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Le Campane Tibetane

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Secondo la Tradizione indiana il cosmo ha avuto origine dal suono che è una forma di energia molto potente. Il suono originario è l’OM, il suono sacro primario ed il primo movimento vibrazionale da dove veniamo ed al quale ritorneremo.

Perciò la musica che è in grado di risvegliare la coscienza del sé con le vibrazioni sonore primordiali è considerata sacra ed in particolare quella delle campane tibetane ci fa entrare in contatto con la parte più profonda di noi stessi favorendo uno stato di benessere e di meditazione, permettendoci di ritrovare quella sensazione di unità tra corpo e spirito che ci appartiene ma che spesso dimentichiamo.

Le campane tibetane riproducendo la vibrazione sonora originaria dell’OM ci permettono di affrontare il tema degli effetti del suono sulla mente, sul corpo e sullo spirito dato che il modo più semplice di comunicare della materia cellulare vivente è tramite le vibrazioni sonore.

Cercherò ora di illustrare i fenomeni connessi all’utilizzo delle campane tibetane dal punto di vista storico, simbolico, terapeutico e conoscitivo.

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Cenni storici

Le campane tibetane (“singing bowls”), sono strumenti sonori diffusi soprattutto in Tibet, in Nepal, ma anche in India , Giappone e Cina.

La loro origine risale probabilmente a circa 3000 anni fa, cioè in un periodo precedente al Buddismo. Secondo la tradizione, in quel periodo in Asia si praticava una forma di culto animistico chiamata Bon. Questa particolare forma di sciamanesimo attribuiva al suono delle campane, ma anche di altri strumenti come cimbali (ting-sha) e gong, un grande potere di guarigione, e la capacità di avvicinare l’uomo alla divinità.

Anticamente si narra che le campane venissero prodotte durante determinati periodi dell’anno ed in corrispondenza di fasi lunari adeguate, in concomitanza a pratiche legate al culto del fuoco. Si dice che venissero recitati dei mantra durante la forgiatura per decidere lo specifico potere ed uso della campana. Si narra di Campane tibetane mitiche, antichissime, venerate da tutti i monaci del Tibet. I monasteri che le custodivano erano meta di pellegrinaggio da parte di monaci e fedeli laici che desideravano ricevere beneficio ed illuminazione dall’ascolto del loro suono.

Le campane tibetane cominciarono a diffondersi in Occidente negli anni ‘50, dopo l’occupazione del Tibet da parte della Cina. In seguito all’occupazione cinese, molti monaci fuggirono dal Tibet. Quando in Europa cominciarono a diffondersi i monasteri le campane furono adoperate per le pratiche religiose. Da quel momento le campane furono impiegate anche per il loro potere curativo nella suonoterapia.

Le campane tibetane

Sono formate con una lega derivante dalla fusione di sette metalli che corrispondono simbolicamente a ciascuno ai sette pianeti del sistema solare ed il loro suono è in grado di armonizzare i sette centri energetici – chakra – a seconda della nota prevalente e delle sue armoniche. Il suono caratteristico di ciascuna campana varia in base alla proporzione dei componenti della lega, alla forma ed allo spessore; e viene provocato da un batacchio di legno con il quale si possono esercitare dei rintocchi o una vibrazione sonora continua facendolo girare lungo il bordo della campana. Sebbene ciascuna campana tibetana emetta una o 2 note prevalenti, esse riproducono la vibrazione dell’OM (il mantra originario) che si è propagato al momento della nascita dell’universo.

Secondo la simbologia cosmica le relazioni tra i 7 metalli ed i pianeti è la seguente:

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Le Campane Tibetane producono quindi suoni in armonia con le vibrazioni delle sfere celesti, e trasmettono queste vibrazioni a chi le suona o anche semplicemente le ascolta. Questo fenomeno si chiama, in termini tecnici, “concordanza di fase” e si ottiene quando due onde tendono ad unirsi e a vibrare all’unisono. Grazie a questo fenomeno, quando si percuote una campana tibetana si creano delle forti vibrazioni che si propagano lungo il braccio (se la campana viene tenuta sul palmo della mano) o lungo il punto di appoggio della campana stessa (nel caso ad esempio in cui venga appoggiata sui chakra), massaggiandolo in profondità.

Si viene così a creare una concordanza di fase fra la campana e la persona che vi è a contatto (biorisonanza) producendo di solito uno stato di profonda quiete interiore ed esteriore che può andare anche al di là del semplice rilassamento. Il corpo umano è un insieme di vibrazioni e onde, e se gli organi sono sani, vibrano alla giusta frequenza, mentre quelli ammalati hanno una frequenza disturbata. Le vibrazioni delle campane tibetane richiamano la frequenza armoniosa originale e stimolano così il corpo che entra in sintonia con la sua frequenza ritrovando autonomamente le proprie frequenze armoniose.

Un altro modo di adoperare le campane tibetane è quello di tenere la ciotola nella mano sinistra appoggiandola sulla punta delle 5 dita. Fisicamente questa impugnatura consente la massima vibrazione della campana, e da un punto di vista simbolico rappresenta una energia femminile yin di contenimento (la ciotola) sostenuta dalle 5 “buddhità” (le dita), poiché ogni dito rappresenta una forma di manifestazione del Buddha.

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Le sette note musicali prodotte dalle sette campane tibetane possono riequilibrare i 7 chakra corrispondenti.

Suonoterapia con le campane tibetane

Secondo la medicina tradizionale ogni malattia nasce da una disarmonia fra il corpo e lo spirito (mente), come ad esempio nel caso di traumi fisici e morali che rompono l’equilibrio psico-fisico. Infatti, il corpo umano è pervaso di onde di energia che si propagano tra gli organi e che fanno vibrare l’organismo come uno strumento musicale.

Se le frequenze delle vibrazioni si distorcono in alcune regioni corporee a causa di disturbi psico-fisici si determinano degli accumuli e blocchi energetici; le campane possono riportare in armonia l’organismo riequilibrando i chakra corrispondenti perché producono un campo vibrazionale armonico che entra in risonanza con il nostro corpo riarmonizzandolo. Per i suoi effetti benefici il massaggio sonoro con le campane tibetane (suono terapia) è sempre più adoperato e garantisce un rilassamento profondo e totale dell’organismo, in quanto, essendo il corpo umano composto in prevalenza di acqua, la vibrazione raggiunge ogni piccola parte del corpo, anche in profondità.

I principali vantaggi sulla salute mediante il massaggio sonoro sono: stimolare l’energia vitale, favorire il rilassamento, combattere l’insonnia, migliorare la concentrazione, sincronizzare gli emisferi cerebrali, migliorare la respirazione.

Queste considerazioni sulla suonoterapia ci permettono di comprendere meglio quanto sia importante l’effetto dell’ambiente sonoro in cui viviamo abitualmente.

Infatti ogni giorno nella nostra vita siamo soggetti a dei veri e propri bagni sonori, spesso deleteri, come quando siamo immersi nel traffico o in metropolitana, ed è per questo che bisogna fare attenzione alla propria “dieta sonora”, cercando di dedicare più tempo ai suoni benefici, come passare del tempo in mezzo alla natura, tra il canto degli uccelli, il suono delle onde del mare, il silenzio meditativo della montagna, ecc…

Le frequenze vibrazionali naturali

Lo studio delle frequenze vibrazionali ha portato ad alcune interessanti considerazioni. Il nostro corpo nel suo stato più naturale e rilassato vibra ad una frequenza fondamentale che va dai 7,8 agli 8 cicli al secondo (Hertz); la Terra vibra anch’essa alla frequenza fondamentale di circa 8 cicli al secondo (la cosiddetta risonanza Schumann). Per tale ragione il nostro organismo e la Terra sono in sintonia vibrazionale e questa sintonia è ancora più evidente al livello del sistema nervoso quando si raggiunge lo stato meditativo di serena vigilanza durante il quale vengono emesse onde alfa con frequenza di circa 8 cicli al secondo.

Anche le campane tibetane emettono onde alfa simili alle onde cerebrali con frequenze comprese tra gli 8 e i 12 Hertz, ed hanno una configurazione regolare e sincronizzata; ciò spiega il loro effetto riarmonizzante. Per comprendere meglio il fenomeno si consideri che le onde cerebrali possono emettere quattro frequenze distinte ognuna delle quali corrisponde a determinati stati di coscienza:

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onde beta: sono prodotte dal cervello in stato di veglia;
onde alfa: sono prodotte dal cervello in stato di calma e meditazione;
onde teta: corrispondono allo stato di dormiveglia o sonno leggero;
onde delta: sono associate al sonno profondo.

Da questa suddivisione appare chiaro che l’emissione di onde alfa (con frequenze dagli 8 ai 12 Herz) da parte delle campane tibetane è in grado di favorire lo stato di coscienza che conduce alla calma ed alla meditazione.

La danza dell’acqua

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Una miriade di goccioline si generano durante la risonanza di una campana tibetana contenete dell’acqua. Un fenomeno degno di nota che riguarda le campane tibetane è quello che si verifica quando si pone dell’acqua dentro di esse e si fanno risuonare. Le vibrazioni fanno increspare l’acqua che zampilla in centinaia di goccioline che corrono sospese sulla superficie in un’incredibile danza.

Nel 1831 la fisica di Michael Faraday dimostrò che quando un fluido orizzontale viene fatto vibrare in senso verticale la sua superficie rimane piatta fino a un valore limite dell’accelerazione: a quel punto sulla superficie si formano delle onde che oscillano con una frequenza pari a metà della frequenza incidente. Man mano che aumenta la forza impressa, cioè man mano che aumentiamo la velocità con cui facciamo girare il batacchio sul bordo della campana tibetana, si originano onde di forme più complesse. Infine le onde diventano non quantificabili, la superficie si rompe e si formano delle goccioline che rimbalzano, rotolano e scivolano sulla superficie. Gli scienziati le chiamano walker drops (gocce camminatrici).

Affinché le goccioline camminatrici permangano devono rimbalzare a una determinata frequenza, pari alla metà della frequenza dell’accelerazione impressa cosicché entrino in risonanza con le onde sulla superficie dell’acqua. Inoltre l’acqua deve trovarsi in una condizione molto vicina al valore limite dell’accelerazione stabilito da Faraday in modo che le onde più ampie e lunghe interagiscano con le goccioline che cadono. Ogni gocciolina rimbalza sul fianco dell’onda che si è creata al precedente rimbalzo e riceve un impulso in una direzione specifica lungo la quale procede a velocità costante.

Perciò queste goccioline camminatrici presentano sia un comportamento da particella che un comportamento da onda; questo doppio comportamento corpuscolare-ondulatorio è tipico delle particelle subatomiche descritte dalla meccanica quantistica e riflette la visione buddista del modo fenomenico. Si chiedono, allora, i ricercatori se da queste antiche campane per la meditazione possano emergere importanti considerazioni riguardanti la moderna fisica che, secondo i monaci, si sta sempre più avvicinando alla conoscenza tradizionale buddista ed induista. Particolare in cui si notano alcune goccioline sferiche generate dalla vibrazione di una campana tibetana.

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Riassumendo, le campane tibetane costituiscono una pratica alchemica ancestrale che viene oggi riosservata ed analizzata anche al livello scientifico, permettendo così una compenetrazione unificatrice tra la conoscenza “antica” e quella “moderna”. Uno studio di acustica e fluidodinamica analizza il suono e le vibrazioni della coppa di metallo e della superficie dell’acqua in una campana tibetana e scopre come rispondono a determinate frequenze.

È un suono profondo e vibrante che incanta anche i profani, e ancora di più incantano gli straordinari zampilli che si creano se la ciotola è riempita d’acqua e si fa scorrere un batacchio di legno lungo il suo bordo: le vibrazioni fanno increspare l’acqua che zampilla in centinaia di goccioline che corrono sospese sulla superficie in un’incredibile danza.

Non è facile spiegare con la fisica questi fenomeni. Ci hanno provato Denis Terwagne dell’Università di Liegi e John W. M. Bush del Dipartimento di Matematica del MIT di Boston. Il loro lavoro è pubblicato sulla rivista Nonlinearity.

Hanno cominciato con riprendere la fisica di Michael Faraday che nel 1831 dimostrò che quando un fluido orizzontale viene fatto vibrare in senso verticale la sua superficie rimane piatta fino a un valore limite dell’accelerazione: a quel punto sulla superficie si formano delle onde che oscillano con una frequenza pari a metà della frequenza incidente. Man mano che aumenta la forza impressa, cioè man mano che aumentiamo la velocità con cui facciamo girare il batacchio sul bordo della campana tibetana, si originano onde di forme più complesse. Infine le onde diventano caotiche, la superficie si rompe e si formano delle goccioline che rimbalzano, rotolano e scivolano sulla superficie. Gli scienziati le chiamano walker, “camminatrici”.

Affinché le goccioline camminatrici permangano devono rimbalzare a una determinata frequenza, pari alla metà della frequenza dell’accelerazione impressa cosicché entrino in risonanza con le onde sulla superficie dell’acqua. Inoltre l’acqua deve trovarsi in una condizione molto vicina al valore limite dell’accelerazione stabilito da Faraday in modo che le onde più ampie e lunghe interagiscano con le goccioline che cadono. Ogni gocciolina rimbalza sul fianco dell’onda che si è creata al precedente rimbalzo e riceve un impulso in una direzione specifica lungo la quale procede a velocità costante.

Queste goccioline camminatrici presentano sia un comportamento da particella che un comportamento da onda; questo doppio comportamento corpuscolare-ondulatorio è tipico delle particelle submicroscopiche descritte dalla meccanica quantistica.

Si chiedono, allora, i ricercatori se da queste antiche campane per la meditazione possa emergere la moderna fisica.


La Prigione del Pensiero

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E’ arduo immaginare un’età più tossica di quella in cui viviamo. Dall’A di alluminio alla Z di zinco, l’ambiente rigurgita di veleni. Aggiungiamo le radiazioni nucleari, i pesticidi, la diossina, il benzene, gli additivi, gli edulcoranti artificiali… ed il quadro sarà... incompleto. Quando respiriamo, quando beviamo e ci nutriamo, sappiamo che respiriamo morte, sappiamo che ci alimentiamo con la morte. 

Come se non bastasse, a guisa di complemento, l’attuale coscienza dell’umanità è “inquinata alle radici” (I. Svevo). Il bombardamento che la coscienza subisce per opera dei media non è meno deleterio della contaminazione fisica. Proprio come non si riesce più a contemplare un cielo naturale, azzurro e solcato da nuvole vaporose, così è diventato utopico accostarsi alla vita collettiva, senza restare invischiati nell’”informazione” e nella “cultura” di regime. 


Tutto è filtrato, distorto, stravolto, sfigurato come in un quadro di Francis Bacon. L’erudito di un tempo poteva compulsare fonti più meno attendibili e veridiche; oggi, prima di reperire un documento genuino, uno studioso deve sciropparsi centinaia di resoconti spuri, di bolse sceneggiature. 

Una volta si distingueva tra cronaca e storia (meglio storiografia): la prima, pur nel suo corto respiro, nel suo limitato orizzonte, presupponeva il dignitoso e difficile lavoro dell’inviato che in loco raccoglieva testimonianze e notizie circa il “fatto” per poi scrivere il suo pezzo. Da tempo la storiografia è defunta, ma ormai anche la cronaca è agonizzante. 

Se oggi nascesse un Tacito, riuscirebbe a ricostruire e ad interpretare un periodo quale il nostro, in cui la più fanatica finzione e la propaganda più delirante hanno soppiantato la genesi e la concatenazione degli eventi? Dovrebbe affidarsi a Fichipedia ed a scartafacci simili: il risultato sarebbe disastroso. 

Ormai ad inficiare qualsiasi indagine non è solo la censura, quanto la composizione di “romanzi mediatici”, al cospetto dei quali scemeggiati televisivi come “Ultimo”, risultano più credibili e coerenti. 

Il servizio pubblico è snaturato ad impudico disservizio, l’informazione è degenerata in quotidiana montatura. Non si salva più alcunché: la ricerca scientifica è ostaggio di baronie universitarie, le scuole, quando non sono prigioni del pensiero, sono agenzie turistiche in cui insegnanti-tour operators si affannano per cercare mete che non siano teatri del prossimo false flag. 

Le facoltà intellettive dell’umanità sono state azzerate. Prima è stata distrutta la fantasia, la capacità di creare ed immaginare, poi sono state erose le abilità dialettiche: persino il sistema aristotelico, con la sua binaria e rigorosa semplicità, è stato intaccato in modo irreversibile a tal punto che è difficile imbattersi in una persona dotata di un pur embrionale “organo” logico. 

Oggidì gli uomini non pensano: in vece loro, ad elaborare “concetti” e ad esprimersi è la televisione. Si ripetono i luoghi comuni del piccolo schermo, persino usando lo stesso telidiota idioletto.
Il dissenso non è possibile, non in quanto la scure del controllo si sia abbattuta sulla libertà d’opinione, ma perché tale libertà non si manifesta più, sostituita dal livellamento, dall’abitudine a “ragionare” tutti allo stesso modo, a reagire secondo schemi pavloviani. L’unica reazione è l’assuefazione. 
Soprattutto gli uomini non avvertono più né l’esigenza di conoscere né quella di palesare le proprie idee, perché non ne hanno più. Questo panorama desolante sembra coinvolgere ogni classe sociale, ogni generazione in maniera indistinta.

Decenni fa si levava qualche voce critica (si pensi a Montale o a Pasolini): la classica vox clamantis in deserto non era ascoltata, ma si levava. Attualmente le voci tacciono e nella waste land non si ode un’eco che sia una. 

Vero è che esistono le eccezioni, ma una rondine non fa primavera. Tra l’altro anche le rondini e le primavere sono soltanto un pallido ricordo di un tempo per sempre tramontato. 

Nessuno va alla recherche di un tempo che non si è neppure consapevoli di aver perduto. 

Documentazione riepilogativa sul complotto del Britannia

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La strategia anglo-americana dietro le privatizzazioni in Italia: il saccheggio di un'economia nazionale

Il 2 giugno 1992, a pochi giorni dall'assassinio del giudice Giovanni Falcone, si verificava in tutta riservatezza un altro avvenimento che avrebbe avuto conseguenze molto profonde sul futuro del Paese. Il «Britannia», lo yacht della corona inglese, gettava l'ancora presso le nostre coste con a bordo alcuni nomi illustri del mondo finanziario e bancario inglese: dai rappresentanti della BZW, la ditta di brockeraggio della Barclay's, a quelli della Baring & Co. e della S.G. Warburg. A fare gli onori di casa era la stessa regina Elisabetta II d'Inghilterra. Erano venuti per ricevere alcuni esponenti di maggior conto del mondo imprenditoriale e bancario italiano: rappresentanti dell'ENI, dell'AGIP, Mario Draghi del ministero del Tesoro, Riccardo Gallo dell'IRI, Giovanni Bazoli dell'Ambroveneto, Antonio Pedone della Crediop, alti funzionari della Banca Commerciale e delle Generali, ed altri della Società Autostrade.

Si trattava di discutere i preparativi per liquidare, cedere a interessi privati multinazionali, alcuni dei patrimoni industriali e bancari più prestigiosi del nostro paese. Draghi avrebbe detto agli ospiti inglesi: "Stiamo per passare dalle parole ai fatti". Da parte loro gli inglesi hanno assicurato che la City di Londra era pronta a svolgere un ruolo, ma le dimensioni del mercato borsistico italiano sono troppo minuscole per poter assorbire le grandi somme provenienti da queste privatizzazioni. Ergo: dovete venire a Londra, dove c'è il capitale necessario.

Fu poi affidato ai mass media, ed al nuovo governo Amato, il compito di trovare gli argomenti, parlare dell'urgente necessità di privatizzare per ridurre l'enorme deficit del bilancio. Al grande pubblico, sia il governo che i mass media hanno risparmiato la semplice verità che il "primo mobile" dietro tutto il dibattito sulle privatizzazioni è costituito dalle grandi case bancarie londinesi e newyorkesi. L'obiettivo è semplicemente quello di prendere il controllo di ogni aspetto della vita economica italiana sfruttando le numerose scuse di ingovernabilità, corruzione, partitocrazia, inefficienza, ecc.

Prima di esercitarci a calcolare quante lirette il ministero del Tesoro potrebbe ottenere dalla svendita dell'ENI, dell'IRI ecc., cerchiamo di mettere in luce i presupposti filosofici dei banchieri londinesi e dei loro associati newyorkesi della Goldman Sachs, Merrill Lynch e Salomon Brothers e dei loro sostenitori nel Fondo Monetario Internazionale, nell'OCSE e nel mondo dei mass media. Queste grandi finanziarie di New York e Londra su cui si fonda il potere anglo-americano gestiscono il gioco della liberalizzazione dei mercati internazionali. Ne scrivono e riscrivono le regole per massimizzare di volta in volta i profitti. 

A Bruxelles contano su sir Leon Brittan, fratello del Samuel Brittan direttore del Financial Times. Fino al gennaio 1993 Leon Brittan è stato Commissario della CEE per la Politica di Concorrenza ed è l'autore delle regole bancarie ed assicurative che hanno favorito Londra, tanto criticate sia dalla Germania che dagli altri paesi membri della CEE. Sir Leon era un esponente del governo della Thatcher quando improvvisamente, nel gennaio del 1986, si dimise per andare a Bruxelles.

Nonostante le illusioni di grandeur, Parigi è un centro finanziario che non può tener testa alla prepotenza anglo-americana, e lo stesso discorso vale per i finanzieri di Francoforte, così come quelli del Sol Levante. Pur disponendo delle maggiori istituzioni bancarie e assicurative, il Giappone non è in grado di offrire una valida resistenza alle manipolazioni finanziarie anglo-americane.

La globalizzazione e il "Big Bang" londinese

La formula che gli anglo-americani tentano oggi di spacciare ai governi di tutto il mondo, convincerli cioè a svendere i patrimoni dello stato per ottenere qualche liquido con cui far fronte al dissesto del bilancio ed al tempo stesso "promuovere la competitività", fu collaudata dalla finanza londinese alla fine del 1979, in particolare dalla N.M. Rothschild & Co., che coordinò la svendita generale per conto del governo della "Lady di Ferro".

Così un ristretto gruppo di finanzieri ha dominato per quasi 12 anni l'economia inglese. Principalmente si tratta di esponenti della Società Mont Pelerin, come i consiglieri della Tatcher Karl Brunner, sir Alan Walters, lord Harris of High Cross ed altri ancora. La Società Mont Pelerin è stata presieduta internazionalmente fino a poco tempo fa dall'economista arciliberista Milton Friedman, ascoltatissimo dal Presidente Ronald Reagan.

Friedman è l'architetto della politica economica imposta al Cile dalla dittatura di Augusto Pinochet. Essa si riduce all'idea di tenere il governo fuori da ogni intervento e lasciare che gli interessi privati facciano il bello e cattivo tempo. Friedman fece scalpore quando propose che l'eroina e gli altri stupefacenti venissero considerati alla stregua di una "merce" normale, in modo da permettere al consumatore di "scegliere liberamente" se acquistarla o meno.

Sotto la rivoluzione "liberistica" imposta dalla Thatcher sono state messe all'asta le imprese migliori dell'Inghilterra, dalla British Petroleum alle compagnie del gas e dell'acqua, fino alla industria militare Vickers. Da quando la Thatcher è stata costretta ad andarsene vengono pian piano alla luce informazioni sempre più precise di come ad arricchirsi spudoratamente in quella "privatizzazione" furono principalmente gli amici della Lady di Ferro.

D'altro canto quel "collaudo" dimostra come non sia affatto vero che l'industria, una volta privatizzata, diventi più efficiente. Dopo 13 anni di thatcherismo, quella britannica è la più arretrata tra le grandi economie europee. Negli investimenti per la Ricerca e Sviluppo del settore macchine industriali ed automobile, l'Inghilterra è stata superata anche dall'Italia. L'essenza del "liberismo" thatcheriano è dare la priorità assoluta alla finanza, a scapito dello sviluppo industriale dell'economia nazionale.

Questa degenerazione britannica toccò il fondo nell'ottobre del 1986, quando il governo decretò la completa deregolamentazione finanziaria della City di Londra, che fu chiamata il "Big Bang". Poco meno di un anno dopo, la borsa di Londra crollò insieme a tutte le altre, travolte dalla frenetica spirale di speculazioni e truffe da essa iniziata.

In Inghilterra il “problema” delle ditte di proprietà statale, come la British Leyland o la Jaguar, non era il fatto che esse fossero di proprietà dello stato, ma piuttosto che questo stato, amministrato dal governo della Thatcher, non volle impegnarsi in una oculata politica di pianificazione degli investimenti industriali, cosa caratteristica ad esempio del MITI in Giappone, perché quel governo esprimeva gli interessi dell'alta finanza e non quelli delle capacità produttive del paese. Oggi però dovrebbe essere chiaro anche ai non addetti che la deregolamentazione finanziaria londinese ha inesorabilmente portato alla rovina economica nazionale. L'Inghilterra versa nella peggiore crisi economica dagli anni Trenta, con la disoccupazione che è tornata ai livelli del 1979, quando si insediò la Thatcher. Il deficit del bilancio lievita ad un tasso annuale del 7% del PNL.

Però, contrariamente alla situazione del 1979, oggi il governo britannico non dispone più di una propria base industriale con cui mettere in moto tutta una serie di investimenti nel settore industriale.

Ma, a prescindere dal saccheggio compiuto da sir Jimmy Goldsmith, Jacob Rothschild, lord Hanson e compagnia dietro il paravento del "liberismo ad oltranza", la privatizzazione decisa della Thatcher va collocata nel contesto della strategia anglo-americana per aprire altre regioni economiche a forme molto sofisticate di saccheggio neo-coloniale, perpetrato con la "mano invisibile" tanto cara alle teorie liberistiche. Questa "mano invisibile" anglo-americana regola i meccanismi di fusioni ed acquisizioni operate da altri governi nella misura in cui questi sono così stupidi e sprovveduti da richiedere e pagare profumatamente "consulenze finanziarie" proprio a quella cricca di finanzieri.

Alla fine degli anni Settanta, quando a Londra la Thatcher cominciò lo scontro col sindacato per ridurre i salari e cominciò a svendere le imprese statali ai suoi amici, a Wall Street gente come Donald Reagan, presidente della Merrill Lynch, e Walter Wriston, capo della Citicorp, si impegnarono a lanciare una "rivoluzione finanziaria" sulla stessa falsariga che in America fu chiamata "deregolamentazione dei mercati finanziari".

Quando Ronald Reagan diventò presidente nel 1981, e prestò ascolto a Milton Friedman, la deregulation fece innumerevoli proseliti a Washington. Nei 12 anni che seguirono, fino alla sconfitta di George Bush nel novembre del 1992, Washington voltò le spalle ad una ben dosata politica di supervisione e regolamentazione governativa di attività particolarmente importanti come quella delle compagnie aree e degli autotrasporti, per non parlare dell'economia in generale. Le leggi che erano state escogitate negli anni della Grande Depressione per proteggere la proprietà di piccoli risparmiatori e azionisti furono abrogate o ignorate negli anni Ottanta per fare spazio alla "legge del Far West" che prevede la sopravvivenza del più cattivo.

Negli anni ruggenti della deregulation la filosofia negli USA era "tutto è ammesso, dillo con i soldi". Così al crimine organizzato fu permesso di reinvestire i proventi illeciti nei regolari flussi finanziari, per poterli così usare nelle scalate speculative a Wall Street condotte da gente come Mike Milken, Ivan Boesky ed altri. Grazie al proliferare delle "obbligazioni spazzatura", o altre tecniche speculative, si potevano acquisire imprese sane i cui nuovi proprietari trascuravano la politica di sviluppo a lungo termine su cui cresceva l'impresa, cercando solo di realizzare profitti a breve termine. 

Fu così che la TWA Airlines finì in mano a Carl Icahn, uno speculatore della banca Drexel. In questi anni Ottanta, i principali istituti finanziari di Londra e New York, come la S.G. Warburg, la Barclays, la Midland Bank, la Citicorp, la Chase Manhattan, la Goldman Sachs, la Merrill Lynch, la Salomon Bros., lanciarono la "globalizzazione dei mercati finanziari". 

Il presupposto di partenza era che se tutti i paesi avessero abolito i controlli sui flussi di capitali ed altri meccanismi, la nuova finanza anglo-americana avrebbe potuto accedere a nuovi, grandi spazi economici, altamente profittevoli. I grandi nomi della finanza erano alla caccia di nuovi organismi sani su cui esercitare la propria distruttiva opera parassitaria, e così sedussero molti ambienti bancari, sia europei che giapponesi, a rinunciare alla naturale diffidenza per unirsi al gioco speculativo anglo-americano e "vincere".

Uno dei sofismi utilizzati a questo proposito era quello che descriveva il sistema finanziario del paese preso di mira come "superato", "obsoleto", "non abbastanza dinamico"; insomma, da riformare per promuovere la nuova ondata di finanza creativa. Così l'intera Europa fu accusata di soffrire di "Eurosclerosi". Tutti i trucchi sono buoni per costringere le economie nazionali a sollevare le barriere protettive e permettere alla finanza anglo-americana di dilagare su ciò che essa definiva mercati "arretrati" o "provinciali" e sfruttare la maggiore scaltrezza finanziaria per saccheggiarli.

La grande speculazione e la finanza angloamericana

Il vero e proprio inizio di questa dissennata corsa alla deregulation e alla "globalizzazione" dei mercati finanziari in stile thatcheriano, a cui assistiamo attualmente in Italia, risale alla fine degli anni '60, inizio anni '70. A partire da quel periodo, le grandi banche internazionali americane, come la Chase Manhattan e la Citicorp, iniziarono a cercare nuovi impieghi del capitale che fruttassero alti profitti, in quanto gli investimenti nell'economia interna americana non erano così profittevoli come quelli all'estero. 

Nel 1971, decine di miliardi di dollari avevano già abbandonato gli Stati Uniti ed erano approdati in Europa. L'astuto Sir Siegmund Warburg, presidente della omonima e celebre banca britannica (la stessa a cui il ministro del Tesoro Barucci si è recentemente rivolto per stimare il valore immobiliare dell'IMI), si recò allora a Washington per convincere il Tesoro e il Dipartimento di Stato USA a far rimanere all'estero quei capitali, in modo che Londra potesse usarli per ripristinare il ruolo di "banchiere mondiale" che la City aveva svolto fino al 1914. È ironico che il primo prestito in "Eurobbligazioni" sottoscritto da Siegmund Warburg fosse quello di 15 milioni di dollari lanciato dalla Società Autostrade dell'IRI.

