko, arriva otto anno dopo, quando crolla il Muro di Berlino. La Germania si gioca la riunificazione, a spese della sopravvivenza dell’Italia come potenza industriale: ricattati dai francesi, per riconquistare l’Est i tedeschi accettano di rinunciare al marco e aderire all’euro, a patto che il nuovo assetto europeo elimini dalla scena il loro concorrente più pericoloso: noi. A Roma non mancano complici: pur di togliere il potere sovrano dalle mani della “casta” corrotta della Prima Repubblica, c’è chi è pronto a sacrificare l’Italia all’Europa “tedesca”, naturalmente all’insaputa degli italiani.

Nino Galloni

E’ la drammatica ricostruzione che Nino Galloni, già docente universitario, manager pubblico e alto dirigente di Stato, fornisce a Claudio Messora per il blog “Byoblu”. All’epoca, nel fatidico 1989, Galloni era consulente del governo su invito dell’eterno Giulio Andreotti, il primo statista europeo che ebbe la prontezza di affermare di temere la riunificazione tedesca. Non era “provincialismo storico”: Andreotti era al corrente del piano contro l’Italia e tentò di opporvisi, fin che potè.

Poi a Roma arrivò una telefonata del cancelliere Helmut Kohl, che si lamentò col ministro Guido Carli: qualcuno “remava contro” il piano franco-tedesco. Galloni si era appena scontrato con Mario Monti alla Bocconi e il suo gruppo aveva ricevuto pressioni da Bankitalia, dalla Fondazione Agnelli e da Confindustria. La telefonata di Kohl fu decisiva per indurre il governo a metterlo fuori gioco. «Ottenni dal ministro la verità», racconta l’ex super-consulente, ridottosi a comunicare con l’aiuto di pezzi di carta perché il ministro «temeva ci fossero dei microfoni». Sul “pizzino”, scrisse la domanda decisiva: “Ci sono state pressioni anche dalla Germania sul ministro Carli perché io smetta di fare quello che stiamo facendo?”. Eccome: «Lui mi fece di sì con la testa».

Andreotti

Questa, riassume Galloni, è l’origine della “inspiegabile” tragedia nazionale nella quale stiamo sprofondando. I super-poteri egemonici, prima atlantici e poi europei, hanno sempre temuto l’Italia. Lo dimostrano due episodi chiave. Il primo è l’omicidio di Enrico Mattei, stratega del boom industriale italiano grazie alla leva energetica propiziata dalla sua politica filo-araba, in competizione con le “Sette Sorelle”.

E il secondo è l’eliminazione di Aldo Moro, l’uomo del compromesso storico col Pci di Berlinguer assassinato dalle “seconde Br”: non più l’organizzazione eversiva fondata da Renato Curcio ma le Br di Mario Moretti, «fortemente collegate con i servizi, con deviazioni dei servizi, con i servizi americani e israeliani». Il leader della Dc era nel mirino di killer molto più potenti dei neo-brigatisti: «Kissinger gliel’aveva giurata, aveva minacciato Moro di morte poco tempo prima».

Tragico preambolo, la strana uccisione di Pier Paolo Pasolini, che nel romanzo “Petrolio” aveva denunciato i mandanti dell’omicidio Mattei, a lungo presentato come incidente aereo. Recenti inchieste collegano alla morte del fondatore dell’Eni quella del giornalista siciliano Mauro De Mauro. Probabilmente, De Mauro aveva scoperto una pista “francese”: agenti dell’ex Oas inquadrati dalla Cia nell’organizzazione terroristica “Stay Behind” (in Italia, “Gladio”) avrebbero sabotato l’aereo di Mattei con l’aiuto di manovalanza mafiosa. Poi, su tutto, a congelare la democrazia italiana avrebbe provveduto la strategia della tensione, quella delle stragi nelle piazze.

Ciampi

Alla fine degli anni ‘80, la vera partita dietro le quinte è la liquidazione definitiva dell’Italia come competitor strategico: Ciampi, Andreatta e De Mita, secondo Galloni, lavorano per cedere la sovranità nazionale pur di sottrarre potere alla classe politica più corrotta d’Europa. Col divorzio tra Bankitalia e Tesoro, per la prima volta il paese è in crisi finanziaria: prima, infatti, era la Banca d’Italia a fare da “prestatrice di ultima istanza” comprando titoli di Stato e, di fatto, emettendo moneta destinata all’investimento pubblico. Chiuso il rubinetto della lira, la situazione precipita: con l’impennarsi degli interessi (da pagare a quel punto ai nuovi “investitori” privati) il debito pubblico esploderà fino a superare il Pil.

Non è un “problema”, ma esattamente l’obiettivo voluto: mettere in crisi lo Stato, disabilitando la sua funzione strategica di spesa pubblica a costo zero per i cittadini, a favore dell’industria e dell’occupazione. Degli investimenti pubblici da colpire, «la componente più importante era sicuramente quella riguardante le partecipazioni statali, l’energia e i trasporti, dove l’Italia stava primeggiando a livello mondiale».

Al piano anti-italiano partecipa anche la grande industria privata, a partire dalla Fiat, che di colpo smette di investire nella produzione e preferisce comprare titoli di Stato: da quando la Banca d’Italia non li acquista più, i tassi sono saliti e la finanza pubblica si trasforma in un ghiottissimo business privato. L’industria passa in secondo piano e – da lì in poi – dovrà costare il meno possibile. «In quegli anni la Confindustria era solo presa dall’idea di introdurre forme di flessibilizzazione sempre più forti, che poi avrebbero prodotto la precarizzazione».

Aumentare i profitti: «Una visione poco profonda di quello che è lo sviluppo industriale». Risultato: «Perdita di valore delle imprese, perché le imprese acquistano valore se hanno prospettive di profitto». Dati che parlano da soli. E spiegano tutto: «Negli anni ’80 – racconta Galloni – feci una ricerca che dimostrava che i 50 gruppi più importanti pubblici e i 50 gruppi più importanti privati facevano la stessa politica, cioè investivano la metà dei loro profitti non in attività produttive ma nell’acquisto di titoli di Stato, per la semplice ragione che i titoli di Stato italiani rendevano tantissimo e quindi si guadagnava di più facendo investimenti finanziari invece che facendo investimenti produttivi. Questo è stato l’inizio della nostra deindustrializzazione».

Agnelli

Alla caduta del Muro, il potenziale italiano è già duramente compromesso dal sabotaggio della finanza pubblica, ma non tutto è perduto: il nostro paese – “promosso” nel club del G7 – era ancora in una posizione di dominio nel panorama manifatturiero internazionale. Eravamo ancora «qualcosa di grosso dal punto di vista industriale e manifatturiero», ricorda Galloni: «Bastavano alcuni interventi, bisognava riprendere degli investimenti pubblici».

E invece, si corre nella direzione opposta: con le grandi privatizzazioni strategiche, negli anni ’90 «quasi scompare la nostra industria a partecipazione statale», il “motore” di sviluppo tanto temuto da tedeschi e francesi. Deindustrializzazione: «Significa che non si fanno più politiche industriali». Galloni cita Pierluigi Bersani: quando era ministro dell’industria «teorizzò che le strategie industriali non servivano». Si avvicinava la fine dell’Iri, gestita da Prodi in collaborazione col solito Andreatta e Giuliano Amato. Lo smembramento di un colosso mondiale: Finsider-Ilva, Finmeccanica, Fincantieri, Italstat, Stet e Telecom, Alfa Romeo, Alitalia, Sme (alimentare), nonché la Banca Commerciale Italiana, il Banco di Roma, il Credito Italiano.

Le banche, altro passaggio decisivo: con la fine del “Glass-Steagall Act” nasce la “banca universale”, cioè si consente alle banche di occuparsi di meno del credito all’economia reale, e le si autorizza a concentrarsi sulle attività finanziarie peculative. Denaro ricavato da denaro, con scommesse a rischio sulla perdita. E’ il preludio al disastro planetario di oggi. In confronto, dice Galloni, i debiti pubblici sono bruscolini: nel caso delle perdite delle banche stiamo parlando di tre-quattromila trilioni.

Un trilione sono mille miliardi: «Grandezze stratosferiche», pari a 6 volte il Pil mondiale. «Sono cose spaventose». La frana è cominciata nel 2001, con il crollo della new-economy digitale e la fuga della finanza che l’aveva sostenuta, puntando sul boom dell’e-commerce. Per sostenere gli investitori, le banche allora si tuffano nel mercato-truffa dei derivati: raccolgono denaro per garantire i rendimenti, ma senza copertura per gli ultimi sottoscrittori della “catena di Sant’Antonio”, tenuti buoni con la storiella della “fiducia” nell’imminente “ripresa”, sempre data per certa, ogni tre mesi, da «centri studi, economisti, osservatori, studiosi e ricercatori, tutti sui loro libri paga».

Andreatta

Quindi, aggiunge Galloni, siamo andati avanti per anni con queste operazioni di derivazione e con l’emissione di altri titoli tossici. Finché nel 2007 si è scoperto che il sistema bancario era saltato: nessuna banca prestava liquidità all’altra, sapendo che l’altra faceva le stesse cose, cioè speculazioni in perdita. Per la prima volta, spiega Galloni, la massa dei valori persi dalle banche sui mercati finanziari superava la somma che l’economia reale – famiglie e imprese, più la stessa mafia – riusciva ad immettere nel sistema bancario. «Di qui la crisi di liquidità, che deriva da questo: le perdite superavano i depositi e i conti correnti». Come sappiamo, la falla è stata provvisoriamente tamponata dalla Fed, che dal 2008 al 2011 ha trasferito nelle banche – americane ed europee – qualcosa come 17.000 miliardi di dollari, cioè «più del Pil americano e più di tutto il debito pubblico americano».

Va nella stessa direzione – liquidità per le sole banche, non per gli Stati – il “quantitative easing” della Bce di Draghi, che ovviamente non risolve la crisi economica perché «chi è ai vertici delle banche, e lo abbiamo visto anche al Monte dei Paschi, guadagna sulle perdite». Il profitto non deriva dalle performance economiche, come sarebbe logico, ma dal numero delle operazioni finanziarie speculative: «Questa gente si porta a casa i 50, i 60 milioni di dollari e di euro, scompare nei paradisi fiscali e poi le banche possono andare a ramengo». Non falliscono solo perché poi le banche centrali, controllate dalle stesse banche-canaglia, le riforniscono di nuova liquidità. A monte: a soffrire è l’intero sistema-Italia, da quando – nel lontano 1981 – la finanzia pubblica è stata “disabilitata” col divorzio tra Tesoro e Bankitalia. Un percorso suicida, completato in modo disastroso dalla tragedia finale dell’ingresso nell’Eurozona, che toglie allo Stato la moneta ma anche il potere sovrano della spesa pubblica, attraverso dispositivi come il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio.

Draghi

Per l’Europa “lacrime e sangue”, il risanamento dei conti pubblici viene prima dello sviluppo. «Questa strada si sa che è impossibile, perché tu non puoi fare il pareggio di bilancio o perseguire obiettivi ancora più ambiziosi se non c’è la ripresa». E in piena recessione, ridurre la spesa pubblica significa solo arrivare alla depressione irreversibile. Vie d’uscita? Archiviare subito gli specialisti del disastro – da Angela Merkel a Mario Monti – ribaltando la politica europea: bisogna tornare alla sovranità monetaria, dice Galloni, e cancellare il debito pubblico come problema. Basta puntare sulla ricchezza nazionale, che vale 10 volte il Pil. Non è vero che non riusciremmo a ripagarlo, il debito. Il problema è che il debito, semplicemente, non va ripagato: «L’importante è ridurre i tassi di interesse», che devono essere «più bassi dei tassi di crescita». A quel punto, il debito non è più un problema: «Questo è il modo sano di affrontare il tema del debito pubblico». A meno che, ovviamente, non si proceda come in Grecia, dove «per 300 miseri miliardi di euro» se ne sono persi 3.000 nelle Borse europee, gettando sul lastrico il popolo greco.

Domanda: «Questa gente si rende conto che agisce non solo contro la Grecia ma anche contro gli altri popoli e paesi europei? Chi comanda effettivamente in questa Europa se ne rende conto?». Oppure, conclude Galloni, vogliono davvero «raggiungere una sorta di asservimento dei popoli, di perdita ulteriore di sovranità degli Stati» per obiettivi inconfessabili, come avvenuto in Italia: privatizzazioni a prezzi stracciati, depredazione del patrimonio nazionale, conquista di guadagni senza lavoro. Un piano criminale: il grande complotto dell’élite mondiale. «Bilderberg, Britannia, il Gruppo dei 30, dei 10, gli “Illuminati di Baviera”: sono tutte cose vere», ammette l’ex consulente di Andreotti. «Gente che si riunisce, come certi club massonici, e decide delle cose».

Ma il problema vero è che «non trovano resistenza da parte degli Stati». L’obiettivo è sempre lo stesso: «Togliere di mezzo gli Stati nazionali allo scopo di poter aumentare il potere di tutto ciò che è sovranazionale, multinazionale e internazionale». Gli Stati sono stati indeboliti e poi addirittura infiltrati, con la penetrazione nei governi da parte dei super-lobbysti, dal Bilderberg agli “Illuminati”. «Negli Usa c’era la “Confraternita dei Teschi”, di cui facevano parte i Bush, padre e figlio, che sono diventati presidenti degli Stati Uniti: è chiaro che, dopo, questa gente risponde a questi gruppi che li hanno agevolati nella loro ascesa».

Merkel e Monti

Non abbiamo amici. L’America avrebbe inutilmente cercato nell’Italia una sponda forte dopo la caduta del Muro, prima di dare via libera (con Clinton) allo strapotere di Wall Street. Dall’omicidio di Kennedy, secondo Galloni, gli Usa «sono sempre più risultati preda dei britannici», che hanno interesse «ad aumentare i conflitti, il disordine», mentre la componente “ambientalista”, più vicina alla Corona, punta «a una riduzione drastica della popolazione del pianeta» e quindi ostacola lo sviluppo, di cui l’Italia è stata una straordinaria protagonista.

L’odiata Germania?

Non diventerà mai leader, aggiunge Galloni, se non accetterà di importare più di quanto esporta. Unico futuro possibile: la Cina, ora che Pechino ha ribaltato il suo orizzonte, preferendo il mercato interno a quello dell’export. L’Italia potrebbe cedere ai cinesi interi settori della propria manifattura, puntando ad affermare il made in Italy d’eccellenza in quel mercato, 60 volte più grande. Armi strategiche potenziali: il settore della green economy e quello della trasformazione dei rifiuti, grazie a brevetti di peso mondiale come quelli detenuti da Ansaldo e Italgas.

Prima, però, bisogna mandare casa i sicari dell’Italia – da Monti alla Merkel – e rivoluzionare l’Europa, tornando alla necessaria sovranità monetaria. Senza dimenticare che le controriforme suicide di stampo neoliberista che hanno azzoppato il paese sono state subite in silenzio anche dalle organizzazioni sindacali. Meno moneta circolante e salari più bassi per contenere l’inflazione? Falso: gli Usa hanno appena creato trilioni di dollari dal nulla, senza generare spinte inflattive. Eppure, anche i sindacati sono stati attratti «in un’area di consenso per quelle riforme sbagliate che si sono fatte a partire dal 1981». Passo fondamentale, da attuare subito: una riforma della finanza, pubblica e privata, che torni a sostenere l’economia. Stop al dominio antidemocratico di Bruxelles, funzionale solo alle multinazionali globalizzate. Attenzione: la scelta della Cina di puntare sul mercato interno può essere l’inizio della fine della globalizzazione, che è «il sistema che premia il produttore peggiore, quello che paga di meno il lavoro, quello che fa lavorare i bambini, quello che non rispetta l’ambiente né la salute». E naturalmente, prima di tutto serve il ritorno in campo, immediato, della vittima numero uno: lo Stato democratico sovrano. Imperativo categorico: sovranità finanziaria per sostenere la spesa pubblica, senza la quale il paese muore. «A me interessa che ci siano spese in disavanzo – insiste Galloni – perché se c’è crisi, se c’è disoccupazione, puntare al pareggio di bilancio è un crimine».


Agartha e la Thule Gesellshaft

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Tratto da un articolo di Carlo Barbera

Nel 1917 l’occultista Barone Rudolf Von Sebottendorf, il discepolo di Gurdjeff Karl Haushofer, il pilota asso dell’aviazione Lothar Waiz, il Prelato Gernot della segreta “Societas Templi Marcioni”, (Gli Eredi dei Cavalieri Templari) e Maria Orsic, una medium trascendentale di Zagabria si incontrarono a Vienna. Ciascuno di loro aveva studiato estensivamente la “Golden Dawn”, i suoi insegnamenti, i rituali e specialmente la sua conoscenza delle segrete Logge Asiatiche. Sebottendordf ed Haushofer erano sperimentati viaggiatori di India e Tibet e molto influenzati dagli insegnamenti e dai miti di quei luoghi.

Durante la Prima Guerra Mondiale Karl Haushofer aveva preso contatti con una delle più influenti società segrete Asiatiche, i Tibetani “Cappelli Gialli” (dGe-lugs-pa), costituita nel 1409 dal riformatore Buddhista Tsong-kha-pa. 

Haushofer fu iniziato ad essa e giurò di compiere suicidio se avesse fallito la sua missione. 

I contatti tra Haushofer e i “Cappelli Gialli” condussero negli anni Venti alla formazione delle colonie Tibetane in Germania.

Le quattro giovani persone speravano che durante questi incontri a Vienna sarebbero venuti a conoscenza di segreti testi rivelatori dei Cavalieri Templari ed avrebbero avuto notizie della fratellanza segreta dei “Signori della Pietra Nera”. Il Prelato Gernot era un membro degli “Eredi dei Cavalieri Templari” ritenuta da molti composta dai discendenti dei Templari del 1307 che tramandavano i loro segreti da padre in figlio fino ad oggi. Sembra che il Prelato Gernot parlò loro dell’avvento di una nuova era, del cambiamento dall’Era dei Pesci all’Era dell’Acquario. 