La vera trovata di Warburg fu però l'uso dei dollari espatriati in Europa, i cosiddetti "Eurodollari", che si rivelarono l'innovazione finanziaria più destabilizzante degli anni settanta. Il Presidente Nixon, seguendo il consiglio di George Shultz e Paul Volcker, annunciò il 15 agosto 1971 che da quel momento in poi Washington e la Federal Reserve, la banca centrale USA, si sarebbero rifiutate di riscattare in oro i dollari posseduti dalle altre banche centrali. Washington stracciò, con atto unilaterale, gli accordi di Bretton Woods del 1944 che stabilivano l'ordine monetario postbellico. Di colpo, il mondo si ritrovò ostaggio di un regime di "tassi di cambio fluttuanti" che trasformò il sistema monetario basato sul dollaro in una gigantesca arena speculativa.

Nel maggio 1973, sei mesi prima che scoppiasse la "crisi petrolifera", l'oligarchia politico-finanziaria angloamericana si riunì segretamente nella località svedese di Saltsjoebaden per discutere la fase successiva del "ricatto" esercitato per mezzo del dollaro sull'economia mondiale.

Tra gli ospiti di quel ristretto gruppo di potenti, riuniti sotto l'egida del Club Bilderberg, c'era il Presidente della FIAT Gianni Agnelli. Si discusse che bisognava persuadere l'OPEC ad aumentare il prezzo del petrolio del 400%. Dato che dal 1945 il petrolio si acquistava solo con dollari, la mossa avrebbe automaticamente quadruplicato la domanda di dollari sul mercato internazionale.

Henry Kissinger, un altro ospite della riunione segreta del Bilderberg, battezzò l'idea col nome di "riciclaggio dei petrodollari". I suoi interlocutori, come Lord Richardson della British Petroleum, Robert O. Anderson dell'americana Atlantic Ritchfield Corporation (ARCO) o lo svedese Marcus Wallenberg, non erano interessati a discutere come impedire i catastrofici effetti sull'economia mondiale derivanti da un quadruplicamento del prezzo del petrolio, ma, piuttosto, l'intera discussione in quella sperduta località della Svezia ruotò attorno all'idea di come assicurare che poche, scelte banche americane controllassero la nuova ricchezza dei "petrodollari" in mano araba. Si trattava quindi di come aumentare il potere nelle mani delle banche di Londra e New York, del cartello petrolifero e dei loro amici europei, alle spese del resto del mondo.

Negli anni '80, dopo due crisi petrolifere e l'equivalente shock della stretta creditizia pilotata da Paul Volcker alla guida della Federal Reserve (1979-1982), la deregulation finanziaria di Thatcher e Reagan creò, nel contesto di un valore "fluttuante" del dollaro e del riciclaggio di prestiti in petrodollari che rifinanziavano il deficit dei paesi del Terzo Mondo, la cornice per un nuovo riciclaggio, quello dei narco-dollari. La liberalizzazione delle transazioni finanziarie in Europa e negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni è servita infatti ad aprire le porte al riciclaggio dei proventi illeciti della droga, che nel 1990 si stimava in un valore tra i 600 e i 1000 miliardi di dollari.

La Lugano connection

A questo punto occorre dedicare qualche riga alle finanziarie di Wall Street che svolgono un ruolo decisivo nella "privatizzazione" delle imprese pubbliche italiane. Sono tre le ditte impiegate all'uopo come "consulenti" del governo Amato: Goldman Sachs, Merrill Lynch e Salomon Brothers. Lo stesso ministro dell'Industria Giuseppe Guarino, contrario a una "svendita" del patrimonio industriale raccolto nelle ex Partecipazioni Statali, sembra riporre fiducia in queste tre finanziarie, i cui dirigenti incontrò il 17 settembre scorso nel corso di un viaggio a New York.

Sono molti attualmente a ritenere la Goldman Sachs la più potente finanziaria di Wall Street, posizione conquistata almeno a partire dal 1991, quando scoppiarono gli scandali di "insider trading" che la coinvolgevano assieme alla Salomon Brothers. Il presidente della Goldman Sachs, Robert Rubin, sarà il capo del Consiglio per la Sicurezza Nazionale del Presidente Clinton. Quel posto dovrà essere un "ufficio di guerra economica" in stile britannico, per fronteggiare quelli che l'ex capo della CIA William Webster chiamò "gli alleati politici e militari dell'America che sono i suoi rivali economici". 

Rubin non è il primo dirigente della Goldman Sachs che ricopre una carica nel governo americano. Prima di lui l'attuale vicepresidente, Robert Hormats, fu consigliere di Henry Kissinger al Dipartimento di Stato e un altro "senior partner", John Whitehead, fu sottosegretario di Stato con Ronald Reagan. La Goldman Sachs é uno dei più influenti manipolatori del prezzo del petrolio e del valore delle monete, che determina tramite la sussidiaria J. Aron & CO., che opera sul mercato delle merci e dei "futures". La Goldman Sachs ha rafforzato la sua presenza in Italia aprendo nel 1992 un "ufficio operativo" a Milano. Più avanti vedremo il ruolo cruciale che essa ha svolto nella crisi della lira e nella partita delle privatizzazioni.

La Salomon Brothers domina, assieme alla Goldman Sachs, il commercio di greggio mondiale. La Salomon possiede anche la svizzera Phibro (Philipp Brothers), che opera nel settore delle materie prime. Nel 1989 la Phibro fu coinvolta in un caso di riciclaggio di milioni di dollari ricavati dalla vendita di cocaina negli Stati Uniti. I soldi venivano riciclati dalla banda chiamata "La Mina", che lavorava per il cartello della coca colombiano, nella Phibro Precious Metal Certificates.

Dopo gli scandali di "insider trading" e speculazione su Buoni del Tesoro USA scoppiati nel 1991, a cui abbiamo accennato sopra, ci fu un completo rinnovo dei vertici della finanziaria. Il nuovo presidente, attuale azionista di maggioranza, è Warren Buffett, originario di Omaha, Nebraska.

Buffett, oltre ad essere amico intimo di George Bush, è anche il principale azionista del Washington Post e della rete televisiva ABC. Egli possiede vasti interessi anche nell'American Express (del cui consiglio di amministrazione fa parte Henry Kissinger) e nella Wells Fargo Bank.

Lo stesso Buffett si dice sia implicato in uno scandalo di pedofili del Nebraska che facevano capo, fino alla fine degli anni '80, al finanziere repubblicano Larry King, della banca Franklin Credit Union. Buffett era il patrocinatore e il sostenitore di King. La Warren Buffett Foundation, la fondazione intestata a suo nome, finanzia cause antidemografiche, come quelle lanciate da organizzazioni americane come Negative Population Growth, Planned Parenthood, l'Associazione per la Sterilizzazione Volontaria e il Population Council.

La Merrill Lynch è famosa per il ruolo che svolse in una sensazionale operazione di riciclaggio del denaro tra l'Italia, la costa orientale degli Stati Uniti e Lugano. Si tratta della "Pizza connection", che portò al processo in cui la famiglia mafiosa newyorchese dei Bonanno fu accusata di aver riciclato circa 3,5 miliardi di dollari fino a quando fu arrestata, nel 1984. 

I Bonanno avevano usato, per i loro traffici, la sede centrale di New York e gli uffici di Lugano della Merrill Lynch. L'aspetto più sconcertante del processo sulla “Pizza connection” in Svizzera e a New York è che essi ignorarono completamente la complicità dei vertici della Merrill Lynch. All'epoca del processo il ministro del Tesoro americano, responsabile per le ispezioni sul riciclaggio del denaro, era l'ex presidente della Merrill Lynch Donald Reagan. 

Il processo si concluse con alcune multe nei confronti di funzionari minori della sede luganese della finanziaria americana, e la storia finì lì. Come è noto, la Merrill Lynch é stata incaricata dall'IRI, il 9 ottobre scorso, di preparare la privatizzazione del Credito Italiano.

Abbiamo fin qui identificato alcuni fatti poco noti che riguardano le tre finanziarie di Wall Street chiamate a svolgere un ruolo decisivo nella valutazione e nella stessa privatizzazione delle imprese pubbliche italiane. Queste finanziarie accedono a dati di grande importanza e delicatezza che riguardano alcune delle più valide imprese europee e si posizionano in assoluto vantaggio come "consiglieri per la privatizzazione". Naturalmente, tutto secondo una rigida etica professionale e senza conflitti di interesse!

Moody's e la guerra della lira

Quasi in contemporanea con la nomina del governo Amato, l'agenzia di "rating" newyorchese Moody's annunciò, con la sorpresa di molti, che avrebbe retrocesso l'Italia in serie C dal punto di vista della credibilità finanziaria. Questo, senza che le cifre del debito italiano fossero cambiate drasticamente (la tendenza al deficit era nota almeno da due anni) e senza alcun rischio di insolvenza da parte dello stato. 

La giustificazione di Moody's fu che il nuovo governo non dava sufficienti garanzie di voler apportare seri tagli al bilancio dello stato. Negli ambienti finanziari internazionali, Moody's è famosa perché usa come arma "politica" la sua valutazione di rischio, tale che beneficia interessi angloamericani a svantaggio di banche rivali o, come nel caso dell'Italia, di intere nazioni. Il presidente della Moody's, John Bohn, ha ricoperto un'alta carica nel ministero del Tesoro USA sotto George Bush.

La mossa di Moody's costrinse il governo Amato ad alzare i tassi d'interesse sui BOT per non perdere gli investitori. Essa segnalò anche l'inizio di una guerra finanziaria contro la lira. Secondo fonti ben informate, i più aggressivi speculatori contro la lira, nell'attacco del luglio scorso, furono la Goldman Sachs e la S.G. Warburg di Londra. Ribadiamo che la speculazione ebbe un movente principalmente politico, non finanziario, e che, purtroppo, ebbe successo. L'Italia fu costretta ad abbandonare lo SME e il governo varò un piano di tagli e annunciate privatizzazioni per ridurre il deficit.

Ciò che Amato non ha mai detto è che la svalutazione della lira nei confronti del dollaro ha dato agli avventurieri della Goldman Sachs e delle altre finanziarie di Wall Street un grande "vantaggio". Calcolato in dollari, l'acquisto delle imprese da privatizzare è diventato, per gli acquirenti americani, circa il 30% meno costoso. Lentamente, specialmente dopo l'ultimo attacco speculativo dell'inizio dell'anno, la lira si va assestando sul valore "politico" di circa 1000 lire a marco, esattamente il valore indicato dalla Goldman Sachs nel luglio scorso come “valore reale” della moneta italiana.

Come mai questa "coincidenza"? Come mai la finanziaria newyorchese ha appena aperto un ufficio operativo in un paese che secondo i suoi criteri sprofonda nella crisi? Come mai un economista come Romano Prodi, "senior adviser" della Goldman Sachs, suggerisce di privatizzare alla grande, vendendo tutte e tre le banche d'interesse nazionale (Banca Commerciale, Credito italiano, Banca di Roma), più il San Paolo di Torino, il Monte dei Paschi di Siena e l'Ina (Convegno presso l'Assolombarda il 30 settembre 1992)?

Lo stesso Prodi, che nel passato è stato a capo dell'IRI, oggi sembra aver sposato completamente la causa neoliberista angloamericana, tanto da aver proposto, a metà novembre, che l'Europa applichi verso i paesi dell'est una politica simile a quella dell'accordo di libero scambio siglato tra Stati Uniti, Messico e Canada (NAFTA). Un tale trattato darebbe il via libera alle grandi imprese per trasferire le loro attività all'est, dove la forza lavoro costa meno (è quanto è avvenuto ai confini tra Stati Uniti e Messico). Ciò aggraverebbe la crisi all'ovest e condurrebbe, nel medio-lungo termine, ad un abbassamento della produttività anche all'est, dato che la manodopera sottopagata è anche meno qualificata.

Il governo italiano deve scartare una simile politica, così come deve abbandonare il circolo vizioso dei tassi d'interesse alti che, per difendere la moneta, alimentano lo stesso deficit che si dichiara di voler combattere. Tra il giugno e il settembre scorso, i tassi sono aumentati paurosamente, da circa l'11% al 20% prima che la lira abbandonasse lo SME. Tuttora la Banca d'Italia mantiene il tasso d'interesse al 13%. Tenuto conto che ogni punto di aumento degli interessi si traduce in 15.000 miliardi in più sul debito dello stato a breve termine, il governo italiano è stato messo alle corde dagli speculatori angloamericani (e dai loro complici italiani) aumentando la pressione per privatizzare a prezzi di svendita.

Andando avanti su questa strada, l'Italia commetterà un suicidio economico. La sola via d'uscita è l'adozione di una politica creditizia nazionale del tipo che ai tempi di Enrico Mattei si sarebbe considerata ovvia. Occorre ripristinare il controllo sui cambi, congelare una parte del debito con una moratoria di 10-15 anni (salvaguardando naturalmente gli interessi dei piccoli risparmiatori), parallelamente all'avvio di una aggressiva politica di investimenti, favorita da crediti agevolati, nelle infrastrutture moderne, in concerto con i partner europei. 

Per far ciò, occorre che lo stato si riappropri della piena sovranità monetaria, il che significa che per finanziare gli investimenti esso non debba bussare alla porta della Banca d'Italia, la quale ha finora, incostituzionalmente, battuto moneta a nome dello stato per poi rivendergliela a tassi "di mercato", cioè da usura. I motivi che hanno portato al "divorzio" tra il Tesoro e la Banca d'Italia, e cioè l'improduttivo finanziamento del debito, esistono, ma combattere il malgoverno non significa eliminare il governo. Perciò occorre porre fine al "divorzio" tra Bankitalia e Tesoro.

Una efficace repressione dell'attività di riciclaggio del denaro da parte della mafia, compreso quello investito nei BOT, accompagnata da un astuto cambio della moneta (la famosa “lira pesante”), darebbe alle istituzioni dello stato una posizione di forza e la credibilità e la fiducia popolare. 

L'alternativa è il caos e la guerra civile.

Come difendere l’industria nazionale dalla speculazione e dalle svendite indiscriminate

Il Movimento Solidarietà e la Executive Intelligence Review hanno tenuto il 28 giugno 1993 a Milano, presso la sala FAST, una conferenza sul tema dell'economia, affrontando in particolare aspetti come le moderne tecniche di speculazione finanziaria, le privatizzazioni ed i grandi programmi di sviluppo.

La caratteristica forse più singolare della conferenza è stata la partecipazione dei rappresentanti di numerose forze politiche, anche disparate o divergenti, animati dal comune interesse di approfondire la conoscenza del pensiero economico dell'economista americano Lyndon LaRouche e di misurarsi con questo.

Da qui l'opportunità di dedicare il primo numero del bollettino della nuova associazione alla pubblicazione degli atti del convegno, per mettere a disposizione di un più vasto pubblico le analisi e le documentazioni che gli specialisti dell'EIR William Engdahl e Claudio Celani hanno esposto nelle loro relazioni, come pure gran parte dei numerosi contributi con i quali parlamentari, giornalisti e altri partecipanti hanno arricchito e animato il convegno.

"La speculazione selvaggia sui mercati internazionali e la «geopolitica» britannica sono le due facce della stessa medaglia oligarchica", ha affermato nella sua breve introduzione ai lavori il giornalista dell'EIR Paolo Vitali, moderatore della conferenza. 

Vitali ha sottolineato che le speranze di milioni e milioni di persone, a seguito della caduta dei regimi comunisti del 1989, non sono state tradite dal fatale sprigionarsi di eventi e forze che non subivano più le strettoie della divisione del mondo in rigide sfere d'influenza, come asseriscono certe teorie sociologiche, ma sono state negate da un preciso piano di destabilizzazione "geopolitico", che è partito ancor prima del crollo del muro di Berlino, e dalla incapacità e codardia delle forze politiche ed élite europee di reagire a questa nuova e precisa minaccia.

"L'economista e politico americano Lyndon LaRouche, che sconta innocente in un carcere del Minnesota da quasi cinque anni una montatura giudiziaria orchestrata dall'amministrazione Bush" - ha continuato Vitali - "ha tracciato tempo fa il paragone tra le situazione post 1989 con il periodo che precedette la Prima Guerra mondiale. A quel tempo l'oligarchia imperiale britannica sviluppò il concetto della «geopolitica» per far fronte alla minaccia rappresentata dalla potenzialità di sviluppo economico e sociale in tutta l'Europa continentale, l'«Eurasia». Due guerre mondiali, il Trattato di Versailles e l'accordo di Yalta, furono le dirette conseguenze di questa strategia «geopolitica»".

"Con l'avvicinarsi del crollo della Cortina di Ferro nel 1989, i circoli oligarchici anglo-americani decisero che bisognava a tutti i costi impedire che la riunificazione tedesca costituisse un trampolino di lancio per una nuova politica di indipendenza, integrazione e sviluppo economico per tutto il continente, ripristinando il progetto de Gaulle di «un'Europa dall'Atlantico agli Urali». 

Gli attacchi alla Germania come «Quarto Reich», partiti dalle più alte sfere londinesi, e fatti propri dai nazi-comunisti serbi, l'aggressione del Panama, la guerra del Golfo, le atrocità interminabili nell'ex Jugoslavia, la destabilizzazione economica dell'Est europeo con le folli «terapie d'urto» dei liberisti, l'eliminazione fisica di chi proponeva un piano alternativo di sviluppo, come il Presidente della Deutsche Bank Alfred Herrhausen, sono tutti aspetti di questa complessa e articolata strategia di destabilizzazione".

"Questa è la stessa trama destabilizzatrice che in Italia, soprattutto con gli eventi dell'ultimo anno, mira a frantumare le fondamenta stesse del nostro essere nazione sovrana indipendente. Guerre e destabilizzazioni, politiche economiche super liberiste, una speculazione selvaggia che ha trasformato i mercati finanziari internazionali in un'unica casa da gioco d'azzardo, sono elementi solidali di una strategia oligarchica, come contiamo di dimostrare, che o è fermata e sconfitta o può farci sprofondare, in un futuro tutt'altro che lontano, in un altro catastrofico conflitto".

La piaga della "finanza derivata" e l'economia dell'illusione 

Discorso di William Engdahl, esperto economico dell'EIR di Wiesbaden, autore di «A Century of War», un libro che descrive il ruolo del petrolio come un'arma fondamentale nella politica anglo-americana dei Nuovo Ordine Mondiale.

L'Italia è vittima di una destabilizzazione sistematica ad opera di forze coordinate interne ed estere. La componente solitamente meno compresa è quella estera, rappresentata da un cartello di speculatori stranieri impegnati a distruggere il paese con denaro preso a prestito.

Nel 1948 l'Italia era considerata di importanza strategica nella NATO per arginare il diffondersi del comunismo in Europa, in particolare nei Balcani e nel Mediterraneo. In questo contesto di strategia geopolitica una crescita economica del Paese era ritenuta una componente essenziale.

Un discorso differente è invece quello che riguarda l' indipendenza dell'Italia. Howard K. Smith, un "insider" americano, parlò apertamente della spartizione del bottino della seconda guerra mondiale nel 1949 affermando: "Fino al 1946 le potenze vittoriose si sono disputate gran parte del vuoto lasciato da Hitler (...) l'Italia, occupata dalle potenze occidentali, sarebbe diventata un'area in cui avrebbe predominato l' influenza britannica".

Questo predominio fu rappresentato principalmente dall'influenza che la Mediobanca avrebbe assunto sotto Enrico Cuccia. La Mediobanca fu posta sotto il controllo di fatto della Lazard Freres di Londra, una banca che è proprietà di un raggruppamento estremamente influente dell'establishment britannico, il Pearson Group PLC. Il Pearson Group controlla anche la rivista «Economist» ed il quotidiano «Financial Times», che si sono recentemente distinti nella campagna di attacchi alle istituzioni economiche e politiche italiane.

Dal 1989 però, e dalla fine del regime comunista di Mosca, l'establishment anglo-americano si è reso conto del fatto che un'Italia economicamente stabile e collegata ad un'Europa continentale che si rafforza attorno ad una Germania riunificata e pro- spera non serviva più agli scopi di un'egemonia globale atlanticista, anzi, rappresentava una minaccia.

La crisi finanziaria in cui sia l'America che l'Inghilterra versavano nel 1989 si avvicinava alle dimensioni della Grande Depressione degli anni Trenta. Per far fronte all'erosione della propria egemonia gli anglo-americani adottarono ulna dottrina tanto semplice quanto folle: cercare in ogni modo di distruggere la stabilità dell'Europa continentale per impedire che essa potesse fungere da polo antagonista all'egemonia globale anglosassone.

Questo è il contesto in cui si colloca tutto ciò che viene fatto contro l'Italia ed il resto dell'Europa.

George Soros e la finanza derivata

Il crac della borsa di Wall Street, nell'ottobre del 1987, coincise con il lancio di una strategia radicalmente nuova da parte delle grandi finanziarie, quali la Salomon Brothers, Merrill Lynch, Morgan Stanley e di grandi banche americane quali la Citicorp, Bankers' Trust, J.P. Morgan & Co. Il crollo record di 508 punti dell'Indice Dow Jones, verificatosi il 19 ottobre 1987, fu causato da un'incredibile innovazione introdotta nelle transazioni finanziarie. 

Le grandi finanziarie acquistavano contratti a termine, i "futures", non di ditte specifiche, ma su interi indici delle azioni borsistiche. Le finanziarie di Wall Street ricorsero ad un trucco, acquistando le "futures" ad un costo inferiore del 10% rispetto alle azioni stesse, ed influenzando così un rialzo del prezzo delle azioni sul mercato di New York. Ma poteva funzionare anche nel- la direzione opposta. 

Questo portò alla bolla speculativa che esplose il 19 ottobre, con l'effetto acceleratore dei sistemi computerizzati. I computer di Wall Street erano stati preprogrammati in modo da vendere automaticamente al verificarsi di una caduta dei mercati. Fu un gioco che spinse i mercati finanziari verso una paralisi irreversibile, ma a quella paralisi non ci si arrivò solo grazie al precipitoso intervento stabilizzatore da parte delle Banche Centrali. Proprio qui stava il trucco escogitato a Wall Street: avevano inventato un sistema di gioco d' azzardo in cui non si rischia di perdere! Molto meno rischioso della gestione di un casinò a Las Vegas.

Il gruppo di Wall Street cominciò allora a sperimentare quest'arma terribile sulla borsa di Tokio. Nel novembre del 1989 l'Indice Nikkei Dow toccava i record storici di 39 mila Yen. Ma all'inizio dell'estate successiva quel valore era già dimezzato. A scatenare il tracollo furono le stesse case americane: Salomon Bros. Morgan Stanley, Merrill Lynch, Bankers Trust, Goldman Sachs, con un nuovo apporto dei brokers londinesi.

Una conseguenza delle operazioni per approfittare del drastico ribasso della borsa di Tokio (le cosiddette "put options" o "short-selling") fu il ritiro pressoché completo degli investimenti giapponesi nel resto del mondo, mentre le banche del Sol Levante versavano nella crisi peggiore del dopoguerra.

Nel frattempo Washington e Londra esercitavano notevoli pressioni sulle altre capitali del Gruppo dei Sette perché favorissero la "liberalizzazione" dei mercati finanziari e la partecipazione al "gioco globale". All'Uruguay Round dei negoziati GATT per la prima volta si discusse il libero scambio dei servizi finanziari.

Parallelamente alla "globalizzazione" dei mercati finanziari mondiali si verificò senza chiasso uno sviluppo estremamente importante.

Il direttore della Central Intelligence Agency William Webster decise di istituire una nuova sezione della CIA, il Directorate V. Annunciando la decisione a Los Angeles, Webster sottolineò l' importanza della tendenza alla "globalizzazione dei mercati finanziari internazionali" come un'area d'interesse per la nuova CIA. Finita l'era della guerra fredda, Webster vedeva una nuova missione per la CIA nello spionaggio contro "gli alleati politici e militari dell'America che al tempo stesso sono nostri concorrenti economici".

Dopo cinque anni di collaudi e affinamenti condotti a Tokio ed a Wall Street le tecniche innovative di Wall Street venivano sottoposte alla prova più ambiziosa: far crollare le valute nazionali, ad onta delle più autorevoli autorità bancarie centrali, mettendo i governi con le spalle al muro. A Wall Street furono introdotti nuovi strumenti finanziari che non avevano alcun collegamento concreto con il flusso reale di scambi commerciali e di investimenti. A questi strumenti fu dato il nome di "derivatives", o finanza derivata.

A Wall Street svilupparono le operazioni nel regno dei tutto astratto dei contratti finanziari a termine, che poi furono estese anche alle valute; si stabilì così un mercato di "futures" tra vari paesi e non solo nell'ambito di una sola borsa. Si scommette sul prezzo futuro di una valuta rispetto ad un'altra, ad esempio il marco rispetto al dollaro, oppure sul valore di un titolo di stato di un paese rispetto a quello di un altro, ad esempio entro una scadenza di 90 giorni.

Si tenga ben presente però che l'oggetto della compravendita non è un Buono del Tesoro italiano e un qualsiasi altro corrispettivo straniero, ma si scommette, così come si fa alle corse, sul loro valore entro una data scadenza.

Le grandi finanziarie di Londra e di Wall Street si attrezzarono con i sistemi di Contrattazione computerizzata che collegarono con le principali piazze finanziarie internazionali realizzando così la globalizzazione finanziaria di cui parlava Webster.

I nuovi contratti furono chiamati "derivati" in quanto il loro prezzo deriva da un titolo azionario o finanziario reale, o da una merce, ma non esiste un collegamento con la sua diretta proprietà. A Chicago, ad esempio, iniziarono la contrattazione di contratti a termine dell'indice del Nikkei Dow di Tokio, e lo stesso fecero da re. A Tokio non svolgevano contrattazioni simili e non ne capivano l'importanza. Gli sforzi del ministero delle Finanze nipponico per ottenere la cooperazione di Singapore a sospendere tali scambi fallirono in blocco. Gli organi d'informazione statunitensi e britannici criticarono quell'iniziativa giapponese come "passata di moda".

La Moody's crea l'ambiente controllato

Nei giorni successivi al "no" danese nel referendum del 2 giugno 1992 sul Trattato di Maastricht gli "insider" di Wall Street prepararono il grande attacco. Nel luglio 1992 gli operatori più importanti furono messi al corrente del fatto che "entro la fine dell'anno ciascuna moneta dello SME in Europa avrebbe cominciato a fluttuare liberamente". I manager delle finanziarie decisero pertanto di sbarazzarsi dei titoli e delle valute europee. Tra i candidati più ovvi per tale svendita spiccavano l'Italia, come pure l'Inghilterra.

Ciò di per sé però non bastava. Il rischio era troppo alto e bisognava andare invece sul sicuro, perché sullo SME vegliava uno schieramento di alcune tra le più potenti banche centrali del mondo, a partire dalla Bundesbank, legate da un patto di reciproca difesa. A questo punto si ricorse ai servigi della Moody's Investor Service, una ditta che stabilisce il "rating" a Wall Street, stabilisce cioè il grado di affidabilità dei titoli.

Anni addietro l'Italia aprì le porte agli investimenti stranieri, e vi fu costretta per finanziare il deficit, dando anche agli stranieri l'opportunità di acquistare Buoni dei Tesoro. Bastava allora convincere questi investitori stranieri che il debito statale italiano valesse poco più di quello di un paese come la Bolivia, ed essi si sarebbero precipitati a liquidare quei titoli, costringendo così la Banca d'Italia ad offrire tassi di interesse sostanzialmente più alti per i nuovi Bot.

Questo è il compito che la Moody's ha assolto a partire dal giugno dello scorso anno. Iniziò annunciando di aver posto il debito italiano nella lista del "credit watch", cioè sotto osservazione per una probabile retrocessione, benché non si stesse verificando alcuna crisi di solvibilità. Poi ci fu la serie di retrocessioni del debito italiano decretate dalla Moody's seguite ogni volta da un rialzo dei tassi di interesse che il Tesoro era costretto ad offrire agli acquirenti dei suoi titoli.

Ogni aumento dell'l% del tasso d'interesse sul vasto debito pubblico italiano significa un aumento medio del deficit governativo di circa 17 mila miliardi di lire, che in pochi minuti brucia i disperati tagli effettuati sulla spesa pubblica. Le nuove emissioni a tassi maggiorati erano interpretati dalla Moody's come un nuovo segnale di "inaffidabilità", e giù un altro votaccio sulla pagella dell'Italia. Si tratta evidentemente di un circolo vizioso deliberatamene messo in moto dalla Moody's che culminò nel settembre scorso!

Ma cos'è questa Moody's, questo ente privato che ha finito col decidere il destino di nazioni e governi sovrani? Chi gli conferisce tanta autorità? Perché ad esempio non ha dato pollice verso anche agli Stati Uniti, visto che il debito pubblico di quel paese ha superato i 4 mila miliardi di dollari?

Nel mondo finanziario la Moody's è famosa come "la più politica" agenzia di "rating". È presieduta da John Bohn, che nell'amministrazione di Bush era un funzionario ad alto livello del Tesoro. Mentre votava una retrocessione dopo l'altra dell'Italia l'estate scorsa la Moody's dava un rapporto molto positivo sulle grandi banche, come la Citicorp, che avevano esteso prestiti all'impero immobiliare canadese Olimpia & York di Paul Reichmann finito in una bancarotta clamorosa. I Reichmann erano legati politicamente ad Henry Kissinger, a lord Carrington ed all'oggi famoso George Soros. La Moody's e premurosa con gli amici.

La cosa è persino più palese. Proprietaria della Moody's è la Dun & Bradstreet Inc. che è anche proprietaria del Wall Street Journal. Nel consiglio d'amministrazione della Dun & Bradstreet figurano i principali direttori delle più importanti finanziarie di Wall Street che hanno condotto la speculazione contro la lira, e che sono anche quelle che al tempo stesso "prestavano consulenze" al governo italiano su come condurre il delicato processo di privatizzazione delle imprese di stato. II conflitto d'interessi è ovvio.

Nel consiglio d'amministrazione della M.J. Evans, strettamente legata alla Moody's, figura un personaggio che al tempo stesso è nel consiglio di amministrazione della Morgan Stanley ed un altro ancora, R.A. Hansen, figura nella direzione della ,J.P. Morgan e della Merrill Lynch! Un altro ancora è Charles Raikes, che è stato consigliere della Federal Reserve dal 1958.

George Leung, amministratore delegato della Moody's Investors Service, dichiarava su Financial World del 18 febbraio: "La gente è sempre più disillusa nei confronti del governi, sempre più preoccupata degli imbrogli e problemi che vede nei governi e finisce col cercare qualcuno che possa indipendentemente far luce su tanta confusione. Questo è il nostro ruolo". Questa dichiarazione d'intenti è anteriore alla campagna della Moody's contro l'Italia. Chi ha affidato alla Moody's il potere di decidere sulle nazioni? Nessuno. Moody's ha colmato il vuoto creatosi con la paralisi dei governi, costringendo ad accettare i propri diktat con la minaccia di voti sfavorevoli sul debito. La Moody's però ha solo preparato il terreno. L'attacco alla lira è stato sferrato dalla speculazione della finanza derivata, diretta a colpire il "fianco debole" dello SME.

George Soros ed i suoi amici

Con l'avvicinarsi in Francia della scadenza referendaria su Maastricht del 19 settembre,un raggruppamento di banche e speculatori di Wall Street, diretto da George Soros, uno strano personaggio di origine ungherese, lanciò una formidabile ondata speculativa per costringere la lira a svalutare ed uscire di conseguenza dallo SME.

Ecco come funzionò.

La finanza derivata, teniamolo presente, consiste in scambi in cui non si cedono o acquistano azioni o titoli reali, ma che rappresentano solo un accordo tra le due parti a compiere pagamenti ad una futura scadenza in rapporto al rendimento di una merce o una valuta. L'esempio tipico è dato da una banca che compie un'operazione commerciale "derivata" mettendo a disposizione soltanto il 10% dei valore nominale del contratto, cioè il deposito di garanzia. 

Grazie ai collegamenti personali con banche come la Citicorp di New York, George Soros è stato capace di far crollare la lira e la sterlina, come pure la corona svedese, il tutto soltanto con denaro preso a prestito, senza versare più del 5% per il margine di garanzia collaterale!

In sostanza Soros ha dato come garanzia soltanto 50 milioni di dollari di titoli per ottenere una linea di credito, dalla Citicorp ed altre banche, di un miliardo di dollari. Un prestito a tempi brevissimi, per scommettere sulla svalutazione forzata della lira nei giorni in cui in Francia si teneva il referendum! 

Il rapporto speculativo del suo denaro è stato di 20:1. 

Dal canto loro la Bundesbank, la Banca d'Italia e le altre banche per difendere la propria valuta hanno invece dovuto sborsare il prezzo completo degli acquisti. Si stima che la Bundesbank abbia speso a settembre 60 miliardi di dollari nelle varie operazioni di difesa delle monete dello SME. Utilizzando i "derivatives", Soros e Wall Street hanno potuto spuntarla sulla Bundesbank con soli 3 milioni di dollari (20:1) !

In una tipica operazione di swap con i "derivatives" condotta da Soros lo scorso autunno si sono acquistate lire con i dollari, le lire sono poi state convertite in marchi tedeschi al tasso fisso di cambio dello SME. Poi è stata la volta della Moody's a declassare l'Italia, mentre gli organi di informazione internazionali si davano da fare a descrivere la gravità della crisi economica e politica del paese. Le corporation hanno avuto paura ed hanno cominciato a vendere lire. La valuta italiana è così passata da 765 lire contro il marco all'inizio di settembre alle 980 lire solo quattro settimane più tardi.

A quel punto Soros poteva acquistare lire fortemente scontate (il 28% in meno) e ripagare il suo debito iniziale, prima che scadesse la data del suo contratto, per il quale aveva inizialmente versato solo il 5%. II profitto che ne ha ricavato si calcola sul 560%, cioè circa 280 milioni di dollari. Ma nessuna autorità di vigilanza sarebbe potuta intervenire perché l'operazione è stata condotta "fuori registro", o come si suoi dire "Over-the-Counter", direttamente tra le due parti interessate senza altre formalità.

Naturalmente, se la lira si fosse rivalutata del 5% l'impero di Soros sarebbe stato spazzato via all'istante. Soros però non è soltanto un giocatore d'azzardo "fortunato".

Intendo infatti spiegare che Soros è riuscito a condurre le sue recenti operazioni speculative in grande stile perché ha accesso alle informazioni più riservate dei centri di potere. Nel caso della crisi dello SME, come poteva sapere Soros quale delle 12 valute sarebbe stata colpita in quale giorno preciso?

Ex funzionari della Federal Reserve USA spiegano privatamente che Soros ha ricevuto informazioni riservate da parte di un amico che nella Federal Resene di New York lavora nel settore delle valute internazionali. La Fed di New York dispone, minuto per minuto, delle informazioni sull'andamento delle monete direttamente dalle banche centrali europee. Se Soros può disporre di tali informazioni il suo gioco è garantito.

Ma chi c'è dietro questo personaggio misterioso? Soros opera attraverso la Quantum Fund NV, una compagnia off-shore registrata nelle Antille Olandesi.

Opera insieme ad un raggruppamento internazionale che potrebbe essere chiamato il gruppo dei Rothschild. Nel consiglio di amministrazione della Quantum Fund figura Nils Taube, socio d'affari di lord Rothschild, e sir James Goldsmith, imparentato ai Rothschild. Altro membro del Quantum è Richard Katz che a Milano dirige la Rothschild Italia, S.p.A. 

Altri esponenti del Quantum sono Isidore Albertini della ditta di brocheraggio milanese Albertini & Co.; Alberto Foglia, capo della Banca del Ceresio di Lugano; e Edgar Picciotto, un socio di affari di Carlo de Benedetti. Picciotto dirige inoltre la CBITDB Union Bancaire Privée di Ginevra.

Si dice poi che al Quantum partecipino segretamente anche Marc Rich, uno svizzero latitante che operava nel settore dei metalli preziosi e del petrolio, ed il mercante di armi israeliano Shaul Eisenberg. Soros inoltre è colui che ha introdotto in Polonia ed in Russia il professore di Harward Jeffrey Sachs, il guru della terapia d'urto che causa il caos economico incontrollabile e profitti astronomici per gruppi ristretti di potere. Degno di nota è il fatto che Marc Rich ed Eisenberg sono stati tra gli investitori più attivi nell'Europa orientale e nel CSI a partire dal 1990.

Torniamo alla "Dottrina Webster" della CIA, promulgata nel 1989. All'epoca di Bush Washington era impegnata a sabotare l'unità economica europea. L'estate scorsa il governo USA fece strane dichiarazioni che ebbero l'effetto di scuotere le parità delle monete europee in rapporto al dollaro, come fase preliminare della crisi di settembre. 

Responsabile di quella operazione fu l'allora viceministro del Tesoro David Mulford, che oggi presiede la Credit Suisse First Boston di Wall Street. Prima di andare a Washington nel 1982 Mulford era uno dei direttori della Merrill Lynch, quando allora era presieduta da Donald Reagan, che andò anche lui a Washington come ministro del Tesoro sotto il Presidente Reagan.

Degno di nota è che una delle primissime nomine fatte dal Presidente Clinton riguarda Robert Rubin, presidente della Goldman Sachs, finanziaria più prestigiosa di Wall Street. Oggi Rubin è il Direttore dei nuovo Consiglio di Sicurezza Economica Nazionale della Casa Bianca. Esperti osservatori di Washington ritengono che il nuovo consiglio sia stato creato per coordinare l'applicazione della Dottrina Webster direttamente dalla Casa Bianca.

Le alte sfere della CIA, magari attraverso ex funzionari, hanno fatto opera di reclutamento nei consigli di amministrazione delle grandi finanziarie di Wall Street. Ai dirigenti delle finanziarie che accettano, la CIA impartisce un particolare addestramento ed essi tornano poi al loro mondo di Wall Street. 

Conosco personalmente un banchiere svedese che è stato invitato a Washington il novembre scorso ad un seminario dove l'ex capo della CIA William Colby teneva un discorso sul tema della nuova missione di spionaggio economico dei servizi segreti USA. Colby è personalmente impegnato a reclutare i dirigenti delle grandi finanziarie spiegando loro che adesso i mercati finanziari globali sono considerati un "area di interesse della sicurezza nazionale USA". Il seminario era sponsorizzato dalla Merrill Lynch e dalla Borsa di New York.

L'esplosione della finanza derivata

"Senza la crescita enorme delle operazioni speculative della finanza derivata la crisi dello SME non si sarebbe mai verificata", ha affermato recentemente un esperto banchiere europeo. Mentre nel 1987 le banche centrali furono in grado di difendere la stabilità dello SME a costi minimi, nel 1992 esse sono state ridotte all'impotenza dai meccanismi della finanza derivata.

Invece di svolgere una regolare attività di compravendita nei mercati a termine regolari, come quello di Chicago, dove le banche sono costrette a versare un deposito di garanzia ed a rendere nota quotidianamente la propria esposizione creditizia, i grandi di Wall Street eludono la sorveglianza del governo trattando direttamente, "Over the Counter", tra banca e banca o tra banca e finanziarie straniere. La transazione non figura nel bilancio della banca cosicché gli investitori non possono sapere quanto è il rischio che l'istituto in questione corre di fronte ad un crollo del già enorme mercato dei "derivatives".

La classifica dei grandi speculatori in "derivatives" era guidata lo scorso anno dalla Citicorp, che vantava operazioni per circa 1400 miliardi di dollari. Seconda era la Chemical Bank con 1300 miliardi di dollari, terze a pari merito la J.P. Morgan e la Bankers Trust, con mille miliardi di dollari ciascuna. Sono contratti che riguardano azioni, petrolio, obbligazioni come pure gli swap internazionali di valuta e gli swap dei tassi d'interesse. Per quanto riguarda queste ultime due voci, i contratti "derivati" oltre confine hanno già raggiunto l'astronomico ammontare di 4 mila miliardi di dollari.

La graduatoria dell'esposizione su questo mercato dei contratti "derivati" continua con la Merrill Lynch, per 720 miliardi di dollari, la Salomon Bros., con 730 miliardi di dollari e la Morgan Stanley con 300 miliardi di dollari. Queste attività hanno aperto tutto un vasto settore di informatica bancaria sofisticatissima, che impiega i supercomputer CRAY per processare i dati in parallelo, necessari per gestire la contrattazione automatica senza frontiere che avviene grazie a programmi capaci di far fronte ai complessi problemi di calcolo del rischio a variabile multipla. 

Ma, a parte questi aspetti pittoreschi, a fare profitti con la speculazione "derivata" so- no solo gli "insider traders" di New York. Il gioco d'azzardo è truccato, con la complicità di Washington. Cercare di capire gli aspetti "tecnici" della manovra con la quale Soros è riuscito ad intascare un miliardo di dollari di profitti speculando sulla sterlina a settembre è fatica sprecata. Certo è però che giornali finanziari quali il Wall Stret Journal ed il Financial Times fanno il possibile per destare l'impressione opposta.

Il che fare

Governi e banche centrali dell' Europa continentale hanno sin ora respinto le nuove tecniche speculative della finanza derivata. Alcuni banchieri svizzeri e tedeschi sono convinti che l'offensiva condotta dagli anglo-americani con la finanza derivata sia “più pericolosa di una guerra nucleare con la Russia”. Il 24 novembre, poco dopo la crisi dello SME, il direttore generale della Banca per i Regolamenti Internazionali di Basilea Alexander Lamfalussy ha dichiarato ad un gruppo di banchieri a Londra: "Volete sapere perché molti colleghi delle banche centrali nutrono le mie stesse preoccupazioni che queste attività possano rappresenta- re problemi di natura sistemica nel sistema finanziario internazionale?" Lamfalussy teme il ripetersi del fenomeno verificatosi col crac borsistico del 1987: "l'attività sui mercati derivati potrebbe avere notevoli ripercussioni nei sotto- stanti mercati a pronti, al punto da accentuare proprio quella instabilità dei prezzi contro la quale si pensava di dare un'assicurazione con alcuni strumenti derivati".

Lamfalussy ha inoltre spiegato che la grande esposizione negli strumenti fuori bi- lancio da parte delle banche "ha reso più opaca la natura e la distribuzione del rischio nelle operazioni sul mercato finanziario". Ha infine prospettato lo scenario peggiore: "Qualora si verificasse un problema in un istituto le altre ditte reagirebbero immediatamente e drasticamente. Potrebbero ritirare improvvisamente ed indiscriminatamente linee di credito, e persino disimpegnarsi da operazioni in corso. Il tutto aumenterebbe la possibilità del verificarsi improvviso di un blocco globale di liquidità".

Anche un personaggio di spicco a Wall Street come Henry Kaufman, che è stato il primo economista della Salomon Brothers, si è detto preoccupato perché la speculazione "derivata" fa intravedere "una prossima catastrofe colossale perle banche americane". Altri così bollano queste novità nel sistema finanziario: "ventiseienni con il computer stanno costruendo la bomba all'idrogeno finanziaria." Tuttavia non fanno nulla per controllare la situazione. La primavera scorsa Lamberto Dini condusse uno studio per il Fondo Monetario Internazionale, ma il suo rapporto è stato praticamente censurato, la stampa non ha ottenuto delle copie. Ad una mia domanda nel corso di una conferenza a febbraio, Lamberto Dini ha risposto: "Le banche americane e londinesi svolgono il grosso delle attività in questo processo. Dobbiamo determinare innanzitutto cosa stia effettivamente accadendo.

Alcuni segni di resistenza

Più recentemente il Presidente della Commissione Finanza e Banche del Congresso USA, l'on. Henry Gonzalez, ha richiesto alla Federal Reserve ed alla Commissione "Securities & Exchange" del governo di condurre un'indagine approfondita sulle attività all'estero del Quantum Fund di George Soros. Gonzalez ha chiesto di sapere come Soros possa fare profitti astronomici come quelli di settembre, quanto del suo capitale provenga dalle banche americane, in che misure le banche USA siano coinvolte nelle speculazioni di quel fondo, ed il ruolo specifico degli strumenti finanziari derivati nelle grandi manovre speculative di Soros. Questa è solo la superficie dei fatti.

Dietro le quinte infuria uno scontro tra le autorità bancarie europee e quelle americane. Le autorità d'oltre oceano sono radicali, ritengono che le banche statunitensi abbiano il diritto di non imporre alcuna restrizione alla finanza derivata. Ritengono infatti che questo sia il modo migliore di allentare la pressione sulle grandi banche USA, che disporrebbero in questo modo di maggiori capitali. Praticamente permettono che venga assicurato solo il margine netto di rischio, e non tutto il contratto. Le autorità di vigilanza europee non permettono una cosa del genere. Ritengono che sia dovere della banca assumersi al completo il rischio di un'insolvenza su tutto il valore nominale di un contratto.

Lo scorso ottobre il Congresso degli USA approvò la Futures Trading Practives Act of 1992, una legge che prevede che gli swap Over the Counter, cioè i contratti a pronti e termine di valuta o sui tassi di interesse che avvengono tra le due parti senza essere registrati, non rientrino più nella categoria dei "futures", dei contratti a termine, dando vita in tal modo ad una proliferazione cancerosa di carta finanziaria fuori dal controllo di qualsiasi autorità.

L'economista americano Lyndon LaRouche ha recentemente lanciato la proposta di imporre una tassa globale e ben coordinata su queste attività speculative, perché tassarle sarebbe il modo migliore di renderle meno attraenti per gli speculatori e quindi sgonfiare la pericolosa bolla. LaRouche ha proposto una tassa dello 0,1 % sul valore nominale, non sul valore "netto", di ciascuna transazione derivativa. "Questa è la bolla di John Law (nella Francia del 18mo secolo) all'ennesima potenza. La vulnerabilità di tutto il sistema finanziario, il caos e la distruzione delle strutture di produzione fisica sono potenzialmente incalcolabili, pertanto occorre mettere sotto controllo il fenomeno". La settimana scorsa intanto George Soros ha fatto sapere che tornerà alla carica. Questa volta è deciso a spezzare uno degli elementi portanti della coesione europea: il suo nuovo obiettivo è quello di spezzare il legame che unisce il marco tedesco al franco francese.

I protagonisti della destabilizzazione italiana 

Discorso di Claudio Celani, italian desk dell'EIR di Wiesbaden.

All'inizio dei gennaio scorso, l'EIR pubblicò un documento intitolato "La strategia anglo-americana dietro le privatizzazioni italiane: il saccheggio di un'economia nazionale". In quello studio, inviato ad alcuni organi di stampa, alle forze politiche ed alle istituzioni, si delineava un quadro preoccupante di attacco all'economia italiana nel contesto della cosiddetta "globalizzazione dei mercati", cioè la realizzazione di un unico sistema economico mondiale in cui non vi sarebbe stato più alcun controllo sui movimenti e sulla creazione di capitali.

In quel documento si riferiva un episodio passato inosservato, e che invece rivestiva una grandissima importanza. II 2 giugno 1992, a pochi giorni dalla morte del giudice Falcone, si svolgeva una riunione semisegreta tra i principali esponenti della City, il mondo finanziario londinese, ed i manager pubblici italiani, rappresentanti del governo di allora e personaggi che poi sarebbero diventati ministri nel governo Amato. Oggetto di discussione: le privatizzazioni. La cosa più grave è che questa riunione si svolse sul panfilo Britannia, di proprietà della regina Elisabetta II, la quale fu presente ai colloqui. 

Il Britannia, dopo aver imbarcato gli ospiti italiani a Civitavecchia, prese il largo ed uscì dalle acque territoriali. Avvenne dunque che i potenziali venditori delle aziende da privatizzare (governo e manager pubblici) discussero di ciò con i potenziali acquirenti, i banchieri londinesi, a casa di questi ultimi. Non sappiamo che cosa si siano detti questi signori, sappiamo solo che il direttore del Tesoro Mario Draghi provò tale imbarazzo che chiese di poter leggere il suo discorso quando il panfilo era ancora in porto, per poter scendere subito ed evitare di rimanerci quando questo prese il largo.

Sappiamo dell'imbarazzo di Draghi perché un settimanale, L'Italia, riprese l'articolo dell'EIR, citando la fonte, ed un parlamentare missino, Antonio Parlato, che lo lesse, presentò un'interrogazione parlamentare, anzi, poté rivolgere una domanda allo stesso Draghi, che quel giorno riferiva su altre questioni in Commissione Bilancio. In seguito, la notizia fu ripresa da numerosi organi di stampa, anche grazie al fatto che l'ex segretario del PSI Bettino Craxi aveva diffuso il documento dell'EIR alla Camera. Ci furono quindi numerose interrogazioni parlamentari (a Parlato, che ne fece mi sembra tre, si aggiunsero l'on. Tiscar, qui presente, e gli on. Pillitteri e Bottini) e altre sollecitazioni ufficiali (la senatrice Edda Fagni citò questo fatto nel discorso al Senato il giorno del voto di fiducia al governo Ciampi), ma né il governo di allora, guidato da Giuliano Amato, né quello attuale si sono sentiti in obbligo di fornire un chiarimento all'opinione pubblica ed al Parlamento.

Insisto su questo fatto perché mi sembra emblematico del modo in cui vengono prese le decisioni che determinano il futuro del nostro paese, cioè di milioni di cittadini che lavorano e pagano le tasse, ed hanno bisogno di avere fiducia in coloro che li rappresentano, che devono compiere scelte riguardanti il loro futuro, il loro posto di lavoro, i loro risparmi, i loro figli ecc.

Ebbene, il fatto del Britannia mostra che scelte decisive, come quelle delle privatizzazioni, vengono fatte al di fuori del Parlamento e addirittura in sedi così lesive dell'onore e della dignità nazionale come il panfilo della regina Elisabetta d'Inghilterra!

Su quel panfilo, siamo venuti a sapere, c'era anche l'attuale ministro degli Esteri Beniamino Andreatta, un personaggio che, benché non diriga personalmente un dicastero economico, entrò nel governo Amato proprio per accelerare il processo di privatizzazioni e tuttora, ne siamo certi, quando partecipa alle riunioni di gabinetto certamente dirà la sua in materia economica, anche per- ché di politica estera sembra capire ben poco. 

Ebbene, Andreatta dovrebbe come minimo chiari- re dinanzi al Parlamento che cosa disse e che cosa fece quel giorno sul Britannia e, nel caso emergano elementi compromettenti, dare le di- missioni. Noi siamo sicuri che Andreatta abbia qualcosa da raccontare, anche perché, analizzando il suo comportamento da ministro degli Esteri, si riscontrano evidenti coincidenze.

Guarda caso, infatti, l'ospite illustre della regina Elisabetta è anche quello che non appena messo piede alla Farnesina accoglie entusiasticamente la proposta britannica di mandare gli eserciti in Bosnia, a farsi massacrare dalle artiglierie serbe.

Andreatta, infatti, noncurante delle dichiarazioni dei nostri capi militari sul fatto che sarà una carneficina (non abbiamo nemmeno le corazze adatte sui nostri carri) afferma con disinvoltura che se è necessario si rivedrà il bilancio, quello stesso bilancio che fino ad un momento prima era una vacca sacra, intoccabile.

Preciso: non si tratta di essere contrari ad un intervento militare risolutore, ma esso va fatto senza mandare truppe coloniali sul territorio, bensì riarmando i bosniaci in modo che possano difendersi ed assistendoli cori l'aviazione.

Invece il comportamento di Andreatta è la prova che esiste un legame, come è stato detto nella introduzione, tra la strategia liberista, della "terapia d'urto" e delle privatizzazioni, e la geopolitica applicata nei Balcani per intrappolare l'Europa in uno scenario di conflitti. Quel documento dell'EIR, comunque, inquadrava l'episodio del Britannia in uno scenario più ampio, di vera e propria destabilizzazione politico-economica del paese. Come abbiamo sentito prima, la strategia geopolitica anglo-americana considera l' Italia, assieme ai Balcani, il fianco sud, il "ventre molle" di un potenziale blocco di sviluppo euroasiatico, e per questo l'Italia viene colpita.

Che la destabilizzazione fosse in arrivo lo si sapeva da quando l'allora capo della CIA sotto Bush, William Webster, annunciò che, come conseguenza del crollo del comunismo, l'apparato di spionaggio USA avrebbe impegnato le sue risorse in una strategia volta a contrastare i rivali economici: l'Europa ed il Giappone. Webster enunciò la nuova dottrina proprio mentre il Muro stava cadendo, il 19 settembre 1989, di fronte al World Affairs Council di Los Angeles. La Dottrina Webster è uno dei pilastri del "nuovo ordine mondiale" inaugurato sotto la presidenza Bush. L'altro pilastro, più concepito per le nazioni del Terzo Mondo, è la cosiddetta "Dottrina Thornburgh", secondo cui la legge americana è al di sopra del diritto internazionale. La Dottrina Thornburgh, dal nome dell'ex ministro della Giustizia USA, è quella che ha giustificato l'invasione del Panama.

Ed abbiamo, in coincidenza con questi sviluppi, l'apertura di una sede italiana della Bishop International, un'agenzia di informazioni operante nel mondo dell'economia, affiliata ad un altro ente simile, più noto, che si chiama Kroll International. Kroll è un ex agente della CIA che si è dato una copertura da "businessman" ma continua a lavorare per i vecchi padroni. Fu la Kroll, infatti, a raccogliere e divulgare informazioni sulle imprese europee che avevano fornito all'Irak materiale e tecnologia ritenuti "indesiderati" dall' amministrazione Bush. Ebbene, Bishop è un ex agente di Scotland Yard che ha lavorato per anni con Kroll e poi si è messo in proprio a raccogliere "informazioni economiche". Bishop ha aperto una filiale a Milano l'estate scorsa.

Ma l'iniziativa su scala più vasta sinora intrapresa nell' ambito della Dottrina Webster ci sembra quella di Robert McNamara, il quale ha fondato nel maggio scorso un organismo internazionale chiamato "Transparency International", il cui scopo sarebbe quello di combattere la corruzione su scala mondiale. Ora, è bene che noi italiani guardiamo con attenzione a ciò, perché dobbiamo evitare che nella sacrosanta lotta alla corruzione intrapresa a casa nostra (grazie a inquirenti che si sono svegliati dopo quarant'anni di letargo) ci affidiamo a metodi e "consigli" d'oltreoceano, se non addirittura a strutture investigative che sfuggono al controllo nazionale o sono influenzate da centri occulti. Questo vale sia per i reati amministrativi che per la lotta alla mafia.

Osserviamo da vicino l'iniziativa di McNamara. Innanzi tutto sorprende che un personaggio del genere scopra la vocazione per la giustizia. McNamara divenne famoso col nomignolo di "bodycount" (contacadaveri) quando era ministro della Difesa, durante la guerra del Vietnam. Quel nomignolo gli fu affibbiato perché compariva quasi ogni sera in televisione per vantarsi delle migliaia di nemici uccisi. Poi fece una famosa riforma al Pentagono, introducendo la dittatura dei ragionieri. Lui è fautore di una concezione economica di tipo assolutamente contabile, cioè non importa che cosa si produce ed a quale scopo, basta che il bilancio quadri. Andrebbe molto d'accordo col nostro Barucci o Andreatta. E' il modo di pensare tipico dei banchieri usurai, i veri padroni di questo "tecnico" che ha rivestito posizioni di potere senza essere mai eletto.

Transparency International esibisce alcuni nomi famosi come fiore all'occhiello, come l'ex ambasciatore di Carter alle Nazioni Unite, Andrew Young, o l'ex presidente dei Costarica Arias (su quest'ultimo ci sarebbe da ridire), ma non saranno costoro a combattere la "corruzione". Il compito sarà svolto dallo staff di funzionari, tutti provenienti dalla Banca Mondiale e dal Dipartimento di Stato americano. Transparency si occuperà di "consigliare" i paesi del Terzo Mondo e del settore in via di sviluppo, nonché quelli dell' Europa dell'est, su quali contratti stipulare con le nazioni dell'OCSE, e quali no.

Al proposito è istruttivo leggere un articolo apparso sul quotidiano di Berlino Tageszaitung il 7 maggio scorso, articolo in cui veniva intervistato il direttore di Transparency, l'ex manager della Banca Mondiale Peter Eigen. Il vero obiettivo di Transparency sembra quello di impedire il trasferimento di tecnologia dall'Europa ai paesi in via di sviluppo. Gli acquisti di impianti ad alta tecnologia, macchine ecc., comportano infatti transazioni finanziarie elevate, all'interno delle quali, dichiarano quelli di Transparency, possono facilmente celarsi tangenti e bustarelle. I crociati della lotta alla corruzione si tradiscono quando parlano di "progetti superflui": questa è la tradizionale politica malthusiana della Banca Mondiale, che ha sempre elargito i suoi scarsi finanziamenti a progetti di bassa produttività.

Non a caso l'organismo di McNamara ha scelto come sede Berlino ed ha annunciato che per il 1993 si prefigge l'obiettivo di stipulare contratti di consulenza con sei nazioni dell'Europa orientale. Sarà dunque l'ex carnefice del Vietnam a decidere che cosa i paesi dell'Europa dell'est acquisteranno dalla CEE e che cosa non acquisteranno. Naturalmente, c'è sempre lo zio Sam a fornire gli stessi beni senza bustarelle, cioè con tangenti "legali" del 5%.

Un altro protagonista della destabilizzazione economica è la più grande finanziaria di Wall Street, la Goldman Sachs. Nel nostro documento indicavamo come la G. Sachs avesse svolto un ruolo nel crollo della lira, dapprima annunciandone la sopravvalutazione ed indicando nel livello di 1000 lire al marco il tasso di cambio che essa riteneva realistico, poi buttandosi a vendere lire per contribuire a ottenere quel risultato. 

La Goldman Sachs si è posizionata sul mercato italiano aprendo l'anno scorso un ufficio "operativo" a Milano. Sorge quindi lecito il sospetto che la svalutazione della lira di circa il 30% serva tra l'altro a rendere più appetibili i pezzi delle ex PPSS che lo Stato ha deciso di mettere in vendita, e che andranno sicuramente ad acquirenti stranieri visto che nessuno in Italia ha i capitali a sufficienza. Il comportamento di un personaggio come Romano Prodi, nominato dall'ex governatore Ciampi a presidente dell'IRI, conferma questi sospetti. Già un anno fa Prodi aveva esposto le sue idee in materia di privatizzazioni: privatizzare tutte le banche d'interesse nazionale, più il San Paolo di Torino, il Monte dei Paschi di Siena e l'Ina. 

Ora, se crediamo ai resoconti di una sua intervista al Wall Street Journal, dichiara che non solo tutto delle ex PPSS si può vendere, ma anzi, le aziende vanno prima risanate e poi vendute. Quindi, prima le risaniamo con i soldi dei contribuenti italiani, poi le vendiamo a chi, ai soliti stranieri? Romano Prodi era fino a qualche tempo "senior adviser" della Goldman Sachs, e non ci risulta che si sia dimesso dalla carica. Allora deve decidere se fa gli interessi di Wall Strect o quelli dell'Italia. Oppure quelli del finanziere speculatore Soros, con cui collabora nei progetti di saccheggio dell'Europa orientale. Infatti, Prodi faceva parte del pool di economisti, assieme al famoso Jeffrey Sachs, che mise a punto il cosiddetto Piano Shatalin, un piano per la riconversione economica dell'ex URSS ideato da Soros, così radicale che fu respinto a suo tempo da Gorbaciov 1990-91).

Prodi è dunque collegato agli ambienti che speculano contro la lira, che saccheggiano l'economia dell'Europa dell'est ed hanno permesso in quei paesi un saldo insediamento della mafia. E' legittimo, quindi, il sospetto che la liquidazione dell'IRI, col passaggio in mano straniera delle migliori aziende, ad alto contenuto tecnologico, sia stata già decisa e che Prodi sia un semplice esecutore delle volontà degli ambienti internazionali a cui è legato.

Non si tratta di sostenere il "socialismo reale" se si dubita che, per definizione, il privato sia meglio del pubblico.

In generale, la presenza dello stato dovrebbe limitarsi alle infrastrutture, in primis l'energia, ma anche i trasporti, la scuola e la sanità. Ma proprio il caso italiano mostra che, laddove essa è guidata da manager onesti e competenti, l'impresa pubblica è in grado di competere in quanto ad efficienza e risultati con quella privata. Se ciò non avviene è solo dovuto al fatto che non abbiamo più dirigenti del calibro di un Enrico Mattei. Ricordiamo che ai tempi di Mattei l'IRI, un complesso che ci era invidiato all'estero perché era in grado di fare tutto, moltiplicava ogni lira investita per sei-sette volte. Solo il Progetto Apollo della NASA ha saputo fare di meglio.

Dai pochi elementi qui presentati, potrebbe concludersi che c'è una destabilizzazione voluta dell'economia italiana? Certamente, anche se qualcuno potrebbe ribattere su ogni singolo punto offrendo una spiegazione diversa. Ciò che ci fa affermare con sicurezza che la destabilizzazione esiste, non è tanto un ragionamento di tipo deduttivo, cioè un'ipotesi desunta solo dagli elementi fattuali, come farebbe Sherlock Holmes o la FBI. Il fatto da cui bisogna partire è che coloro che oggi propongono la ricetta liberistica, privatizzazione più tagli, sanno benissimo che questa ricetta non funziona (basta vedere lo stato in cui è ridotta l'economia inglese) e che, anzi, essa ha effetti distruttivi sull'economia nazionale a cui viene applicata. Esiste, dunque, una mens rea a monte di tutto ciò, di cui sono complici coloro che per ingenuità o per stupidità se ne fanno i portavoce in Italia.

Il liberismo è una truffa sin dalla nascita: quando Adam Smith scrisse il suo libro "La ricchezza delle Nazioni" lo fece per convincere gli Stati Uniti a non diventare una nazione industriale, e rimanere un paese agricolo. Cosa che l'America si guardò bene dal fare. Oggi lo stesso trucco viene riproposto in forma moderna e su scala mondiale o, come dicono gli angloamericani, globale.