La Lotta contro il male

La parte principale della discussione affrontò inoltre il tema di una sezione del Nuovo Testamento, Matteo 21:43, dove Gesù si rivolge agli Ebrei:

“Così io vi dico che il regno di Dio vi sarà negato e sarà dato a un popolo che produrrà il suo frutto”.

Il testo originale completo custodito negli archivi della “Societas Templi Marcioni” lo affermava anche più chiaramente. Ma il punto era che in quel testo Gesù effettivamente nomina il “popolo”; egli si rivolge ai Teutonici che servivano la legione Romana ed afferma che il popolo ad essere stato scelto era il loro. Questo era ciò che Sebottendorf ed i suoi amici volevano sapere con certezza: i Teutonici, ovvero il popolo Germanico era investito della missione di formare il reame di luce sulla Terra, nella “Terra della Montagna di Mezzanotte” (La Germania). Il luogo dove il raggio avrebbe incontrato la Terra fu stabilito nell’Untersberg vicino a Salisburgo.

Alla fine del Settembre 1917 Sebottendorf incontrò all’Untersberg alcuni membri dei “Signori della Pietra Nera” per ricevere il potere della “Pietra Nera-Porpora”. I “Signori della Pietra Nera” che si costituirono dalla società Templare Marcionita nel 1221 e furono condotti da Hubertus Koch, avevano stabilito come proprio fine la lotta contro il male e la costruzione del reame di luce di Cristo. Questo potere oscuro che essi combattevano si era rivelato nel così detto Antico Testamento attraverso Mosè ed altri strumenti di Dio, partendo dalla parola YHWH : JAHVEH. Jehovah ad Abramo: “ Io sono il Dio Onnipotente!”, in Ebraico: “Ani ha El Shaddai”, tradotto: Io sono El Shaddai, “l’Arcangelo caduto (Shaddai El) – Shaitan o Satana”.

Sebottendorf riconobbe chiaramente Shaddai, il Dio dell’Antico Testamento come il distruttore, l’antagonista di Dio. I suoi seguaci quindi cercavano di distruggere la Terra, la Natura e l’Umanità; i suoi seguaci erano quindi i credenti nella Legge Mosaica, gli Ebrei.

Esoteristi e "politici"

Ancora oggi molte persone si chiedono perche Hitler si scagliò contro gli Ebrei. Negli occhi della Thule Gesellschaft, da cui più tardi emerse il DAP (Partito Germanico dei Lavoratori), il NSDAP (Partito Germanico dei Lavoratori Nazional-Socialisti) e le SS (Schutzstaffel), il popolo Ebreo che era stato incaricato dal dio del Vecchio Testamento Jahveh di “far insorgere la distruzione sulla Terra”, era la causa di tutta la guerra e la discordia che affliggeva il mondo.

I membri della Società Thule conoscevano i sistemi bancari Ebraici, la famiglia Rothschild ed i loro alleati, i “Protocolli degli Anziani di Sion” avevano già seminato profonda inquietudine in Europa ed essi sentivano come loro compito quello di combattere il popolo Ebraico, ma specialmente i loro sistemi bancari e le loro logge.

Alcuni dei più importanti insegnamenti che influenzavano la Thule Gesellschaft era la costruzione della religione Ario-Germanica (Wihinei) del filosofo Guido von List, la Cosmologia Glaciale di Hans Horbiger e la propensione verso il Cristianesimo primitivo ed anti-Antico Testamento dei Marcioniti. Credevano in un Prossimo Salvatore, il “Terzo Sargon” che avrebbe portato alla Germania la gloria e una nuova cultura Ariana.

Meravigliosa Iperborea

Alcuni autori pongono enfasi su un’altra particolare idea che animava la Thule Gesellschaft. 

"ULTIMA THULE" viene descritta come la capitale del primo continente popolato dagli Ariani. Tale continente fu chiamato IPERBOREA, più antico di Lemuria e di Atlantide (continenti con culture avanzate finchè furono sommerse). 

Gli Scandinavi tramandano un racconto su “Ultima Thule”, la meravigliosa terra nell’estremo Nord, dove il sole mai tramonta e dove abitano gli antenati della razza Ariana. Iperborea si trovava nel Mare del Nord e si immerse durante un’era glaciale. Si presume che gli Iperborei vennero dal sistema solare di Aldebaran che è la stella principale della costellazione del Toro, e che tale popolazione avesse una statura di circa quattro metri, che fossero bianchi, biondi e con occhi azzurri. Essi non conoscevano guerre ed erano vegetariani. Secondo presunti testi di Thule essi furono tecnologicamente molto avanzati e volavano sulle apparecchiature Vril, macchine volanti che oggi chiamiamo UFO.

Questi dischi volanti erano in grado di levitare, di raggiungere velocità estreme e di compiere manovre che si vedono compiere oggi agli UFO, prestazioni ottenute per mezzo di due campi magnetici contrari e rotanti. Essi usavano il cosi detto potere Vril come energia potenziale o carburante (Vril = etere, Od, Prana, Chi, Ki, forza cosmica, Orgone, ma anche dall’accademico "vri-IL" ovvero “simile alla più alta divinità - simile a dio) e prendevano energia dal campo magnetico della Terra.

Quando Iperborea cominciò a sprofondare, si dice che gli Iperborei abbiano scavato con enormi macchine giganteschi tunnels nella crosta terrestre e si siano rifugiati all’interno, insediandosi sotto la regione Himalayana. Il loro reame sotterraneo era chiamato Agartha e la sua capitale Shamballah. I Persiani chiamano questa misteriosa terra “Ariana”, la terra di origine degli Ariani.

Dovremmo qui menzionare il fatto che Karl Haushofer dichiarava che Thule era effettivamente Atlantide e, contrariamente a tutti gli altri ricercatori del Tibet e dell’India, sosteneva che i sopravvissuti di Thule-Atlantide si separarono in due gruppi, uno di buoni e un altro di cattivi. 

Quelli che chiamavano gli Agarthi, erano i buoni e si insediarono nella regione Himalayana, i cattivi erano i Shamballah, che volevano soggiogare l’umanità ed andarono ad Occidente.

Agartha e Shamballah

Haushofer sosteneva che la lotta tra il popolo di Agartha e quello di Shamballah era continuata per migliaia di anni e che nel Terzo Reich, la Thule Gesellschaft come rappresentante di Agartha, continuava questa lotta contro i rappresentanti di Shamballah, i Massoni ed i Sionisti. 

Il capo di questa regione sotterranea veniva chiamato Ridgen Jyepo, il re del mondo, con il suo rappresentante sulla superficie della Terra, il Dalai Lama. Haushofer era convinto che la terra sotto l’Himalaya era la terra di origine della razza Ariana, ed affermava di averlo confermato nei suoi viaggi in India e in Tibet.

Il simbolo di Thule era la swastika antioraria. Lama Tibetani e lo stesso Dalai Lama in persona testimoniavano che il popolo di Agartha era ancora vivo ed esistente. La civiltà sotterranea ancorata in quasi tutte le tradizioni Orientali si sarebbe diffusa nei millenni sotto tutta la superficie della Terra con enormi centri sotto il deserto del Sahara, il Mato Grosso e le montagne di Santa Catarina in Brasile, lo Yucatan in Messico, il Monte Shasta in California, l’Inghilterra, l’Egitto e la Cecoslovacchia.

La Terra Cava

Sembra che proprio Hitler desiderasse in modo speciale scoprire le entrate al mondo sotterraneo di Agartha ed entrare in contatto con i discendenti degli Ariani, il popolo di Dio proveniente da Aldebaran-Iperborea. 

Nei miti e nelle tradizioni del mondo sotterraneo si dice spesso che la superficie del mondo deve ancora soffrire una terribile guerra mondiale che sarebbe terminata con terremoti, ed altri disastri naturali, con lo spostamenti dei poli e la morte di più di due terzi dell’umanità. 

Dopo questa “ultima guerra” le diverse razze della Terra Interna si sarebbero riunite con i sopravvissuti sulla superficie ed il millennio dell’Età dell’Oro, l’Età dell’Acquario, sarebbe sorta. 

Hitler voleva costruire un’Agartha “esterna” con gli Ariani come razza madre, e la Germania avrebbe dovuto essere la sua patria. Durante l’esistenza del Terzo Reich due grandi spedizioni furono inviate dalle SS in Himalaya per trovare quegli ingressi. Ulteriori spedizioni li cercarono sulle Ande, nelle montagne del Mato Grosso nel Nord e le montagne di Santa Catarina nel Sud del Brasile, in Cecoslovacchia e in alcune zone dell’Inghilterra.

Alcuni autori affermano che i membri di Thule credessero che, del tutto indipendentemente dai tunnels e dal sistema di città sotterranee, la Terra fosse Cava, con due grandi aperture ai poli. A rafforzare questa tesi venivano portate le leggi della Natura, il “Come sopra così Sotto”. Dato che le cellule del sangue, del corpo e dell’uovo, le comete e gli atomi, tutti hanno un nucleo ed uno spazio cavo che le circonda e che è, a sua volta, rinchiuso da un involucro, e dato che la vita effettiva ha luogo nel suo centro, si può presumere che la Terra sia costituita con gli stessi principi. 

Perciò la Terra doveva anche essere cava, apparentemente in accordo con la visione dei Lama Tibetani e dello stesso Dalai Lama, ed aveva un nucleo, il sole centrale (anche chiamato “Schwarze Sonne, il Sole Nero) che dava all’interno un clima sempre temperato ed una luce solare permanente, corrispondente nel microcosmo al sole centrale della galassia nel macrocosmo.

Sostenevano che la vita effettiva del nostro pianeta ha luogo nell’interno, che le razze madri vivono all’interno ed i mutanti sulla superficie. Secondo questo principio il motivo per cui non si trovano abitanti all’esterno degli altri pianeti del nostro sistema solare sarebbe spiegato dall’esistenza della vita e di civiltà all’interno di essi.

Come detto le entrate principali dovrebbero essere ai poli Nord e Sud, aperture attraverso le quali risplende il sole centrale producendo le aurore boreali. 

Nell’interno la massa terrestre dovrebbe essere superiore alla massa d’acqua. Gli esploratori polari Olaf Jansen ed altri dissero che l’acqua nell’interno è dolce, cosa che potrebbe spiegare perché il ghiaccio dell’Artico e dell’Antartico è composto di acqua dolce e non di acqua salata. 

E’ interessante notare che questa visione della costituzione del mondo è condivisa e supportata dagli esploratori polari Cook, Peary, Amundsen, Nansen e Kane e, ultimo ma non ultimo, l’Ammiraglio E.Byrd. Tutti ebbero la stesse, strane esperienze che contraddicevano la teoria scientifica.

Tutti hanno confermato che dopo i 76 gradi di latitudine i venti diventano più caldi, che gli uccelli volano a nord oltre il ghiaccio, che anche gli animali come le volpi si muovono verso nord, che trovarono neve colorata e grigia che quando disciolta depositava pollini colorati o cenere vulcanica. La domanda che sorge è: da dove vengono pollini di fiori o cenere vulcanica vicino al Polo Nord, dato che nessun prato fiorito ne un singolo vulcano sono segnati su qualsiasi accessibile mappa?

Inoltre alcuni degli esploratori si ritrovarono in acqua dolce, e tutti dicono che ad un certo punto del loro viaggio videro due soli. Furono trovati negli iceberg dei mammuth la cui carne era ancora fresca e il cui stomaco conteneva erba verde.

Finora la teoria della “Terra Cava”, per il pubblico, è rimasta solo una teoria, sebbene alcuni autori ed esploratori dichiarino di aver visitato misteriosi territori interni e, come l’Ammiraglio E.Byrd, di aver scattato numerose fotografie. Non può essere negato che tutti gli esploratori Artici hanno avuto esperienze straordinarie che finora non possono essere spiegate, e che mettono in evidenza che qualcosa di strano sia effettivamente accaduto. 

Ma la teoria che la Terra ha un cuore fuso e incandescente è ugualmente rimasta solo una teoria. Rimane il fatto che i tunnel sotterranei costruiti dall’uomo e i sistemi di caverne esistono, possono essere trovati in quasi ogni paese del mondo ed elementi come la sorgente di luce naturale che illumina i tunnels (un chiarore verdastro che diventa più brillante più ci si addentra nei tunnels), le pareti intagliate artificialmente sono testimonianze di una cultura tecnologicamente avanzata esistita milioni di anni fa. 

Venuti dal Cielo

A riprova che la storia degli Ariani Iperborei non fu interamente inventata potremmo menzionare due esempi. Quando gli Spagnoli di Pizarro giunsero in Sud America nel 1532, i nativi li chiamarono i “viracochas” (signori bianchi). Secondo le loro leggende ci fu una razza madre di persone bianche molto alte che, secoli prima, erano discesi in “dischi volanti” dal paradiso. Essi governarono a lungo in alcune delle città e quando scomparvero promisero che sarebbero tornati. Quando gli Spagnoli chiari di pelle arrivarono, i nativi pensarono che fossero loro i viracochas che ritornavano e, almeno all’inizio, diedero loro spontaneamente il proprio oro.

Una cosa simile accadde quando i primi viaggiatori bianchi arrivarono in Tibet ed altre regioni Himalayane. Essi furono esaminati con sbigottimento dai Tibetani e fu chiesto loro perché mai giungessero da sotto (dalle valli) piuttosto che da sopra come essi abitualmente facevano.

Nonostante molti Tedeschi non abbiano mai sentito nulla riguardo tutto ciò, l’ideologia Nazista Tedesca fu basata sul tema di El Shaddai e la risultante persecuzione degli Ebrei, la Rivelazione di Isaia, la conoscenza dei Templari e possibilmente sui molti miti e racconti della Terra Cava e di Agartha appena citati. Tutte le loro azioni, anche le più spaventose e folli, inclusa la Seconda Guerra Mondiale ed il genocidio di milioni di persone, furono basati su questo.

Il Popolo degli Aditi

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Il grande deserto del Rub al-Khali, il Quarto vuoto, uno dei più terribili deserti del mondo. A un giorno di fuoristrada si giunge alla città morta di Barrakesh, una rocca alta una trentina di metri sul piatto assoluto del deserto circostante. Era la capitale religiosa del regno di Main. Da Barrakesh, attraverso il bacino di Wuadi al Jawf, arriviamo a Marib, nel regno della regina di Saba.

Qui a Marib le leggende si sprecano e l'ambiente che la circonda, le giustificano.

I resti di un antichissimo ed enigmatico palazzo, di cui rimangono otto colonne sporgenti dalla sabbia, è attribuito alla regina di Saba, Bilqis, da sempre celebrata per la proverbiale bellezza che sedusse il re Salomone avendo poi da quel rapporto un figlio che divenne il primo re di Etiopia.


Di questo storico incontro ne parlano i testi ebraici, cristiani ed islamici. Poco distante, chiude un secco wadi, la diga di Marib costruita nell'VIII secolo a.c. e che probabilmente cadde in disuso solo nel VI secolo d.c. causando la fine della civiltà sabea.

Vagabondando nei dintorni incontriamo i resti più vari, da una muraglia ellittica lunga 300 metri, alta 10 e larga 4, a pezzi di pilastri, a lastre coperte di iscrizioni nel tipico alfabeto dei sabei.

Tutto fa pensare che qui ci sarebbe da scavare ancora una ricchezza archeologica immensa, ma la situazione politica della regione rende il progetto inattuabile, per la continua guerriglia in atto ormai da più di trent'anni. 

Noi proveremo a scavare tra le dune di questo deserto per estrarre una verità sconcertante.

Cinquecento chilometri ad est, in pieno deserto del Rub al-Khali, si apre una profonda voragine costituita dal wadi di Hadramawt; dal color ocra si passa al verde intenso degli orti e dei palmeti, dalla solitudine assoluta alla vita festosa di caratteristici paesini costruiti con mattoni di fango crudo, dipinti di calce bianca.

Questo luogo ricco di acqua e riparato dai forti venti che periodicamente spazzano il deserto, ha visto nascere in tempi antichissimi una favolosa civiltà stanziale. Si racconta che i primi abitanti, gli Aditi, fossero una razza di giganti che non aveva rivali in fatto di ricchezza.

Invece di essere grati a Dio per la loro fortuna, vivevano in dissolutezza e adoravano dei profani come viene descritto nella sura coranica dedicata al profeta Hud. La punizione divina arrivò con tempeste di sabbia che spazzarono via tutto e formiche grandi come cani che fecero a pezzi i giganti.

Una storia già sentita molte volte nel corso delle nostre ricerche, culturalmente declinata a seconda del popolo che ne ha elaborato facendo proprio il mito.

Nel Corano, Hūd è il profeta della tribù degli ʿĀd, nipote di Noè (Nuh in Arabo). La loro città sarebbe stata Iram, una misteriosa città scomparsa nell’antichità che il romanziere dell’occulto H.P.Lovecraft descrive così:

“… una città antichissima, abbandonata, "remota nel deserto d'Arabia", "le basse mura quasi sepolte dalle sabbie di età infinite", senza nome perché "nessuna leggenda è così antica da risalire fino ad essa per darle un nome, o per ricordare che fu mai viva un giorno… Era già vecchia quando Babele l'antica sorgeva; e non si sa quanto a lungo ha dormito nel cuore del colle ove i nostri picconi insistenti frugando le zolle, i suoi blocchi di pietra portarono a luce primeva. V'erano grandi locali e ciclopiche mura e lastre spaccate e statue scolpite di esseri ignoti vissuti in ere perdute, di molto più antichi del mondo ove l'uomo dimora...” 

e la cui storia, nell’immaginifico universo lovecraftiano, si intreccia con quella dell’autore del Necronomicon Abdul Al-Alhazred il quale non segue la religione islamica, ma adora strani dèi dai nomi inquietanti, come Yog e Cthulhu.

Demonologo e poeta pazzo, Al-Alhazred nasce a Sanaa, in Yemen al tempo dei califfi omayyadi, all'incirca nell'VIII secolo della nostra era. Egli esplora le rovine di Babilonia e i cunicoli nascosti di Menfi. Vive per dieci anni isolato nel deserto di Rub' al-Khali circondato da spiriti malvagi (jinn). Durante queste peregrinazioni Alhazred afferma d'aver visitato Irem (Iram dhāt al-ʿImād, la città "dalle Mille Colonne") e di aver scoperto fra le rovine di un villaggio innominabile le prove dell'esistenza di una razza pre-umana, di cui apprende i segreti e le cronache.

Conosciuta anche come “Iram delle Colonne”, Aran o Ubar, si trovava nella Penisola Arabica ed era una città mercantile edificata nel deserto del Rub’ al Khali, il più grande deserto di sabbia del mondo.


La tradizione narra che la città sopravvisse dal 3000 a.C. fino al I secolo d.C., arricchendosi anno dopo anno grazie a un florido commercio; successivamente se ne persero completamente le tracce, forse perché, come ricorda il Corano, subì la stessa punizione della tribù dei Banu ‘Ad, una stirpe araba vissuta durante il periodo pre islamico che osò sfidare Allah innalzando alti edifici in pietra e che per questo venne punita prima con un tremenda siccità, poi da una violenta pioggia seguita da un fortissimo vento che distrusse tutti i loro edifici.

Le rovine della Città delle Mille Colonne si troverebbero ancora sotto le sabbie del deserto, dimenticate anche dal tempo. Questa storia rimase una delle tante tradizioni orali raccontate intorno al fuoco, almeno fino a quando non giunse in Occidente in seguito alla traduzione del famoso “Le mille e una notte”.

Durante il II secolo d.C., Claudio Tolomeo, astronomo e geografo greco, disegnò la mappa di una misteriosa regione che, a suo dire, era abitata da un altrettanto enigmatico popolo, gli Ubariti, ovvero gli antichi abitanti di Ubar. In tempi più recenti il tenente colonnello Thomas Edward Lawrence, meglio conosciuto ai più come Lawrence d’Arabia, mostrò spesso un notevole interesse per questa città, che lui stesso definiva come l’Atlantide delle Sabbie.

Forse spinto anche da questo interessamento, un gruppo di ricercatori si affidò nel 1980 ai satelliti della NASA nel tentativo di ritrovare la Città delle Mille Colonne; una possibile collocazione venne individuata nella provincia di Dhofar, in Oman. La spedizione includeva   anche l'avventuriero Ranulph Fiennes, l'archeologo Juris Zarins, il regista Nicholas Clapp e l'avvocato George Hedges ed è descritta nel libro “Ubar, l’Atlantide nel Deserto” di Nicholas Clapp.

L’esplorazione si concentrò su un antico pozzo chiamato Ash Shisa, nelle immediate vicinanze, infatti, venne alla luce un sito costruito molto più anticamente; nessuna prova di una certa importanza venne comunque rinvenuta. A questo tentativo seguirono altre quattro campagne di scavo, ma anche in questo caso l’ubicazione di Iram delle Colonne rimase avvolta nel mistero. Ma torniamo al profeta Hūd e alla sua storia.

Hud è da alcuni storici delle religioni individuato nel Patriarca biblico Heber, discendente di Sem. è anche il titolo della Sura XI del Corano. In quanto nipote di Noè Hud è sicuramente antecedente ad Abramo.

Nella Sura a lui dedicata, Allāh promette tremendi castighi a chi mette in dubbio la Sua parola e a quanti reclamano prove circa la verità di quanto da Lui rivelato nel Corano. Il testo sacro islamico afferma che Mūsā, Nūḥ (Noé), Hūd, Ṣāliḥ Ibrāhīm, Lūṭ, Shuʿayb e lo stesso Maometto sono stati rifiutati dalle genti cui essi erano stati inviati per le ragioni più diverse, ma che Dio punirà tutte queste genti ribelli, sterminandole, se esse non si pentiranno, anche per impartire un esemplare ammonimento per le comunità che, sciaguratamente per loro, volessero imitarle.

Gli ʿĀd rifiutarono di sottomettersi alle ingiunzioni di Hūd. Furono perciò sottoposti a una dura siccità. Qāʾil, il loro capo, si decise allora a celebrare un sacrificio a Dio per il ritorno della pioggia, ma era ormai troppo tardi, visto che Dio aveva deciso di punire gli ʿĀd per la loro incredulità. Qāʾil, che era non credente, condusse le vittime sulla cima di una montagna per sacrificarle egli stesso.

« Girando allora il suo volto verso il cielo, disse: “O Dio del cielo, io ti chiedo la pioggia per il mio popolo: sii il nostro protettore”. Nello stesso istante apparvero tre nuvole; la prima era rossa, la seconda nera e la terza bianca. Da queste nuvole uscì una voce che diceva: “Quale vuoi che si diriga verso il tuo popolo?” Qāʾil si disse tra sé e sé: “Se questa nuvola rossa si dirigesse verso il mio popolo, non ne scaturirebbe pioggia, del pari la nuvola bianca, restasse anche tutto un giorno, non ne uscirebbe pioggia. è la nuvola nera che assicura la pioggia”. Allora Qāʾil disse ad alta voce: “Chiedo che questa nuvola nera vada verso il mio popolo” » - Ṭabarī, Dalla creazione a David in op. cit., 116. Storia del profeta Hūd.

La nuvola si fermò sopra la testa degli Aditi, e il vento sterile che essa conteneva ne uscì, come è detto nel passaggio del Corano citato da Ṭabarī:

« E anche fra gli ʿĀd fu un Segno, allorché mandammo contro di loro il vento devastatore » - Corano, LI:41

Questi Aditi erano probabilmente gli abitanti di Atlantide o Ad–lantis. "Sono impersonati da un monarca a cui tutto viene attribuito, e che si dice sia vissuto per diversi secoli". (Lenormant e Chevallier, "Ancient History of the East", vol. II, p. 295). 

Ad proveniva dal nord–est. "Sposò un migliaio di mogli, ebbe quattromila figli e visse milleduecento anni. I suoi discendenti si moltiplicarono notevolmente. Dopo la sua morte i suoi figli Shadid e Shedad regnarono in successione sugli Aditi. Al tempo di quest’ultimo, il popolo di Ad era composto da un migliaio di tribù, ognuna composta di diverse migliaia di uomini. Grandi conquiste sono attribuite a Shedad, e si dice che gli fossero sottomessi, tutta l’Arabia e l’Iraq. La migrazione dei Cananei, il loro insediamento in Siria, e l’invasione dei Pastori in Egitto sono attribuiti, secondo molti scrittori arabi, a una spedizione di Shedad". (Ibid., p. 296). 

Shedad costruì un palazzo ornato di colonne superbe, e circondato da un magnifico giardino. Si chiamava Irem. "Era un paradiso che Shedad aveva costruito a imitazione del paradiso celeste, delle cui delizie che aveva sentito parlare". ("Ancient History of the East", p. 296). 

In altre parole, un’antica, potente razza conquistatrice, che praticava il culto del sole, invase l’Arabia agli albori della storia, erano i figli di Adlantide: il loro re cercò di creare un palazzo e un giardino dell’Eden come quelli di Atlantide. 

Gli Aditi sono ricordati dagli Arabi come una razza grande e civile. "Essi sono rappresentati come uomini di statura gigantesca, la loro forza era pari alle loro dimensioni, e spostavano facilmente enormi blocchi di pietra". (Ibid.) Erano architetti e costruttori. "Innalzarono molti monumenti al loro potere, e quindi, fra gli arabi, nacque l’usanza di chiamare le grandi rovine "costruzioni degli Aditi". Ancora oggi gli arabi dicono "vecchio come Ad". Nel Corano si fa allusione agli edifici costruiti su "alti luoghi per usi vani", espressioni che dimostrano che si ritiene che la loro "idolatria fosse stata contaminata con il Sabeismo o culto delle stelle". (Ibid.) 

"In queste leggende," dice Lenormant, "troviamo tracce di una nazione ricca, che erigeva grandi costruzioni, con una civiltà avanzata, analoga a quella della Caldea, che professava una religione simile a quella babilonese, una nazione, in breve, nella quale il progresso materiale si congiungeva ad una grande depravazione morale e a riti osceni. Questi fatti devono essere veri e strettamente storici, perché si ritrovano dappertutto tra gli Etiopi, come tra i Cananei, i loro fratelli per l’origine comune".

In tutte queste cose vediamo rassomiglianze con gli Atlantidei. 

Il grande Impero Etiope o Cuscita, che nei primi secoli prevalse, come dice Rawlinson, "dal Caucaso all’Oceano Indiano, dalle sponde del Mediterraneo sino alla foce del Gange", era l’impero di Dioniso, l’impero di "Ad", una nuova nazione atlantidea da aggiungere sulla nostra mappa dell’età dell’oro.

El Edrisi chiama la lingua parlata ancora oggi da parte degli arabi di Mahrah, in Arabia Orientale, "la lingua del popolo di Ad," e il Dr. J.H. Carter, nel Bombay Journal di luglio 1847, dice: "E’ il linguaggio più morbido e dolce che abbia mai sentito". Sarebbe interessante confrontare questa lingua primitiva con le lingue del Centro America. 

Il dio Thoth degli Egiziani, che proveniva da un paese straniero e che inventò le lettere, era chiamato At–hothes. 

In sanscrito Adim significa in primo luogo. Tra gli indù il primo uomo si chiamava Ad–ima, la moglie era Heva. Essi si stabilirono su un’isola, che si dice essere Ceylon; lasciarono l’isola e raggiunsero la terra ferma, quando, a causa d’un sommovimento terrestre di grande importanza, la loro comunicazione con la terra madre fu tagliata per sempre. 

Ritroviamo così i figli di Ad alla base di tutte le razze più antiche di uomini, cioè gli Ebrei, gli Arabi, i Caldei, gli Indù, i Persiani, gli Egizi, gli Etiopi, i Messicani e i Centroamericani; testimonianza che tutte queste razze facessero riferimento per le loro origini ad un vago ricordo di Ad–lantis. 

E forse fu proprio a questi, prima che agli ebrei, che Yahweh/Allah volse la sua attenzione in luogo della scelta del suo popolo prediletto per i suoi piani di conquista secoli prima della chiamata di Abramo. 

Dalla Bibbia sappiamo a un certo punto che “…Abramo uscì dalla città di UR dei Caldei…” (Keltoi?) per raggiungere la terra promessa, la terra di Canaan, su indicazione diretta di Dio/Yahweh/Enlil. Possiamo collocare temporalmente nel XVIII sec. a.C. la partenza della tribù di Abramo verso Canaan, ovvero 3800 anni fa, esattamante alla fine dell’azione Kurgan nel continente europeo.

Questo avvenne perché dopo il Diluvio nazioni e popoli superstiti dell’antica età dell’oro atlantidea salvatisi grazie all’intercessione di Enki vennero spartiti tra gli Elohim per promuovere la cosiddetta Rinascita Enkilita ovvero il sogno del fratello “buono” di ricostituire l’età dell’oro antidiluviana ricominciando con una umanità riformattata. 

Ma Yahweh, probabilmente imparentato con Enlil come si evince dalle ricerche dei De Angelis schematizzate nella seguente tabella venne escluso da questa spartizione.

Per visualizzare a risoluzione maggiore:

A un Elohim fu assegnato l’Egitto, a un altro la valle dell’indo, a un terzo la zona europea dove sorsero le prime società gilaniche, ad altri le nazioni mesopotamiche e ad altri ancora le regioni del continente nord e sudamericano e così via. A Yahweh non fu assegnato nulla… se lo prese da solo.

Ma al contrario di quanto abbiamo sempre pensato non fu la stirpe di Abramo dei Caldei di Ur la sua prima scelta. La Sura XI del Corano illustra un’altra storia, la storia di Hud, precedente ad Abramo, in visita presso i superstiti del potente popolo “gigante” degli Aditi i quali rifiutarono l’offerta di Yahweh.

Un offerta, quella di Yahweh, che non poteva essere rifiutata e che costò loro la vita. 

Il popolo degli Aditi venne così cancellato, facendo entrare nel mito la città di Iram delle mille colonne, Ubar e l’intera storia del popolo Adita dalle cui ceneri sorse nei successivi secoli il potente regno della Regina di Saba, alleata questa volta del Regno di Israele, il popolo prescelto da Yahweh… come seconda scelta!


Fonti:

Le Sfere del Serpente

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Centinaia di sfere misteriose si trovano sotto il Tempio del Serpente Piumato, antica piramide a sei livelli a 50 km da Città del Messico. 

Le sfere enigmatiche sono state trovate durante uno scavo archeologico utilizzando un robot dotato di fotocamera in uno degli edifici più importanti della città pre-ispanica di Teotihuacan.

"Sembrano sfere gialle, ma noi non ne conosciamo il significato. Si tratta di una scoperta senza precedenti", ha detto Jorge Zavala, un archeologo dell'Istituto Nazionale di Storia e Antropologia del Messico.

Il robot.

Le rovine mesoamericane di Teotihuacan, patrimonio dell'umanità, rappresentano uno dei più grandi centri urbani del mondo antico. Fondata intorno al 100 a.C., la città ricca di piramidi aveva più di 100.000 abitanti al suo apice, ma fu abbandonata per ragioni misteriose intorno al 700 d.C. - molto prima che gli Aztechi arrivassero nel 1300.

Lo scavo presso il tempio si è focalizzato su un tunnel lungo un centinaio di metri, che corre sotto la struttura. Il condotto è stato scoperto nel 2003, quando la pioggia ha aperto un buco a pochi metri dalla piramide.

L’esplorazione del tunnel, che è stato volutamente riempito di detriti e rovine dal popolo di Teotihuacan, ha richiesto diversi anni di lavoro preliminare e di pianificazione.

"Infine, un paio di mesi fa abbiamo trovato due camere laterali a 72 e 74 metri dall'ingresso. Le abbiamo chiamate Camera Nord e Camera del Sud," ha detto a Discovery News l’archeologo Sergio Gómez Chávez, direttore del Progetto Tlalocan.

Gli archeologi hanno esplorato il tunnel con un robot telecomandato chiamato Tlaloc II-TC, che dispone di una telecamera a infrarossi e di uno scanner laser che genera la visualizzazione in 3D degli spazi sotto il tempio.

"Il robot è stato in grado di entrare nella parte del tunnel che non è stata ancora scavato e ha trovato tre camere tra 100 e 110 metri dall'ingresso," ha detto Gómez Chávez.

Le misteriose sfere giacevano nelle camere, sia a nord sia a sud. Di raggio variabile tra 4 e 13 cm, gli oggetti hanno un nucleo di argilla e sono rivestiti con un materiale giallo chiamato jarosite.

Le Stanze del Serpente

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Un piccolo robot ha fatto una grande scoperta archeologica nelle profondità sotto il famoso Tempio di Quetzalcoatl di Teotihuacan, nei pressi della Piramide del Sole. Gli esperti si aspettavano di trovare solo una antica camera alla fine di un tunnel inesplorato di 2.000 anni fa. Invece, il veicolo telecomandato ha fotografato tre misteriose caverne.

(Reuters)
(Reuters)

(Reuters)
(Reuters)

Il rilevamento effettuato nel 2010 (INAH)
Il rilevamento effettuato nel 2010 (INAH)

Il robot, chiamato Tlaloc II-TC come il dio azteco della pioggia, è arrivato nelle profondità della piramide per controllare la sicurezza dell’ingresso.

Dotato di un braccio meccanico per rimuovere gli ostacoli, ha passato mesi ad esplorare i tunnel sotto il “Tempio del Serpente Piumato”.

La prima immagine trasmessa (INAH)
La prima immagine trasmessa (INAH)

L'archeologo Sergio Gomez (Reuters)
L’archeologo Sergio Gomez (Reuters)

Questa scoperta potrebbe essere molto importante. La struttura sociale di Teotihuacan rimane ancora oggi un mistero: pur essendo una città molto influente con oltre 100.000 abitanti, si sa poco dei suoi governanti. A differenza di molte altre città preispaniche, qui non sono mai state trovate tombe di re o raffigurazioni di governanti.

Gli scavi iniziati nel 2009 per raggiungere l’inizio del tunnel suggeriscono che fosse la tomba di un sovrano, disse l’archeologo Sergio Gomez nel 2010.

Prima di essere chiuso, nel tunnel furono gettate ricche offerte, tra cui quasi 50.000 oggetti di giada, pietra, conchiglie e ceramiche, inclusi alcuni bicchieri di un genere mai trovato prima nel sito.

“Penso che il tunnel fosse l’elemento centrale attorno a cui venne costruito il resto del centro cerimoniale”, ha detto Gomez. “Questo era il luogo più sacro. C’è un’alta possibilità che in questo luogo, nella camera centrale, possiamo trovare i resti di coloro governarono Teotihuacan”.

Il nome di Teotihuacan fu dato alla città dagli Aztechi solo secoli dopo la sua caduta, e viene tradotto come “il luogo dove vengono creati gli dei”.

La Piramide del Sole (Corbis)
La Piramide del Sole (Corbis)

Il tempio di Quetzalcoatl (Reuters)
Il tempio di Quetzalcoatl (Reuters)

L’esistenza del tunnel venne scoperta nel 2003 dopo una forte pioggia, ma gli scavi sono cominciati solo nel 2009. Il prossimo passo sarà rimuovere i detriti che bloccano gli ultimi 30 metri dei 120 del lungo tunnel. Gli archeologi credono che l’ostruzione nasconda delle scale che portano ancora più in profondità.

Genio Incompreso

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La conoscenza di un’avanzata civiltà di 5000 anni fa ed il genio di uno scienziato di frontiera del XIX secolo avrebbero fornito all’umanità le chiavi per comprendere la natura dell’ Universo e l’impiego di una nuova forma energetica. Perché simili scoperte restano ancora oscure e ignorate dalla scienza?

Le intuizioni dello scienziato Nikola Tesla erano decisamente avanzate rispetto al tempo in cui visse. Le sue invenzioni ed i suoi studi non furono sempre incompresi (o ignorati) perché troppo al di là della media conoscenza delle leggi e dei fenomeni fisici. A distanza di anni, si vedono i risultati del suo lavoro.