Mr. Britannia colpisce ancora

Alla riunione dei ministri finanziari del G7 tenutasi a Washington il 19 ottobre 2007, è stata ascoltata la relazione di Mario Draghi, che oltre ad essere il governatore di Bankitalia è anche, dal 2006, capo del Global Financial Stability Forum, e cioè la squadra di salvataggio del sistema finanziario mondiale. Stando al testo distribuito, non si vedono minacce mortali al sistema, né attualmente né all'orizzonte. Addirittura, la parte finale della relazione consiste in una totale assoluzione del ruolo degli hedge funds: il settore degli hedge funds di per sé non si è rivelato come uno dei principali elementi problematici per l'intero sistema come pure ci si sarebbe potuti aspettare. 

Un'assoluzione normale per chi, fino ad un anno fa, era vicecapo europeo di Goldman Sachs, uno dei principali gestori di hedge funds, ma strabiliante per chi, nelle vesti di banchiere centrale, dovrebbe sapere bene che proprio gli hedge fund sono stati i veicoli del collasso del sistema.

In privato, i partecipanti al G7 hanno ammesso ben altre verità, come si desume dalle dichiarazioni del ministro delle Finanze tedesco Steinbrück, che ha paventato il rischio di crollo di una grossa banca internazionale proprio come conseguenza del mancato rifinanziamento della "spazzatura" degli hedge funds.

Ci si chiede se l'operato del governatore sarà messo mai sotto scrutinio: difficile nell'attuale clima politico italiano, sotto scacco dagli stessi "poteri forti" che hanno sponsorizzato la carriera dell'illustre governatore. Draghi, che va sporgendo denuncia contro chi lo chiama "Mr. Britannia" (ricordando il suo exploit sul panfilo della Regina Elisabetta il 2 giugno 1992), viene addirittura candidato alla successione di Prodi nel caso che la spinta del suo ex compagno di scuola, Luca Cordero di Montezemolo, riuscisse a rovesciare il governo Prodi. Sarebbe il colmo.

Marzo 2008 - La distruzione dello Stato Sociale attraverso la catastrofe delle liberalizzazioni-privatizzazioni in Italia

Il Movimento Solidarietà pubblica un nuovo dossier per dimostrare che il processo di liberalizzazioni e privatizzazioni attuato in Italia dall'inizio degli anni Novanta non ha portato nessun beneficio al paese. Lo scritto iniziale, elaborato da Claudio Giudici, dimostra che:
  1. le liberalizzazioni portano ad un aumento dei prezzi;
  2. le liberalizzazioni portano alla distruzione di posti di lavoro ed all’abbassamento degli stipendi dei lavoratori e dei fatturati delle piccole imprese;
  3. la liberalizzazione-privatizzazione dell’impresa pubblica nel periodo 1992-2000 non è stata conseguenza dell’inefficienza economica;
  4. i processi di liberalizzazione-privatizzazione non hanno minimamente migliorato la capacità produttiva italiana;
  5. le liberalizzazioni favoriscono i concentramenti di capitale in poche ricchissime mani;
  6. il rendimento finanziario delle aziende privatizzate è stato peggiore rispetto alla generalità del mercato finanziario italiano.


Attraverso una serie di esempi lampanti, diventa sempre più evidente che questo processo di "modernizzazione" del paese in realtà rappresenta un grave attacco al suo tessuto produttivo, accelerando il processo di disintegrazione economica e finanziaria che sta già mettendo in ginocchio l’economia mondiale.

Il Feudalesimo finanziario. Dall'Antica Roma a oggi

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C’era una volta – tanto, tanto tempo fa – nel mondo civilizzato, una cosa che si chiamava feudalesimo. Era un modo gerarchico di organizzare la società. Sopra tutti c’era un sovrano (re, principe, imperatore, faraone o alto prelato). Al di sotto dei sovrani c’erano diverse classi di nobili con titoli ereditari.
 
Al di sotto dei nobili c’era la gente comune e anch’essa ereditava questo status dai suoi predecessori, sia attraverso la titolarità di un pezzo di terra che coltivava, o dall’esercizio di una certa professione, com’era appunto il caso degli artigiani e i mercanti. Tutti erano come bloccati nella loro posizione sociale attraverso rapporti di dipendenza, tasse e tributi permanenti. Tasse e tributi fluivano tra le varie classi sociali dal basso verso l’alto, mentre i privilegi e la protezione dall’alto verso il basso.

Era un sistema fortemente resistente e auto-perpetuante, basato principalmente sull’uso della terra ed altre risorse naturali, tutte dipendenti dalla disponibilità della luce del sole. La ricchezza derivava soprattutto dalla terra e dai suoi vari utilizzi. Ecco qui di seguito un grafico che semplifica l’ordine che regolava la società medievale.
 
 


Il feudalesimo era essenzialmente un sistema statico. Le pressioni demografiche erano regolate attraverso emigrazione, guerre, pestilenze e, in mancanza di questi, carestie ricorrenti. Le guerre di conquista a volte aprivano le porte a nuove temporanee opportunità di crescita economica, ma poiché la terra e la luce del sole non erano infinite, il gioco finiva sempre in pareggio.

Tutto questo, però, è cambiato quanto il feudalesimo è stato sostituito dal capitalismo. Ciò che ha reso possibile il cambiamento è stato lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili, la più importante tra le quali l’energia prodotta dalla combustione di idrocarburi fossili: per primi torba e carbone, poi petrolio e gas naturale. Improvvisamente, la capacità produttiva si è scollegata dalla proprietà terriera e dalla disponibilità del sole; e sembrava si potesse continuare in questo modo all’infinito, solo continuando a bruciare idrocarburi.
 
Il consumo di energia, l'industria e tutta la popolazione, iniziarono ad aumentare in modo esponenziale. Si instaurò un nuovo sistema di rapporti economici sulla base di denaro che poteva essere prodotto a volontà in forma di debito, ripagabile con interessi, utilizzando prodotti sempre più sofisticati e innovativi. Rispetto al precedente, cioè al sistema sociale statico, il cambiamento si basava su un nuovo assunto: che il futuro cioè sarebbe stato sempre più vasto e più ricco, abbastanza da permettersi di pagare nuovi capitali e nuovi interessi sempre più grandi.
 
Con questa nuova organizzazione capitalistica, i vecchi rapporti e costumi feudali caddero in disuso, sostituiti da un nuovo sistema in cui i sempre più ricchi proprietari di capitali si opponevano a una classe lavorativa sempre più diseredata. I movimenti sindacali e la contrattazione collettiva del lavoro, permisero per un po’ di tempo di arginare questo contrasto; ma alla fine, per una serie di ragioni e fattori – come l’automazione e la globalizzazione - finirono di minare le basi del movimento operario, lasciando nelle mani dei proprietari di capitali, tutto il potere possibile e immaginabile con cui controllare la numerosa popolazione di ex-lavoratori industriali.
 
Nel frattempo, i proprietari di capitali formarono una loro pseudo-aristocrazia, ma senza titoli o privilegi ereditari. La nuova gerarchia si fondava su una sola cosa: il patrimonio netto. Quello che determinava la posizione di una persona nella società era quanti simboli di dollaro erano associati al suo nome.

 

Tuttavia, alla fine, quelle buone risorse locali di energia si esaurirono e furono sostituite da risorse energetiche di qualità inferiore, più lontane da raggiungere, più difficili e più costose da produrre. Questo assestò un duro colpo alla crescita economica, poiché ogni anno che passava bisognava investire sempre più nella ricerca di nuove energie con cui continuare a produrre per sostenere il sistema economico, nonostante tutto.
 
Nello stesso momento, l’industria aveva generato, in grandi quantità, degli spiacevoli sottoprodotti: l’inquinamento , il degrado ambientale, la destabilizzazione del clima ed altri effetti indesiderati. A lungo andare, questi hanno, a loro volta, prodotto costosi premi assicurativi e spese di bonifica per rimediare alle catastrofi naturali e artificiali. Anche questo fu un duro colpo per la crescita economica.

Parte della colpa va attribuita anche alla crescita demografica. Vedete, le popolazioni numerose creano centri abitati più grandi e i risultati della ricerca mostrano che più grande è una città, più alto è il suo consumo di energia pro-capite. Diversamente dagli organismi biologici, dove più grande è l'animale, più lento è il suo metabolismo, l’intensità delle attività necessarie per sostenere un centro popolato aumenta in proporzione al numero degli abitanti. Si osservi che nelle grandi città le persone parlano più velocemente, camminano più velocemente e, in genere, devono vivere più intensamente e agire più in fretta per poter sopravvivere.
 
Tutta questa attività frenetica richiede energia per poter costruire un futuro sempre più grande e sempre più ricco. Sì, il futuro potrebbe essere ancora più popolato (per ora), ma oggi gli insediamenti umani in più rapida crescita sono i sobborghi metropolitani (slum), luoghi densamente abitati, privi di servizi sociali, sanitari e igienici, vivai di criminalità diffusa e sempre meno sicuri.

Tutto questo dimostra che la crescita è auto-limitante.
 
Inoltre, dobbiamo notare che questi limiti li abbiamo già superati e, in alcuni casi, siamo andati anche troppo oltre. Tutto il gran parlare che si fa sulla fratturazione idraulica dei depositi di scisti e olii bituminosi, è la prova dello stato più che avanzato di esaurimento delle fonti di combustibile fossile. La destabilizzazione del clima sta producendo fenomeni meteorologici sempre più violenti e siccità sempre più gravi (la California oggi ha davanti a sé solo un anno di disponibilità di acqua); si prevede, inoltre, che scompariranno del tutto diversi paesi a causa dell’innalzamento delle acque degli oceani, dell’irregolarità delle stagioni monsoniche, della diminuzione delle acque d’irrigazione e dello scioglimento dei ghiacciai.
 
L'inquinamento ha raggiunto e superato i suoi limiti in molti settori: lo smog urbano, sia a Parigi, Pechino, Mosca e Teheran, è diventato così grave che sono state ridotte le attività industriali per consentire alla popolazione di poter respirare. La radioattività prodotta dall’incidente nucleare dei reattori di Fukushima in Giappone, ora la si inizia a rilevare anche in pesci pescati dall’altra parte dell’Oceano Pacifico.

Tutti questi problemi stanno provocando al denaro un effetto piuttosto strano.
 
Nella precedente fase di crescita del capitalismo, il denaro è stato creato grazie al debito per poter sostenere i consumi e, così facendo, stimolare la crescita economica. Ma da pochi anni è stato raggiunto un limite negli Stati Uniti, che all’epoca erano l’epicentro dell’attività economica globale (oggi eclissati dalla Cina), quando un’unità di debito ha iniziato a produrre meno di un’unità di crescita economica. Da quel momento in poi non è stato più possibile chiedere prestiti con interessi dal futuro.

Mentre prima il denaro era stato preso in prestito per produrre crescita, ora doveva essere preso in prestito in quantità sempre più grandi, semplicemente per evitare il collasso finanziario e industriale.
 
Di conseguenza, i tassi di interesse sui nuovi debiti si sono ridotti a zero, creando quella che e’ nota come la ZIRP, la politica dei tassi a interesse zero.
 
Per renderla ancora più dolce, le banche centrali hanno accettato il denaro dato in prestito prestato a 0% di interessi in forma dei depositi, guadagnando un po’ d’interessi, consentendo quindi alle banche di realizzare un profitto non facendo assolutamente nulla.

E’ ovvio che il fare niente si è rivelato piuttosto inefficace, e in tutto il mondo le economie hanno iniziato a ridursi. Molti paesi sono ricorsi al trucco di ritoccare un po’ le loro statistiche per mostrare un quadro un po’ più roseo, ma una statistica che non mente mai è il consumo di energia. E’ indicativo del volume complessivo di attività economica, e in tutto il mondo questo dato è in ribasso. Eccedenze di petrolio e prezzi del petrolio più bassi, è quello che vediamo come risultato della reale situazione. Altro indicatore che non mente è il Baltic Dry Index, che tiene traccia del livello delle attività di trasporto: anche questo valore è praticamente tracollato.

E così la ZIRP ha posto le basi per un ultimo mesto sviluppo: anche i tassi di interesse hanno iniziato la loro picchiata verso il segno Negativo, sia sui prestiti e sia sui depositi. Addio ZIRP, benvenuta NIRP! Le banche centrali di tutto il mondo hanno iniziato a concedere prestiti anche a piccoli tassi di interesse negativi. Proprio così, alcune banche centrali ora stanno pagando alcune istituzioni finanziarie perché prendano in prestito del denaro! Nel frattempo anche i tassi d’ interesse sui depositi bancari sono diventati di segno negativo: poter tenere i vostri soldi in banca ora è un privilegio, per il quale bisogna pagare.

Ma ovviamente i tassi d’interesse non sono di segno negativo per tutti. L'accesso al denaro gratuito è un privilegio, e i privilegiati sono i banchieri e gli industriali che finanziano. Un po’ meno privilegiati sono quelli che chiedono finanziamenti per l’edilizia; ancora di meno lo sono quelli che devono pagare per l’istruzione dei figli; quelli senza alcun privilegio sono invece quelli che comprano il cibo con la carta di credito o chiedono un miniprestito dal datore lavoro per pagare l’affitto.

Le funzioni che un tempo svolgevano i prestiti nelle economie capitaliste sono state del tutto dimenticate. Tanto tanto tempo fa, l’idea era che l'accesso al capitale lo si otteneva sulla base di un buon business plan (piano imprenditoriale), e che proprio questo spirito imprenditoriale ha permesso di prosperare e dar vita a sempre nuove imprese. Poiché chiunque – e non solo i privilegiati – possono ottenere un prestito e avviare un’impresa, questo significa che il successo economico dipende, almeno in una certa misura, dal merito.
 
Oggi, invece, l’attività d’impresa segue il percorso inverso, con un numero di imprese che escono dal mercato maggiore di quelle che entrano a farne parte, e la mobilità sociale è diventata per lo più una ‘cosa del passato’. Ciò che resta è una società rigidamente stratificata, con privilegi dispensati in base alla ricchezza ereditata: quelli che stanno in alto ottengono prestiti e riescono a navigare su onde cariche di denaro gratuito, mentre quelli in basso si ritrovano in una stato di indigenza e di asservimento sempre crescenti.
 
Può il NIRP sostenere un nuovo feudalesimo? Non si può certo invertire questa tendenza al ribasso, perché i fattori che stanno mettendo dei limiti alla crescita non sono suscettibili di manipolazione finanziaria, essendo di natura fisica. Vedete, nessuna somma di denaro può far apparire dal nulla delle nuove risorse naturali. Quello che si può fare però è congelare per un po’ la gerarchia sociale tra i proprietari di capitali; per un po’, ma non per sempre.

Ovunque guardiamo, la decrescita dell’economia si traduce in rivolta popolare, guerre e bancarotte nazionali, e queste arrestano in vari modi la circolazione del denaro. Svalutazione, fallimento di banche, impossibilità di finanziare le importazioni, crisi del sistema pensionistico e del settore pubblico. Il desiderio di sopravvivere spinge la gente a rifornirsi autonomamente di risorse materiali, distribuendole tra amici e parenti.

Di conseguenza, i meccanismi di mercato diventano estremamente opachi e distorti e spesso smettono totalmente di funzionare tutti insieme. In queste circostanze, quanti simboli di dollaro una persona abbia vicino al suo nome diventa un fattore meno rilevante, e a questo punto dovremmo assistere a un’ instabilità o addirittura a un capovolgimento radicale delle gerarchie sociali tra i possessori di capitali.
 
Pochi tra loro avranno le capacità di trasformarsi in signori della guerra, e questi pochi faranno fuori tutti gli altri.Ma più in generale, in una situazione in cui le istituzioni finanziarie sono crollate, le fabbriche e le imprese hanno smesso di funzionare, le proprietà immobiliari sono state prese d’assalto da teppisti criminali e occupanti abusivi, diventa difficile calcolare con precisione la ricchezza di ognuno.

A questo punto l’organigramma sociale della società post-capitalistica apparirà più o meno così: (“#REF!” è quello che appare in Excel quando il programma incontra un riferimento errato di casella in una formula.
 

Il termine esatto per questo stato di cose è “anarchia”. Una volta che si sarà ricreato un nuovo substrato di “staticità”, si rinnoverà il processo di formazione dell’aristocrazia. Ma a meno che non si scoprirà per magia una nuova fonte di combustibili fossili a basso costo, il processo procederà secondo il tradizionale percorso feudale.
 
C'è un momento storico dove cambiano gli Dei. I popoli europei avevano il Dio Comodo, che dava la Terra in comodato alle persone abitanti un Villaggio. La Terra, essendo una divinità non poteva essere comprata, venduta, parcellizzaza o essere di un unico proprietario,al contrario era in usufrutto. Con la conquista dei medioreintali , cosidetti romani ,dei popoli europei, arriva il Dio Termine, ovvero quello della proprietà e dei confini.
 
La Pax deorum dei romani, permetteva di uccidere i druidi o le persone sacre che si opponevano alla privatizzazione delle terre.  La parola privato contiene infatti la filosofia dei romani, ovvero di privare la collettività di un bene, a favore di un proprietario. Il capitalismo inteso come privare la collettività di beni comuni è figlio della filosofia dei romani che vinsero sulle popolazioni italiche in primis e in tutta l'Europa poi.

Se l'economia era basata su un patto di appartenenza territoriale,ovvero dell'organizzazione della cosa di tutti, per avere benefici collettivi, sotto forma di Stato, oggi abbiamo la vittoria totale dei romani e del Dio Termine in quanto lo Stato non è piu necessario, proprio perchè lo Stato concettualmente doveva gestire nell'interesse collettivoun determinato territorio legato da tradizione, interesse comune, morale comune, religione comune. La globalizzazione rende lo Stato ( la Nazione ) inutile anzi,un impiccio.

Il modello vincente è stato quelle ebraico, ovvero quello di non avere uno Stato di appartenenza ma un interesse nella propria tribu ovunque essa si trova. Lo Stato è dunque la fratellanza della tribu, fratellanza che oggi si chiama massoneria, club, confraternita, e chi piu ne ha piu ne metta, che non è piu legata al territorio inteso come Patria, ma agli interessi della fratellanza, in qualunque Nazione si trovino i membri. Ovvio che questo ha permesso la creazione di elite finanziare con immensi interessi sovranazionali e questo defrauda la cosa di Tutti ed il senso di Nazione e di economia territoriale. E' molto piu facile vivere di un'economia virtuale che crea il fiat money, schiavizzando chi ha ancora un economia reale legata al territorio, territorio inteso come produzione reale di beni concreti.

Dai romani che distrussero il campo della Pace di Giorda, in favore del Campo di Marte, ovvero attraverso il sopruso, siamo al culmine di questa filosofia. Ma tutto cio' che ha un inizio ha fortunatamente una fine...e non perchè le persone sono essere i pensanti, ma semplicemente perchè la Terra è un sistema chiuso e quindi non puo' sostenere la crescita infinita dei finti valori ( la bisca di WS) che pero' comperano beni reali e quindi finalmente i romani e la loro filosofia del sopruso finiranno.

Non so se con loro finirà anche la Terra visto che c'è aria di guerra,,,ma tant'è, il Dio Termine è ormai come il Golem del Rabino di Praga.
 

Baal e il Culto della civetta. Storia della mafia Khazara

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Il sipario si è ora aperto per esporre completamente il piano della mafia Khazara e il suo malvagio piano di infiltrazione, nel tiranneggiare l'intero mondo sradicando tutte le religioni abramitiche, consentendo solo la loro religione, il talmudismo babilonese conosciuto come il culto del satanismo luciferino, dall'antico culto di Baal.
 
 
La storia dei Khazari, in particolare la Mafia Khazara (KM), è un grande sindacato organizzato criminale mondiale che l'oligarchia Khazara l'ha trasformato adottando la magia babilonese dei soldi, questo particolare è stato quasi completamente asportato dai libri di storia.
 
L'attuale KM sa che non può funzionare o esistere senza una abietta segretezza, e quindi ha speso una fortuna di denaro per asportarla dai libri di scuola, al fine che i cittadini del mondo non conoscessero il suo "male oltre ogni immaginazione", consentendo alla Cabala di perpetrare i loro grandi crimini organizzati di questo mondo. Gli autori di questo articolo hanno fatto del loro meglio per resuscitare questa perduta storia segreta Khazara ed il loro Sindacato Criminale internazionale organizzato, meglio denominato come Mafia Khazara (KM), mettendo questa storia a disposizione del mondo tramite Internet, che è il nuovo Gutemberg Press.
 
E' stato estremamente difficile ricostruire questa segreta storia nascosta dei KM, quindi vi prego di scusare eventuali imprecisioni o errori minori, che sono sottoprodotti non intenzionali dovuti alla difficoltà di scavare la vera storia della Mafia Khazara. Abbiamo fatto del nostro meglio per ricostruirla.
 
E' stato Mike Harris a fare la reale scoperta sulla presenza storica del giuramento di sangue Khazaro mafioso collegando tutti i punti. La Mafia Khazara, ha aiutato gli americani a vincere la guerra rivoluzionaria e la guerra civile per vendicarsi della Russia, e il loro giuramento di sangue vendicativo contro l'America e gli americani per vincere queste guerre sostenendo l'Unione.
 
Alla conferenza siriana sulla lotta al terrorismo e l'estremismo religioso l'1 dicembre 2014 - in una nota fondamentale del Today Senior Editor (Direttore Gordon Duff) sono stati resi pubblici per la prima volta in assoluto che il terrorismo mondiale è effettivamente dovuto all'organizzazione internazionale del sindacato del crimine associato a Israele. Questa rivelazione ha inviato onde d'urto in occasione della conferenza e quasi istantaneamente in tutto il mondo, così come quasi tutti i leader del mondo hanno ricevuto le divulgazioni storiche di Gordon Guff in pochi minuti nello stesso giorno.
 
L'onda d'urto dello storico discorso a Damasco continua a riverberarsi in tutto il mondo, anche adesso. Ora Gordon Guff ha chiesto al presidente Putin di rilasciare tramite l'Intel russa l'esposizione dei circa 300 traditori del Congresso per i loro gravi e seriali crimini di spionaggio per conto della Mafia Khazara (KM) contro l'America e molti paesi del Medio Oriente.
 
Ora sappiamo che la Mafia Khazara (KM) sta conducendo una guerra segreta contro l'America e gli americani con l'uso del terrorismo sotto falsa bandiera in Stile-Gladio, e tramite l'illegale e incostituzionale Federal Reserve System, l'IRS, l'FBI, FEMA, Sicurezza Nazionale e la TSA. Sappiamo per certo che i KM sono stati responsabili nell'attuazione di un lavoro-interno in stile Gladio un falso attacco (false flag) in America il 9-11-01, così come il bombardamento costruito di Murrah (Oklahoma City) il 19 aprile 1995.
 
L'incredibile storia del male nascosto della Mafia Khazara:
 
100-800 d.C - un'incredibile società del male emerge in Khazakistan:
 
Il Khazakistan si è sviluppato in una nazione governata da un re malvagio, dove venivano praticate arti nere babilonesi, occulti oligarchi erano al servizio della sua corte. Durante questo periodo il Khazakistan è venuto a conoscenza che i paesi circostanti erano abitati da ladri, assassini, banditi di strada, così hanno assunto l'identità di quei viandanti uccisori come normale pratica professionale e stile di vita.
 
800 d.C - Viene dato l'ultimatum alla Russia e altre nazioni circostanti:
 
I leader delle nazioni circostanti, in particolare la Russia, per molti anni i cittadini hanno denunciato questi crimini e, hanno mandato un ultimatum al re Khazaro. L'ultimatum del comunicato al re Khazaro consisteva nel fare una scelta in una delle tre religioni abramitiche per il suo popolo, e farne una religione di stato da imporre a tutti i cittadini Khazari, praticandola facendola socializzare a tutti i bambini come pratica di fede.
 
Al re Khazaro è stata data la scelta tra Islam, cristianesimo ed ebraismo. Il re Khazaro ha scelto l'ebraismo, promettendo di rimanere entro i requisiti previsti dalla confederazione circostante delle nazioni guidate dallo zar russo. Nonostante l'accordo e la promessa, il re khazaro e la sua interna cerchia di oligarchi tenuti a praticare la magia nera babilonese, conosciuta anche come segreto satanico. Questo segreto satanico veniva svolto con cerimonie occulte e il sacrificio di bambini che dopo averli sgozzati per bere il loro sangue divoravano il loro cuore.
 
Il profondo oscuro segreto delle cerimonie occulte erano tutte basate sull'antico culto di Baal, noto anche come il culto della Civetta. Per ingannare la confederazione delle nazioni guidate dalla Russia, che stavano osservando il Khazakistan, il re khazaro fondeva queste pratiche luciferine di magia nera con l'ebraismo, creando una religione ibrido-satanica segreta, nota come il talmudismo babilonese. Questa, è stata resa la religione nazionale del Khazakistan, nutrendo lo stesso male che i Khazaki avevano prima.
 
Purtroppo il Khazakistan ha perseguito la sua via malvagia, rapina, l'omicidio di quelli che provenivano dai paesi circostanti che viaggiavano attraverso il Khazakistan. I ladri Khazari, hanno spesso tentato di assumere le loro identità dopo aver ucciso questi visitatori, divennero maestri nei travestimenti con false identità - pratiche che continuano ancora ai giorni nostri, insieme ai sacrifici di bambini nelle loro cerimonie occulte, che in realtà sono l'antico culto di Baal.
 
1200 AD - La Russia e le nazioni circostanti ne avevano avuto abbastanza e dovevano agire:
 
Nel 1.200 d.C. i russi hanno invaso il Khazakistan al fine di fermare i crimini contro le loro persone, che comprendevano il rapimento dei loro bambini e neonati per i loro sacrifici e cerimonie di sangue a Baal. Il re e la sua corte interna di oligarchi Khazari criminali e assassini sono conosciuti dai paesi vicini come la Mafia Khazaca (KM).
 
I leader Khazari avevano una rete di spie ben sviluppate attraverso le quali sono stati avvisati, scappando così dal Khasakistan verso ovest in nazioni europee, portando la loro grande fortuna comprendente oro e argento. Si sono stanziati in piccoli gruppi, mentre assumevano nuove identità. In segreto hanno continuato con i bambini i loro riti satanici con rituali e sacrifici, nell'intento di avere la fiducia di Baal per avere tutte le ricchezze del mondo, come avuto in promessa nel sacrificare bambini e neonati per lui nel suo nome.
 
Il re e la sua corte Khazara Mafiosa hanno promesso un'eterna vendetta verso i russi e le nazioni circostanti che hanno invaso il Khazakistan espellendoli.
 
La Mafia Khazakistana invase l'Inghilterra dopo essere stata espulsa per centinaia di anni dalle loro terre. Per realizzare la loro invasione dell'Inghilterra, hanno assunto Oliver Cromwell per assassinare re Carlo I°, e creare in Inghilterra un nuovo e sicuro settore bancario. Questo ha portato alle guerre civili inglesi che hanno infuriato per quasi un decennio, con il conseguente regicidio della famiglia reale e centinaia di genuina nobiltà inglese. Questo è di come la città di Londra è stata costituita come la capitale bancaria d'Europa dando inizio all'impero britannico.
 
 
David Icke è stato il primo che con coraggio ha parlato pubblicamente davanti a centinaia di persone dei Rothschild. Questo naturalmente fa di lui un eroe internazionale, ce ne vorrebbero di più con il suo coraggio per rompere il silenzio e l'insabbiamento che sta nascondendo la Mafia khazara e porre fine al suo potere illegittimo in tutto il mondo.
 
La Mafia Khazara (KM) ha deciso di infiltrare tutte le Banche Mondiali utilizzando la Magia-Nera babilonese, nota anche come i Soldi-Magici o l'arte segreta di fare soldi dal nulla usando il potere dell'usura perniciosa per accumulare interessi.
 
La KM ha usato la sua grande fortuna per entrare in un nuovo sistema bancario, sulla base del segreto babilonese, la magia nera del denaro, magia che ha affermato di aver imparato dagli spiriti maligni di Baal, in cambio dei tanti bambini sacrificati per lui. Questa magia del denaro babilonese ha coinvolto le sottostazioni dei certificati di credito documenti di carta per i depositi in oro e argento, permettendo ai viaggiatori di viaggiare con i loro soldi in una forma che ha offerto una facile sostituzione evitando di perdere i certificati o di essere derubati.
 
Molto interessante la risoluzione del problema avviata dai Khazari.
 
Alla fine il re Khazaro e la sua circostante e piccola corte di oligarchi si è infiltrata in Germania con un gruppo che ha scelto il nome di "Bauer" per rappresentarli in Germania portando avanti il loro sistema maligno alimentato da Baal. La Bauer dello Scudo rosso, che rappresentava i loro segreti sui sacrifici sanguinari di bambini, hanno cambiato il loro nome in Rothshild (aka "figlio del rok, Satana").
 
I Rothshild, come uomini rappresentanti della Mafia Khazara (KM), si sono infiltrati nelle banche britanniche e poi hanno dirottato tutta la nazione inglese.
 
 
Bauer/Rothshild aveva cinque figli che si sono infiltrati nel sistema bancario europeo e la City di Londra con il sistema delle banche centrali attraverso furbe e segrete operazioni, tra cui il falso rapporto sulla vincita di Napoleone sugli inglesi, quando in realtà Napoleone ha perso la battaglia.
 
Questo ha permesso ai Rothshild l'utilizzo della frode e l'inganno per rubare le ricchezze della nobiltà inglese e la nobiltà terriera, che aveva fatto investimenti aziendali con la città di Londra e le istituzioni bancarie.
 
I Rothshild hanno istituito un sistema bancario basato sulla moneta Fiat specializzata nella produzione di falso denaro dal nulla - caricandolo di un'usura perniciosa per il popolo britannico, con quello che doveva essere il proprio denaro. Questa era l'arte della magia nera del denaro di Babilonia; lo hanno affermato gli addetti ai lavori che tale tecnologia e il potere segreto del denaro è stato fornito loro da Baal, in cambio dei frequenti sacrifici di sangue fatti sui bambini.
 
Una volta infiltrato e dirottato il sistema bancario britannico, si incrociarono con i reali inglesi infiltrando completamente tutte le principali istituzioni inglesi sequestrando di conseguenza tutta l'Inghilterra. Alcuni esperti ritengono che i Rothshild abbiano commesso un genocidio ai danni della famiglia reale, hanno gestito, organizzato, adulterato segretamente e illecitamente la sostituzione dei rerali con i loro pretendenti al trono Khazari.
 
La Mafia Khazara (KM) ha fatto un enorme sforzo economico internazionale per sradicare i re che governano per diritto divino del Dio Onnipotente.
 
I KM sostengono di avere una partnership personale con Baal (aka il Diavolo, Lucifero, Satana) a causa dei sacrifici di sangue dedicati a lui. Essi detestano ogni re che governa sotto l'autorità di Dio Onnipotente perché la maggior parte si sente responsabile e sicuro che il proprio popolo sia protetto da traditori infiltrati "nemici all'interno delle corti reali".
 