Chi studia Tesla, ammette che riuscì a comprendere nozioni che attualmente si iniziano solo ad intuire.

Ciò che lui realizzò era il frutto di studi avanzati, tant’è che fu appena compreso dai suoi collaboratori. Forse, per le sue ricerche tanto rivoluzionarie da richiedere un approccio diverso alla fisica, ebbe la necessità di assimilare dalle discipline orientali un nuovo modo di spiegare e comprendere la realtà della natura. Tesla, certamente per questa motivazione, incluse l’antica terminologia sanscrita nelle sue descrizioni dei fenomeni naturali. Fin dal 1891 delineò l’ Universo come un sistema cinetico riempito di energia imbrigliabile in ogni luogo.

I suoi concetti durante gli anni successivi furono enormemente influenzati dagli insegnamenti di Swami Vivekananda, il primo di una serie di Yogi orientali che portarono la filosofia e la religione Vedica in Occidente. Dopo l’incontro con Swami e dopo aver continuato lo studio della visione orientale dei meccanismi che guidano il mondo materiale, Tesla iniziò ad usare le parole sanscrite Akasha e Prana, ed il concetto di etere luminifero (portatore di luce) per descrivere la fonte, esistenza e costituzione della materia. Concetto questo largamente impiegato in passato per spiegare molti fenomeni naturali, ma non si riuscì mai a definire matematicamente l’etere, come tessuto infinito e comune che permea tutto nell’ Universo.

La scienza Vedica e Swami Vivekananda - Swami Vivekananda

Tali concetti propri dei moderni studi fisici sono affrontati nei Veda, una collezione di antichi scritti indiani composti da inni, preghiere, miti, cronache, dissertazioni sulla scienza, la natura ed il mondo reale, risalenti almeno a 5000 anni fa. La natura della materia, dell’antimateria e le concezioni sulla struttura atomica vengono descritte nei testi Vedici, con grande modernità di spiegazioni e dissertazioni. Generalmente tutti i timidi tentativi d’interpretazione della natura in testi di culture del passato peccavano di ingenuità concettuale, cosa assolutamente assente nei Veda, scritti in Sanscrito, la cui origine non è stata ancora capita totalmente.

Studi condotti da linguisti occidentali suggeriscono che tale idioma sia nato sull’Himalaya e nel sud dell’India da migrazioni della cultura Indo-Ariana. Paramahansa Yogananda ed altri storici, comunque, dissentono, ritenendo non ci siano sufficienti prove in India per sostenere tale tesi. Ci sono parole in Sanscrito che descrivono concetti totalmente sconosciuti agli occidentali e singoli vocaboli richiederebbero interi paragrafi per la traduzione in una lingua occidentale. Tesla, dunque, utilizzava i termini vedici per cercare una chiave esplicativa delle sue idee sull’elettromagnetismo e la natura dell’ Universo.

Ma dove apprese i concetti Vedici e la terminologia Sanscrita? Molti sostengono attraverso la sua collaborazione con Swami Vivekananda. Nato a Calcutta, in India nel 1863, Vivekananda fu ispirato dal suo maestro, Ramakrishna, a mostrare all’uomo ogni manifestazione visibile del Divino. Nel 1893 intraprese un viaggio in Occidente, atteso dal Parliament of Religions tenuto a Chicago.

Durante i tre anni nei quali girò gli Stati Uniti e l’Europa incontrò molti dei più conosciuti scienziati del tempo, inclusi Lord Kelvin e Tesla, il quale, specializzato nel campo dell’elettricità, rimase molto impressionato nell’ascoltare da Swami la sua spiegazione della cosmogonia Samkhya e la teoria dei cicli dati da Hindus. In particolare per la somiglianza fra la teoria di Samkhya sulla materia e l’energia e quella della moderna conoscenza scientifica. Fu ad un party in casa dell’attrice Sarah Bernhardt che avvenne il primo incontro fra Tesla e Vivekananda.

In effetti, in una lettera ad un suo amico, datata 13 Febbraio 1896, il maestro annotò quanto segue: “… Mr. Tesla è rimasto catturato sentendo parlare del Vedico Prana, Akasha e il Kalpas, ed in accordo con lui sono convinto che siano le uniche teorie che la scienza moderna potrebbe appoggiare… Mr. Tesla pensa poi di poter dimostrare matematicamente che la forza e la materia siano riducibili ad energia potenziale. La prossima settimana gli farò visita per vedere questa dimostrazione matematica”.

Vivekananda sperava che Tesla riuscisse a dimostrare che ciò che noi chiamiamo materia non è altro che energia potenziale, in quanto questo avrebbe riconciliato gli insegnamenti dei Veda con la scienza moderna. Swami arrivò alla conclusione che “in questo caso, la cosmologia Vedica sarebbe basata su sicuri fondamenti scientifici”.

Tesla, assimilando la terminologia e la filosofia sanscrita, scoprì che esse fornivano il miglior modo per descrivere i meccanismi fisici dell’ Universo, così come lui lo vedeva. Pur tuttavia, sembra aver fallito nel dimostrare l’identità matematica fra energia e materia. Se vi fosse riuscito, a Swami Vivekananda non sarebbe sfuggito. La prova matematica dei principi giunse solo dieci anni dopo, quando Albert Einstein pubblicò i suoi studi sulla Relatività. Ciò che in Oriente era conosciuto da almeno 5000 anni, venne reso noto anche in Occidente.

Una fonte d’energia innovativa

Sebbene Tesla non abbia mai accettato molti degli assunti della Relatività e delle teorie quantistiche, e non abbia potuto trovare la connessione fra materia ed energia, intravide la possibilità di conseguire un’ energia libera ed illimitata, come dimostra il seguente brano:

“Può l’Uomo controllare la più grande, la più temibile ispirazione dei processi della natura? … Se lo può fare, l’Uomo potrà avere accesso ad una potenza pressoché illimitata e soprannaturale… Potrebbe trovare il modo di far collidere e produrre i suoi soli e stelle, il calore e la luce. L’Uomo potrebbe creare e sviluppare la vita in ogni sua infinita forma… Tali poteri lo porrebbero al fianco del creatore, gli farebbero adempiere il suo ultimo destino”.

Kristo Papic - Il segreto di Nikola Tesla

Tesla ha posto quesiti, postulato congetture, cercato risposte. Se avesse sviluppato una sorgente di free energy, o avesse compreso come manipolare lo spazio-tempo e la gravità, avrebbe certamente ottenuto le risposte.

Oggi possiamo accertare che l’umanità non si è ancora impadronita della potenza infinita dell’ Universo, così come previsto da Nikola Tesla. La questione sembra essere ancora aperta, perché?

Sistemi e mezzi che impieghino le free energy, se fattibili, non dovrebbero essere al di là della tecnologia già in nostro possesso, e potrebbero rivoluzionare lo status quo socio-economico dell’intero pianeta, eliminando qualsiasi disuguaglianza fra tutte le nazioni. Un quarto della popolazione mondiale consuma annualmente i tre quarti delle risorse planetarie. Pertanto solo per quattro miliardi circa di persone (su sei) potrebbero esserci speranze di sostentamento sicuro e duraturo. Conflitti originati per la fame e la sopravvivenza sono presenti quasi in ogni luogo ed angolo del pianeta. Una fonte di energia realmente innovativa ed a costo zero potrebbe incrinare o persino modificare tale precaria situazione.

Le implicazioni socio-economiche

Il perché oggi non si sia arrivati ad usare sistemi che “sfruttino” le free energy può essere inquadrato in due modi: uno scientifico-accademico e l’altro economico. Il primo tirerebbe in ballo innumerevoli principi fisici (in testa quello di conservazione dell’ energia) che “matematicamente” escluderebbero la possibilità dell’esistenza di fonti di energia infinite e utilizzabili. Il secondo, vedrebbe entrare in campo un principio, forse non scritto, che vale nell’ Economia: un prodotto, o un servizio, è sfruttabile quando è monopolizzabile ed esauribile.

In altre parole, se esiste un prodotto, o un servizio, che non fa guadagnare nessuno non potrà mai essere messo a disposizione di qualsiasi utente. A monte di tutto: “Qualcuno deve guadagnare”. Le energie libere, quindi, per definizione non sarebbero commercializzabili: nessuno potrebbe vendere energia prodotta gratis o infinita poiché ognuno sarebbe indipendente e non avrebbe necessità di soggiacere alle leggi dell’ economia mondiale.

Se Tesla (o chi ne ha carpito e sfruttato le scoperte) avesse individuato il modo di generare infinita energia, per le motivazioni appena descritte, è normale che oggi non se ne sappia nulla e che ufficialmente non se ne parli. Lo stato attuale dell’ economia è fondato proprio sulla necessità di un monopolizzatore che guadagna e un utente finale che spenda. La banalità di questo concetto è tale che purtroppo tutti ne sono consapevoli e ne intuiscono le probabili conseguenze.

Le free energies annienterebbero i vari monopoli, non essendo più indispensabili lo sfruttamento delle fonti di energia naturali né il denaro utile al loro possesso da parte di pochi. Purtroppo per gli “scienziati ufficiali”, il concetto delle free energies, e il conseguente eventuale loro impiego, non è assolutamente in contrasto con alcuna legge fisica. Forse non a caso Tesla non accettava completamente le teorie di Einstein: la Relatività, non esclude la possibilità di energia infinita praticamente gratis, ma la rende inutilizzabile poiché incontrollabile (la nota equazione E=mc2 di fatto conduce a conclusioni del genere).

Tesla forse intuì, grazie allo studio delle concezioni scientifiche Vediche, che l’ energia libera è uno stato della materia, piuttosto che un risultato di una sua manipolazione. Compatibilmente con Einstein, comunque, era sicuro che la materia fosse energia. Qual è allora la differenza fra il modo di vedere la natura in Occidente e quello in Oriente?

I Vimaanika Shastra: tecnologia antica da interpretare correttamente

I Veda contengono tutte quelle concezioni e quel vasto corredo di termini scientifico-filosofici che Tesla studiò e con i quali descrisse la natura così come lui la vedeva, realizzando i progetti tecnologici che da ciò scaturirono. Inoltre contengono le cronache e le descrizioni di eventi storici avvenuti più di 5000 anni fa in India e personaggi e mezzi che vi presero parte. I velivoli descritti in battaglie e scontri epocali sono i Vimana, macchine volanti con una tecnologia avanzatissima per l’epoca storica a noi nota e rivoluzionaria per la nostra civiltà, in quanto messaggio cifrato di conoscenze tramandate da millenni.

La commistione percepibile nei testi Vedici fra filosofia e scienza, mondo spirituale e mondo fisico, con termini (fra i quali quelli acquisiti da Tesla) comuni all’uno o all’altro campo, fa intuire che vi fosse una mentalità all’epoca degli eventi descritti (non più considerabili, a questo punto, come mitici) completamente diversa e in sintonia con la Natura. Ne è esempio il concetto orientale dei Chakra (vortici di energia) sul corpo umano, portali energetici (amplificatori) fisici e psichici, del tutto simili alle descrizioni dei sistemi di propulsione adottati dai Vimana.

Vortici di materia ( mercurio) incendiati con il fuoco ( energia), che genererebbero una sorta di lenti amplificatrici di energia, in grado di far sostentare nell’aria questi ordigni, fanno intuire, come allora in India non vi fossero differenze fra mondo spirituale e fisico. Se guardiamo, invece, alla storia dell’Occidente, tale dicotomia è presente da sempre. Che Tesla avesse trovato nei termini Vedici totale correttezza descrittiva delle sue teorie, fa capire che avesse immaginato ciò che, oggi, predicano i fautori della free energy. Il mondo materiale e spirituale sottostanno ad uguali leggi che governano anche il microcosmo ed il macrocosmo.

Le free energies sono relegate a curiosità scientifica, o ad un’eresia, perché affermare che siano realizzabili, anche solo teoricamente, annullerebbe il monopolio della scienza ufficiale messo in atto dall’establishment scientifico-economico. Tutti sono apertamente in gara per la scoperta (o la creazione) della grande Teoria Unificatrice, il Sacro Graal, che darà potere a chi lo “agguanterà” per primo. Proprio Tesla, con i suoi studi e le sue invenzioni, alla base di molte conquiste tecnologiche moderne, ha concretizzato in parte la comprensione di acquisire ed utilizzare fonti energetiche inesauribili ed infinite, comprendendo la tanto agognata Teoria Unificatrice, forse riuscendo ad afferrarne il concetto proprio grazie alle concezioni filosofico-scientifiche orientali dei testi Vedici.

Tesla usò alcune terminologie sanscrite intraducibili, lasciando intendere di averne compreso a fondo il significato, così come noi crediamo che ciò che nei Veda viene esposto riguardo i Vimana sia una sorta di antologia d’informazioni codificate per mezzo di disegni, diagrammi e descrizioni d’eventi e personaggi simbolici. Tutto, al fine di tramandare nozioni e concetti universalmente validi che possano condurre ad un’evoluzione sia spirituale che tecnologica. Probabilmente Tesla riuscì ad intravedere tale possibilità, ed ecco perché a cavallo fra 19° e 20° secolo era talmente avanti negli studi e nelle applicazioni delle leggi della fisica da poter essere paragonato a un novello Leonardo Da Vinci.

Il Marchio sulla Pelle

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L’impianto di microchip sta diventando una pratica ordinaria per i nostri animali domestici, ma piacciono meno quando si propone di applicarli alle persone.In un’intervista in un programma radiofonico della BBC la scrittrice di fantascienza Elizabeth Moon ha riacceso il dibattito affermando che mettere il “codice a barre” ai neonati al momento della nascita è una buona idea: 

“Ciascuno dovrebbe avere un sistema di identificazione permanentemente collegato – un codice a barre se si vuole – un chip impiantato che assicuri un modo semplice, rapido ed economico per identificare gli individui“, ha detto a Forum, uno show settimanale… Moon ritiene che gli strumenti più comunemente utilizzati per la sorveglianza e l’identificazione – come videocamere e test DNA – sono lenti, costosi e spesso inefficaci. A suo parere, dei codici a barre per umani permetterebbe di risparmiare un sacco di tempo e denaro. La proposta non è troppo inverosimile – è già tecnicamente possibile mettere un codice a barre ad un uomo – ma non si viola il nostro diritto alla privacy? Gli oppositori sostengono che rinunciare a coltivare l’anonimato ci porterebbe ad una società “orwelliana” in cui tutti i cittadini possono essere rintracciati.

Ci sono già, e sono sempre più numerosi, molti modi per monitorare elettronicamente la gente. Dal 2006, i nuovi passaporti statunitensi includono radio tag di identificazione di frequenza (RFID), che memorizzano tutte le informazioni sul passaporto, oltre ad una foto digitale del proprietario. Nel 2002, un chip impiantabile chiamato ID VeriChip è stato approvato dalla US Food and Drug Administration. Il chip potrebbe essere impiantato nel braccio di una persona.

IL PROGETTO E’ STATO SOSPESO NEL 2010 A CAUSA DELLE POLEMICHE RIGUARDANTI E LA SICUREZZA

Eppure gli scienziati e gli ingegneri non hanno rinunciato all’idea. Altre aziende si sono inserite nel vuoto lasciato da VeriChip e stanno sviluppando modi per integrare la tecnologia e l’uomo.La società biotech MicroCHIPS ha sviluppato un chip impiantabile per somministrare periodicamente le medicine ai malati senza iniezione. E BIOPTid ha brevettato un metodo non invasivo di identificazione chiamato “il codice a barre umano”. I sostenitori dicono che la verifica elettronica potrebbe aiutare i genitori o badanti a non perdere di vista bambini ed anziani. I chip potrebbero essere utilizzati per accedere facilmente alle informazioni mediche ed agevolerebbero il passaggio ai posti di sorveglianza. Ma ci sono anche preoccupazioni circa le violazioni della sicurezza da parte di hacker. Se i computer e le reti sociali sono già vulnerabili alla pirateria informatica ed al furto di identità, immaginate cosa succederebbe se qualcuno potrebbe ottenere l’accesso al vostro chip ID personale.Ma un tale Stanley, analista dell’American Civil Liberties Union (!!!!), spiega al Daily News:“Possiamo avere la sicurezza, possiamo avere la convenienza, e possiamo avere privacy”, ha detto. “Possiamo avere la botte piena e la moglie ubriaca”[e pensare che il suo compito dovrebbe essere quello di tutelare i diritti civili dei suoi concittadini!]

COMMENTI DI LETTORI

“Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d’uomo. E tal cifra è seicentosessantasei” (Apocalisse 13,16-18)“È come essere marchiati come bestie! Davvero un’idea folle!”“Assolutamente geniale! Non ci sono segreti, l’obbedienza è garantita! Beh, almeno avremo ancora la possibilità di liberarci dalla tirannia con l’auto-distruzione”. “Proprio come i tatuaggi di Auschwitz”.


COME SI SCIVOLA IN UNA TIRANNIA

In un futuro non troppo lontano alcune nazioni cominceranno a richiedere ai propri cittadini di farsi impiantare dei dispositivi di localizzazione miniaturizzati, come quelli già disponibili per gli animali domestici. Sebbene sia arduo crederlo, la popolazione ottempererà a tale richiesta, in parte entusiasticamente, in parte di malavoglia. Ma alla fine tutti si atterranno alle nuove disposizioni, anche perché chi non lo farà non potrà esistere in società.