Nel 1.600, i KM hanno eliminato i reali inglesi sostituendoli con i propri falsi. Nel 1.700, hanno eliminato i reali francesi. Poco prima della prima guerra mondiale, ci fu l'omicidio dell'arciduca austriaco Ferdinando che ha avviato la prima guerra mondiale. Nel 1917 i KM riunirono il loro esercito di bolscevichi per destabilizzare la Russia, uccidendo lo zar e la sua famiglia a sangue freddo, la loro figlia preferita era la baionetta per trafiggere il torace dei malcapitati, rubarono tutto l'oro e l'argento e, l'immenso tesoro di arte russa. Poco prima della seconda guerra mondiale, uccisero i reali tedeschi e austriaci. Poi si sbarazzarono dei reali cinesi e depotenziarono il sovrano giapponese.
 
L'intenso odio della Mafia Khazara era rivolto verso tutti coloro che professavano la fede in un Dio qualsiasi, è stato il loro dio Baal a motivarli? a uccidere re su re facendo in modo di non poter mai governare. Hanno fatto la stessa cosa con i presidenti americani - con sofisticate operazioni segrete eseguite per togliergli il potere. Se questo non avesse funzionato i KM li assassinava, come hanno fatto con McKinley, Lincoln, JFK. I KM vogliono eliminare eventuali forti governanti o funzionari eletti che hanno il coraggio di resistere al loro potere della magia del denaro babilonese o al loro spiegamento di potere occulto acquisito dalla compromessa rete umana.
 
I Rothshild hanno creato il narcotraffico per conto dei KM.
 
Segretamente i Rothshild nell'impero inglese hanno escogitato un piano malvagio per recuperare una grande quantità di oro e argento che gli inglesi stavano pagando alla Cina per le loro spezie e sete pregiate che non erano disponibili in nessun altro luogo. I Rothshild, attraverso le loro reti di spionaggio internazionale, avevano sentito parlare di oppio turco e le sue caratteristiche di assuefazione. Hanno schierato un'operazione segreta per comperare l'oppio turco per rivenderlo in Cina, infettando milioni di persone con la cattiva abitudine dell'oppio, riportando nelle casse dei Rothshild l'oro e l'argento, ma non al popolo britannico.
 
 
 
La dipendenza dell'oppio creata dai Rothshild venduto alla Cina ha danneggiato la Cina stessa, che è andata in guerra per ben due volte per fermare questa piaga dell'oppio. Queste guerre sono conosciute come la ribellione dei Boxer o le guerre dell'oppio. I denari guadagnati dai Rothshild per la vendita dell'oppio erano così immensi che sono diventati ancora più dipendenti del denaro facile che gli stessi tossicodipendenti dagli oppiacei.
 
I Rothshild sono stati la fonte del finanziamento dietro la creazione delle colonie americane, incorporando la Hudson Bay Company e altre aziende commerciali per sfruttare il nuovo mondo delle Americhe. Sono stati i Rothshild che hanno ordinato lo sterminio di massa e il genocidio dei popoli indigeni del Nord America per consentire lo sfruttamento delle vaste risorse naturali del continente. I Rothshild hanno seguito lo stesso modello di business nei Caraibi e nel subcontinente asiatico indiano, con la conseguente uccisione di milioni di persone innocenti.
 
I Rothshild hanno avviato il commercio degli schiavi internazionale, un'impresa che ha visto questi esseri umani rapiti come semplici animali - una visione che i Khazati imporrebbero a tutte le persone del mondo che non fanno parte della loro cerchia malvagia, che alcuni chiamano "La Vecchia Nobiltà Nera".
 
Uno dei grandi progetti dei Rothshild è stato quello di avviare la tratta degli schiavi in tutto il mondo, l'acquisto di schiavi è stato storto in Africa dai capi tribù che hanno lavorato con loro per rapire i membri delle tribù avverse per venderli come schiavi. I mercanti di schiavi Rhotshild hanno stipato questi malcapitati sulle loro navi in celle anguste deportandoli in America e nei Caraibi, dove sono stati venduti. Molti sono deceduti in mare per le cattive condizioni.
 
I banchieri Rothshild hanno imparato presto che la guerra è un ottimo modo per raddoppiare i loro soldi in breve tempo, prestando denaro ad entrambi i contendenti in guerra. Ma per essere garantito ed essere raccolto il denaro, hanno dovuto passare attraverso le legislazioni fiscali per ottenerlo forzandone il pagamento.
 
La privata e contraffatta moneta Fiat dei Banksters KM Rothshild, trama eterna vendetta contro i coloni americani e la Russia che gli ha fatto perdere la guerra rivoluzionaria.
 
I Rothshild hanno perso la Rivoluzione Americana, hanno accusato lo zar russo e i russi per aver aiutato i coloni bloccando le navi inglesi. Hanno giurato eterna vendetta ai coloni americani, proprio come avevano fatto quando i russi e i loro alleati hanno schiacciato i Khazari nel 1000 d.C. I Rothshild e la loro oligarchia inglese che li circonda hanno tracciato vari modi per riconquistare l'America, questa è sempre stata la loro principale ossessione. Il loro piano preferito era quello di istituire una banca centrale americana, con la magia dei soldi babilonesi e con il segreto della contraffazione.
 
I Rorhshild KM nel 1812 tentano di riprendersi l'America, ma ancora una volta non ci riescono a causa dell'interferenza russa.
 
Questo fallimento fa infuriare i Rothshild KM e ancora una volta minacciano una eterna vendetta contro i russi e i coloni americani, il piano è quello di infiltrarsi per dirottare entrambe le nazioni nei loro asset, tiranneggiando la massa con omicidi in entrambe le nazioni e la loro popolazione. I tentativi dei KM di istituire una banca privata centrale americana sono bloccati dal presidente Andrew jackson, che li ha chiamati satanici, fuori dalla grazia e la potenza di Dio Onnipotente. I bankster Rothshild continuano a riorganizzare i loro tentativi di infiltrazione per installare la propria banca magica di denaro babilonese dentro l'America.
 
Infine nel 1913, i KM Rothshild riesce a stabilire una testa di ponte importante in America - e un nemico malvagio di tutti gli americani si è inserito dentro le porte Americane.
 
Nel 1913, i Rothshild KM riesce a stabilire una testa di ponte corrompendo ed estorcendo i membri del Congresso con un tradimento alla vigilia di natale senza un quorum è stata fatta passare illegalmente e incostituzionalmente la Federal Reserve Act. La legge è poi stata firmata estorcendola fuori dalla presidenza, un fatto di tradimento inaudito per l'America, così come tutti i membri del Congresso che l'hanno votata.
 
Quindi, i Rothshild KM hanno creato un sistema di tassazione illegale in America.
 
I KM posero in atto un sistema fiscale illegale e incostituzionale, al fine di fare in modo che gli americani avrebbero dovuto pagare per USG spese di alto livello, approvato da un Congresso illegale di burattini presidenziali, messo in atto dalla mafiosa e corrotta campagna finanziaria Khazaka. Rimane facile per i KM raccogliere abbastanza soldi per eleggere chiunque vogliono, perché quando si controlla una banca che ha un importante falso segreto, si ha a disposizione tutti i soldi che si vogliono e si desiderano. Circa, nello stesso tempo, hanno creato il loro illegale sistema fiscale americano, corrompendo anche corrotto i membri del Congresso per approvare l'Internal Revenue Service, che è la loro agenzia di raccolta costituita in Puerto Rico.
 
Poco dopo, hanno creato il Federal Bureau Investigation per proteggere i loro banchieri, per rispondere alle loro esigenze di copertura, impedendo loro di non essere mai perseguiti per i loro rituali sacrificali di bambini, le reti di pedofili; e di servire anche come un'operazione segreta di Intel per loro conto. Va notato inoltre che l'FBI non ha uno statuto ufficiale, secondo la Biblioteca del Congresso, non ha diritto di esistere o emettere assegni.
 
I Rothshild KM hanno anche organizzato la rivoluzione bolscevica in Russia, manifestandosi incredibilmente sanguinosa e selvaggia su russi innocenti, tracciati da molti anni da quando è stata distrutta la Khazaria.
 
I Rothshild KM hanno pre-organizzato e realizzato la rivoluzione russa utilizzando le loro banche centrali per pagare l'infiltrazione bolscevica della Russia e la loro rivoluzione in nome della Mafia Khazara (KM).
 

I bolscevichi sono stati effettivamente creati e indirizzati dalla Mafia Khazara (KM) come parte essenziale della loro atavica vendetta pianificata sullo zar russo e l'innocente popolo russo che ha demolito i Khazari nel 1000 d.C. per le ripetute rapine, omicidi, e furti di identità dei viaggiatori provenienti dalle zone circostanti il Khazakistan. Questo rimane un fatto poco noto, che spiega l'estrema violenza fatta alla Russia per vendetta dalla Mafia Khazara dei Rothshild.
 
I bolscevichi sotto la direzione dei Rothshild KM, ha violentato, torturato, e assassinato circa 100 milioni di russi, tra cui donne bambini e neonati. Alcune delle torture erano così estreme che non ne vogliamo parlare in questo articolo. Ma i lettori che vogliono sapere possono fare la loro ricerca approfondita in internet sul "Terrore Russo" o "bolscevica Ceka" o guardare il classico film "The Checkist"
 
I Mafiosi Khazari (KM) Rothshild, ancora una volta anno deciso di immergersi nel gregge infiltrando il giudaismo.
 
I Rothshild KM hanno creato un piano per controllare tutti i giudei con il controllo della mente. Hanno dirottato con fantasia l'ebraismo, fuori da Babilonia con il talmudismo (culto di lucifero o satanismo), ed ha guadagnato il controllo del settore bancario e in generale le professioni di Wall Street, il Congresso, i principali media di massa; insieme con la maggior parte della ricchezza e dei mezzi economici di successo. Così i Rothshild KM avrebbero potuto far passare fuori la ricchezza e il successo a quei giudei che gli hanno aiutati, utilizzandoli in attività appositamente ritagliate. In questo modo, i Rothshild hanno dirottato l'ebraismo.
 
Il finanziamento della Knesset israeliana, usa l'architettura della costruzione occulta massonica, visualizzando il loro impegno per l'occulto talmudismo babilonese e tutto il male che lo accompagna, tra cui i sacrifici di bambini al loro dio segreto Baal. Hanno creato un sistema NWO chiamato World Sionismo che ha insegnato e inculcato ai giudei suscettibili un delirio paranoico di superiorità razziale, che presume che tutti i gentili siano intenti a commettere omicidio di massa contro tutti i giudei.
 
L'architettura massonica è stata utilizzata nella costruzione del Knesset che è la Corte Suprema israeliana, vista attraverso le finestre.
 
 
Hanno chiamato questa forma di razzismo-paranoico massa delusa per la conquista giudaica del mondo, "World Sionismo", che in realtà è una forma velata del talmudismo babilonese o culto di Lucifero che era stato conosciuto dai giudei tradizionali. Il sistema è stato progettato per l'utilizzo di giudei come copertura, ma anche per incentivarli con il denaro-potere babilonese, in modo da utilizzarli come collaboratori, e poi essere sacrificati in due fasi a Lucifero.
 
La prima fase sarebbe la loro pianificata seconda guerra mondiale confinati in campi nazisti, tagliati fuori dai rifornimenti, che hanno causato la morte di 200.000 giudei per fame e malattie, insieme a 90.000 detenuti non-giudaici per le stesse cause, questo secondo la Croce rossa rispettando i dati ufficiali. Questo numero è il 5% della Mafia Khazara (aka sionisti mondiali).
 
Il secondo, sarebbe il grande sacrificio finale, quando il Nuovo Ordine Mondiale di re Lucifero sarebbe stato posto al potere, e quando tutte e tre le religioni abramitiche sarebbero sradicate - sopratutto l'ebraismo, che sarebbe accusato di tutte le guerre e la distruzione del mondo. E allora, i Rothshild ancora una volta si trasformerebbero in una nuova identità non associata all'ebraismo, ma nemmeno con il sionismo mondiale o in una qualsiasi altra forma.
 
L'importante è rendersi conto che i Rothshild KM hanno preso la Germania dopo  prima guerra mondiale, hanno creato il vuoto del fascismo, ricreandolo poi con il nazismo con l'installazione al potere di Hitler come contro-forza per il loro bolscevismo russo. Hitler è diventato un problema per i KM quando ha deliberatamente agito negli interessi del popolo tedesco rendendo le persone libere dal mondo dal sistema bancario dei Rothshild.
 
Hitler ha introdotto un sistema finanziario libero da usura e vantaggioso per la classe operaia. Questo ha innescato la distruzione totale della Germania e il popolo tedesco, perché i Rothshild  e i Khazari non avrebbero mai permesso e consentito un sistema economico diverso che non dipendesse dall'esistenza dell'usura. Questo lo vediamo oggi con la guerra contro l'Islam, perchè l'Islam proibisce l'usura. Ecco perché Israele è così aggressivamente vocale nel voler distruggere il popolo Islamico del mondo.
 
I KM aspettavano la seconda guerra mondiale per sostenere entrambe le parti, questa guerra sarebbe stata utilizzata per industrializzare tutto il mondo per massimizzare il potere del denaro con i bankester.

I Rothshlid KM hanno corrotto e indotto i membri del Congresso per inviare soldati americani durante la prima guerra mondiale.
 
Come una continuazione del loro collaudato modello hanno finanziato entrambi i contendenti la guerra per massimizzare i profitti, l'acquisizione di ulteriori fondi fiscali federali e maggiore potenza internazionale, i Rothshild Khazari corruppero, ricattarono e indussero i membri del Congresso a dichiarare guerra contro la Germania nel 1917. Questo è stato facilitato dai KM con le false flag dell'affondamento del Lusitania. Da allora hanno sviluppato il consueto schema della messa in scena delle false flag come procedura operativa standard per indurre gli americani a combattere guerre per la Mafia Khazara.
 
Finita la seconda guerra mondiale, i Rothshild KM hanno iniziato la guerra fredda, una scusa per portare in America gli scienziati nazisti esperti nel controllo della mente, sotto l'Operazione Paperclip. Questo ha permesso loro di istituire un sistema di spionaggio mondiale che ha superato di gran lunga qualsiasi altro sforzo precedente.
 
In base a questo nuovo sistema, hanno continuato ad infiltrarsi e a dirottare le istituzioni americane, comprese le chiese e i vari sistemi religiosi americani, la Massoneria (in particolare il Rito Scozzese e il Rito di York), l'esercito americano, l'Intel statunitense, e la maggior parte dei privati appaltatori della difesa, della magistratura e le agenzie più importanti del governo USA, tra cui la maggior parte dei governi statali, ed entrambi i maggiori partiti politici.

I Rothshild KM hanno usato i campi di lavoro nazisti come pretesto per la manipolazione degli alleati nel concedere loro la propria colonia privata in Palestina, rubando la terra ai palestinesi.
 
I Rothshild KM sono stati in grado di utilizzare e controllare il loro mis-mercato, il cosiddetto "olocausto" utilizzato per attivare il controllo mentale contrastando qualsiasi critica per i loro modi sionisti. Una volta guadagnata la loro patria privata in Israele nel 1947, attraverso le loro manipolazioni segrete, hanno iniziato a vedere tutta la Palestina come la nuova Khazaria, tramando e commettendo genocidi su tutti i palestinesi riuscendo così a rubare tutta la Palestina per se stessi. I loro piani fantasiosi includevano la costruzione di un "Grande Israele" che si espandeva su tutto il Medio Oriente, manipolando i muti goy americani a combattere e morire per loro conto, prendendo tutte le terre arabe per Israele e la Khazaria Mafiosa (KM), in modo da potersi impadronire di tutte le ricchezze e risorse naturali, in particolare il loro petrolio greggio.
 
 
Recenti ricerche fatte dalla Johns Hopkins sulla ricerca genetica portata avanti da un rispettato gruppo di medici mostra che il 97,5% dei giudei che vivono in Israele non hanno assolutamente l'antico DNA ebraico, pertanto non sono semiti, e non hanno nessun legame antico di sangue con la terra di Palestina. Per contro, l'80% dei palestinesi sono portatori dell'antico DNA ebraico e quindi sono reali semiti, ed hanno antichi legami di sangue con la terra palestinese. Ciò significa che i veri antisemiti che rubano le terre palestinesi per costruire insediamenti israeliani, sono gli israeliani che tiranneggiano, massacrano e assassinano i palestinesi innocenti.

I Rothshild KM decidono di trasformarsi di nuovo per espandere le loro fila.
 
 
Si sono resi conto che non possono ancora rimanere nascosti a lungo al pubblico, a meno che non si trasformino di nuovo in una ampliata segreta leadership. Così hanno lavorato sodo per infiltrarsi ulteriormente per dirottare la Massoneria e le sue propaggini segrete, introducendo i loro migliori membri pedofili nella rete con rituali sacrificali di bambini. Inoltre, i membri chiave del Congresso, sono stati introdotti nella loro segreta rete satanica, dando a loro un potere speciale, un alto USG, posizioni Intel militari, accompagnato da grandi ricompense monetarie e uno status sociale elevato.
 
Massive fonti di spionaggio dei KM stanno utilizzando gli Israelo-Americani con doppia cittadinanza ritagliandoli dei posti chiave all'interno di istituti americani per incanalare del denaro dei falsi bankester Khazari, verso i politici e le loro campagne elettorali, al fine di controllare e possedere l'eletto.

I Rothshild KM hanno deciso il controllo della mente delle masse americane per facilitare la loro manipolazione per far approvare leggi illegali, incostituzionali, impossibili da approvare e da vincere perché impossibili da dichiarare legali, portare avanti guerre perpetue per realizzare enormi profitti, nell'intento di ottenere più potenza mondiale.
 
 
I Rothshild KM hanno deciso di ottenere il controllo completo su tutta l'istruzione pubblica attraverso la creazione del Dipartimento della Pubblica Istruzione e la creazione globalizzata con il curricula socialista sulla base della correttezza politica, la diversità e la "normale perversione" dell'insegnamento. Il fluoro viene aggiunto all'acqua pubblica e ai dentifrici, e i dentisti sono mentalmente controllati a credere che il fluoro prevenga la carie, e che non è dannoso alla funzione celebrale o alla funzione della tiroide, che in effetti dannoso lo è veramente.
 
L'aggiunta di fluoro alla pubblica rete idrica e al dentifricio degli americani, riduce e inibisce il loro QI operativo rendendo la popolazione più docile e arrendevole di quello che dovrebbe normalmente essere. Sono stati avviati programmi per sviluppare e distribuire le vaccinazioni ai bambini, creando un gran numero di futuri problemi di salute cronici.
 
I medici sono stati controllati mentalmente portandoli a forviare la ricerca, ignorando tutti gli studi negativi fatti - e che includeva la maggior parte di loro. Tutte le linee delle cellule del  vaccino sono contaminate da SV-40, un noto virus cancerogeno ad azione lenta. i KM utilizzano il loro potere monetario per ottenere il controllo su tutte le scuole mediche allopatiche, impostando il controllo sull'American Medical Association e altre società mediche, al fine di assicurarsi il continuo loro ordine del giorno sulla base della menzogna e falsità.
 
Parte di questo massiccio piano per il controllo della mente delle masse americane è stato acquisito dai KM e consolidato in tutti i mass media americani, i sei media che controllano la grande massa (CMMM), di proprietà e controllata dai loro adepti per loro conto. Le funzioni della CMMM sono le notizie di un cartello illegale, che deve essere suddiviso in base alle leggi antitrust per non infliggere spionaggio e propaganda illegale come arma da guerra contro il popolo americano.

Il Quarto Reich dell’Euro e dell’Unione Europea. Verso una nuova festa della Liberazione

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Gli industriali della Germania Nazista sono i veri padri fondatori del mercato unico europeo e dell’Euro

1944. La Germania è a un passo dalla sconfitta definitiva nella seconda guerra mondiale. Gli alleati avanzano sul fronte occidentale e l’Armata Rossa continua la sua marcia verso il fronte orientale.
 
L’obbiettivo militare dei nazisti è proteggere a tutti i costi la linea Siegfried, in uno strenuo tentativo di difendere le posizioni che giorno dopo giorno vengono perdute sotto i colpi della crescente pressione delle forze alleate che avanzano.
 
La guerra è perduta, anche se molti non hanno il coraggio di dirlo apertamente per timore di essere accusati di alto tradimento. Il colonnello dell’Esercito, Von Stauffenberg , ne era pienamente consapevole, e insieme ad alti ufficiali della Wermacht ordì la camarilla che avrebbe dovuto uccidere Hitler e che avrebbe permesso al nuovo governo di firmare una pace separata con gli alleati. Il colonnello è la stessa persona che piazzò l’ordigno esplosivo che avrebbe dovuto uccidere Hitler, ma quel giorno la fortuna era con il Fuhrer, e la detonazione non risultò fatale. Molti uomini nei ranghi militari e nelle elite industriali sapevano che non c’era scampo, e già pensavano a come limitare l’impatto dell’inevitabile sconfitta.

L’incontro al Mason Rouge Hotel
 
Come era dunque possibile costruire un nuovo progetto di dominio dell’Europa da parte della Germania post-bellica? E’ il quesito che si posero gli industriali tedeschi che si riunirono il 10 agosto 1944 a Strasburgo, nel Mason Rouge Hotel in una cornice di segretezza nella quale si possono fare le ammissioni più franche, ben lontane dai trionfalismi della propaganda nazista. 
 
Un agente dei servizi segreti francesi stilò un rapporto di quell’incontro nel quale si descrivono i piani degli industriali tedeschi per soggiogare l’Europa uscita dalla seconda guerra mondiale. A presiedere l’incontro fu il Dr. Heich, luogotenente generale delle SS e direttore della Hermandorff & Schonburg , mentre tra gli invitati era presente il gotha dell’industria tedesca come il Dottor Kaspar, rappresentante della Krupp, Ellenmayer and Kardos, rappresentanti della Volkswagen,  i Dr. Kopp, Vier e Beerwanger in rappresentanza della Rheinmetall, e il Dr. Sinderen, in veste di rappresentante della  Messerschmitt.

Scheid dichiarò che la guerra era perduta e propose di gettare fin da subito le basi per costruire il futuro dominio della Germania sull’Europa. Il primo passo da fare fu il trasferimento dell’apparato industriale tedesco presente in Francia verso la Germania. Il problema principale era rappresentato in quel momento dalla difesa della linea Siegfried e occorreva quindi trasferire immediatamente i materiali industriali in Germania.
 
La Germania post-bellica avrebbe dovuto lanciarsi in una campagna di guerra commerciale nei confronti degli altri paesi europei, una volta che la guerra sul piano militare era fallita. Il timore di molti industriali e banchieri tedeschi era di rivivere nuovamente l’incubo dell’iperinflazione dopo la prima guerra mondiale, che compromise la crescita dell’economia tedesca, fortemente provata anche dalle ingenti riparazioni di guerra nei confronti delle potenze vincitrici.
 
La nuova Germania avrebbe dovuto avere una moneta stabile e una bassa inflazione, le condizioni essenziali che le avrebbero poi permesso di lanciare la sua guerra commerciale, puntando sulla crescita imponente delle proprie esportazioni. Ogni grande industriale quindi avrebbe dovuto cercare delle alleanze nella discrezione più totale  con importanti società straniere, così da ottenere quei finanziamenti necessari per costruire la crescita tedesca del dopoguerra.

L’esempio più lampante dell’interconnessione con imprese straniere, viene dalle indicazioni fornite dal Dr. Scheid che cita in proposito i brevetti per la produzione dell’acciaio posseduti rispettivamente dalla Chemical Foundation Inc. assieme alla Krupp e le partnership tra le grandi corporation americane come  la U.S. Steel Corporation, la Carnegie Illinois, la American Steel and Wire che avevano un accordo di cooperazione con la Krupp, senza trascurare il fatto che la Zeiss Company e la Leisa Company erano state particolarmente efficienti nella protezione degli interessi tedeschi all’estero. Il Dr. Scheid diede agli industriali presenti alla riunione gli indirizzi delle sedi di New York delle imprese tedesche.

Il nuovo impero tedesco: il mercato unico europeo

Dopo l’incontro tra il Dr. Scheid e gli industriali, ne seguì un altro più ristretto tra il ministro degli Armamenti Bosse e i soli rappresentati della Krupp, della Hecho e della Rochling. Il ministro informò i presenti che la guerra era perduta e che gli industriali avrebbero dovuto fondare una strategia commerciale alimentata esclusivamente dalla propulsione delle esportazioni tedesche. 
 
 Il quarto reich dell’Euro e dell’Unione Europea: verso una nuova festa della liberazione
 
Il nuovo Reich non doveva essere più militare, ma economico e commerciale. Il rigido divieto di esportazione dei capitali che il regime nazista aveva imposto fino a quel momento cadde, quando il governo decise di favorire il flusso dei capitali verso paesi stranieri e finanzia le imprese tedesche all’estero che in questo modo beneficarono di una riserva di liquidità dopo la fine del conflitto, senza la quale sarebbe stato impossibile ricostruire l’impero tedesco.
 
Se dunque la sconfitta del regime nazista apparve inevitabile, ecco che i suoi protagonisti erano pronti a modificare i loro piani di dominio per adattarli alle nuove contingenze.  L’impero economico pan-europeo nacque sotto l’egida delle tre grandi industrie tedesche della BMW, della Volkswagen e della Siemens, sotto la guida di Alfred Krupp  e Friedrich Flick. Secondo lo storico Michael Pinto-Duschinsky “per molte figure industriali vicine al regime nazista, l'Europa è diventata una copertura per perseguire gli interessi nazionali tedeschi dopo la sconfitta di Hitler.
 
La continuità dell'economia della Germania e le economie europee del dopoguerra in Europa è impressionante. Alcune delle figure di spicco dell'economia nazista sono divenute i principali artefici dell'Unione europea”. Il banchiere  tedesco Abs che partecipa al consiglio di amministrazione della Deutsche Bank, faceva anche parte del consiglio di amministrazione della I.G. Farben,  la compagnia che produceva il gas Zyklon B usato nei campi di concentramento nazisti. Lo stesso Abs nel 1946 diviene membro della Lega Economica per la Cooperazione Economica, un gruppo di pressione che è il precursore del mercato unico europeo. L’analogia tra le politiche naziste e le successive politiche che hanno poi fondato i pilastri dell’Unione Europea sono impressionanti e lo storico Rodney Atkinson nel suo libro “ Europe’s full circle” ne cita alcuni esempi:  
  1. Europaische Wirtshaftsgemeinschaft
  2. Comunità Economica Europea
  3. Europabank 
  4. Banca Centrale Europea
  5. Accordi di liberalizzazione commerciale
  6. Mercato Unico Europeo
Abs nel dopoguerra divenne uno degli artefici principali della rinascita della Germania, e gli venne affidato l’incarico di gestire i fondi del Piano Marshall che vennero affidati alle industrie tedesche. 
 
Le fondamenta della ripresa tedesca erano solide e Abs nel 1949 venne chiamato ad affiancare il Cancelliere della Germania Occidentale Konrad Adenauer nel ruolo di consigliere economico. 
 
Il timore di un’iperinflazione come quella del primo dopoguerra fu scongiurato, l’economia tedesca era stabile e il DeutscheMark introdotto nel 1948  ebbe un ruolo primario nella crescita economica del dopoguerra.
 
Nonostante i sei anni di guerra, gli asset a disposizione dell’industria tedesca sono superiori a quelli del 1936, grazie anche al business degli armamenti. Una volta assicurata la stabilità monetaria e la crescita economica, restava da sciogliere il nodo del dominio economico e commerciale sul resto dell’Europa.
 
Ludwig Ehrard, consigliere economico di Adenauer e futuro cancelliere tedesco si pose la questione e scrisse un manoscritto nel quale elaborava la fase di transizione economica del dopoguerra tedesco, mentre esprimeva gli stessi timori di instabilità monetaria che furono poi messi da parte grazie al decisivo intervento della potenza occupante americana, che rafforza la stabilità del Marco tedesco. La risposta alla domanda di Ehrard era il sovranazionalismo.
 
Occorreva costruire delle entità sovranazionali che avocassero a sé i poteri dei singoli stati, per poter così rafforzare la supremazia tedesca sugli altri paesi europei. Nel 1951 nacque così la CECA, Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, dietro alla quale c’era la regia di Francia e Germania. Sorse in questo modo il primo nucleo di entità sovranazionale che sottrasse potere agli stati nazionali e questo fu il primo dei passaggi necessari per erodere successivamente i poteri degli stati.
 
L’amnistia sui crimini degli industriali tedeschi
 
Il mercato unico europeo non poteva nascere però senza che prima venissero perdonati i crimini di guerra agli industriali nazisti. Nel 1957, John J. McCloy, Alto Commissario per la Germania, promulgò l'amnistia per gli industriali accusati di crimini di guerra. Alfred Krupp e Friedrich Flick, che possedeva una quota del 40 per cento in Daimler-Benz, furono rilasciati dal carcere dopo aver scontato appena tre anni. Le industrie di Flick e Krupp si servivano del lavoro degli schiavi nei campo di concentramento che spesso morivano tra indicibili stenti, per poter alimentare la produzione delle industrie tedesche. La schiavitù fu la fonte della ricchezza delle industrie naziste.
 
I passi per la successive cessioni di sovranità sono dunque pronti e nel 1957 con il Trattato di Roma nasce la CEE (Comunità Economica Europea) che istituisce il mercato unico europeo. L’area di libero scambio fu il principio della liberalizzazione dei mercati che si realizzò negli anni successivi. Il Trattato prevede anche l’istituzione della Commissione Europea, organismo di governo sovranazionale europeo e del Parlamento Europeo.
 
I poteri della Commissione Europa all’epoca non erano pari a quelli attuali, ma lo diventeranno in seguito con il Trattato di Maastricht del 1992 che attribuirono alla Commissione il ruolo di dominus sovranazionale. Uno dei primi a proporre la creazione di questo tipo di entità sovranazionali europee fu Walther Funk, ministro per gli affari economici della Germania Nazista, che nel suo libro “La Comunità Europea” evidenziò la necessità di costruire una “Unione Centrale Europea” e una “Area Economica Europea” che si sarebbe realizzata attraverso un’unione di cambi fissi; il futuro SME del 1979 al quale aderì anche l’Italia, pagandone le conseguenze negli anni successivi.

Funk sosteneva che “nessuna nazione in Europa può raggiungere da sola il più alto livello di libertà economica che sia compatibile con tutte le esigenze sociali. La formazione di grandi aree economiche segue una legge naturale di sviluppo. Gli accordi tra gli stati in Europa determineranno il controllo delle forze economiche in generale e ci deve essere dunque una disponibilità a subordinare i propri interessi in alcuni casi, a quelli della Comunità Europea.” Funk non era il solo tra i nazisti a credere al progetto di unificazione europea. Joseph Goebbels, il famigerato Ministro della Propaganda, credeva necessaria “l’unificazione su larga scala dell’economia europea” e arrivò a sostenere che “ nell’arco di 50 anni i popoli non avrebbero più pensato in termini di singoli paesi”.

Lo SME, l’Euro e Maastricht

Le radici del mercato unico europeo e delle successive cessioni di sovranità, sono dunque il frutto del concepimento di un sistema che trae le sue origini da progetti nazisti di dominio sull’Europa ed è amaro constatare che i piani nazisti sono oggi diventati realtà. L’unica maniera per poter soggiogare le nazioni europee, dopo il fallito tentativo militare, era quello di spogliarle dei loro poteri economici e limitarne la competitività sui mercati.
 
Il mercato unico ingloba e divora i singoli paesi, costretti a sottostare a dei parametri monetari come quelli dello SME, disegnati per permettere all’economia tedesca di essere più competitiva. Il Trattato di Maastricht del 1992 concepisce la moneta unica per alimentare il dominio dell’economia tedesca sugli stati europei e soffocare le politiche sociali degli stati nazionali.

L’Unione Europea e la moneta unica sono l’emanazione di politiche naziste espressione del totalitarismo più subdolo. Un totalitarismo che non appartiene più al singolo stato nazione, ma che si riconosce nella governance sovranazionale europea che sanziona i singoli stati che non obbediscono al suo sistema normativo e li costringe a praticare politiche di austerity.
 
La seconda metà del XX secolo ha testimoniato i vari passaggi della cessione di sovranità fino ad arrivare agli ultimi anni, nei quali il dominio delle esportazioni tedesche è stato possibile solamente grazie all’adozione della moneta unica che ha annullato il bonus di competitività delle monete nazionali.  I documenti dimostrano come la moneta unica e l’Unione Europea siano l’emanazione diretta del pensiero nazista ed è un fatto da tenere a mente, anche in occasione del settantesimo anniversario della Liberazione che cade oggi.
 

Gli Alberi dell'Eden - Due Frutti per un solo Segreto

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Dopo aver introdotto la chiave di lettura dei due simbolici frutti dell'Eden secondo l'interpretazione dei testi presentata dal Progetto Atlanticus affronteremo un viaggio di ricerca in un mondo di ancestrali saperi e tecnologie perdute proibite all'uomo dagli dei, ma concesse allo stesso dal 'serpente'. Protagonista della storia, il cui ruolo fu successivamente demonizzato dalla religione post-conciliare, scopriremo poter rappresentare il vertice della schiera degli angeli caduti, o nephilim, da cui discende l'umanità e alla quale gli stessi insegnarono "arti" e "mestieri".

Attraverso l'enucleazione di queste conoscenze giungeremo infine al segreto dei segreti, gelosamente custodito da coloro i quali ancora oggi siedono ai vertici del potere della dimensione materiale in cui viviamo. Ovvero il segreto della vita eterna, non tanto nel corpo quanto nella coscienza; un segreto rappresentato dal frutto dell'albero della vita e negato dal demiurgico dio vetero-testamentario la cui ricerca ci permetterà di richiamare il tema della reincarnazione, anche su chiave storica, riprendendo i concetti espressi dal pensiero gnostico così come dal cristianesimo delle origini il quale, a differenza del canone dominante, accettava l'idea di un continuo rinascere delle anime.

Ulteriori eventuali informazioni verranno rilasciate successivamente presso i punti di contatto dell'associazione Aestene, organizzatrice dell'evento


Qui invece alcuni dettagli del luogo che ospiterà l'incontro


Vi aspettiamo numerosi!

Seth Lloyd: l'universo a immagine e somiglianza del computer

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Se la materia, secondo Zeilinger, è informazione, perché l'universo non potrebbe essere un computer? Seth Lloyd lo ipotizza chiaramente fin dal titolo del suo libro "IL PROGRAMMA DELL'UNIVERSO. Il cosmo come uno sconfinato computer"(2006). Ecco un chiaro esempio di realtà convenzionale, fittizia e metafisica, che traduce l'idea dell'identità realtà-informazione.

Non sapendo come concepire realmente l'universo, lo si considera "come se" fosse uno sconfinato computer, così da utilizzare in cosmologia la nuova "scienza delle reti". Questo è il modo di procedere della scienza contemporanea: inventare nuovi paradigmi tratti dalle ultime novità della tecnologia umana.

Se Zeilinger ha detto: realtà e informazione sono la stessa cosa, Lloyd dice: "In principio era il bit". "Le cose nascono da pezzi di informazione, cioè dai bit". Murray Gell Mann ha obiettato all'autore che non tutti i bit sono uguali: "Ci sono bit preziosi e altri no". E alla domanda di uno studente: "c'è un modo preciso, matematico, di quantificare l'importanza dell'informazione contenuta in un bit?", l'autore non risponde, sprofondando nel più banale e semplicistico riduzionismo estremo.

Basta leggere il seguente passo: "Questo libro racconta la storia del bit e dell'universo. L'universo è la cosa più grande che ci sia e il bit è la più piccola quantità d'informazione possibile. L'universo è fatto di bit. Ogni singola molecola, ogni atomo, ogni particella elementare registra bit d'informazione". Per Lloyd la questione è "comprendere in che modo la realtà registra ed elabora informazioni. In altre parole, dobbiamo capire il legame intrinseco della natura", ricordandoci anche che "la vita, il sesso, il cervello, la civiltà non sono apparsi nel mondo per puro caso". Ecco, è così che il determinismo rialza la testa proprio grazie alla "informazione"!

Ma che cosa è l'informazione? Come definirla? L'autore dice che nessuno sa definirla, però tutti sanno rispondere alla domanda: "che cosa è un bit?" Persino i suoi giovani studenti risposero a raffica: "0 o 1", "testa o croce", "si o no", "vero o falso", "la scelta tra due alternative". Per maggiore precisione, Lloyd ricorda che "Bit"è l'abbrevazione di binary digit, cioè "numero binario", il quale rappresenta "una possibilità su due, che tradizionalmente si indicano con O e 1, ma che potrebbe essere una qualsiasi coppia in opposizione (caldo-freddo, bianco-nero, dentro-fuori, ecc.)".

Il sistema binario non è stato creato, però, per esigenze della logica; è stato creato per far funzionare meccanismi tecnologici: "Visto che ci sono solo due simboli, è facile costruire circuiti elettronici elementari che eseguano operazioni di base; questi circuiti, a loro volta, sono le unità fondamentali dei computer. Forse non siamo bravi a definire l'informazione, ma di sicuro sappiamo usarla".

Ma, noi non siamo affatto bravi quando chiamiamo informazione qualcosa che serve a far funzionare dei meccanismi mediante circuiti elettronici, perché, in questo modo, noi abbassiamo il concetto di informazione a livello di "acceso-spento", a livello di ciò che fa muovere un meccanismo, di ciò che permette a un meccanismo di calcolare, fare operazioni, ecc. Insomma l'informazione di cui qui si parla è solo quella che ci permette di far viaggiare dati nei computer, ossia il bit.

Ora chi segue la logica binaria, riflesso matematico del pensiero metafisico "vero-falso", può anche ottenere calcoli rapidissimi ma non certo un'acuta intelligenza. I computer sono oggettivamente utili idioti, in grado di fare molto meglio dell'uomo e soprattutto molto più rapidamente, grazie alla più semplice forma di logica, quella matematica e metafisica del "vero-falso". Ma l'universo, ovvero l'evoluzione della materia nel cosmo, è talmente complesso che non può abbassarsi alla logica della non contraddizione e della semplificazione.

Uno studente, certamente più intelligente del suo computer, chiede perplesso all'autore: "Ma l'informazione non dovrebbe avere un contenuto, significare qualcosa?". La risposta che ottiene è reticente: "Certo quando si parla di informazione in genere si intende anche il suo contenuto. Ma è difficile (!) mettersi d'accordo (!) su cosa ciò voglia davvero dire (sic!)". E non contento Lloyd ripesca una delle assurde domande della logica formale: "Che cosa significa avere un significato?"

I logico formali non hanno mai capito, nel loro eccesso di astrazione, che la vera questione non è la difficoltà di mettersi d'accordo sul significato di questo o quello; la vera questione è che la realtà è contraddittoria, e, se dovessimo affidare all'informazione, che "muove" i computer, il compito di comprenderla, di rifletterla, questi si bloccherebbero perché non tollerano complicazioni. Per poter funzionare un computer deve affidarsi alla  semplice logica binaria, quindi può digerire solo i bit.

Allora, non è affatto vero che "I bit sono in grado di registrare ogni tipo di informazione allo stesso modo in cui le parole rappresentano idee e oggetti". E non è affatto vero che stia "a noi dare ai bit (e alle parole) il giusto significato". I bit non sono in grado di registrare ogni tipo di informazione, bensì soltanto informazioni del tipo: bianco o nero, zero o uno. Non sono capaci di registrare oggettive contraddizioni. Ne consegue che i computer, potendo comprendere solo il linguaggio dei bit, dunque soltanto la metafisica degli opposti diametrali, sono stupidi quanto può esserlo un Simplicio: in conclusione, sono macchine che funzionano solo in modo metafisico e privo di intelligenza. Altro che informazione!

Ora, quando Lloyd dice che "Errare è umano, ma per fare grossi casini ci vuole un computer", dice bene, ma non si rende conto di ammettere finalmente l'inettitudine del computer, che non è una macchina intelligente, anche se appare "logica" perché obbedisce alla logica binaria. Ma poi egli pone in relazione la meccanica quantistica con i calcolatori digitali, affermando che l'universo si regge sulla meccanica quantistica, dovendo poi precisare che "i calcolatori digitali hanno enormi problemi a simulare i sistemi quantomeccanici: questa bizzarra teoria è indigesta per le macchine quanto lo è per gli esseri umani".

La bizzarra teoria permette, però, un originale escamotage. Lioyd prima afferma che occorrerebbe un computer quantistico, ma questo dovrebbe essere grande quanto l'universo. Ne consegue, secondo lui che, rovesciando l'assunto, "l'universo è anche in grado di agire come un computer quantistico, un computer che non può essere né più forte né più debole di un calcolatore universale".

Così salta fuori un altro paradigma-metafora: "Abbiamo un quadro teorico che ci permette di descrivere il funzionamento dell'universo in termini di elaborazione quantistica della informazione. Sappiamo (!) che un computer quantistico è in grado di simulare l'universo in modo efficiente (?!); anzi che i due oggetti (computer e universo) non sono distinguibili tramite l'osservazione (sic!)" Insomma: "Il fatto che l'universo sia un computer quantistico ci fornisce una spiegazione naturale della complessità del mondo (!?)".

Ecco come vengono creati i paradigmi-metafore: prima si parte dal "come se", da un'ipotesi convenzionale e metaforica, poi si capovolgono i termini anche più volte, fino a ottenere una realtà metaforica o meglio una metafora realizzata. Così Lloyd prima parte dall'idea del computer grande come l'universo, poi capovolge e concepisce l'universo come se fosse un computer; poi crede di scoprire l'identità tra computer e universo. Infine, il colpo di grazia: l'universo è realmente un computer quantistico.

http://studieriflessioni.blogspot.it/2011/12/seth-lloyd-luniverso-immagine-e.html

Il Frutto del Seno pagano

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Per comprendere le origini relative all’adorazione dell’Immacolata Concezione, o della Vergine Maria più in generale, bisogna fare un salto indietro nel tempo e capire come nasce e da dove proviene il culto della “Dea Madre”.
 
La questione della “Dea Madre” è ben attestata nel mondo dell’ antico Mediterraneo, ed assume unnome diverso in ogni località: Ishtar per gli Accadi, Artemide-Diana ad Efeso, Afrodite-Venere a Cipro, Demetra ad Eleusi o Bellona a Roma. Ma l’esempio emblematico, e che ci permette di comprenderne le origini, è quello della “Dea Iside” di origine egiziana
 
 
Gli egiziani erano profondi conoscitori delle stelle e la maggior parte delle loro credenze religiose provenivano proprio dal “culto degli astri”. L’adorazione della Dea Madre probabilmente non è altro che l’evoluzione dell’adorazione della Costellazione della Vergine.

Iside era la madre di Horus. Detta anche “Isis” era venerata fin dal IV millennio a.C come moglie e madre ideale e come signora della natura e della magia. Essa era simbolo della fertilità e della purezza. Suo figlio Horus, detto anche “Dio Sole” nasceva il 25 dicembre.
 
Con l’avvento della dinastia tolemaica (323 a.C.) il suo culto si diffuse in tutto il Mediterraneo e nel secondo secolo d.C. Roma divenne il centro della religione di Iside. I romani avevano attribuito alla Dea vari nomi, tra cui; raggio di sole, madre di Dio, colei che tutto cura, regina del cielo, madre divina, madre misericordiosa, grande vergine.

Il culto della divinità si sviluppò soprattutto in Campania, attraverso i grandi porti commerciali di Puteoli e Neapolis, grazie alla numerosa presenza di mercanti alessandrini. I contatti tra Campania ed Egitto sono molto antichi e risalgono già IX sec. a. C.
 
Il poeta Licofrone di Alessandria d’Egitto conosceva infatti la Via Herculanea di Baia e la descrive in un suo scritto. Tracce del culto di Iside si possono trovare a Napoli dove c’era una vera e propria comunità alessandrina che aveva il suo centro nella Regio Nilensis, tra Via Tribunali e Via San Biagio dei Librai, dove oggi si trova la famosa statua del Nilo, oppure a Pompei, dove è conservato un tempio dedicato alla Dea Iside, perfettamente integro nelle sculture e nell’apparato decorativo.

Il culto di Iside verrà praticato fino al 305 d.C. raggiungendo il suo apogeo con l’imperatore Diocleziano, per poi sparire definitivamente con l’editto di Costantino nel 312 d.C.
 
E’ plausibile quindi suppore che vi sia un’affinità tra la vergine Iside e la concezione che noi oggi abbiamo della Vergine Maria, anche considerando che l’arte paleocristiana si è ispirata proprio all’iconografia della Dea alessandrina. Infatti, proprio come la vergine, Iside veniva rappresentata seduta mentre allattava Horus, iconografia molto simile a quella della Madonna Nera di origine paleocristiana, oppure in tunica ed con il capo ornato dal disco solare, rappresentazione che poi la cristiantà  riprendera' proprio per l’iconografia dell’Immacolata Concezione.
 

Sulle tracce di Akakor

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Un gruppo di archeologi ha compiuto una straordinaria scoperta nel cuore dell'Amazzonia: i perimetri di centinaia di monumenti geometrici lasciati da una civiltà sconosciuta sorta prima che sorgesse l'attuale foresta foresta pluviale.
 

Uno studio pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences riporta la scoperta di una serie di misteriose linee e forme geometriche incise sul suolo dell'Amazzonia.

Secondo quanto riporta Discovery News, le tracce risalgono a migliaia di anni fa, prima ancora che la foresta pluviale amazzonica assumesse l'attuale forma.

Quale cultura abbia creato queste strutture e quel fosse il loro scopo rimangono un mistero, ma la loro scoperta apre un nuovo capitolo sulle culture preistoriche del Rio delle Amazzoni, prima dell'arrivo degli europei.
 
Inoltre, la scoperta getta nuova luce sulla storia evolutiva della foresta amazzonica: la questione è quella di capire se e quanto le popolazioni preistoriche hanno alterato il paesaggio in Amazzonia e in che modo hanno influenzato la sua evolozione.

Le prime tracce di fondamenta furono scoperte già nel 1999, dopo che grandi aree di foresta incontaminata sono state cancellate per far posto al pascolo per il bestiame. Da allora, sono state trovate tracce di centinaia di strutture in una regione che copre più di 240 km di diametro, dal nord della Bolivia, fino allo stato brasiliano di Amazonas.

Come riporta Ancient Origins, i fossati sono state scolpiti nei terreni ricchi di argilla della foresta amazzonica e in genere sono ampi 9 metri di larghezza per 3 metri di lunghezza. Il fossato più grande è rappresentato da un incredibile anello con un diametro di 300 metri.

I "geoglifi" possono essere individuati nelle zone prive di alberi utilizzando Google Earth. La maggior parte delle tracce sono raggruppate su un altopiano di circa 200 metri di altezza, il che fa supporre agli scienziati che la posizione fornisse un qualche vantaggio difensivo agli abitanti.Tuttavia, alcuni hanno anche ipotizzato che i monumento potessero avere una funzione cerimoniale, a causa della configurazione altamente simbolica dei tumuli. "Sia che fossero siti cerimoniali o siti difensivi, è evidente che la zona era densamente popolata da gente relativamente sedentaria, prima del contatto con gli europei", spiega Denise Schaan dell'Università Federale del Parà, Brasile, e coautrice dello studio.

La dottoressa Schanna stima che la costruzione di strutture simili avrebbe richiesto l'impiego di almeno 300 persone. Ciò indica una popolazione regionale di almeno 60 mila persone. Dunque, il Rio delle Amazzoni pullulava di società complesse in un tempo abbastanza remoto.

Gli scavi di alcuni siti hanno rivelato l'esistenza di abitazioni permanenti, grazie al ritrovamento di ceramiche domestiche, carbone e molatura di frammenti di pietra. I risultati gettano seri dubbi sugli studi precedenti, secondo i quali la zona era interessata solo da piccoli villaggi temporanei.

All'epoca della prima scoperta dei geoglifi, si riteneva che essi risalisse al 200 d.C. Tuttavia, il recente studio ha rivelato che in realtà le tracce sono molto più antiche. Grazie all'analisi di alcuni campioni prelevati da due laghi nei pressi dei terrapieni, John Francis Carson, autore dello studio e post-dottorato presso l'Università di Reading nel Regno Unito, ha potuto stabilire un'età di circa 6 mila anni.

I sedimenti, infatti, contengono grani di antichi pollini e tracce di carbone di antichi incendi avvenuti molto tempo fa, rivelando informazioni sul clima e l'ecosistema che esisteva quando il sedimento si è formato.

I risultati suggeriscono che i sedimenti più antichi non provengono da un ecosistema tipico della foresta pluviale. Questo mostra che il paesaggio amazzonico dell'epoca era molto più simile alla savana africana più che alla lussureggiante foresta odierna.

"Il polline di quel periodo di tempo proviene soprattutto da erbe e poche specie resistenti alla siccità", continua Carson. "Dopo circa 2 mila anni, sempre più polline da albero compare nei campioni, con una diminuzione delle specie resistenti alla siccità e un aumento dei sempreverdi. Questi cambiamenti sono stati in gran parte favoriti dall'aumento delle precipitazioni".

Carson e colleghi hanno anche voluto approfondire la questione se i primi Amazzoni hanno avuto un qualche impatto sull'evoluzione della foresta. "Le tracce lasciate sul terreno sono anteriori al cambiamento della flora amazzonica. Gli Amazzoni hanno creato le strutture prima che la foresta sorgesse intorno a loro", spiega il ricercatore. "Le popolazioni hanno continuato a vivere nella zona mentre l'area boschiva si ampliava. Probabilmente, hanno mantenuto regioni disboscate intorno alle loro strutture".

Secondo i ricercatori, questa conclusione ha una sua logica intrinseca: è più facile tagliare un alberello appena spuntato che un grande albero amazzonico con un'ascia di pietra. "È molto probabile che le persone possano aver avuto qualche effetto sulla composizione della foresta", continua Carson. "La gente potrebbe aver favorito la crescita di specie commestibili, alterando i terreni, la chimica del suolo e la sua composizione".
 
Dunque, "le persone hanno influenzato il sistema climatico globale attraverso l'uso del territorio non solo negli ultimi 200-300 anni, ma per migliaia di anni", conclude Carson.

La ricerca sembra aprire un nuovo capitolo nella comprensione della storia evolutiva della Foresta Amazzonica e sulle popolazioni preistoriche che l'hanno abitata, la cui identità rimane un autentico mistero. Ma come ammettono Carson e colleghi, "questo tipo di studio in Amazzonia è appena cominciato".
 
 

Le Vere Origini del Mito Cristiano

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Invece di un Gesù storico, vediamo un record storico privo di conferme dei vangeli, un ambiente teologico darwiniano brulicante di Gesù rivali, Cristi, vangeli e sette concorrenti lungo la frangia religiosa dell'Impero; indizi che il cristianesimo nasce come versione ebraica dei culti misterici, e che tutte le confuse, contraddittorie informazioni "biografiche" di Gesù derivano da una deliberata allegoria. Un'unica figura fondativa non è solo inutile per spiegare tutto questo, è ingiustificata.
 


ISTRUZIONI CRISTIANE: Consistono nel raccontare sacre favole e nel combattere la ragione dei fedeli da istruire. Queste sublimi funzioni appartengono esclusivamente al clero che gode del diritto divino di rendere i popoli sufficientemente imbecilli e pazzi per soddisfare i loro interessi. 

(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

Il cristianesimo, pur avendo radici ebraiche, arrivò dopo, non prima, in Israele. Gesù, gli apostoli e Paolo non sono mai esistiti. Tutta la letteratura sacra cristiana, tranne il primo strato dell'Apocalisse, risale al II secolo e fu prodotta da ebrei fortemente ellenizzati della Diaspora, non dagli ebrei meno ellenizzati di Israele.

Furono i primi, non i secondi, ad inventare e storicizzare gradualmente la figura non-storica nota come ''Gesù detto Cristo'' e a retrodatarla nell'Israele pre-70, sulla solida ''roccia'' ebraica. Quando il cristianesimo infine arrivò in Israele, i veri ebrei non potevano che considerarla come una religione del tutto fredda, aliena, estranea, in altre parole: soltanto l'ennesimo tentativo ellenistico di invadere e corrompere Israele.

Così, un giorno ti svegli, e cerchi di immaginare come andarono veramente le cose.

70 E.C. L'assedio, un costante, duro attacco gravato quattro anni sulla popolazione ebraica da parte degli eserciti dell'Impero Romano di stanza in Giudea (ora Israele), si conclude con l'annientamento di una nazione e di un popolo. La distruzione e il saccheggio del loro singolo, grande luogo santo, il loro tempio imponente, il loro punto di conforto, di orgoglio, una casa simbolica sulla terra per la loro strana e particolare mitologia ... in un attimo tutto è andato, svanito, evaporato; no, peggio ancora, tutto è incrinato, rotto, insanguinato, violentato, schiavizzato, mortificato, annichilito. E tutte le tribù di Israele ora ridotte alla schiavitù di un Impero che insieme disprezzavano e temevano.

70 E.C. Quella grande crisi sprigiona idee che fino a quel tempo si erano limitate a restare ai margini, se coltivate del tutto. Vengo a sapere da Flavio Giuseppe e da Tacito dei prodigi  testimoniati prima della Caduta del Tempio.
 


S'eran verificati dei prodigi; prodigi che quel popolo, schiavo della superstizione ma avverso alle pratiche religiose, non ha il potere di scongiurare, con sacrifici e preghiere. Si videro in cielo scontri di eserciti e sfolgorio di armi e, per improvviso ardere di nubi, illuminarsi il tempio.

S'aprirono di colpo le porte del santuario e fu udita una voce sovrumana annunciare: «Gli dèi se ne vanno!» e intanto s'avvertì un gran movimento, come di esseri che partono. Ma pochi ricavavano motivi di paura; valeva per i più la convinzione profonda di quanto contenuto negli antichi scritti dei sacerdoti, che proprio in quel tempo l'Oriente avrebbe mostrato la sua forza e uomini venuti dalla Giudea si sarebbero impadroniti del mondo. Questa oscura profezia annunciava Vespasiano e Tito, ma il volgo, come sempre sollecitato dalla propria attesa, incapace di fare i conti con la realtà anche nei momenti più difficili, interpretava a suo favore un destino così glorioso. (Tacito, Storie, V, 13)

Non bastò la Prima Guerra Giudaica a stradicare quelle speranze apocalittiche e messianiche, tantomeno l'opportunistica attribuzione del titolo di Messia all'imperatore vincitore sul campo.

Si doveva aspettare la Seconda Guerra Giudaica per il totale annichilimento di quell'antico fervore, con la Terza Guerra Giudaica come mero effetto collaterale innescata da cause ben più prosaiche e non religiose.

Il Libro dell'Apocalisse, scritto probabilmente nel suo primo strato ebraico intorno al 95 E.C., prova l'esistenza di questo intenso fervore messianico-apocalittico e la sua inquietante evoluzione in una nuova forma. Ma prima ancora dell'Apocalisse, Flavio Giuseppe e Tacito già confermano la STESSA profonda certezza di tutti gli ebrei, dentro e fuori Israele, di quel tempo: un punto che va enfatizzato e sottolineato al massimo.

È estremamente importante comprendere che gli ebrei aspettavano con bramosa smania di vendetta il loro PROFETIZZATO Cristo esattamente nei fatidici e cruciali anni 66-70 E.C. Il Messia davidico ebraico PROFETIZZATO nelle Scritture era creduto REALMENTE VIVO dalla stragrande maggioranza degli ebrei (perfino dagli ebrei della Diaspora) durante la ribellione di Israele contro Roma avvenuta nel 66-70 E.C. E oltre che vivo, atteso da un momento all'altro, SUL PUNTO di uscire allo scoperto e di manifestarsi in tutta la sua potenza.

Il messia davidico era NATO, era VIVO, era ADULTO e dunque prossimo ad uscire dall'ombra per cingere la corona che gli spettava per diritto divino. Potevano esserci divergenze qualora alcuni ebrei fossero tanto audaci da già scommettere su questo o quel candidato specifico, ma al di là delle singole preferenze sovrastava unica e sola la profonda fiducia nel fatidico, imminente realizzarsi delle profezie sul Messia Liberatore: solo ai fatti restava il compito di confermare CHI fosse veramente il Messia, TRA tutti gli ebrei di quel periodo.

Ma quello che maggiormente li incitò alla guerra fu un'ambigua profezia, ritrovata ugualmente nelle sacre scritture, secondo cui in quel tempo uno proveniente dal loro paese sarebbe diventato il dominatore del mondo. Questa essi la intesero come se alludesse a un loro connazionale, e molti sapienti si sbagliarono nella sua interpretazione, mentre la profezia in realtà si riferiva al dominio di Vespasiano, acclamato imperatore in Giudea. Tutto ciò sta a dimostrare che gli uomini non possono sfuggire al loro destino nemmeno se lo prevedono. Così i giudei alcuni presagi li interpretarono come a loro faceva piacere, altri non li considerarono, finché la rovina della patria e il loro sterminio non misero in chiaro la loro stoltezza. (Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica 6.5.4)

Lo stesso Svetonio ammise che la speranza messianica era un credo RADICATO oramai da tempo e soprattutto, per TUTTO L'ORIENTE. Dovunque c'erano due o più ebrei raccolti nell'Impero romano, quella speranza germinava nelle loro menti.

Tutto l'Oriente credeva, per antica e costante tradizione, che il destino riservasse il dominio del mondo a gente venuta dalla Giudea a quel tempo. Applicando a se stessi questa profezia, che riguardava invece un generale romano, come gli eventi successivi dimostrarono, i Giudei si ribellarono, misero a morte il loro procuratore e volsero anche in fuga, dopo essersi impossessati di un'aquila, il legato consolare di Siria che arrivava con i soccorsi. (Svetonio, Vita di Vespasiano, 5)

Dopo la Prima Guerra Giudaica del 66-70 E.C., Il Messia NON si manifestò e il Tempio ebraico, e con esso Gerusalemme, fu distrutto dai romani.

Gli ebrei collaborazionisti col nemico, come Flavio Giuseppe, cercarono come potevano di persuadere i loro contemporanei, se non della quasi provocatoria identificazione del Messia con l'imperatore romano, quantomeno della realizzazione di ben'altra profezia, quella che voleva ancora una volta Dio adirato col suo Israele per avere il popolo, trascinato dagli zeloti, infierito sugli innocenti e sugli inermi.

Chi ignora ciò che fu scritto dagli antichi profeti, e l'oracolo che incombe su questa misera città e che sta ormai per avverarsi? Predissero che essa sarebbe stata espugnata quando qualcuno avesse cominciato a far strage dei suoi connazionali. La città e il tempio intero non sono ora ricolmi dei cadaveri delle vostre vittime? E’ il Dio, è certamente il Dio in persona che insieme coi romani vi porta il fuoco purificatore e distrugge la città con il suo enorme carico di nefandezze. (Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica, 6.1.2)
 


Due certezze si fusero tra loro, come estrema, radicale teodicea che spiegasse l'origine del MALE:

1) la certezza, fino al limite dell'inganno e dell'auto-inganno, che il Messia era VIVO durante gli anni 66-70.

2) la tragica realtà che Dio aveva punito i ribelli per via della loro crudeltà sfogata contro gli stessi ebrei.

Quindi sembra davvero probabile, alla luce del FATTO puro, semplice e definitivo che il Libro dell'Apocalisse risale al 95 E.C. (un FATTO che necessita di una spiegazione), che quelli ebrei o semi-ebrei che per qualsiasi ragione di sorta non si facevano più illusioni sulla bontà della vecchia gerarchia sacerdotale dell'establishment e d'altro canto neppure si rassegnavano di buon grado ad accettare nel loro animo la sottomissione all'arrogante vincitore pagano, avessero mostrato una piuttosto intensa riflessione spirituale, foriera dei più imprevedibili e originali risultati, al risveglio della coscienza.

Lascia allora che delle voci si diffusero di un Messia che doveva soffrire, e solo dopo trionfare. Di un Messia che era già apparso e che tutti sentivano fosse già apparso. Di un Messia che aveva già subìto tutto quello che fu predetto dai profeti. Tutte queste voci non avrebbero riscosso un relativamente ampio seguito all'istante, dato il momento e dato il dramma e la minaccia profilatosi dell'estinzione imminente di un'intera civiltà sull'orlo del collasso più irrimediabile?


L'originario culto ''cristiano'' - che di cristiano ancora non aveva nulla - cominciò quando si diffusero le voci che volevano il Messia UCCISO dalla stessa corrotta GERUSALEMME che aveva attirato, così facendo, su di sè il Disastro del 70. Non si trattava ancora del Messia davidico. Quel Messia sarebbe dovuto arrivare da vincitore ancora nell'imminente futuro. Il Messia assassinato era il Messia bar Joseph, della cui morte, espiatrice dei peccati di Israele, proprio a ridosso del 70 si speculava.

L'autore rivede la frequente affermazione che la morte del Messia ben Joseph non ha significato espiatorio. Un esame della letteratura rabbinica dalla Rinascita all'epoca del tempio, e una considerazione dello sfondo concettuale della morte espiatoria nel medioriente, suggerisce che questa vista è errata, e che la morte del Messia Ben Joseph fu invero vista come un'espiazione in ogni periodo. 

Lo stesso studioso ebreo ritiene che l'evidenza del credo in un Messia ben Joseph sofferente e distinto da un vincitore Messia ben David risalga già alla metà del I secolo.

La comunità ebraica dietro l'Apocalisse si distinse dalle altre allorchè compì un altro, cruciale passo: intravide (o eclissò) il sofferente Messia ben Joseph dietro lo stesso, ancora venturo, Messia ben David. E confermandone la ''presenza'' nelle stesse costellazioni astrali, non esitò ad elevarne la figura alle stesse celestiali e metafisiche altezze.