Ecco le ragioni che saranno addotte dalle autorità. Ce ne sarà per tutti: 

- lo Stato è prossimo alla bancarotta, anche gli altri stati non sono messi meglio. Serve un nuovo sistema monetario in cui tutte le transazioni siano controllate da un’istituzione finanziaria centrale. I contanti saranno aboliti. N.B. Già se ne discute: 
- ci saranno sforbiciate alle tassazioni di chi adempie. Chi disobbedisce pagherà più tasse;
- i servizi sanitari saranno garantiti solo a chi adempie: in questo modo si ridurranno i casi di malasanità; 
- il crimine ed il terrorismo svaniranno, dato che le forze dell’ordine potranno rintracciare tutti in ogni momento; 
- i soccorritori sapranno immediatamente dove intervenire, i bambini saranno ritrovati in men che non si dica; 
- non si faranno più file negli aeroporti; 
- i passaporti saranno aboliti; 
- casse self-service in ogni negozio, nessuna fila perché ognuno pagherà con il suo impianto identificativo che fungerà anche da carta di credito (es. film “in time”); 
- nessun rischio di frode: nessuno potrà clonare una carta di credito o sottrarre un documento di identificazione; 
- i diritti civili saranno garantiti; 
- saremo tutti una grande famiglia; 
- i generi di prima necessità costeranno di meno, risparmi per tutti, debito pubblico sotto controllo; 
- evasione fiscale eliminata, non ci saranno più furbi: ogni transazione sarà registrata; 
- dite addio ai commercialisti: saranno inutili; 
- l’impianto è semplice, rapido ed indolore. Non vi accorgerete neppure che c’è; 
- la Chiesa non è contraria; 
- non ci saranno più disservizi, tutto funzionerà meglio; 
- chi è onesto non ha nulla da temere; 
- se il sistema non funziona lo abbandoneremo e tutto tornerà come prima; 
- è un vostro dovere di cittadini fare quanto è necessario per aiutare gli altri e la nazione: siamo tutti sulla stessa barca.

Quello che non capiscono quelli del “se non hai nulla da nascondere non hai niente da temere” è che certe disposizioni e certe tecnologie non sono democraticamente reversibili, una volta introdotte e che se loro sono così insicuri, pavidi e desiderosi di essere trattati come pecore e non come esseri umani, non è una buona ragione per costringere tutti gli altri a subire lo stesso degrado: Molta gente che pensava di saperne più di quelli che chiamava “complottisti” un giorno si sveglierà in un incubo di rimpianti e rimorsi. Serve una grande formattazione globale, senza back-up.


Il Lavoro schiavizza l’Uomo

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Siamo l’unico animale al mondo che ha bisogno di lavorare per sopravvivere.

Il lavoro non esiste in natura. A volte confondiamo funzioni fisiologiche (procacciarsi cibo) col lavoro, ma in realtà questo concetto lo ha inventato di sana pianta l’uomo creando qualcosa di estremamente deleterio per la nostra specie. Il lavoro è qualcosa di innaturale e inventato come la guerra, come la sigaretta, o la pena di morte.

Ci rassicurano che il mondo nel quale viviamo è il migliore dei mondi possibili, che non si può fare altrimenti e che se fosse stato possibile ci avrebbero già pensato altri in passato (politici, banche, associazioni, volontariato, ecc)

Dai professori, ai politici, alla tv, ai colleghi, tutti o quasi contribuiscono all’opera di convincimento: “non possiamo fare a meno di banche private, moneta privata, debito pubblico, armi, 8 ore lavorative, malattie, prestiti bancari, il latte per le ossa, la carne per i muscoli, riviste di gossip, ‘La prova del cuoco’, la borsetta di marca e rimborsi elettorali”.

L’uomo di qualche milione di anni fa, prima della devastante deviazione trofica ed ecosistemica (dovuta alla prima glaciazione) non avrebbe saputo cosa farne di tutto ciò.

Ci avrebbe presi per pazzi schizofrenici.

Aveva tutto: salute perfetta, tempo, ecosistema adatto alla specie umana, cibo elettivo, felicità, libertà, contatto con la natura. Era libero e non avrebbe mai cambiato la sua vita con la nostra.

Potessimo tornare a quei tempi con la tecnologia che abbiamo oggi avremmo molto più tempo per sviluppare la creatività, conoscere la natura, studiare il potenziale del corpo umano, viaggiare, amare, VIVERE.

Il lavoro come è inteso oggi cambierebbe i connotati.

Non chiederemmo più “Che lavoro fai?”, bensì “QUALI PASSIONI HAI?”

Non “lavoreremmo” per altri, ma CON gli altri (condivisione di conoscenze, applicazione di tecniche, aiuto reciproco disinteressato).

Ci riapproprieremmo della fiducia nel prossimo e non saremmo costretti a chiedere in prestito un mezzo di scambio come la moneta, che si basa proprio sulla fiducia.

Passeremmo dall’economia del “dEnarO” all’economia del dOnarE”.

Eppure oggi non riusciamo a fare a meno dei fabbisogni indotti che ci hanno reso schiavi.

Senza saperlo facciamo “volontariato di schiavitù”… dipende solo da noi, ma spesso è solo la paura del cambiamento a frenarci.

Possiamo costruire un futuro solo conoscendo il nostro passato.

Allora si che abbracceremmo con gioia ed entusiasmo un ritorno alle origini.

Il Funzionamento degli UFO

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Mark McCandlish, noto illustratore aerospaziale, sta ultimando un documentario (che sarà intitolato “Punto-Zero: la storia di Mark McCandlish e il Liner Flux”) nel quale spiegherà attraverso un episodio realmente accaduto nella sua vita, come i militari statunitensi, attraverso studi di retro ingegneria, abbiano potuto progettare e creare velivoli molto simili agli UFO.


McCandlish divenne noto qualche tempo fa, nel panorama ufologico, dopo aver divulgato pubblicamente una vicenda accaduta nel 1998: quell’anno lui ed un suo amico, un certo Brad Sorenson, avrebbero dovuto partecipare ad un air show organizzato presso la base aerea USA di Norton, in California. Per problemi di lavoro inaspettati egli non poté però partecipare ma, il suo amico vi si recò ugualmente e grazie ad una conoscenza addentrata nell’ambiente riuscì ad avere accesso ad una zona riservata della base.

Qui, dopo essere entrato in uno degli hangar custodito con un elevato livello di sicurezza, ebbe la possibilità di vedere con i suoi occhi almeno tre oggetti a forma di disco volante contenuti nel deposito e sospesi a mezz’aria. Sembrava di assistere ad una dimostrazione preparata ad alto livello. Uno di questi oggetti aveva alcuni pannelli laterali rimossi ed era quindi possibile vedere cosa conteneva al suo interno. C’era inoltre un monitor che mostrava alcuni test di volo effettuati da questi oggetti, che non si libravano in modo classico ma effettuavano dei balzi improvvisi in tutte le direzioni con velocità incredibili, senza emettere alcun rumore.

Questi oggetti, denominati ARV (Alien Reproduction Vehicles), chiamati comunemente “Liner Flux” erano parte integrante di un progetto altamente segreto messo in atto da alcuni decenni. Servendosi della descrizione riportata dall’amico Sorenson, McCandlish abbozzò il disegno di uno dei velivoli custoditi nell’hangar della base (vedi illustrazione sotto) e cominciò ad indagare sul mistero per capire quale meravigliosa tecnologia questi oggetti utilizzassero nelle loro eccezionali evoluzioni. Con il passare degli anni, attraverso le indagini, e soprattutto grazie ai suoi rapporti di lavoro con i maggiori appaltatori della difesa statunitense, egli è giunto alla conclusione che la tecnologia utilizzata dagli ARV sia quella originariamente teorizzata da Albert Einstein nella fisica quantistica, conosciuta come “energia del punto zero” o “energia del vuoto”.


Il documentario di cui prima accennavamo, ultimato in questi giorni con interessanti effetti grafici in 3D, sarà presentato in anteprima negli Stati Uniti il 2 giugno alla presenza dello stesso McCandlish che, successivamente alla proiezione, risponderà alle domande eventualmente poste dal pubblico presente in sala.

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=14957

Visoko e Orione. Un Progetto Italiano firmato Tau-T

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Ad agosto del 2012, abbiamo incontrato Semir Osmanagich, nel corso della Conferenza sulle civiltà antiche  di Pescara. Abbiamo avuto il tempo necessario per poter confrontare i nostri obbiettivi di ricerca e verificare la possibilità di interagire su alcuni di essi. Ne è nata una collaborazione che ci ha permesso di lavorare sulla datazione del sito archeologico di Visoko che potesse anche confermare i test di laboratorio che datano alcuni reperti a circa 30-32.000 anni fa.

 Visoko e Orione   Un progetto italiano

Il lavoro è durato circa tre mesi. Come step iniziale, abbiamo ridisegnato una mappa completa del sito per verificare le potenziali direttrici di allineamento tra i monumenti. L’esito è stato straordinario, poiché la configurazione ha restituito esattamente la forma dell’Arco di Orione.

Questo elemento ci ha indotti ad un approfondimento sull’argomento, poiché per la prima volta, si esalta nell’allineamento dei monumenti, questo particolare riferimento astronomico. Nel corso del nostro studio, abbiamo rilevato che quel particolare della Costellazione è l’unico visibile alla latitudine di Visoko in un determinato periodo storico che si approssima alle datazioni risultanti dai reperti rinvenuti in loco. Infine, abbiamo eseguito una proiezione astronomica databile, utilizzando un software professionale, è il risultato è stato davvero eccezionale: Visoko è allineato, con assoluta precisione, all’Arco della Costellazione di Orione esattamente nel 36.420 a.C.

Dopodiché, abbiamo verificato l’esistenza di una precisa correlazione proporzionale tra la Piramide del Sole e il proprio corrispondente stellare, ovvero la Stella PI1Orionis. Dalla comparazione proporzionale ne scaturito un risultato, altrettanto, sorprendente.

Esiste una chiara correlazione tra i due soggetti nelle seguenti variabili fisiche:

1) Il doppio del rapporto tra base e altezza corrisponde al valore della Luminosità della stella, con una differenza di 1,29%;

2) Un miliardesimo del perimetro della Piramide corrisponde alla massa della stella, con un differenza di -0,05%. Dato accettabile su un arco di tempo di circa 38.000 anni;

3) Un millesimo della diagonale della Piramide corrisponde al valore proporzione del raggio della stella con una differenza di circa 0,077%

I dati confermano la possibile correlazione, al 36.420 a.C., tra il sito e l’Arco di Orione ed in particolare tra la Piramide del Sole e la Stella PI1Orionis. 

Il lavoro che sta svolgendo Semir è straordinario, poiché è l’unico ricercatore al mondo che ha realmente compreso i metodi di approccio allo studio dei misteriosi siti dell’antichità. Infatti, solo con metodologia interdisciplinare è possibile venire a capo di questi enigmatici monumenti. Peraltro, Visoko si configura – fatto salvo le differenze ambientali – come la piana di Giza, presentando alcune caratteristiche analoghe quali ad esempio, la particolarità delle frequenze rilevate nei monumenti nonché la presenza di acqua nei pressi. Pur tra mille difficoltà, nell’ostracismo totale della categoria, Osmanagich sta realizzando un lavoro che rimarrà nella storia dell’Umanità.

Urbania, 02/04/2013     
(Tau-T Project)

Taut Visoko e Orione   Un progetto italiano
Particolare della Volta Celeste visibile da Visoko nel 36.420 a.C. Si evidenzia la posizione dell’Arco di Orione quale unico elemento visibile a quella latitudine. In nessun altro caso – tra il 100.000 a.C. ed il 2012 a.C. – si ripete questo tipo di allineamento all’equinozio di primavera.

Taut2 300x237 Visoko e Orione   Un progetto italiano
La disposizione dei monumenti di Visoko in base ai rilevamenti ufficiali. Evidente la disposizione secondo l’Arco di Orione. Nei punti in basso è possibile notare la presenza di due ipotetiche strutture che al momento non sono state ancora scoperte, ma che si sospetta possano essere parte dell’intero complesso. 


Monica Benedetti – Nata a Mercatello sul Metauro (PU), ricercatrice indipendente, da sempre appassionata di Civiltà Antiche. Studiosa di mitologia Pre-Sumera, ha approfondito l’argomentoi specializzandosi sugli aspetti esoterico-teologici delle simbologie rappresentate nei monumenti rinvenuti nella Terra di Sumer. Ha sviluppato le tematiche filosofiche legate ai miti Nord Europei, alle Civiltà Orientali nonchè a quelle Nord Americane. E’ coautrice del Libro “Oltre le Nebbie del Tempo” e “La Porta del Cielo”. Con Armando Mei ha partecipato alla scoperta della correlazione tra le Piramidi di Visoko e l’Arco di Orione, ricerca commissionata dalla Bosnian Foundation nel 2012.

Armando Mei – Nato a Torino, giornalista e ricercatore indipendente. Appassionato di Egitto Predinastico è autore della Teoria sulla datazione storica del Primo Tempo di Osiride, presentata all’International Conference on Ancient Studies che si è tenuta presso la Zayed University di Dubai nel 2010 e alla quale hanno partecipato, tra gli altri, Graham Hancock, Robart Bauval, Jean Paul Bauval, Robert Schoch, Andrew Collins. Ha pubblicato diversi articoli sull’argomento su varie riviste specializzate nazionali. E’ autore del Libro “Giza: le Piramidi Satellite e il Codice Segreto”. Le ultime scoperte sulla Piana di Giza sulla correlazione Sirio-Khentkaus sono state anticipate nell’ambito della Conferenza Internazionale “L’Origine Cosmica della Razza Umana” tenutasi a Pescara nell’agosto del 2011. E’ coautore del Libro “Oltre le Nebbie del Tempo” e “La Porta del Cielo”. Con Monica Benedetti ha partecipato alla scoperta della correlazione tra le Piramidi di Visoko e l’Arco di Orione, ricerca commissionata dalla Bosnian Foundation nel 2012.

Entrambi fondatori del Progetto Tau-T, un progetto di ricerca internazionale che si pone lo scopo di:

1) Ridisegnare la Mappa di Giza alla luce dello studio e dell’analisi delle strutture esistenti sulla Piana e che possano soddisfare l’ipotesi dell’origine prediluviana del complesso monumentale, limitatamente al cosiddetto Progetto Unitario;

2) Studiare, analizzare e riprodurre la funzione originaria delle Piramidi. Riteniamo, infatti, che le singole Piramidi avevano una funzione “tecnologica” intimamente collegata alla produzione di una determinata tipologia di Energia. Questo punto, lo stiamo sviluppando parallelamente alla mappatura di Giza seguendo un Protocollo Scientifico nell’applicazione delle metodologie di analisi.


Telepatia e Torre di Babele

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Scienza o fantascienza, la telepatia affascina e fa scorrere molto inchiostro. Alcuni ricercatori, come il professor RHINE, hanno accumulato una quantità di statistiche che non hanno mai provato alcunché. La telepatia rimane quindi relegata a studi marginali in alcuni centri di parapsicologia.

Ciononostante, le scoperte in fisiologia cerebrale del Dottor Francis LEFEBURE, medico e ricercatore francese, permettono di capire meglio questi fenomeni e i meccanismi che li producono. Le sue scoperte sono fondate sull'utilizzo sistematico dei fosfeni. I fosfeni sono tutte le sensazioni luminose soggettive, cioè quelle che non sono direttamente provocate dalla luce che stimola la retina. I fosfeni mettono in evidenza il funzionamento ritmico del cervello e l'esistenza di ritmi cerebrali che possono essere sviluppati e mantenuti dalla pratica di esercizi di pensiero ritmato. Il ritmo struttura il pensiero e gli dà una potenza particolare, migliorando l'attenzione, la concentrazione, la memoria, lo spirito d'iniziativa e la creatività. Ma nel corso delle loro ricerche, il Dr LEFEBURE e i suoi collaboratori si sono resi conto che i fosfeni e il pensiero ritmato sono facilmente trasmissibili per telepatia.

ESPERIENZE DI TRASMISSIONE TELEPATICA DEI FOSFENI

"La trasmissibilità telepatica dei fosfeni è molto grande, senza paragone possibile con quella dei pensieri, nelle ordinarie condizioni di sperimentazione."

Se si fissa un cerchio rosso su un muro bianco e poi lo si toglie, si vedrà comparire un cerchio verde, colore complementare, che è anche un fosfene. M. Delay, sperimentando con dei dischi di colori differenti fissati in successione dal soggetto emettitore, si è accorto che un soggetto vicino, con gli occhi bendati, percepiva un fosfene, non durante la fissazione del disco da parte del soggetto emettitore, ma durante la sua percezione del colore complementare, e che il fosfene del soggetto recettore aveva il colore del fosfene del soggetto emettitore e non quello del disco.

E' durante questa esperienza che si è accorto che questa trasmissione non obbediva alle leggi abitualmente ammesse per la telepatia. Questa è funzione della distanza e anche della posizione relativa dei due soggetti. Il soggetto recettore riceve tanto meglio quanto più è vicino all'emettitore e si trova di fronte a lui.

Si possono provocare all'interno dei fosfeni dei ritmi che sono loro propri. Ad esempio, illuminando gli occhi con due lampade disposte in modo che ciascun occhio non veda che una sola di esse e illuminando in modo alternato al ritmo di due secondi.

Se l'illuminamento avviene a questo ritmo, i due fosfeni consecutivi, anziché coesistere, si alternano, ma non al ritmo dell'illuminamento, bensì con un ritmo proprio del soggetto, con una media di otto secondi per lato per tre minuti.

Questo ritmo d'altra parte dà molte informazioni sullo stato del cervello e sull'influenza che farmaci e regimi alimentari possono avere su di esso.

Ma quello che ci interessa qui è che nel corso delle esperienze di telepatia è stata provocata questa alternanza in un soggetto. Un altro soggetto, in una stanza vicina, per quanto non preavvertito del tipo di fosfene che gli si voleva trasmettere, percepiva due fosfeni che si alternavano al ritmo del soggetto emettitore, e ancora più nettamente di lui (esperienza di Raoul Violay).

Ma se non ci si vuole lanciare in esperienze di questa complessità, si osserverà che se si ha un fosfene consecutivo ad un illuminamento, è abbastanza facile provocare un fosfene in una persona vicino a voi che non ha fissato sorgenti luminose. In più, se l'attenzione è stata attirata sulla grandissima trasmissibilità telepatica dei fosfeni, si noteranno nella vita di tutti i giorni dei casi spontanei che, solitamente, passano inosservati."

La telepatia fosfenica, o telepatia iniziatica, si definisce in modo diverso dall'idea solita che ci si fa della telepatia. Le ricerche del Dr LEFEBURE hanno provato che se si sviluppa in sé il pensiero ritmato è facile trasmetterlo ad altri. Con telepatia fosfenica intendiamo quindi dire: "trasmissione del pensiero ritmato".

Il pensiero ritmato indotto in un'altra persona andrà a provocare un pensiero che non corrisponderà necessariamente al movimento emesso. La percezione di questo movimento può effettuarsi in diverse maniere: può avvenire attraverso immagini (ad esempio l'immagine di una discesa di sci, della salita di un palloncino, la visione del pendolo di un orologio, etc.), oppure attraverso sensazioni cenestesiche (impressione di essere su una barca, etc.), o ancora attraverso queste due forme di percezione simultaneamente.

ESPERIENZE DI TELEPATIA FOSFENICA

Per questa esperienza, definiremo un soggetto emettitore ed un soggetto recettore. Essi possono piazzarsi uno dietro l'altro (con l'emettitore dietro), oppure faccia a faccia. L'emettitore fa un fosfene, lo proietta sul recettore e induce un pensiero ritmato sotto forma di un punto luminoso in movimento. Per cominciare, si può animare il punto luminoso con un movimento laterale di bilanciere. Il ritmo preferenziale da utilizzare è il ritmo di due secondi: un secondo per l'andata, un secondo per il ritorno. Si può utilizzare un metronomo per lavorare ad un ritmo ben preciso. La persona che riceve chiude gli occhi e rimane attenta alle sensazioni e alle immagini che possono comparire, in particolare a quelle di natura ritmica.

Il pensiero ritmato indotto agisce in profondità e aiuterà a sbloccare certe capacità. Questo è ciò che spiega come certi personaggi che possiedono un'altissima spiritualità possano con questo genere di tecniche innescare in altri dei fenomeni spirituali elevati. E' qui l'autentico senso dell'Iniziazione: innescare delle energie che permetteranno di realizzare e di esprimere le facoltà verso le quali tende l'individuo.

Le implicazioni della telepatia fosfenica sono in effetti molto profonde perché essa crea una relazione che coinvolge i sentimenti. Questa forma di telepatia è molto più ricca del semplice invio di cifre e di forme. Entra in gioco una comprensione più completa di un altro individuo attraverso i sentimenti che si ricevono, il che supera di gran lunga il linguaggio superficiale attraverso il quale ci esprimiamo e che spesso non ci permette di descrivere certe sensazioni, tanto è limitato. E' possibile che la telepatia fosfenica sia la «lingua comune perduta» menzionata in certe leggende, come ad esempio nella famosa storia della torre di Babele dell'Antico Testamento.

Bilderberg 2013

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Ecco a voi la lista dei partecipanti al Bilderberg 2013, che si terrà dal 6 al 9 giugno a Watford, cittadina a una ventina di km da Londra, presso l’Hotel Grove (Chandler’s Cross, Watford, Hertfordshire, WD3 4TG).


Prima della lista, voglio dirvi due parole.

Negli ultimi tempi sembra che sempre più gente parli delle riunioni annuali del gruppo Bilderberg. Sembra diventato un circo, con tanto di feste nei dintorni dei luoghi di ritrovo e manifestanti con striscioni e cartelli… insomma, è uno scenario sempre più tragicomico.

Non sono certo questi gli strumenti per contrastare questi infami del Bilderberg, con i manifesti si fa poco o niente. Certo, la gente lo sa… e quindi? Quante cose sappiamo, eppure non abbiamo nemmeno cominciato a prendere in mano le redini del nostro futuro come collettività di cittadini del mondo?

Dovete sapere che, nonostante tutti i partecipanti  del Bilderberg rivestino certi posti di “comando”, sono dei pesci piccoli. Sono delle pedine, qualcuna più altre meno importanti, a servizio dei veri capi della finanza mondiale, persone che dominano davvero questo pianeta, gentaccia potentissima che non partecipa mai direttamente ad un incontro tipo il Bilderberg, e se lo fanno, non appaiono mai nella lista dei partecipanti, vogliono e devono, per i propri sporchi obiettivi, agire nell’ombra. Non troverete i loro nomi su Google o simili. I pesci grossi non hanno pagina web, ricordatevelo!

Precisato che il Bilderberg NON è una società segreta, se volete approfondire e scoprire cosa c’è dietro al Bilderberg, sappiate che probabilmente l’unica società ”segreta” (ormai nemmeno più ma ciò non toglie che questa è ancora l’organo decisionale più potente del mondo, ndr) ancora attiva e che comanda Bilderberg, CFR, Commissione Trilaterale, Club di Roma e così via, è la “setta” Skull and Bones (anche chiamata “The Order“, ndr) e queste sono le famiglie che ne sono membri oggi e su cui potete investigare:
  
Whitney  
Wandsworth
Perkins  
Gilman
Stimson  
Payne
Taft  
Davison
Rockefeller  
Pillsbury
Lord  
Sloane
Bundy  
Wayerhaeuser
Phelps  
Harriman
Whitney  
Wandsworth
Perkins  
Gilman
Stimson    

skull and bones

Quindi, non mitizzate troppo il Bilderberg, è poco più di una riunione tipo Davos, G8, G20 e via dicendo, è un’occasione per riunire persone con specifiche cariche nei vari Stati del mondo e dargli ordini, come li si danno ai mozzi in una nave.

Il Bilderberg riveste nel suo piccolo una certa importanza ma non è nient’altro che una riunione in più, dove si discute sul cosa fare e sul come agire nei vari settori politico, economico, industriale, sociale, medico, educativo e propagandistico, per portare avanti il progetto di definizione di un’Impresa Mondiale fondata sul denaro ed il dominio delle masse di cittadini del mondo.

Quello che potremmo definire come il Governo Economico e Finanziario Mondiale del futuro è il progetto reale su cui stanno lavorando queste persone, la cui realizzazione passa attraverso l’implementazione di chiare politiche economiche, sociali ed educative, atte a ridurci, un po’ alla volta ma inesorabilmente, ai minimi termini: poveri, malati e ignoranti o forzuti e convinti schiavi del sistema.

Siate curiosi, investigate e interessatevi ai programmi che stanno attuando queste persone riguardo il vostro futuro e di quello del mondo. Poi, quando saremo pronti, lotteremo insieme e vinceremo questa guerra, per il bene di tutti.

http://www.informarexresistere.fr/2013/06/05/lista-partecipanti-bilderberg-2013-ma-sapevate-chi-ce-dietro-a-questa-gente/

Queste le nazioni che partecipano:
  
AUT Austria
INT International
BEL Belgium
IRL Ireland
CAN Canada
ITA Italy
CHE Switzerland
NLD Netherlands
DEU Germany
NOR Norway
DNK Denmark
POL Poland
ESP Spain
PRT Portugal
FIN Finland
SWE Sweden
FRA France
TUR Turkey
GBR Great Britain
USA United States of America
GRC Greece 

E questi i nomi e cognomi dei partecipanti

FRA Castries, Henri de Chairman and CEO, AXA Group
DEU Achleitner, Paul M. Chairman of the Supervisory Board, Deutsche Bank AG
DEU Ackermann, Josef Chairman of the Board, Zurich Insurance Group Ltd
GBR Agius, Marcus Former Chairman, Barclays plc
GBR Alexander, Helen Chairman, UBM plc
USA Altman, Roger C. Executive Chairman, Evercore Partners
FIN Apunen, Matti Director, Finnish Business and Policy Forum EVA
USA Athey, Susan Professor of Economics, Stanford Graduate School of Business
TUR Aydıntaşbaş, Aslı Columnist, Milliyet Newspaper
TUR Babacan, Ali Deputy Prime Minister for Economic and Financial Affairs
GBR Balls, Edward M. Shadow Chancellor of the Exchequer
PRT Balsemão, Francisco Pinto Chairman and CEO, IMPRESA
FRA Barré, Nicolas Managing Editor, Les Echos
INT Barroso, José M. Durão President, European Commission
FRA Baverez, Nicolas Partner, Gibson, Dunn & Crutcher LLP
FRA Bavinchove, Olivier de Commander, Eurocorps
GBR Bell, John Regius Professor of Medicine, University of Oxford
ITA Bernabè, Franco Chairman and CEO, Telecom Italia S.p.A. USA Bezos, Jeff Founder and CEO, Amazon.com
SWE Bildt, Carl Minister for Foreign Affairs
SWE Borg, Anders Minister for Finance
NLD Boxmeer, Jean François van Chairman of the Executive Board and CEO, Heineken N.V.
NOR Brandtzæg, Svein Richard President and CEO, Norsk Hydro ASA
AUT Bronner, Oscar Publisher, Der Standard Medienwelt
GBR Carrington, Peter Former Honorary Chairman, Bilderberg Meetings
ESP Cebrián, Juan Luis Executive Chairman, Grupo PRISA
CAN Clark, W. Edmund President and CEO, TD Bank Group
GBR Clarke, Kenneth Member of Parliament
DNK Corydon, Bjarne Minister of Finance
GBR Cowper-Coles, Sherard Business Development Director, International, BAE Systems plc
ITA Cucchiani, Enrico Tommaso CEO, Intesa Sanpaolo SpA BEL Davignon, Etienne Minister of State; Former Chairman, Bilderberg Meetings
GBR Davis, Ian Senior Partner Emeritus, McKinsey & Company
NLD Dijkgraaf, Robbert H. Director and Leon Levy Professor, Institute for Advanced Study
TUR Dinçer, Haluk President, Retail and Insurance Group, Sabancı Holding A.S.
GBR Dudley, Robert Group Chief Executive, BP plc
USA Eberstadt, Nicholas N. Henry Wendt Chair in Political Economy, American Enterprise Institute
NOR Eide, Espen Barth Minister of Foreign Affairs
SWE Ekholm, Börje President and CEO, Investor AB
DEU Enders, Thomas CEO, EADS
USA Evans, J. Michael Vice Chairman, Goldman Sachs & Co.
DNK Federspiel, Ulrik Executive Vice President, Haldor Topsøe A/S
USA Feldstein, Martin S. Professor of Economics, Harvard University; President Emeritus, NBER
FRA Fillon, François Former Prime Minister
USA Fishman, Mark C. President, Novartis Institutes for BioMedical Research
GBR Flint, Douglas J. Group Chairman, HSBC Holdings plc
IRL Gallagher, Paul Senior Counsel
USA Geithner, Timothy F. Former Secretary of the Treasury
USA Gfoeller, Michael Political Consultant
USA Graham, Donald E. Chairman and CEO, The Washington Post Company
DEU Grillo, Ulrich CEO, Grillo-Werke AG
ITA Gruber, Lilli Journalist – Anchorwoman, La 7 TV ESP Guindos, Luis de Minister of Economy and Competitiveness
GBR Gulliver, Stuart Group Chief Executive, HSBC Holdings plc
CHE Gutzwiller, Felix Member of the Swiss Council of States
NLD Halberstadt, Victor Professor of Economics, Leiden University; Former Honorary Secretary  General of Bilderberg Meetings
FIN Heinonen, Olli Senior Fellow, Belfer Center for Science and International Affairs, Harvard Kennedy School of Government
GBR Henry, Simon CFO, Royal Dutch Shell plc
FRA Hermelin, Paul Chairman and CEO, Capgemini Group
ESP Isla, Pablo Chairman and CEO, Inditex Group
USA Jacobs, Kenneth M. Chairman and CEO, Lazard
USA Johnson, James A. Chairman, Johnson Capital Partners
CHE Jordan, Thomas J. Chairman of the Governing Board, Swiss National Bank
USA Jordan, Jr., Vernon E. Managing Director, Lazard Freres & Co. LLC
USA Kaplan, Robert D. Chief Geopolitical Analyst, Stratfor
USA Karp, Alex Founder and CEO, Palantir Technologies
GBR Kerr, John Independent Member, House of Lords
USA Kissinger, Henry A. Chairman, Kissinger Associates, Inc.
USA Kleinfeld, Klaus Chairman and CEO, Alcoa
NLD Knot, Klaas H.W. President, De Nederlandsche Bank
TUR Koç, Mustafa V. Chairman, Koç Holding A.S.
DEU Koch, Roland CEO, Bilfinger SE
USA Kravis, Henry R. Co-Chairman and Co-CEO, Kohlberg Kravis Roberts & Co.
USA Kravis, Marie-Josée Senior Fellow and Vice Chair, Hudson Institute
CHE Kudelski, André Chairman and CEO, Kudelski Group
GRC Kyriacopoulos, Ulysses Chairman, S&B Industrial Minerals S.A.
INT Lagarde, Christine Managing Director, International Monetary Fund
DEU Lauk, Kurt J. Chairman of the Economic Council to the CDU, Berlin
USA Lessig, Lawrence Roy L. Furman Professor of Law and Leadership, Harvard Law School; Director, Edmond J. Safra Center for Ethics, Harvard University
BEL Leysen, Thomas Chairman of the Board of Directors, KBC Group
DEU Lindner, Christian Party Leader, Free Democratic Party (FDP NRW)
SWE Löfven, Stefan Party Leader, Social Democratic Party (SAP)
DEU Löscher, Peter President and CEO, Siemens AG
GBR Mandelson, Peter Chairman, Global Counsel; Chairman, Lazard International
USA Mathews, Jessica T. President, Carnegie Endowment for International Peace
CAN McKenna, Frank Chair, Brookfield Asset Management
GBR Micklethwait, John Editor-in-Chief, The Economist
FRA Montbrial, Thierry de President, French Institute for International Relations
ITA Monti, Mario Former Prime Minister 2011-2013 USA Mundie, Craig J. Senior Advisor to the CEO, Microsoft Corporation
ITA Nagel, Alberto CEO, Mediobanca
NLD Netherlands, H.R.H. Princess Beatrix of The
USA Ng, Andrew Y. Co-Founder, Coursera
FIN Ollila, Jorma Chairman, Royal Dutch Shell, plc
GBR Omand, David Visiting Professor, King’s College London
GBR Osborne, George Chancellor of the Exchequer
USA Ottolenghi, Emanuele Senior Fellow, Foundation for Defense of Democracies
TUR Özel, Soli Senior Lecturer, Kadir Has University; Columnist, Habertürk Newspaper
GRC Papahelas, Alexis Executive Editor, Kathimerini Newspaper
TUR Pavey, Şafak Member of Parliament (CHP)
FRA Pécresse, Valérie Member of Parliament (UMP)
USA Perle, Richard N. Resident Fellow, American Enterprise Institute
USA Petraeus, David H. General, U.S. Army (Retired)
PRT Portas, Paulo Minister of State and Foreign Affairs
CAN Prichard, J. Robert S. Chair, Torys LLP
INT Reding, Viviane Vice President and Commissioner for Justice, Fundamental Rights and Citizenship, European Commission
CAN Reisman, Heather M. CEO, Indigo Books & Music Inc.
FRA Rey, Hélène Professor of Economics, London Business School
GBR Robertson, Simon Partner, Robertson Robey Associates LLP; Deputy Chairman, HSBC Holdings
ITA Rocca, Gianfelice Chairman,Techint Group POL Rostowski, Jacek Minister of Finance and Deputy Prime Minister
USA Rubin, Robert E. Co-Chairman, Council on Foreign Relations; Former Secretary of the Treasury
NLD Rutte, Mark Prime Minister
AUT Schieder, Andreas State Secretary of Finance
USA Schmidt, Eric E. Executive Chairman, Google Inc.
AUT Scholten, Rudolf Member of the Board of Executive Directors, Oesterreichische Kontrollbank AG
PRT Seguro, António José Secretary General, Socialist Party
FRA Senard, Jean-Dominique CEO, Michelin Group
NOR Skogen Lund, Kristin Director General, Confederation of Norwegian Enterprise
USA Slaughter, Anne-Marie Bert G. Kerstetter ’66 University Professor of Politics and International Affairs, Princeton University
IRL Sutherland, Peter D. Chairman, Goldman Sachs International
GBR Taylor, Martin Former Chairman, Syngenta AG
INT Thiam, Tidjane Group CEO, Prudential plc
USA Thiel, Peter A. President, Thiel Capital
USA Thompson, Craig B. President and CEO, Memorial Sloan-Kettering Cancer Center
DNK Topsøe, Jakob Haldor Partner, AMBROX Capital A/S
FIN Urpilainen, Jutta Minister of Finance
CHE Vasella, Daniel L. Honorary Chairman, Novartis AG
GBR Voser, Peter R. CEO, Royal Dutch Shell plc
CAN Wall, Brad Premier of Saskatchewan
SWE Wallenberg, Jacob Chairman, Investor AB
USA Warsh, Kevin Distinguished Visiting Fellow, The Hoover Institution, Stanford University
CAN Weston, Galen G. Executive Chairman, Loblaw Companies Limited
GBR Williams of Crosby, Shirley Member, House of Lords
GBR Wolf, Martin H. Chief Economics Commentator, The Financial Times
USA Wolfensohn, James D. Chairman and CEO, Wolfensohn and Company
GBR Wright, David Vice Chairman, Barclays plc
INT Zoellick, Robert B. Distinguished Visiting Fellow, Peterson Institute for International Economics

Il Progetto RedSun

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Secondo alcune informazioni riservate raccolte da Luca Scantamburlo - scrittore e ricercatore freelance (www.angelismarriti.it) -, la NASA nel 1970 avrebbe organizzato ben due missioni segrete su Marte in collaborazione con l'allora Ente Spaziale Sovietico, lo scopo di recuperare reperti di una antica civiltà marziana.

Secondo le indiscrezioni raccolte da Scantamburlo, al comando delle due missioni ci sono stati due astronauti (udite, udite!) conosciutissimi da grande pubblico: Neil Armstrong e Buzz Aldrin. Le foto divulgate dal sito del freelance mostrerebbero proprio Buzz Aldrin in una esplorazione del suolo lunare.

Per di più, è stato divulgato anche un estratto da un video interno della NASA (che troverete più in basso), nella quale è possibile vedere alcune sequenze del viaggio di 150 da Terra a Marte affrontato dagli astronauti americani e sovietici. Sarà vero? A voi il giudizio.