Quello che propongo dunque è la più radicale delle ricostruzioni miticiste, e tuttavia la più semplice e quella con meno ipotesi gratuite.

L'originario culto cristiano cominciò quando una storia si diffuse che gli EBREI DI GERUSALEMME uccisero il Figlio di Dio DOPO che scese giù dal cielo.

L'INTERO CANONE DEL NUOVO TESTAMENTO, il mito di Gesù e i culti relativi furono composti e iniziati DOPO la Caduta del Tempio ebraico nel 70 E.C. e DOPO che si affermò il mito che gli EBREI di Gerusalemme uccisero il Messia profetizzato nelle Scritture.

I primi ''giudeocristiani'' erano veri Ebrei che CREDEVANO, nella più assoluta assenza di prove, che gli Ebrei di Gerusalemme ASSASSINARONO il Messia davidico DOPO che egli discese dal cielo.

Fu dunque la Caduta del Tempio nel 70 E.C. che provocò l'invenzione del personaggio mitologico chiamato ''Gesù'' assassinato dagli ebrei.

Queste storie su Gesù erano da allora sempre esistite; e le varie sette scisse dell'ebraismo che avevano incontrato l'antica filosofia greca avevano ampliato la loro visione psicologica per includervi la nozione di uno spirito di Dio, "Logos", l'inconoscibile, che era di là di tutte le cose, che divenne tutte le cose. Altre sette flirtavano e si crogiolavano nei culti di Dioniso e Mitra, nel culto dei semidèi, uomini che vennero sulla Terra per insegnarci a vivere, per morire appesi su un albero e poi risorgere, dandoci dono del loro sangue e della loro carne, del vino e del pane, dell'uva e dell'orzo e del grano...

Ogni cultura ha avuto questo mito; o quasi. Gli ebrei non lo avevano, ma finirono anch'essi per incorporarlo e farlo proprio. Ai margini.

Allo stesso punto, allo stesso momento, la Storia stava per essere ricordata da dozzine di menti e di mani per tutte le vastità dell'Impero Romano, dall'Egitto fino a Roma stessa e presso ogni principale centro ellenistico nel mezzo - e nessuno, sottolineo NESSUNO, seppe o ricordò o testimoniò anche solo la minima cosa circa un singolo, magico uomo che operò dei miracoli in terra di Giuda.

Al contrario, brulicavano una moltitudine di notizie sulla varietà di culti misterici e dei folli e raminghi predicatori radicali, che nella sola civiltà ebraica stavano abbandonando già l'ebraismo tradizionale nella direzione sia del Logos - e per di lì, alla Gnosi - che di Dioniso, Adone, Attis e degli altri Semidèi. La maggior parte di essi scomparve semplicemente dalla Storia senza lasciare alcuna traccia di sè, perchè non ne meritavano alcuna. Alcuni altri furono messi a morte.

Molti erano perfino chiamati Yeshua, che era un nome piuttosto comune tra gli ebrei dell'epoca.  Il nome di Gesù — un reale nome in Israele — era destinato al nuovo liberatore nella misura in cui rifletteva le più malsopite e recondite speranze di salvezza e di sopravvivenza in un mondo tutt'intorno ostile.

Tre titoli, ''Messia'', ''Giosuè'' e ''Figlio di Dio'', fusi quasi inconsciamente nella nostra mente dopo la tentata cancellazione totale e definitiva di un intero modo di vivere e d'essere, seguita da falsità, falsificazioni, propaganda e invenzioni durate oramai 2000 anni. Tre titoli combinati più tardi in un'allegoria che ha raccontato una storia diversa; la storia dell'estinzione legittima del Vecchio Israele, e della sua sostituzione, preordinata dal Signore, per permettere alla tribù di mutare, trapassare e sopravvivere in una nuova Identità. Che altro si rivelò in realtà se non la nichilistica negazione in marcia dell'antica.

Quando l'antica autorità irradiante i suoi raggi dal Tempio non c'era più, demolita e distrutta, fu possibile per la prima volta alle sette e circoli vari, fino ad allora condannati a debita distanza, di colmare una lacuna, nel crepuscolo delle antiche certezze. "La natura aborre il vuoto", e lo riempie con tutto ciò che è nelle vicinanze.

Un Altro Dio, un Dio Straniero, era destinato nel II secolo ad apparire all'orizzonte per supplire alle deficienze del Creatore dio degli ebrei. Gli dèi che muoiono e risorgono avrebbero presto trovato un rivale a loro straordinariamente sempre più simile, e tuttavia paradossalmente loro mortale nemico.

Le storie dell'Antica Torah sarebbero state avvolte una dopo l'altra nel nuovo testo sacro, per farlo sembrare come se il suo contenuto fosse stato tutto già "ordinato" e "profetizzato", oppure altrimenti ''smentito'' e ''confutato''.

La propaganda richiedeva una letteratura. Questa fu fornita parzialmente dall'amplificazione degli esistenti libri ebrei, come nel caso dell'Insegnamento dei Dodici Apostoli; parzialmente mediante trattati teologici in forma epistolare, come quelli attribuiti a ''Paolo''; e parzialmente convertendo il dramma rituale della crocifissione di Giosuè e resurrezione di Giosuè il Messia - Cristo - nella forma narrativa che assume nei vangeli.

Ma era solo tutto quanto un'intelligente e pervicace riscrittura di antichi miti esistenti, lentamente, attraverso decine di nuovi testi, correggendosi l'un l'altro, sostituendosi uno ogni altro, in rivalità l'un con l'altro, ed eventualmente ridotti a quattro, nella malcelata imitazione dell'unico Più Antico Vangelo, più alcune lettere e nuovo materiale aggiunto, interpolato, falsificato, inventato e venduto come la suprema Rivelazione del Cristo.

Ecco perché non ci sono autori dei ''vangeli''. È per questo che si costruiscono goffamente l'uno sull'altro, avvolgendosi tra loro nella spirale creativa della ripetizione midrashica come un eterno esercizio letterario senza fine e senza posa. Un esercizio mai terminato e a cui è condannato la nostra stessa prospettiva culturale, perchè solo così l'esistenza storica di Gesù può essere presa per garantita: senza quell'esercizio continuo di rielaborazione e riproposizione moderna dello stesso mito e delle fondamenta del mito, Gesù diventerebbe altrettanto mitico o fittizio come Robin Hood e Superman.

Ecco perché nessuno di quei vangeli ha mai convinto e convincerà davvero, perchè tutti loro sono per natura intimamente auto-contraddittori, mera propaganda, commedia religiosa, sacro dramma, non Storia e tantomeno ''Storia ricordata''.  

Fino a quel punto, fino al 70 E.C., quando il loro maestoso, prezioso Tempio fu distrutto e saccheggiato, l'argento e gli oggetti religiosi saccheggiati dai soldati romani ... Fino a quel momento, non c'era mai stato nessun “Gesù Cristo.” Nessuna menzione di Pietro, Giacomo e dei 12. Nessuna “Buona Novella”. Nessun Paolo.

Non c'era mai stata nessuna saga, nessun indizio, nessuna Storia ricordata, nessun ricordo o qualcosa di simile ad un ricordo, di una figura chiamata “Gesù Cristo” autore di chissà quali ‘miracoli’ fino a quando la tribù ebraica non fu crudelmente assassinata nel mondo antico nonchè minacciata nella sua stessa esistenza.

L'INTERO Canone e il Mito di Gesù sono invenzioni post 70 E.C.

Se non ci fu nessun reale culto gesuano nel primo secolo quasi immediatamente le persone istruite che avevano accesso alle opere degli scrittori e storici del primo secolo avrebbero realizato che il culto gesuano era sprovvisto di qualsiasi Storia nel I secolo.

Contro i Galilei di Giuliano:

...dei quali se uno solo si trova ricordato fra gli illustri del tempo - queste cose avvenivano sotto Tiberio e sotto Claudio -, dite pure che anche pel resto io sono impostore.

Secondo il filosofo pagano Ierocle la storia di Gesù fu raccontata da uomini che erano BUGIARDI.
Eusebio, "Contro Ierocle", II:

Poco dopo aggiunge: «Bisogna tenere in considerazione anche questo: che le opere di Gesù sono state raccontate da Pietro e Paolo e da alcuni altri a loro vicini, bugiardi, ignoranti e ciarlatani, mentre quelle di Apollonio da Massimo di Aigai, dal filosofo Damis, suo compagno di viaggi, e da Filostrato di Atene, uomini di grande cultura e rispettosi della verità, i quali, per amore dell'umanità, non hanno voluto che fossero dimenticate le imprese di un uomo nobile e caro agli dèi».

Queste sono le precise parole dette da Ierocle, che ha scritto contro di noi il trattato l'Amico della verità.

Questo è ciò che mangiamo. Questo è dove viviamo. Ecco perché le cose sono come appaiono. Perché abbiamo una profonda schizofrenica Idra dalle molte teste al centro di tutto ciò che possiamo chiamare la nostra matrice ''ebraico-cristiana'' e ''greco-romana''.

E così, al termine del processo, siamo tutti quanti "cattolici romani." Se qualcosa può vendere, può persuadere, può imbonire, a partire dal mercato religioso, dall'alto del pulpito dei folli apologeti proto-cattolici con le loro mani nocchiute e sporche di sangue e larvate di ipocrisia, allora è "buono". Se non può farlo, allora  è "male".

Questa è la nostra moralità. Questo è dove viviamo. Questo è il cuore lacerato e contraddittorio del nostro mitico mondo moderno inquinato dal morbo cattolico che vuole essere buono, vuole essere gentile, vuole amare e preservare il mondo ... ma non ci riesce, perché deve vendere tutto, spacciandolo per ''veritiero'', ''profondo'', ''intimo'', ''essenziale''.

Ma oramai, svelato il miraggio di Gesù per quello che è - solo un curioso pasticcio letterario derivato da parecchie fonti conosciute, più farsesche in realtà che uniche, tantomeno soprannaturali -, è possibile finalmente neutralizzare in anticipo i teologi cristiani sotto mentite spoglie, dileggiando e ridicolizzando i loro schifosi dogmi e articoli di fede, il loro immondo veleno intellettuale, la loro spazzatura mentale, destrutturando da ultimo le loro finora intoccabili fonti di potere, per accellerare la scristianizzazione della nostra Europa e dell'intero mondo libero.
 
Ci sono un sacco di accademici che dubitano dell'esistenza di Gesù. Soltanto, non insegnano nei Dipartimenti di Teologia. Noi tutti dovremmo vedere nel cristianesimo una forza che impedisce, mediante un continuo indottrinamento e una costante intolleranza - oltre che il solito vittimismo cristiano tipicamente apologetico -, il vero apprendimento scientifico.
 
Nihil enim in speciem fallacius est quam prava religio.-Liv. xxxix. 16.
 

La Guerra delle Banche contro il Lavoro

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A fine 2011, il super-fondo americano aveva il 5,7% di Mediaset, il 3,9% di Unicredit, il 3,5% di Enel e del Banco Popolare, il 2,7% di Fiat e Telecom Italia, il 2,5% di Eni e Generali, il 2,2% di Finmeccanica, il 2,1% di Atlantia (che controlla Autostrade) e Terna, il 2% della Banca Popolare di Milano, Fonsai, Intesa San Paolo, Mediobanca e Ubi. 

blackrock

E oggi molte di queste quote sono cresciute e BlackRock è ormai il primo azionista di Unicredit (col 5,2%) e il secondo azionista di Intesa SanPaolo (5%). Stessa quota in Atlantia, mentre avrebbe ill 9,4% di Telecom. «Presidi strategici, che permetteranno a BlackRock di posizionarsi al meglio in vista delle privatizzazioni prossime venture invocate da molti “per far scendere il debito”», scrive “Limes”. E’ la nuova ondata in arrivo, dopo quella del 1992-93 a prezzi di saldo. «La crisi dei Piigs a che altro serve, se no?».

Giuliano Amato, nel 2011 advisor di Deutsche Bank

Chi è BlackRock? Il web rivela, più che altro, un labirinto. Secondo “Yahoo Finanza”, il maggiore azionista (21,7%) sarebbe Pnc, antica banca di Pittsburgh, quinta per dimensioni negli Usa ma poco nota. Azionisti numero uno e due sarebbero Norges Bank, cioè la banca centrale di Norvegia, e Wellington Management Co., altro fondo di investimenti, di Boston, con 2.100 investitori istituzionali in 50 paesi e asset per 869 miliardi di dollari. Poi ci sono State Street Corporation, Fmr-Fidelity e Vanguard Group, che a loro volta sono gli unici investitori istituzionali di Pnc. 

Sempre loro, i “magnifici quattro”, si ritrovano con varie quote fra gli azionisti delle principali megabanche: non solo Jp Morgan, Bank of America, Citigroup e Wells Fargo, ma anche le banche d’affari come Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of Ny Mellon. A ricorrere nell’azionariato di questi istituti ci sono anche altre società e banche, ma i “magnifici quattro” non mancano mai.

Oltre ai soliti BlackRock, Vanguard, in Barclays – megabanca britannica che risale al 1690 – è presente anche Qatar Holding, sussidiaria del fondo sovrano del Golfo, specializzata in investimenti strategici. 

Lucio Caracciolo

La stessa holding qatariota è anche maggior azionista di Credit Suisse, seguita dall’Olayan Group dell’Arabia Saudita, che ha partecipazioni in svariate società di ogni genere, mentre nell’altra megabanca elvetica, Ubs, si ritrovano BlackRock, una sussidiaria di Jp Morgan, una banca di Singapore e la solita Banca di Norvegia. Barclays Investment Group compariva tra i grandi azionisti di BlackRock, e viceversa, ma prima della crisi del 2008: dopo, non più – almeno in apparenza. 

Su “Global Research”, Matthias Chang mostra come nel 2006 “octopus” Barclays fosse davvero una piovra con tentacoli ovunque: Bank of America, Wells Fargo, Wachovia, Jp Morgan, Bank of New York Mellon, Goldman Sachs, Merrill Lynch, Morgan Stanley, Lehman Brothers e Bear Sterns, senza contare un lungo elenco di multinazionali di ogni genere, americane ed europee, comprese le miniere, senza dimenticare i grandi contractor della difesa.

Larry Fink, il boss di BlackRock

Dopo la crisi, che ha rimescolato le carte dell’élite finanziaria, il paesaggio cambia: Barclays Global Investors viene comprata nel 2009 da BlackRock. Il maxi-fondo, che nel  2006 aveva raggiunto il trilione di dollari in asset, dal 2010 al 2014 cresce ancora (fino ai 4.600 miliardi di dollari) insieme a Vanguard, presente in Deutsche Bank. 

Seguite i soldi, raccomanda il detective. Chi c’è dietro? «Attraverso il crescente indebitamento degli Stati – scrive la Bruzzone – megabanche e superfondi collegati, già azionisti di multinazionali, stanno entrando nel capitale di controllo di un numero crescente di banche, imprese strategiche, porti, aeroporti, centrali e reti energetiche. Solo per bilanciare l’espansione dei cinesi?». 

Maria Grazia Bruzzone

E’ un processo che va avanti da anni, «accelerato molto dalla “crisi” del 2007-8 e dalle politiche controproducenti come l’austerità, che sempre più si rivela una scelta politica». 

Tim Geithner

Tutto ciò è «evidentissimo nei paesi del Sud Europa, Grecia in testa, ma presente anche altrove e negli stessi Stati Uniti». Lo dicono blogger come Matt Taibbi ed economisti come Michael Hudson. 

Titolo del film: più che Germania contro Grecia, è la guerra delle banche verso il lavoro. Guerra che continua, dopo Thatcher e Reagan, nel mondo definitivamente globalizzato dai signori della finanza.

EXPO - Una occasione mancata...

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Mancano ormai pochissimi giorni all’inizio di Expo 2015, il grande evento che, a detta del governo, dovrebbe “rilanciare” l’Italia nel mondo, sia da un punto di vista economico che culturale. In effetti, un’esposizione universale della durata di sei mesi e dedicata all’alimentazione sarebbe potuta essere un’occasione di rivalsa, soprattutto verso le politiche alimentari criminali odierne (produzioni intensive, ogm, ecc…), per un Paese che ha nel buon cibo una delle sue caratteristiche fondanti. 

Sarebbe potuta, ma non sarà.

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Questo perché l’obiettivo di quest’evento non risiede nella valorizzazione dei prodotti tipici e delle aziende locali, alimentata dal confronto con le tradizioni culinarie degli altri paesi, ma in un sincero elogio del sistema neo-liberale e dei suoi massimi artefici: le multinazionali.

L’ipocrisia di questa manifestazione la si constata semplicemente analizzando il suo portentoso slogan, Nutrire il Pianeta, energia per la Vita, in relazione ai suoi promotori, ovvero quei marchi multinazionali che avvelenano il Nord del mondo, attraverso lo sfruttamento sistematico del Sud, facendo della Vita una questione di profitto. Tra i maggiori sponsor, infatti, figurano aziende transnazionali sicuramente non esemplari da un punto di vista etico. 

San Pellegrino,di proprietà della Nestlé, con i suoi svariati milioni di bottigliette d’acqua fagociterà il consumo della plastica, altamente inquinante per il Pianeta. Un’acqua, è bene ricordare, che Peter Brabeck, presidente della Nestlé,considera non un diritto per tutti, ma una merce da quotare in borsa e che viene sfruttata intensivamente anche per produrre il prodotto omonimo di un’altra multinazionale promotrice dell’evento: la Coca-Cola. 

La multinazionale americana, al primo posto nel mondo nel settore delle bevande analcoliche, si è aggiunta recentemente con i suoi (almeno) sei milioni di euro di contributo ed un background invidiabile di soprusi verso le persone (si chieda ai sindacalisti colombiani) e la Terra (come l’abbassamento delle falde acquifere o il superamento dei livelli legali di cromo, cadmio e piombo nei terreni e nelle acque in India). In questo calderone, non poteva certo mancare il più illustre simbolo del sistema odierno: McDonald’s. 

Con il suo cibo spazzatura, maggior fonte di obesità in Occidente (mentre dall’altra parte del mondo i bambini muoiono denutriti), la catena più grande di fast food sarà presente e in grande spolvero, con un padiglione interamente dedicatole. L’apogeo della farsa lo ha raggiunto Oscar Farinetti, proprietario di Eataly e sostenitore di un’alimentazione slow food, quando qualche giorno fa ha accolto con felicità la partecipazione di quello che è il simbolo della velocità e dell’incuria alimentare per eccellenza.

Di certo i marchi non finiscono qui: la Coop con i suoi dodici milioni di investimento e il suo “supermercato del futuro” si è garantita il titolo di official food distribution premium partner; laBarilla stenderà il “Protocollo mondiale sul cibo”, mentre continuerà le sue attività redditizie ai danni dei lavoratori (in Costa D’Avorio, Ghana, Camerun, Sud Italia) e dell’ambiente (come la deforestazione in diverse parti del mondo per la produzione di olio di palma); la Ferrero, multata, tra le altre cose, per la pubblicità ingannevole che presentava il suo cavallo di battaglia, la Nutella, come sano, naturale e nutriente.

Inoltre, a sostenere l’evento ci saranno due tra gli Stati, “stranamente” filo-atlantisti, che di più pensano a “nutrire se stessi, a scapito degli altri”: Israele, che a fronte delle sue grandi innovazioni tecnologiche, continua letteralmente a rubare le terre fertili ai palestinesi; la Turchia di Erdogan che con il progetto denominato Gap, tenterà di condannare alla siccità la Siria e l’Iraq, mediante la costruzione di svariate dighe per far convergere la maggior parte dell’acqua del fiume Tigri a casa propria.

Sia chiaro, Expo 2015 sta facendo parlare di sé per numerosi altri motivi (dagli appalti truccati, alla cementificazione selvaggia, fino all’esercito di lavoratori che non verrà retribuito se non con dei buoni pasto e un’esperienza da aggiungere al propriocurriculum), ma è opportuno ritenere l’egemonia dei marchi multinazionali al suo interno, il motivo maggiore di interesse e di critica, in quanto specchio della società capitalistica di stampo neo-liberale, dove i popoli e gli Stati sono declassati al ruolo di osservatori passivi e consumatori costanti di prodotti transnazionali, creati da pochissime aziende, ma diffusi in tutto il mondo. 

Questo processo di delocalizzazione, oltre ad impoverire le popolazioni, è responsabile di veri e propri crimini verso la Natura, come è stato brevemente illustrato dai, seppur pochi per ragioni di spazio, esempi precedenti. 

L’Expo sarebbe potuta essere veramente una grande occasione per “rilanciare” l’Italia, se con questo termine si intende la rivalutazione di modelli economici differenti rispetto a quello neo-liberale, l’invito alla riduzione dei consumi in un momento storico in cui si consuma troppo e male, un impegno alla rilocalizzazione affinché il cibo sia legato alla politica e alla cultura del territorio. 

Insomma, sarebbe dovuto essere, un evento volto non alla crescita (illimitata in un Pianeta finito), ma alla decrescita (secondo il linguaggio di Serge Latouche), presidiato non da marchi transnazionali, ma da contadini provenienti da tutto il mondo, in vista non del profitto, ma del Bene comune. Così sembra essere solamente l’ennesima vetrina per le multinazionali. 

Come se ne avessero bisogno.

La vera storia della finanza che ha ucciso l'economia - di V.Malvezzi

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Supponi di chiamarti Mario o Maria Rossi, e alla fine di questo articolo capirai perche'.

Trovo spesso ragazzi in Universita', persone per la strada, imprenditori di giorno in azienda, amici la sera in birreria, che si guardano intorno, tra le macerie del cosiddetto capitalismo, e scuotendo la testa mi chiedono: ma perche' e' successo tutto questo?

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Cio' che voglio raccontare, da uomo di finanza aziendale, e' la storia della finanza che ha distrutto l'economia, perche' ritengo giusto che la gente sappia perche', oggi, si trova in una situazione tragica, ha perso potere d'acquisto, ha perso il reddito e sta per perdere perfino la speranza nel futuro.

La tragedia, spesso, nasce da una commedia. Sul palcoscenico, siamo nell'America a partire dagli anni '90, si susseguono attori politici di diversa estrazione, da Bill Clinton a George W.Bush, tutti a decidere una politica sociale in teoria giusta: la casa e' un bene primario per tutti, quindi diamola a tutti (ma lo stesso avevano fatto con il prestito al consumo, le carte di debito, e via discorrendo). In Italia, in Europa e in altri paesi occidentali invece i governi sono cattivi, e non intervengono quando le banche dicono che per dare il mutuo per comprare casa uno deve avere due cose: un reddito e un patrimonio. Detto brutale, se vuoi una casa, ci vuole qualcuno proprietario di casa che garantisca per te. Cosi' e' stato da sempre.

Ma in America no, pare brutto. Sin dal 1938, gli Stati Uniti avevano inventato delle agenzie per agevolare l'acquisto della casa per tutti, poiche' si riteneva che cosi', con il debito, si sarebbe rilanciata l'economia (si era nel New Deal, e si usciva dalla crisi del 1929, forse non piu' grave di quella di oggi). 

Cosi', negli anni '90 si inventano due nuove manovre. La prima sono agenzie pubbliche, nate per agevolare quel sogno americano, la seconda sono regole finanziarie nuove, che di fatto creano un sistema finanziario ombra, al riparo dalle regole. In estrema sintesi, poiche' l'economia era in crescita, e poiche' i prezzi delle case erano in aumento, il ragionamento era: se il signor Brown non sara' in grado di ripagare il mutuo, noi banche ci riprendiamo la casa, che nel frattempo avra' aumentato di valore. Esiste un problemino, pero'. 

Il signor Brown non ha reddito, e non ha garanzia. Nessun problema, pensano gli esperti: chi ha detto che il mutuo debba essere a rata fissa? Ci inventiamo un bel "mutuo sotto primario" (subprime lending) a rate variabili, partiamo da una piccolina, e poi la facciamo crescere. Si', ma cosi' facendo, prima o poi non sara' in grado di pagare. Qui sta il bello – risponde il consulente finanziario – perche' a quel punto, dovra' tornare in banca a rifinanziare, e noi ci guadagniamo due volte. Non solo: gia' che ci siamo, fanno una seconda brillante pensata. Visto che il valore della casa, nel frattempo, e' cresciuto, il signor Brown potra' rifinanziare il maggior valore. Guardate la pensata finanziaria:

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Ma prima o poi, il signor Brown non riuscira' a pagare il mutuo! – obiettava qualcuno. Il rischio sarebbe stato corso dalla banca, il che agli esperti di finanza pareva poco saggio. La banca non sara' in grado di moltiplicare pani e pesci – pensa qualcuno – ma di certo ha una capacita' straordinaria: moltiplicare il denaro. 

Quando un qualsiasi signor Brown va in banca a chiedere denaro (per una casa, ma per qualsiasi altro bisogno umano, per esempio una impresa) la banca presta soldi che qualcuno avra' depositato, ma saranno molti piu' i soldi prestati di quelli depositati. Tutto il gioco si basa su una parolina magica: fiducia. Penserai mica che i soldi che tu hai depositato in questo istante sul tuo conto corrente siano fisicamente contro garantiti da monete d'oro, belle ammucchiate nei forzieri della tua banca, in dobloni? Infatti, se nello stesso istante tutti i risparmiatori della tua stessa banca corressero agli sportelli a chiedere di avere indietro i propri soldi, succederebbe una cosa sicura e matematica: la tua banca fallirebbe. 

Tecnicamente, questa cosa si chiama bankrun (corsa alla banca) e in Italiano la dovremmo chiamare "assalto alla diligenza". Se salta una banca, si diffonde il panico, e allora si verificherebbe l'assalto a tante diligenze, tutti a urlare: rivoglio indietro i miei soldi! 

Ecco perche', di notte solitamente, le banche centrali (come Banca d'Italia) qualche volta hanno pompato liquidita', un po' come l'acqua per spegnere un incendio. Non pensare che stia raccontando una favola, e' successa diverse volte nel mondo, e anche in Italia siamo stati a un soffio dal fallire (ma questa e' una altra storia, e la si dovra' raccontare un'altra volta). Poiche' chi lavora in finanza sa benissimo questa cosa, da decenni ci sono regole che invitano alla prudenza, proprio per evitare che il panico nella finanza distrugga l'economia. 

Prudenza vuol dire che una banca non dovrebbe dare i soldi a chi non offre garanzie reddituali e patrimoniali di restituirli. La gente ragiona sempre dal lato di chi li prende, ma prova, per un istante, a pensare al fatto che sia qualcun altro che prende i tuoi risparmi per farne cio' che vuole, e forse comincerai a intuire una diversa verita'. A quel punto forse urlerai alla banca: ehi, ferma il mondo, per prestare il mio denaro a qualcuno devi essere molto prudente, perche' quelli sono soldi miei!

Ma la prudenza non va a braccetto con il fare un pacco di soldi, ed allora negli Stati Uniti di qualche anno fa, dopo la pensata del mutuo a rate crescenti, qualcuno comincia a dire: ferma il mondo, ma se il giochino salta, se Brown non paga il mutuo, rimaniamo noi col cerino in mano, e chi lo spiega ai nostri clienti?

Schema iniziale:

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Non ci piace.

Ecco che allora dalla pensata finanziaria si passa alla magia finanziaria.

Magia finanziaria numero 1

Allora, sai che facciamo? – si chiedono gli avvocati a Wall Street - ci inventiamo una bella scatola, e la chiamiamo "veicolo speciale di investimento" (SIV, Special o Structured Investment Vehicle). 

Quella scatola e' una banca di una banca. Poi, pensano i furbi, i mutui della banca li ficchiamo in pancia a questa societa', e di fatto trasferiamo l'onere del signor Brown dalla banca alla societa' speciale.

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Peccato che, se Brown non pagasse il mutuo, il rischio ricadrebbe sulla banca, che di fatto detiene la proprieta' di queste speciali societa' veicolo. Ecco allora che si inventano un secondo trucco finanziario.

Magia finanziaria numero 2

Vendono due cose: le obbligazioni, cioe' i titoli di debito, e le azioni, cioe' i titoli di proprieta' delle loro stesse societa' veicolo. In ingegneria finanziaria (cosi' chiamano questa magia) tecnicamente questi titoli si chiamano "obbligazioni coperte da un collaterale", cioe' sono debiti coperti da una garanzia (CDOs, collateralized debt obligations). Ma per vendere una cosa, ci vuole qualcuno che acquisti, e allora si rivolgono al mercato finanziario, da loro stessi controllato (o quanto meno fortemente condizionato), promettendo alto rendimento.

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Ora, come ho scritto in altri articoli, alto rendimento significa, in finanza, alto rischio. Di fatto, stanno trasferendo il rischio dalla pancia propria, alla pancia degli acquirenti. Esiste un problema, pero': la quotazione di un rischio troppo eccessivo, e ci sono organismi di controllo che dovrebbero certificarlo. Ci vuole una terza magia.

Magia finanziaria numero 3

Il termine inglese e' agenzie di rating, e visto che tale termine e' noto al grande pubblico non traduco. Di fatto, convincono le agenzie di rating, da loro indirettamente controllate e loro controllori (avete letto bene) a erogare generosi giudizi, basati su un ragionamento statistico: visto che i mutui diventeranno un casino – si pensa – mica sara' possibile che saltino tutti insieme.

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Avendo insegnato statistica per anni, non vi tediero' dicendo che tale evento e' improbabile per una legge nota come legge dei grandi numeri. Tuttavia, gli statistici non hanno considerato che la sfortuna sara' anche cieca, ma la sfiga ci vede benissimo. Soprattutto, aggiungo, se l'uomo fa di tutto per metterle gli occhiali. Tecnicamente, siamo al passaggio folle numero quattro.

Magia finanziaria numero 4

Se tu prendi un titolo coperto da attivi e lo consideri poco rischioso (perche' le agenzie di rating hanno detto cosi'), allora – pensa qualche genio – tiriamo la statistica per la giacchetta, e facciamo pacchetti di mutui incorporati nei titoli, facciamo titoli dei titoli, moltiplichiamoli, e cosi'– diversificando il rischio – le agenzie di rating daranno un voto ottimo, e fondi pensione e risparmiatori si butteranno all'amo. 

La lenza e' calata in acqua, e anche questa volta i voti sono ottimi, e i risparmiatori, i fondi e gli investitori comperano non piu' la porcheria, ma la porcheria della porcheria, in dosi non sommate, ma moltiplicate di veleno. Ma gia' che ci siamo, inventiamo un altro prodotto di ingegneria finanziaria (la chiamano ancora cosi'), che in italiano traduciamo con "derivati" (CDS, Credit Default Swap) che in sostanza sono una sorta di complesso prodotto finanziario assicurativo, per cui si paga un premio, ma se succede un evento negativo (giudicato improbabile) si viene indennizzati.