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Un astronauta cammina sul terreno rosso di Marte, ricco di ossidi idrati di ferro. Al collo, ha una telecamera per riprendere quei primi passi storici. Che nessuno, però, dovrà vedere. Perché  quell’uomo chiuso in una tuta spaziale pressurizzata con la bandiera americana stampata sul braccio, lì – ufficialmente- non c’è mai stato.

Ma i dettagli che Luca Scantamburlo ha ricevuto dal suo contatto personale e segreto vanno oltre. L’uomo - presumibilmente un militare di area Nato che ha avuto modo di visionare il materiale scottante - ha rivelato infatti come e quando queste missioni avvennero, da dove partirono, quale centro le controllò e quale ne fu l’obiettivo.

Non solo: ha fornito anche del materiale a sostegno delle sue affermazioni: 4 foto che ritrarrebbero, per l’appunto, un astronauta americano sul suolo marziano.


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"Queste immagini sarebbero state riprese da un video all’interno della base di Groom Lake. Sono sicuramente digitali, non c’è dubbio. Posso solo fare delle congetture: forse sono scatti effettuati di fronte a dei fermi-immagine di un video,  oppure di fronte a delle stampe. Ignoro chi sia stato a scattare le foto, potrebbe essere stata la mia fonte o qualcun altro che poi gliele ha inoltrate", racconta Scantamburlo al sito www.extremamente.it

Groom Lake si trova all’interno della base più misteriosa del mondo, quella famigerata Area 51 in cui - secondo le rivelazioni non dimostrabili di chi giura di averci lavorato - gli americani nasconderebbero tutte le prove del contatto con gli Alieni.

Proprio qui sarebbero state scattate le foto inviate a Luca Scantamburlo da un suo contatto personale e segreto: foto che mostrerebbero Buzz Aldrin mentre cammina su Marte. Il protagonista di una storia mai scritta.

"La mia fonte mi ha raccontato che il celebre astronauta Buzz Aldrin sarebbe stato proprio il Comandante della prima missione segreta su Marte (denominata WPXVI) con equipaggio, una missione risalente all'anno 1970 ed organizzata nell'ambito del progetto da lui definito "Project Redsun".

Di queste spedizioni marziane, Luca Scantamburlo ha però ottenuto conferma da un’altra famosa gola profonda: Moonwalker1966delta. E’ il sedicente comandante dell’Apollo 19, missione ufficialmente mai avvenuta.

Un lancio - secondo la controinformazione - che avrebbe dovuto raggiungere la faccia nascosta della Luna per studiare da vicino le anomalie fotografate dalle precedenti missioni Apollo: soprattutto, una presunta, enorme astronave adagiata da tempo immemore sul suolo lunare.

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Ma l’Apollo 19 non raggiunse mai il suo obiettivo, per colpa di un guasto che rischiò di uccidere l’equipaggio. E’ la storia che lo stesso Moonewalker1966delta – pseudonimo sotto il quale si nasconderebbe un famoso ex astronauta - ha raccontato a Scantamburlo in un fitto scambio di messaggi divenuto il libro Apollo 20. La rivelazione.

Contattato prima da un conoscente di Scantamburlo - che non era al corrente delle confidenze della sua gola profonda - e poi dallo stesso ricercatore, il comandante di Apollo 19 ha confermato l’esistenza di queste missioni congiunte sovietico-americane su Marte, indicando lo stesso nome: Progetto Sole Rosso.

Ma c’è di più! Come racconta sul suo blog Sabrina Pieragostini, giornalista televisiva e conduttrice della rubrica "Extremamente" all'interno del programma di Italia 1 Tabloid, l'anno scorso si è imbattuta in una trasmissione televisiva su un canale americano nel quale era ospite l’ex astronauta Eugene Cernan.

Argomento del dibattito: "Il futuro dell’esplorazione spaziale. Davvero gli Stati Uniti avrebbero dovuto – nonostante la crisi - investire miliardi di dollari per raggiungere Marte entro il 2035 come sosteneva Buzz Aldrin?"

E Cernan, alla domanda, rispondeva così: "Buzz wants to come BACK TO MARS", ovvero "Buzz vuole RITORNARE SU MARTE". Un semplice "lapsus linguae" oppore un errore che svelava involontariamente un segreto?

Altrettanto significative sono le affermazioni di Robert O. (Bob) Dean, - ex Sergente Maggiore dell'Esercito americano e rivelatore in campo ufologico - il quale fu invitato come relatore all'Exopolitics Summmit 2009, a Barcellona, organizzato a luglio 2009.

A Dean venne chiesto di commentare la notizia di base segrete sulla Luna, durante il dibattito del simposio. Bob Dean rispose parlando di un occulto programma spaziale, separato dalla NASA, attivo da tempo. Dean accennò anche al cosiddetto "Black budget" del DoD, cioè ai cosiddetti bilanci e fondi segreti del Dipartimento della Difesa americano; egli parlò pure di lanci spaziali segreti che sarebbero avvenuti negli ultimi 30 anni, dal territorio americano.

In particolare egli disse che: "Yes we are in space! Yes we are on the Moon! And yes - God help us - we have gone to Mars!" L'ultima affermazione è perentoria: siamo andati su Marte, intendendo implicitamente che vi siamo andati con equipaggio umano.

Un’altra coincidenza - come la chiama non senza ironia Scantamburlo - è poi la scoperta, proprio l'estate scorsa, di singolari strutture simmetriche su Marte.

"Esatto. Poche settimane dopo la divulgazione della mia storia tramite un comunicato stampa sul web, un utente della rete ha commentato alcune immagini trovate attraverso Google Mars.

Vi sono delle strutture anomale caratterizzate da alta simmetria che richiamano le immagini di un possibile avamposto. E questo utente di Youtube, che si chiama David Martines, le ha battezzate "Biostation Alpha" e "Biostation Delta", afferma Scantamburlo.

Già in passato il dichiarato fisico Bob Lazar aveva raccontato - alla fine degli anni'80 - all'amico John Lear (ex pilota e collaboratore della CIA) che gli Stati Uniti avrebbero non solo una base sulla Luna, ma anche una base segreta su Marte (testimonianza resa da John Lear in una registrazione video, risalente agli anni '90, si veda il video-documentario Secrets of the Black World, scritto e diretto da Michael Hesemann).

strutture-simmestriche-su-marte.jpg

"Cosa ne penso?", prosegue il freelance. "Bhè, potrebbero essere effettivamente delle simmetrie facenti parte di un avamposto  di origine umana o non umana. Certo che la spiegazione di uno scienziato dell’Università dell’Arizona, secondo la quale queste immagini dotate di simmetria sarebbero il risultato di un’interferenza di raggi cosmici con la fotocamera satellitare che ha ripreso le immagini, secondo me è un po’ bizzarra!".

Dunque, l’uomo potrebbe essere già stato su Marte e aver lasciato tracce dietro di sé. Ma c’è un’obiezione principe, che rischia di far crollare tutta la costruzione: negli anni ’70, ovvero 40 anni fa, possedevamo la tecnologia sufficiente per affrontare un viaggio del genere?

Non è una domanda da liquidare senza riflessione, visto che – a quanto si dice - esistono ancora tali e tanti problemi da non consentire una simile missione spaziale. "Sicuramente, Marte è al centro dell’esplorazione spaziale non solo della Nasa, ma anche dell’Esa. E ci sono problemi non da poco da risolvere per poter raggiungere il Pianeta Rosso.

Uno riguarda i costi esorbitanti, un altro la lunga permanenza nello spazio degli astronauti: devono affrontare un addestramento molto severo per poter resistere tanti mesi lontano dalla Terra con tutte le problematiche di natura fisica e psicologica che ciò comporta. Ma tecnicamente si può fare. Non mi sembra impossibile pensare che Russi e Americani abbiano deciso di tentare un viaggio con equipaggio umano fino a Marte. Era fattibile anche decenni fa. Lo sosteneva pure Wernher Von Braun".

Esiste un libro proprio del grande scienziato tedesco, il padre delle missioni Apollo – e prima ancora, il genio del Terzo Reich, passato indenne dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale dal fronte nazista a quello alleato.

Ebbene, l’ingegnere aerospaziale scrisse una sorta di novella pubblicata negli Stati uniti nel 1953 con il titolo "The Mars Project - a technical tale" (Il progetto Marte - un racconto tecnico) nel quale ipotizzava, come in una storia di fantascienza, come avremmo raggiunto il Pianeta Rosso, in quanti giorni, con quale carburante, con quali razzi e navicelle, secondo quali orbite.

Il tutto corredato da disegni tecnici autografi, nel quale Von Braun dimostrava di aver programmato e calcolato tutto alla precisione. Altro che fantascienza! Pochi anni dopo, lo scienziato tornò sull’argomento con un testo divulgativo intitolato "The exploration of Mars" (L’esplorazione di Marte) scritto insieme a Willy Ley. Dunque Marte era un obiettivo dichiarato - e raggiungibile - per una delle menti scientifiche più acute e straordinarie del XX secolo.

Ma tra l'essere possibile e l'essere davvero avvenuto c'è un abisso! E quelle 4 foto, per quanto suggestive, da sole non provano nulla. Tanto più che il misterioso infiltrato che le ha divulgate si è dileguato.

"I contatti con la mia fonte sono andati persi", conferma Luca Scantamburlo. "Ovviamente tutta questa storia va presa con le pinze, è d'obbligo andarci coi piedi di piombo. Queste immagini possono essere dei falsi. Oppure, potrebbe anche darsi che siano vere, ma non provengano da una missione spaziale segreta. O ancora, le foto potrebbero essere dei falsi, ma la storia potrebbe avere dei fondamenti di verità".

Ma in questo caso perché tenerla segreta? Perché non annunciare al mondo una simile, eccezionale conquista? Perché invece scegliere la via del silenzio e seguirla per decenni? "La domanda è lecita e legittima.

Le motivazioni possono essere state molteplici. Innanzi tutto, perché delle missioni spaziali organizzate da Stati Uniti e Urss durante la Guerra Fredda, insieme, non avrebbero trovato un consenso presso i vertici politici e militari delle due superpotenze.

Probabilmente si trattava di missioni spaziali che hanno avuto un appoggio solo di certi ambienti, di certe lobby di potere, mentre la maggioranza della popolazione ignara di tutto continuava a nutrire una profonda, reciproca diffidenza, se non addirittura astio. Poi, in secondo luogo, come anticipavo prima, c’e il problema dei costi enormi.

Ma il vero motivo è: cosa c’è su Marte? Sondare l’ignoto è sempre pericoloso, si può trovare anche cose poco piacevoli. Se l’obiettivo della missione non era solo creare una colonia umana, un avamposto, ma anche conoscere il passato del nostro sistema solare e magari scoprire la presenza di civiltà tecnologicamente anche superiori alla nostra e poi estinte, allora tutto ciò solleva problemi davvero giganteschi.

Marte, in epoche remote, era molto più simile alla Terra di quanto non immaginiamo oggi: aveva un’atmosfera meno rarefatta, molto più densa e con una pressione paragonabile a quella terrestre. E poi aveva fiumi, aveva laghi, aveva oceani.

Dev’essere accaduto qualcosa di catastrofico che lo ha ridotto in una distesa desolata e inabitabile. Quindi indagare su Marte potrebbe farci scoprire verità che magari non sono piacevoli, anche per la nostra storia".

Riccardo Magnani individua Akakor

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Dalla ricerca di Riccardo Magnani una scoperta fenomenale. Progetto Atlanticus sente di dovere ringraziare questa persona per il mirabile lavoro di ricerca e per la sua intuizione, frutto di una mente brillante.


Come spesso accade nel mondo della ricerca, una singola intuizione può essere la chiave per aprire porte di conoscenza inattese. Studiando approfonditamente Leonardo da Vinci come forse fino ad oggi nessuno studioso era riuscito a fare, è stata proprio una intuizione, una delle tante, a permettermi di realizzare la più inaspettata e per questo ancor più bella delle mie scoperte.

L’intuizione di cui parlo è legata all’importanza delle tre costellazioni che formano il triangolo estivo, ovvero Cigno, Lira e Aquila; in particolar modo è legata alla costellazione della Lira, unitamente al fatto che Leonardo giunse a Milano alla corte degli Sforza nel 1483 accompagnato dalla curiosa definizione di “eccellente suonatore di Lyra”.​

Spesso il confine che delimita sotto il profilo nominale la cronaca storica dal mito o dalla leggenda è la presenza o meno di elementi documentali di confronto reali e oggettivi. Succede così che scoprendo una partitura musicale del più grande genio della storia (fig. 1) (la stessa musica è nascosta nell’Ultima Cena tra l’altro) e ritrovando una definizione di Cicerone nel De Republica ("E gli uomini che sanno imitare sulla lira il concerto dei cieli hanno ritrovato il cammino che adduce a questo regno sublime"), accade che si aprano inaspettatamente all’intuito umano porte di conoscenza altrimenti inaccessibili alla sua ragione.


Scriveva Lin Yu-t’ang: “Un buon viaggiatore è colui che non sa dove sta andando”.

Secondo quanto sostenuto in questa definizione, io devo essere un ottimo viaggiatore, visto che mi stupisco sempre di dove mi ritrovi quando apro gli occhi rapito dalle intuizioni che incessantemente guidano il mio incedere. Il luogo in cui mi sono risvegliato un pomeriggio del mese di settembre dello scorso anno, preparando una delle conferenze di presentazione dei due libri in cui annunciavo le mie scoperte in ambito leonardesco, però non me lo sarei mai e poi mai aspettato.

Percorrendo l’ipotesi condivisa anche dall’amico Andrew Collins secondo la quale le tre piramidi di Giza replicherebbero l’allineamento non della cintura della costellazione di Orione, così come sostiene Robert Bauval, con il quale avevo appena fatto una conferenza in Toscana, bensì delle tre stelle della costellazione del Cigno, e verificando che proprio a tale costellazione si riferisce il Cartone di Sant’Anna di Leonardo (Fig. 2), volli verificare qualche altro sito antico nell’intento di trovare ulteriori conferme al fatto che questa costellazione avesse una importanza particolare per i nostri antenati, attenti particolarmente agli accadimenti astronomici e alla precessione degli equinozi. Decisi così di analizzare i siti di interesse archeologico la cui datazione è più controversa, tanto da mettere in discussione tutta l’impalcatura accademica fino ad oggi assunta, e in particolare le Linee di Nazca e la Porta del Sole di Tiwanaku (questa per un’ulteriore corrispondenza con Leonardo da Vinci, in realtà), ipotizzandole coeve ma di molto anteriori ad altri siti più moderni, come ad esempio Macchu Pichu e Cusco.


Quel pomeriggio di settembre, dunque, mi ritrovai a fare la più banale delle azioni: presi un’immagine del Perù da Google Earth e vi sovrapposi un’immagine del Triangolo Estivo, che vi ripropongo (Fig. 3).


Il triangolo estivo è un asterismo formato da 3 stelle molto brillanti che, nell'emisfero boreale, appaiono appena dopo il tramonto da giugno ai primi giorni di gennaio; le tre stelle sono Deneb, della costellazione del Cigno, Altair della costellazione dell’Aquila e Vega, della costellazione della Lira. In corrispondenza del triangolo estivo giace la Via Lattea, dove un gruppo di nebulose (Fenditura del Cigno) ne oscura la sua parte centrale e dove è  riscontrata dagli scienziati una altissima concentrazione di energia. Molti dei siti archeologici più antichi si rivolgono a questo preciso riferimento astronomico, in effetti.

Per un ordine geometrico di distanze e proporzioni, mi venne naturale posizionare Deneb (Cigno) su Nazca e Altair (Aquila) su Tiwanaku; la restante stella che compone il triangolo, ovvero Vega, della costellazione della Lira, quella legata alla musica di Leonardo e narrata da Cicerone, identificava (e identifica tutt’ora) un preciso punto all’interno della foresta amazzonica peruviana.

Curiosamente, e forse non incidentalmente, questa stessa sovrapposizione fa sì che l’intera cordigliera delle Ande replichi in terra rispetto ai tre punti così identificati la Via Lattea, allo stesso modo in cui questa attraversa le tre stelle del triangolo estivo.

I bambini sono curiosi, e a volte i ricercatori intuitivi lo sono ancor di più, soprattutto alla presenza di queste numerose coincidenze, quindi volli andare a vedere cosa si celava in quel punto della foresta che mi veniva suggerito dal raffronto intuitivo messo in atto, nascosto tra alberi rigogliosi che sfiorano il cielo e un terreno quasi inaccessibile.

Rimasi totalmente colpito e affascinato nel vedere sotto i miei occhi qualcosa che non sembrava a prima vista naturale, ovvero qualcosa che ricordava una Huaca, cioè quello che in termini quechua, l’antica lingua inca, è un luogo votato al culto: un innaturale sopralzo squadrato con iscritto al suo interno, seppur celato dalla fitta vegetazione, un altro manufatto squadrato ed uno forse circolare (forse un orologio solare, a ricordare quello del Sacsayhuamán  di Cusco (Fig. 4 e 5).



A quel punto, mi venne spontaneo allargare il mio interesse a tutta quanta la zona circostante, colmandomi di incredulità per tutto quello che sempre più emergeva sotto i miei occhi, così diverso da quello che poteva essere scambiato per un semplice abbaglio o auto-condizionamento: un piazzale cerimoniale (Fig. 6), come tanti legati alla cultura pre-incaica peruviana, altri piazzali più piccoli, con scale di accesso laterali (Fig. 7), piramidi squadrate a gradoni, in numero di tre (Figg. 8 e 9), vagamente a ricordare la disposizione delle piramidi di Giza e il Cartone di Sant’Anna oggetto della mia iniziale intuizione e tanto simili a una analoga formazione che si trova in Cusco (Fig. 10) e naturalmente molto, moltissimo altro (Fig. 11) dislocato in un’area di almeno 800 km quadrati a nord e a sud del fiume Timpia.

  

 

  


Sotto i miei occhi, proprio là dove mi suggeriva di guardare quell’involontaria e intuitivamente casuale sovrapposizione tra il triangolo estivo e una mappa satellitare del Perù è apparsa una città, o meglio, quelli che apparentemente e con scarso margine di errore appaiono essere dei luoghi di culto di una antica città megalitica. Nulla a che vedere con le relativamente moderne cittadelle di Macchu Pichu e Choquequirao, o con i vari ritrovamenti sporadici lungo la Valle Sacra degli Inca o di Miraflores, per intenderci.

Il gioco a quel punto è stato semplice.

Le coordinate erano tracciate, e non si poteva più sbagliare: esiste solo una città, ritenuta leggendaria in quanto mai identificata, ipotizzata essere ubicata al confine tra Perù, Brasile e Bolivia: il mito della Ciudad Perdida (la Città Perduta), che da sempre ha affascinato e attirato i ricercatori di tutto il mondo, stimolato la fantasia non solo delle majors hollywoodiane, ma anche la letteratura, la fumettistica, la grafica dei video giochi e molto altro ancora.

Citando Platone, è proprio il caso di dire che "L'astronomia costringe l'anima a guardare verso l'alto e ci conduce da questo mondo a un altro."

Per la precisione dovrei parlare di più miti, al plurale. I miti in questione, infatti, sono quelli anticipati nel titolo di quest’opera, ovvero: Paititi, Eldorado e Akakor.

Il primo mito è legato alle radici storiche di un popolo antico, pre-incaico, arroccato per qualche motivo intuibile sulle Ande peruviane; il secondo mito è legato ai resoconti di chi quel popolo è andato a conquistarlo, violentandolo e spogliandolo della propria identità più profonda, ovvero i cardini della propria cultura millenaria: i Conquistadores spagnoli; il terzo mito è legato a qualcosa di più recente, ovvero il racconto di un giornalista freelance tedesco del canale televisivo ARD, Karl Brugger, che forse proprio a motivo di questo racconto perse la vita su una spiaggia brasiliana negli anni ’80 del secolo scorso.

Ebbene, tutti e tre questi miti leggendari in realtà rimandano proprio a quella città che si nascondeva sotto il fitto della vegetazione amazzonica, fintanto che l’intuizione non mi ha condotto a identificarla.

Akakor, il leggendario regno sotterraneo raccontato al giornalista tedesco Karl Brugger da un indigeno di sangue misto di nome Tatunca Nara (che ha ispirato un episodio della saga di Indiana Jones), viene collocato dal suo narratore tra Brasile e Perù, nelle profondità della selva amazzonica, presso le sorgenti del fiume Purus, uno degli affluenti del Rio delle Amazzoni (Fig. 12).


Per quanto attiene al mito dell’Eldorado, riportato in Occidente attraverso i racconti dei Conquistadores spagnoli e dei cronisti dell’epoca, fortunatamente le indicazioni erano e sono più vaghe e discordanti, così da non permettere fino ad oggi una sua identificazione precisa. Va però detto che tutti i racconti dei cronisti dell’epoca sono concordi nel descrivere questa leggendaria città come il luogo in cui gli Inca si ritirarono dinanzi alle truppe spagnole di Pizarro, portando con sé ori e preziosi, collocandola in una imprecisata area nella foresta amazzonica, a 10 giorni di cammino da Cusco in direzione Est. Questo, fortunatamente, è il motivo che fino ad oggi ha tenuto lontano i ricercatori da questa città leggendaria, portando tutti quanti a cercarla a Est di Cusco, nei pressi di Pantiacolla e dei petroglifi di Pusharo.

Per quanto invece attiene al mito di Paititi, non occorre qui ricordare cosa essa rappresenti in riferimento alla cultura pre-incaica e al suo leggendario creatore Inkarri; voglio invece porre l’attenzione su due ritrovamenti recenti, più utili alla breve trattazione con cui vi sto annunciando questa mia scoperta.

Il primo ritrovamento a cui mi riferisco è stato effettuato nel 2001 dall'archeologo italiano Mario Polia, che scoprì negli archivi dei Gesuiti a Roma il resoconto del missionario Andrea Lopez. In questo documento, risalente al 1600 circa, Lopez descrive una grande città ricca d'oro, argento e gioielli, situata in mezzo alla giungla tropicale nei pressi di una cascata e chiamata Paititi dai nativi; il secondo ritrovamento è invece quello fatto recentemente dalla studiosa italiana Laura Laurencich Minelli, che ha divulgato il libro Exul immeritus Blas Valera populo suo del gesuita Blas Valera, compresi due importanti disegni che vi sono contenuti risalenti al 1618. I disegni sono rappresentazioni stilizzate di un particolare della cordigliera dove, secondo il gesuita oriundo Blas Valera, sarebbe ubicata la cittadella del Paititi.

Questi due disegni sono a me cari perché, al pari del modo in cui Leonardo da Vinci ritrae la mia città nello sfondo della Gioconda, hanno la particolarità di presentare la cordigliera vista sia dal lato della selva che da quello della sierra (Figg. 13 e 14). Questi disegni, secondo gli studiosi, hanno aperto nuove ipotesi sulla reale ubicazione del Paititi, che come detto finora era sempre stata cercata ad est di Cusco, nella zona di Pantiacolla, dove sia le piramidi poi rivelatesi naturali e sia i  petroglifi di Pusharo giustificavano forse agli esploratori un approfondimento d’ispezione.

  

Quest’ultimo ritrovamento espressione della testimonianza di Blas Valera ci permette di apprezzare una somiglianza assai intrigante con la formazione di montagne posta esattamente al centro dell’area in cui ho individuato il ritrovamento annunciato, che sta esattamente tra il Rio Timpia e un suo emissario (Fig. 15), con un esplicito richiamo ai manufatti riportati in Figg. 4 e 6, tra gli altri. E’ curioso notare che la visione del Paititi dal lato della selva (quindi direzione nord-sud, Fig. 13), infatti, presenta sia il piazzale cerimoniale (Fig. 6) e sia la potenziale Huaca del Sol (Fig. 4), mentre la visione dal lato della sierra (per questo marroncina, e quindi direzione sud-nord, Fig. 14) presenta in cima alla montagna l’avvoltoio (espressione della costellazione della Lira, tra l’altro) e una serie di figure al livello del fiume, probabilmente una serie di petroglifi simili a quelli di Pusharo.

Appare dunque confortante, a conferma del fatto che con ottima approssimazione ci troviamo dinanzi alla Città Perduta, non solo il fatto che l’individuazione del sito sia determinata attraverso un preciso riferimento astronomico, molto importante per le antiche culture coeve a Tiwanaku e alle linee di Nazca, così come per altri insediamenti megalitici che esulano dalle datazioni moderne tipo Stonehenge in Inghilterra, Gobeki Tepe in Turchia o Carahunge in Armenia, ma è confortante anche il fatto che essa coincida con l’area in cui, dal punto di vista leggendario, questa città chiamata in svariati modi sia di fatto sempre stata idealmente ubicata.

Chiaramente solo una seria e articolata campagna di scavi in loco potrà dare la certezza assoluta dell’effettivo ritrovamento, e per questo motivo, a questo punto, devo svelare che questa non è l’unica scoperta legata all’eccezionale ritrovamento che vi sto annunciando.

Per questo motivo, oggi, avrei voluto al mio fianco i rappresentanti del Ministero della Cultura, da me più volte sollecitati, e dell’Istituto Nazionale di Cultura peruviani, ma per quanto ora andrò a esporre non mi è possibile attendere oltre.

L’area in cui si trova questo mio ritrovamento è situata al confine con un’area che, in Perù, tutti ben conoscono come Lotto Camisea 88, interessata dalle contestatissime perforazioni per l’estrazione di gas naturale, che rischiano seriamente di compromettere il delicato equilibrio di uno degli ultimi ecosistemi incontaminati del nostro pianeta. A questo si aggiunga il fatto ancor più rilevante che sia l’area di concessione per l’estrazione del gas e sia la città ritrovata insistono sul territorio che da sempre appartiene ai nativi, ovvero la Riserva dei Nahua-Nanti, oggi interessata anche da una nuova concessione che porta un nome funesto, per quanto in passato ha comportato proprio per i nativi indiani della zona: l’area Fitzcarrald (Figg. 16, 17, 18, 19).






In questa riserva, destinata dal governo peruviano ai nativi, esistono ancora oggi molte unità di incontattati, cui già da tempo alcune associazioni internazionali stanno volgendo la propria attenzione al fine di preservarli e garantire loro una sopravvivenza oggi gravemente minacciata dalle attività di sondaggio e estrazione di gas e petrolio e da tagliatori di legna alla ricerca del prezioso mogano 

Molti accampamenti di questi incontattati sono stati da me identificati proprio all’interno del territorio su cui insistono le rovine oggetto di questa mia comunicazione, quasi avessero voluto mantenere saldo e alimentare un ideale cordone ombelicale con le radici etniche e culturali da cui discendono, senza mai abbandonarlo, come dimostra questa immagine (Fig. 20) raccolta a soli 4 km da quello che dovrebbe essere il piazzale cerimoniale dell’Inti Raymi (Fig. 6). Di questi accampamenti ne ho individuati almeno una quindicina, tutti situati tra un edificio e l’altro, come parzialmente racconta l’immagine successiva. (Fig. 21).

  

L’altissima posta in gioco è quindi comprensibilmente alta, e gli innumerevoli interessi coinvolti da questa mia scoperta e dal modo allargato con cui ho voluto darne conoscenza non dovrebbero lasciare nessun individuo abitante il nostro pianeta indifferente, poiché riguarda la storia di tutti noi, la terra che ci ospita e conseguentemente il nostro futuro. Non avrebbe avuto senso denunciare questo ritrovamento in altro modo, se non dando rilievo più all’oggetto ritrovato che non al prestigio del suo ritrovatore.

Diceva Oscar Wilde:

“Solo conoscendo il nostro passato possiamo conoscere il nostro futuro”.

Se vogliamo consegnare ai nostri figli un futuro migliore, dobbiamo preservare ciò che più di ogni altra cosa è legata al nostro passato e a quel patrimonio infinito di conoscenze che abbiamo sacrificato in nome di un progresso che forse si presenta tale nelle sue manifestazioni materiali, ma che in realtà è un regresso vero e proprio nel rapporto subordinato con cui l’uomo dovrebbe porgersi al cospetto della natura, se vuole preservare in salute lo straordinario pianeta che ci ospita.

Per questo motivo ho voluto interrompere i tempi di attesa, rispettando però quelle che erano le scadenze annunciate al Governo peruviano, affinché possano essere attivate da subito tutte le iniziative per mettere in sicurezza l’area innanzitutto, al fine di evitare che male intenzionati o cercatori di tesori senza scrupoli possano invadere e compromettere l’integrità della zona individuata, ma soprattutto possano costituire una pericolosa minaccia per gruppi di individui che, non avendo mai avuto contatti diretti con alcuna forma di realtà civilizzata, possano essere da queste gravemente compromessi.

Invoco inoltre l’intervento dell’Unesco, di cui la Riserva Nahua-Nanti è patrimonio prezioso, e l’ONU affinché una campagna di scavi venga condotta a livello intergovernativo e, poiché per decisione della Corte Suprema del 2003 il territorio interessato appartiene per legge ai nativi, venga ad essi concesso il massimo della tutela e dell’attenzione, affinchè cessino disboscamenti, sondaggi ed estrazione di gas naturali e petrolio e sia preservata immediatamente la zona da attività di esplorazione senza coordinamento, perché anche solo un raffreddore, per queste persone, può essere letale.

Spero altresì che a seguito di questo mio annuncio, si possa creare come detto un coordinamento intergovernativo, finanziato con sponsorizzazioni pubbliche e private, auspicando, come detto da subito, un intervento diretto del governo peruviano, affinchè l’area sia protetta dalla naturale curiosità di studiosi e cercatori di tesoro senza scrupoli, fintanto che non sia data l’opportunità, come per altri siti, di una visita organizzata e regolamentata.

Oggi ci troviamo dinanzi a quello che è probabilmente uno dei più antichi e incontaminati ritrovamenti archeologici della nostra storia, e preservandolo e rispettandolo come esso merita forse avremo fatto un grande, un grandissimo passo verso quella riconversione di uno stile di vita ormai insostenibile e che oggi si dimostra fallimentare nelle sue strutture portanti, anche e forse soprattutto attraverso le continue manifestazioni che la natura, per troppo tempo violentata e inascoltata, ogni giorno ci manifesta.

Per questo motivo, e solo per questo, ho deciso di dare a questo mio ritrovamento l’annuncio pubblico nella forma in cui lo state vedendo, affinché ad altri sia impedito penetrare in quella zona senza una completa e responsabile tutela del patrimonio e delle popolazioni interessate, e poter riconsegnare alla conoscenza una pagina importante della storia dell’uomo, in cui i cicli delle stagioni e il ritmo della vita era scandito senza eccezioni dall’unica legge realmente sovrana, la legge naturale:

“ La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.” (Galileo Galilei)

Vorrei allora chiudere questa mia comunicazione con un invito, che al tempo stesso rappresenta un augurio per tutti noi e che spero divenga un motto per la direzione che in futuro governi e governati facciano propria; l’invito è la contrazione assoluta di uno dei più bei scritti mai consegnatici da quello che è ritenuto essere il Sommo Poeta, e ci ricorda cosa realmente scandisce le nostre stagioni:

“Nel mezzo del cammin di nostra vita … tornammo a riveder le stelle”

Solo allora avremo un futuro decoroso da consegnare ai nostri figli.

Merce di Scambio

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Nancy Lynn Hopkins racconta in poche righe come l'atto di iscrivere il proprio figlio agli uffici anagrafici di ogni Paese del Mondo sia di fatto una CESSIONE DI PROPRIETA' del bambino stesso, dai genitori in favore dello Stato di appartenenza che però, di fatto,  è una società per azioni (corporation) regolarmente iscritta nei registri della SEC...

Un titolo, valido e solvibile per richiedere un controvalore... Magari un prestito al Fondo Mondiale Internazionale, o alla Word Bank o alla stessa BCE.... Bene a sapersi, no?

Ci chiamano Uomini di Paglia, Strawmen, effigi, valori su carta...

Non importa se sei bella o brutta, grassa o magra, se hai l'artrosi o stai andando all'asilo: TU sei un PEGNO, con tutti gli altri che hai intorno.

Come l'anello di nonna che porti al Monte di Pietà o dal Compro Oro per farti dare qualche soldo, quando sei in difficoltà. Un PEGNO per chiedere DENARO.

Pensa a tuo padre, mentre tua madre era ancora in ospedale con tuo figlio... Pensa alla sua gioia, quando ha firmato quel polveroso registro o quel modulo. E pensa cosa stava facendo, senza saperlo...

COME IL TUO CERTIFICATO DI NASCITA VIENE QUOTATO IN BORSA.

In un precedente post ho raccontato la strana storia di come la Repubblica d'America è stata modificata in una una società chiamata Stati Uniti. 

In quel post mi sono concentrata sulla Corporation e il suo rapporto con il sistema giudiziario. Lo stesso Bill Brockbrader si è dichiarato sovrano ed esigeva che la Legge "materiale" prendesse coscienza della situazione.

Questo post illustra come la condizione di società per azioni abbia condotto i cittadini degli Stati Uniti ad essere considerati come una GARANZIA, per essere acquistati e venduti in Borsa.

Cominciamo con il NORMALE CERTIFICATO DI NASCITA STATUNITENSE


Questo indirizzo è utilizzato per il rilascio del certificato di nascita, che è in realtà una Bank Note (un titolo di valuta, un pagamento a vista). Questa Bank Note / certificato di nascita è inviato allo Stato in cui il "nato vivo" è stato registrato.

Lo Stato fa una copia autentica e che manda al Dipartimento del Commercio, Washington, DC 

Da lì parte un'altra nuova copia autentica che viene inviata al Fondo Monetario Internazionale (FMI) a Bruxelles, in Belgio. Il FMI è centro del mondo della International Banking. Quella Bank Note / certificato di nascita è ora elencata come un bene collaterale (collateral accounts) per gli Stati Uniti IN QUALITA' DI CORPORATION. Ora la società quindi può prendere un prestito, utilizzando il VOSTRO certificato di nascita come garanzia. 

Nel momento in cui lo fa, questa pratica è totalmente illegale.

Perché? 

Bene, perché questa è probabilmente la prima volta che sentirete parlare di questa ENORME truffa!

Mentre ci sono molti articoli su questo argomento a disposizione, le informazioni specifiche per quanto riguarda l'esempio del certificato di nascita che stiamo usando sono al seguente link: 


La prima cosa che si nota su molti certificati di nascita rilasciati dai primi anni del 1960 è l'uso di riportare il nome di battesimo in SOLE LETTERE MAIUSCOLE. 

Questo è un nome fittizio, legale, che non identifica la persona nuova nata, ma crea un " Strawman " (UNO SPAVENTAPASSERI, letteralmente, ossia un sorta di UOMO DI PAGLIA, SIMULACRO). 

Il genitore che faccia richiesta di iscrizione all'anagrafe e richiede il certificato di nascita è come se cedesse legalmente la proprietà del suo bambino agli Stati Uniti CORPORATION.

Le altre grafie (quindi iniziale maiuscola e il resto minuscolo) hanno lo stesso effetto di creare uno strawman e non sono altro che il nome esatto impartito al momento della nascita, come il nome Nancy Lynn Hopkins. Se il cognome è davvero Hopkins, Nancy Lynn è l'uomo di paglia.

Nota personale: 

Quando ho fatto domanda per l'esercito degli Stati Uniti, ho detto il mio nome era Nancy Lynn Hopkins. Ma sul certificato di nascita il nome è stato scritto Nancy Lyn Hopkins (con una solo "n" nel secondo nome Lynn). 

Io e ciascuno dei miei genitori abbiamo dovuto firmare un "affidavit" (scarico di responsabilità, una sorta di liberatoria) che il mio nome legale era stato scritto CORRETTAMENTE (pur essendo sbagliato) quindi Lynn e non Lyn. 

E solo ora capisco perchè era così necessario.

Da notare anche le parole "American Bank Note Company". 

Questa è una vera chicca sul bordo del certificato (vedi freccia rossa). 

Voi riuscirete solo ad ottenere una copia del certificato, al massimo come nell'esempio, una copia conforme all'originale.

   

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