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Cosi', leghiamo tutti i debiti coperti da un collaterale, che abbiamo fatto in tanti bei pacchetti, e li leghiamo a un prodotto assicurativo, e poi li facciamo valutare dalle agenzie di rating, prima di ficcarli sul mercato di borsa. Ma che grande idea! – e' la valutazione entusiastica di queste ultime - e quindi tutti in borsa a comperare, perche' tanto, se dovesse fallire qualche societa' speciale veicolo, si sarebbe rimborsati. 

Ripetiamo i quattro passaggi, perche' qualche persona non avvezza alle alchimie, ai riti magici e ai giochi di prestigio potrebbe essersi persa per la strada. I crediti, che erano delle banche, sono stati ceduti a societa' veicolo, che non sono piu' delle banche, ma anzi sono stati venduti sul mercato, ma non singolarmente, ma in pacchetti, a loro volta non venduti singolarmente, ma in pacchetti contenenti pacchetti, con un rischio moltiplicato ma diversificato, e ai quali viene legata una assicurazione al rischio, in modo tale che se il signor Brown non paghera' il mutuo, il debito non sara' piu' della banca, ma del mercato. Tutto il gioco si basa su un presupposto: il prezzo delle case salira' sempre, e quindi la garanzia reale sottostante ci sara'. 

Se non che, poiche' l'appetito vien mangiando, qualcuno emette enormi quantita' di questi pezzi di carta, senza mettere da parte abbastanza riserve nel caso (non solo possibile, ma alla lunga probabile) che il mercato prima o poi non salga, ma scenda. Perfino il piu' stupido dei giocatori d'azzardo sa, infatti, che il rosso non puo' uscire per sempre.

E infatti, un bel giorno, pochi anni or sono, usci' il nero, e il prezzo delle case scese.

Se non che i maghi della finanza avevano avuto un colpo di genio.

Magia finanziaria numero 5

Quel polpettone dei debiti coperti da attivi, da soli, erano piuttosto indigesti per il mercato finanziario, cosi' ne avevano fatto tre fette, una buona, una stantia e una andata proprio a male.

Quella buona venne comperata al volo dal mercato (con il voto ottimo delle agenzie di rating). Su quella un po' stantia, ci ficcano sopra la copertura assicurativa, cosi' la fanno inghiottire (con il voto buono delle stesse agenzie) agli investitori istituzionali, agli enti territoriali, ai fondi pensione. 

Si'– direte voi – ma da qualche parte la fetta proprio marcia dovra' essere mangiata. Ah, beh ma in finanza c'e' una invenzione per tutto, e si chiama titolo ad alto rendimento (tacendo il fatto che abbia quindi un alto rischio). Un titolo ad alto rendimento lo chiamano High Yeld Bond (debito ad alto rendimento). 

Lo stesso pezzo di carta, se lo giri e lo guardi da dietro, si chiama invece Junk Bond (debito spazzatura). Pero', quella schifezza, poiche' rende tantissimo (essendo esplosiva) chi se la cucca? Se la tengono loro, le societa' veicolo, che di fatto sono emanazione delle banche, ma per non sporcare i bilanci, la ficcano in fondi di investimento, con sede non in America, per carita', ma in qualche remoto paradiso fiscale. Cosi', i voti delle societa' di rating sui loro bilanci saranno ancora buoni.

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Quando scoppia la bolla, tutti rimangono con le braghe calate, perche' in questo casino succedono tre cose. Primo, l'economia e' ormai tecnologica e interconnessa, e quindi la bolla ha una deflagrazione planetaria. Secondo, i prodotti finanziari sono stati resi cosi' complessi che dare un valore reale diventa pressoche' impossibile, e nel dubbio il valore diventa zero. Terzo, le scatole cinesi inventate sono cosi' tante, che non si capisce nemmeno piu' dove siano iniziate le responsabilita', e dove siano finite.

Ora, questo articolo affronta una materia molto complessa, perche' hanno volutamente cercato di renderla tale, con alchimie e magie finanziarie, proprio al fine di non farci capire piu' niente. Allora, io provo a renderti piu' chiaro quello che e' successo. Per farlo, supponiamo che tu sia il signore o la signora Rossi, tu viva in Italia, tu non conosca minimamente la banca statunitense Dollaroni, e non abbia la piu' pallida idea di chi sia il signor Brown. 

Possiamo dire, per ipotesi, che il signor Rossi sia magari un pensionato che ha riscattato il suo famigerato TFR, e ha investito i risparmi di una vita di fatiche dando quei quattro soldi a un gestore della propria banca sotto casa. Oppure la signora Rossi sia una madre di famiglia che, dopo tanti anni di fatiche da lavoratrice dipendente, ha messo da parte un gruzzoletto e ha deciso di investirlo, poiche' i figli stanno diventando grandi e vorrebbe che potessero studiare all'Universita', cosa che lei non ha potuto fare. A entrambi, il gestore della banca sotto casa in Italia ha fatto comperare diversi fondi di investimento "perche' cosi' diversifichiamo il rischio", ha detto, mostrando loro Il Sole 24 Ore di alcuni anni fa. 

Bene, ora mettiamo insieme i pezzi del puzzle e vediamo quale era il vero scopo di tutto questo.

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Ecco, dove volevano arrivare e perche' e' stato fatto, scientificamente e consapevolmente, tutto questo: si chiama gestione del rischio. Lo scopo era uno solo: spostare il rischio della insolvenza di Brown dalla banca Dollaroni al signor Rossi. Solo che Dollaroni aveva gli strumenti per misurare il rischio che stava correndo: il signore o la signora Rossi, no. Al mondo, c'erano milioni di signor Brown e milioni di signori e signore Rossi.

Sta di fatto che, da tutta questa storia, se ne debba trarre un insegnamento. 

Gli alchimisti della finanza americana hanno inventato un'alchimia chiamata "Cartolarization" e creato oro dal piombo con i "titoli coperti da attivi", (ABS, asset backed securities). Parolone, per confondere le cose alla gente. Tecnicamente, in italiano la traduciamo in cartolarizzazione, e significa trasformare un debito reale in pezzi di carta. Non solo, ma il dramma e' che questi pezzi di carta sono fatti girare per il mondo, ogni giorno, insieme alla spazzatura che si portano dietro, non singolarmente, ma in pacchetti che ne aumentano esponenzialmente il rischio. 

L'insegnamento e' che, da tempo immemorabile, da quando e' stata inventata la moneta, e' sempre stata l'economia a dominare la finanza, e non viceversa. Quando qualcuno ha pensato (e molti lo pensano ancora oggi) che investire in pezzi di carta, servizi e bit virtuali sia il modo per farci vivere tutti piu' ricchi, ha creato le premesse del disastro. Se ne esce, a mio parere, solo tornando alla cultura delle monete antiche. Su di esse – andate a controllare su internet le fotografie - da una parte vi era un valore, ma dall'altra quel valore era rappresentato da una mucca, un cavallo, una pecora. 

Simbolicamente, era l'agricoltura, la produzione, il lavoro dell'uomo che crea, con il sudore, il valore di una economia, e non i pezzi di carta. Il mondo e' stato per secoli agricolo, artigianale e poi industriale. Anche il nostro paese, al tempo dei nostri padri, era un paese agricolo, e avevamo ancora delle industrie. Eppure, ancora questa mattina, io leggo sul giornale, sbattute in prima pagina, notizie che nascondono alla gente le cose, spacciando per ripresa economica questioni di politica monetaria, e di natura meramente finanziaria. Quelle cose spostano il problema, lo rinviano, creano debito dal debito, cioe' io vedo ripetere ancora gli stessi errori.

Vi ho raccontato allora questa storia complicatissima - sperando di averla resa almeno un po' piu' chiara - per due ragioni. La prima e' perche' io credo che la gente debba sapere perche' oggi sta male, e qualcuno dovrebbe dirlo in modo chiaro. La seconda, ancora piu' importante, e' perche' io credo che si debba avere memoria del passato, e non ripetere gli stessi errori, traendone quanto meno un insegnamento. I nostri governanti devono sapere che la gente sa, e ha tratto un insegnamento dalla storia. All'epoca dei nostri padri, il nostro era ancora un Paese industriale. All'epoca dei nostri nonni era un Paese agricolo, e da bambino io vedevo ancora animali nei campi.

L'insegnamento e' che non ci sono scorciatoie, non ci sono sogni americani, non ci sono alchimie finanziarie. 

La Madonna di Anguera e l'ISIS

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Abbandono per un momento il filone nostradamico che avevo intenzione di sviluppare per dedicare attenzione ad un tema molto importante e che ci riguarda da vicino: quello delle minacce islamiche al nostro paese.

Sappiamo bene che l’ISIS ha più volte direttamente minacciato l’Italia e Roma in particolare mediante audiomessaggi e video di propaganda, l’ultimo proprio in queste ore. Il rischio è che a forza di gridare al lupo al lupo possa esserci assuefazione e dunque noncuranza.

E invece il pericolo del terrorismo islamico è reale e concreto e ben lo sappiamo grazie ai messaggi mariani che abbiamo pubblicato e che riguardano sia le Apparizioni di Zaro sia quelle di Anguera.


Queste ultime in particolare si soffermano molto sulla violenza che il terrorismo porterà in varie parti del mondo e Roma è fra queste. La Madonna di Anguera usa espressioni chiare come “uomini dalla grande barba”, “uomini del terrore” o “uccello nero” (ISIS nome latino della dea Iside, rappresentata come un uccello – il nero è il colore dell’organizzazione terroristica).

I messaggi che indugiano su questi pericoli sono molti, ma uno di questi in particolare offre forse un aiuto per cercare se non di prevenire almeno di limitare gli effetti di un possibile attentato.

Alcune delle cose che dirò sono state già sviluppate nei precedenti articoli.

2.975 - 23/03/2008
Cari figli, gli uomini seguaci del falso profeta marceranno con grande furia in direzione del tempio santo. Lì ci sarà grande distruzione. La Chiesa piangerà e si lamenterà. In questo giorno sarà visibile una eclissi lunare.


Il primo dato riguarda il falso profeta. Secondo alcuni commentatori la Madonna alluderebbe al “falso profeta biblico” la Bestia simile ad Agnello. Io ritengo invece che alluda al leader dell’ISIS o comunque a un personaggio equiparabile. Lo credo in base al seguente messaggio

2.516 - 30.04.2005
Gli uomini del terrore, capeggiati da colui che ha l’apparenza di un profeta, porteranno sofferenza e dolore al nido dell’aquila e al Paese del Salvatore.


Nido dell’aquila = USA?
Paese del Salvatore = ???

Gli uomini del terrore sono sicuramente i terroristi islamici che in altri messaggi analoghi sono identificati come coloro che hanno “grandi barbe”. Sono capeggiati da colui che ha l’apparenza di un profeta, ma che non è un profeta.

Il leader dell’ISIS Al Baghdadi si presenta proprio, nell’aspetto e in ciò che dice, come un profeta islamico, colui che è chiamato “principe dei credenti” (ha studiato nell’università islamica di Bagdad ed è di fatto un predicatore).

2.494 - 12.03.2005
Cari figli, l’ira di un uomo dall’apparenza di profeta, ma non un profeta, lascerà una sedia vuota.


In questo messaggio, che è il primo dei tre in ordine temporale, la Madonna specifica che quest’uomo del profeta ha solo l’apparenza estetica.

Abbiamo dunque un finto profeta islamico, a capo degli uomini del terrore i quali, fra le varie azioni, marceranno con furia verso il tempo santo e la Chiesa piangerà e si lamenterà.

Che cos’è il tempio santo? E’ San Pietro? E’ Gerusalemme? E’un’altra basilica? Ognuna di queste tre ipotesi è possibile, ma probabilmente Roma in quanto sede del papa è la candidata principale.

A Zaro la Madonna ha mostrato le immagini di un grave attentato in Piazza San Pietro, un evento ripreso anche ad Anguera in altri messaggi. E’ dunque quasi certo (uso il quasi per speranza) che un simile fatto accadrà nel nostro futuro. Ed è per questo che le minacce dell’ISIS non vanno in nessun modo prese alla leggera.

Ma il messaggio 2975 ci offre uno spunto in più per capire. Dice chiaramente che: “in questo giorno sarà visibile una eclissi lunare”.

Diversi commentatori ovviamente hanno tirato fuori tutte le eclissi da qui ai prossimi anni cercando di restringere il campo a quelle visibili in Italia o alle lune di sangue (eclissi totali) o ad altro per avere un’idea più precisa. Di certo tutti quei giorni in cui sono previste eclissi di Luna dovranno essere monitorati con la massima attenzione.

Io vorrei però offrire uno spunto di riflessione in più.

Sappiamo che il papa ha indetto per il 2016 un Giubileo Straordinario che richiamerà a Roma milioni di pellegrini e che l’evento sarà sicuramente molto seguito da tutti i media. Per un’organizzazione come l’ISIS si tratterebbe di un palcoscenico irripetibile. Sono convinto che le autorità lo sappiano bene.

Nel messaggio di Anguera si dice “in questo giorno” sarà visibile un’eclisse lunare e il giorno in cui è stato dato il messaggio è il 23 Marzo.

Per caso ho notato che il 23 Marzo 2016, ovvero lo stesso giorno del messaggio ma dell'anno prossimo, è prevista un’eclissi di Luna penombrale, quella meno spettacolare. Tuttavia la Madonna non ha specificato il tipo di eclissi. Quello che si può dire è che questa eclissi sarà visibile da alcune città del Brasile dove appare la Madonna.


In più il 23 Marzo 2016 cade proprio sotto la Settimana Santa trattandosi di un Mercoledì Santo all’interno del Giubileo, quando a San Pietro si terranno sicuramente celebrazioni.

Considerando l'importanza che il numero 23 assume e la ricorrenza di importanti fenomeni in date che includono il numero 23 mi sembra che ci siano quindi tutti i presupposti per tenere altissima l’attenzione...

http://ducadeitempi.blogspot.it/2015/04/anguera-le-minacce-dellisis-roma.html

La Cosmogonia di Walter Russell - La Coscienza dell'Universo

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Nell'ambito dell''affascinante discorso sulla natura dell'universo quale simulazione olografica emanazione della coscienza universale di DIO in cui esseri senzienti, partizioni della coscienza universale che è DIO, cercano attraverso l'esperienza di riconnettersi all'UNO (che è DIO) vorrei suggerirvi l'approfondimento degli studi di questo personaggio il quale in sostanza anticipa i nostri pensieri di quasi un secolo.

Walter Russell (Boston, 19 maggio 1871 – Swannanoa, 19 maggio 1963) è stato un artista e scienziato statunitense. Personaggio poliedrico, attivo come pittore, scultore, architetto, e per la sua teoria unificata nella fisica e nella cosmogonia. Russell affermava di essere stato illuminato da Dio, un'esperienza che durò 39 giorni nel maggio-giugno del 1921, in seguito alla quale gli sarebbe stato rivelato il segreto della creazione consentendogli una comprensione completa della legge naturale.

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Russell è Nato a Boston il 19 maggio 1871. Abbandonò prematuramente la scuola all'età di otto anni al fine di contribuire al sostegno della sua famiglia. Nel 1894 Russell sposò la sua prima moglie Helen Andrews, con cui ebbe due figlie. Nel 1921, all'età di 49 anni, Russell vissè la sua Illuminazione nella Luce della Coscienza Cosmica che durò per un periodo di 39 giorni. L'incontro con la sua seconda moglie, Lao Russell, avvenne nel 1946, il loro matrimonio nel 1948. Lao e Walter lavorarono insieme per 15 anni fino alla morte di Walter Russell, avvenuta il giorno del suo novantatreesimo compleanno.

Russell sosteneva che nell'analisi dei fenomeni l'uomo è fortemente fuorviato dai sensi, vivendo in un complesso mondo di effetti di cui ignora le cause. Nella cosmogonia russelliana l'intero universo non è altro che un'illusione che il Creatore pone in essere tramite il moto di luce bipolare, in cui Dio, il creatore, è l'unica cosa che esiste, mentre l'universo è la Coscienza Universale di Dio, un suo attributo, una sua qualità. 

L'universo di molteplici sostanze che percepiscono i sensi, in realtà non è altro che un'illusione creata da onde elettriche di movimento, che simulano molteplici sostanze che i nostri sensi percepiscono come reali; nel momento in cui un essere umano riesce a comprendere l'illusione di cio' che vede, riesce a oltrepassare i sensi e a trascendere quello che vede in conoscenza. 

Questo passaggio divide l'uomo fisico dall'uomo spirituale. Russell sosteneva che non c'è nessun inizio o fine di qualunque fenomeno in natura. Le cause sono eterne e gli effetti eternamente ripetuti.

Russell vedeva il sesso come una caratteristica comune a tutti gli elementi della natura e come esso fosse il principio creativo di tutto l'universo: l'accoppiamento sessuale degli umani e quello degli elementi in natura coincide, ogni cosa trae l'apparenza dell'esistenza dall'unione di due opposte metà di un pattern unitario, che si ripetono per mezzo della divisione dell'unità in due polarità negativa e positiva e questo avviene sia per il mondo animale, che per quello vegetale, ma anche per la materia.

Questi due polarità sbilanciate violentemente desiderano tornare alla condizione di bilancio da cui furono divise in due.

Tutti i problemi e le malattie dell'uomo, secondo Russell, nascono dalla mancata conoscenza di Dio in se stesso. L'uomo, come estensione di Dio, è creatore del proprio corpo elettrico e il suo dominio su di esso è commisurato alla conoscenza della luce del Creatore in se stesso. Il corpo non è altro che una macchina fatta per esprimere quello che passa attraverso i pensieri e le immagini prodotte dalla mente umana. 

Nella cosmogonia russelliana le malattie nascono dalla registrazione di un pattern sbilanciato sulla propra anima: registrando pensieri di rabbia, paura, frustrazione si producono sbilanciamenti che non hanno relazione con l'amore e con la Mente Universale, e queste onde erutteranno con una violenza paragonata all'intensità dello sbilanciamento di queste emozioni. 

Ogni emozione, di qualsiasi natura, che non sia basata sull'amore avvelena il corpo; ecco perché l'amore è il più grande isolante dalle malattie che possono attaccare l'uomo. La gioia e la felicità sono indicatori del bilancio della macchina umana, che è la condizione normale di una mente geniale, è questo stato di estasi il segreto della giovinezza e della forza in ogni uomo.

La Dieta dei Neanderthal

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Prende sempre più corpo l'idea che i civilizzatori dei Sapiens in epoca antidiluviana potessero essere proprio i Neanderthal "tecnologicamente" avanzati rispetto al livello raggiunto dai Sapiens.
 
E se fossero loro i semi-dei di cui parla la mitologia?

Anche i nostri "cugini" apprezzavano i sapori forti delle erbe aromatiche? Da alcune ricerche sembrerebbe di sì. Ma le piante potrebbero essere state usate anche per scopi medicinali.
 
L'immagine di un troglodita affamato che addenta carne cruda è piuttosto distante dalle abitudini culinarie dei Neanderthal. La dieta dei nostri lontani parenti comprendeva prelibatezze come pesci, volatili e piante erbacee, magari arrostiti e... con un pizzico di piccante.
 
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l'arte del condimento. L'ipotesi che i nostri predecessori ravvivassero le loro pietanze con erbe aromatiche è affascinante ma suffragata, purtroppo, da pochi dati scientifici. Scoprire che cosa ci fosse nei piatti Neanderthal 40-50 mila anni fa non è impresa semplice. Ma alcuni indizi farebbero pensare che, oltre a conoscere l'uso di piante medicinali, queste popolazioni sapessero sfruttare il sapore speziato di alcuni vegetali.
 
L'idea ha origine da uno studio compiuto qualche anno fa sul tartaro dentale di resti Neanderthal di 50 mila anni fa, rinvenuti nella grotta di El Sidrón, Spagna. Karen Hardy e i colleghi dell'Università di Barcellona vi trovarono resti di camomilla e achillea (una pianta aromatica usata talvolta per insaporire la birra) e conclusero che i Neanderthal dovevano praticare rudimentali cure erboristiche, così come fanno alcuni primati.
 
Ma uno studio di Sabrina Krief, del Museo di Storia Naturale di Parigi, appena pubblicato sulla rivista Antiquity, sembra fornire una diversa interpretazione. Osservando gli scimpanzé del Kibale National Park, in Uganda, Krief ha notato che i primati accompagnano le carni appena cacciate con tre diversi tipi di foglie, una delle quali dal gusto piccante.
 
Erbe medicinali? Forse, ma tutti gli animali mangiavano le stesse, ed è improbabile - conclude Krief - che avessero tutti gli stessi malesseri. Inoltre, la predilezione per l'una o l'altra pianta sembra cambiare di popolazione in popolazione, in base alle disponibilità naturali.
 
Se gli scimpanzé mangiano speziato, che cosa ci dice che i Neanderthal non facessero altrettanto? Non lo possiamo escludere, chiarisce un articolo su New Scientist, ma rimane un'ipotesi piuttosto teorica. Quel che sappiamo è che questi ominidi impararono a integrare nella loro dieta carboidrati naturali, e che apprezzavano diverse varietà di carni - soprattutto bovina, equina o di cervo (rinoceronti e mammut erano "piatti della domenica").
 
Resti di focolari e fuliggine fanno pensare arrostissero i cibi, e forse bollivano le ossa per estrarne sapori e nutrienti, come si fa ancora in alcuni stufati. Insomma, le doti dei lontani cugini non smettono di sorprendere.

Pensando sempre al presunto fenotipo dei Neanderthal e alle caratteristiche fisiche possedute dalle antiche aristocrazie delle prime civiltà mi viene proprio da pensare che le prime dinastie nobiliari confuse con le figure semidivine della mitologia appartenessero alla discendenza delle prime unioni sessuali tra Sapiens e Neanderthal descritte in Genesi come quando i figli di dio si unirono alle figlie degli uomini.
 

 

Quei "Rettiliani" di BlackRock e gli eventi italiani del 2011

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Fu davvero BlackRock a ispirare il "cambio di scena" del 2011 in Italia? La RocciaNera negli opachi intrecci fra fondi di investimento e megabanche che si stanno comprando tutto
 


Il nuovo Limes su Chi ha paura del Califfo? è in edicola, puntualissimo e subito ripreso da tv e social media.  Meno attenzione è stata data al numero precedente dedicato a Moneta e Impero (l’impero del dollaro, naturalmente) che proponeva, fra gli altri, un pregevole pezzo su “BlackRock, il Moloch della finanza globale”: un “fondo di fondi” americano con 30mila portafogli e $4,100 miliardi di asset ($4,652 secondo l’ultimo dato SEC, dic 2014) che non solo non ha rivali al mondo, ma è una delle 4-5 ‘istituzioni’ che ricorrono tra i maggiori azionisti delle principali megabanche americane, come vedremo. E non solo di queste: era anche il maggior azionista  di DeutscheBank - la banca tedesca che nel 2011 ritirò per prima i suoi capitali investiti in titoli italiani, spingendo il nostro paese sull’orlo del ‘baratro’ e nelle braccia del governo Monti - rivela Limes – nonché grande azionista delle prime banche italiane,   e di altre imprese.   Sull’ influenza politica della RocciaNera non solo a Wall Street ma nella stessa politica di Washington insiste del resto l’articolo (di Germano Dottori, cultore di studi strategici alla Luiss). 

Ma chi è, cos’è BlackRock, a cui l 'Economist ha dedicato una copertina? Come si colloca nel paesaggio finanziario globale? 

IL CONTESTO.  E’ quello della finanziarizzazione e globalizzazione dell’economia. 

Il valore complessivo delle attività finanziarie internazionali primarie è passato dal 50% al 350% del Pil globale dal 1970 al 2010, raggiungendo i $280mila miliardi – solo il 25% del quale legato agli scambi di merci. Mentre il valore nozionale dei ‘derivati’ negoziati fuori dalle Borse ( Over The Counter) a fine giugno 2013 aveva raggiunto i 693mila miliardi di dollari.   Una gran parte sono legati al mercato delle valute. E al Foreign Exchange Market o Forex, si scambiano mediamente 1.900 miliardi di dollari al giorno. Fin qui Limes. 
 
La deregolamentazione galoppa, cominciata con Margaret   Thatcher e Ronald Reagan, spinta dalle megabanche   che inventano nuovi prodotti finanziari   e puntano   a  eliminare ogni barriera così da   rafforzare il loro primato e   dilatare il loro dominio sul mondo, dove nuovi paesi stanno velocemente emergendo. Nascono e prosperano gli hedge fund, i fondi a rischio speculativi, società di investimento, spesso collegati alle banche, innanzitutto anglosassoni. Nel 1986 la City londinese è del tutto deregolamentata. 
 
Due gli atti fondamentali, entrambi sotto la presidenza del Democratico Bill Clinton alla fine degli anni ’90 che portano a compimento la deregolamentazione neoliberista della finanza. Il secondo meno noto del primo. 

A. L’abolizione del Glass -Steagall Act che dagli anni ’30 separava le banche commerciali dalle banche d’affari, voluto dal presidente F.D.Roosevelt per ridimensionare lo strapotere di Wall Street all’origine della Grande Crisi del 1929. La sua abolizione “Fu come sostituire i forzieri delle banche con delle roulettes”,   ironizza il giornalista investigativo Greg Palast. 

B. La cancellazione simultanea da parte del WTOdelle norme che in ogni paese potevano ostacolare il trading dei derivati, il nuovo gioco ad alto rischio a cui le megabanche volevano assolutamente giocare, la gallina dalle uova d’oro. L’abolizione di ogni controllo sui derivati che aprì i mercati a quei prodotti contrattati ‘fuori Borsa’, compresi gli asset tossici, la decise per tutti il World Tradig Organization– egemonizzata dagli Usa, che di solito si occupa di scambi di merci – su impulso dell’allora segretario al Tesoro Larry Summers e delle principali megabanche, che vennero persino invitate a fare lobby in vista del voto decisivo ( qui Palast con l’appunto dell’assistente di Summers, il futuro segretario al Tesoro Tim Geithner). 
 
BLACKROCK NASCE E CRESCE in questo clima. (Torniamo a Limes).   Basata a New York comincia a operare nel 1988, autonoma nel 1992, subito protagonista nella finanza internazionale. Passo dopo passo. Con “una sapiente strategia di dilatazione delle attività che l’ha portata ad acquisire posizioni ovunque le interessasse, comprando piccoli quantitativi di azioni in banche e imprese”. Piccoli ma crescenti. “Entrando nel mercato sia dei venditori di assets  sia degli acquirenti di attività, fino a gestire $4100 miliardi – $4652 è l’ultima cifra ufficiale – di azioni, obbligazioni, titoli pubblici, proprietà: pari al Pil di Francia+Spagna”. Più del doppio del Pil italiano. 

E ‘fa politica’.
 
A. Entra nel capitale di due delle maggiori agenzie di rating, Standard & Poors (5,44%) e Moodys (6,6%), ottenendo la possibilità di influire sulla determinazione di titoli sovrani, azioni, e obbligazioni private e di poter incidere su prezzo e valore delle attività che essa stessa acquista o vende. 

B. Comincia a operare nell’analisi del rischio, la vendita di ‘soluzioni informatiche’ per la gestione di dati economici e finanziari diventa il comparto n. 1 del suo business, elaborando dati che - a differenza di quelli delle agenzie di rating - “incorporano anche pesanti elementi politici”, scrive Limes. 

C. Sfrutta la crisi del 2007-8 sia per rafforzarsi sia per accreditarsi presso il potere politico americano. Nel 2009 il Segretario al Tesoro Geithner prima consulta la Roccia Nera, poi le chiede di valutare e prezzare gli asset tossici di una serie di istituti come Bear Stearns, AIG, Morgan Stanley.  Compiti che BlackRock esegue, “agendo alla stregua di una sorta di Iri privato”. Nel 2009 fa anche un colpo grosso, acquistandoBarclays Investment Group, col suo carico immenso di partecipazioni azionarie nelle principali multinazionali, vedi oltre.   

D. “Sviluppa la capacità di informare, formare e se nel caso manipolare i propri clienti, utilizzando tecniche e software non diversi da quelli impiegati da Google (di cui ha il 5,8%) o dalla NSA per sondare gli umori della gente”.  Si serve della piattaforma Aladdin, almeno 6000 computer in 12 siti più o meno segreti, 4 dei quali di nuova concezioni, ai quali si rapportano 20.000 investitori sparsi per il mondo”.

E. Crea un centro studi d’eccellenza, il BlackRock Investment Institute, che elabora analisi qualitative che tengono in considerazione anche variabili politico-strategiche (esempi). Sempre più “grande fondo di investimento interessato al profitto ma anche alla stabilità, sicurezza e prosperità degli Stati Uniti”, sottolinea Limes. Spende in lobbying $1milione l’anno, aggiungiamo. 
 
Il fondatore e leader Larry Fink “non fa mistero di essere un fervente democratico” e in buoni rapporti col presidente Obama, scrive il post, ma secondo altre fonti in realtà Fink   frequenterebbe’ circoli prediletti da repubblicani neoconservatori. E’ ‘Il più importante personaggio della finanza mondiale’ ma, nonostante questo, ‘virtualmente uno sconosciuto a Manhattan’ “( Vanity Fair citato da Europa quotidiano). 
 
BLACKROCK E GLI EVENTI ITALIANI DEL 2011. Il super-fondo “svolse probabilmente un ruolo molto importante nel precipitare la crisi del debito sovrano italiano   che travolse nel 2011 il governo presieduto dal governo Berlusconi.   Lo spread fra Bund tedeschi e i nostri Btp iniziò infatti a dilatarsi non appena il Financial Times rese noto che nei primi sei mesi di quell’anno Deutsche Bank aveva venduto l’88% dei titoli che possedeva, per 7 miliardi di euro”.  Così Limes. “Molti videro un attacco al nostro paese ispirato da Berlino e dai poteri forti di Francoforte, aggiunge”, citando articoli di allora.  

Probabilmente non era così. 
 
L’articolo rivela infatti che il potente istituto di credito tedesco aveva allora un azionariato diffuso, il 48% del capitale sociale era detenuto fuori dalla Repubblica Federale, e il suo azionista più importante era proprio BlackRock con il 5,1% . 

(Peraltro oggi  la Roccia Nera detiene  in Deutsche Bank una quota ancor maggiore, il 6,62% - è il maggior   azionista seguito da Paramount Service Holdings, basato alle Isole Vergini Britanniche, al 5,8% - dati ufficiali dic.2014    Alla pari con una fondazione di Panama e l’ex primo ministro del Qatar riferiva la SEC americana ma a giugno vedi qui. E qui un quadro  più aggiornato e articolato ma che sembra coincidere solo in parte). 
 
“Si può escludere che il fondo non abbia avuto alcuna parte in una decisione tanto strategica come quella di dismettere in pochi mesi quasi tutti i titoli del debito sovrano di un paese dell’UE? Se attacco c’è stato non è detto che sia stato perpetrato dalle autorità politiche ed economiche della Germania” sostiene il post, sottolineando l’opacità dei mercati finanziari. 
 
“E’ un fatto – continua - che a picchiare più duramente contro i nostri titoli a partire dall’autunno 2011 siano proprio Standard& Poors e Moodys, piuttosto che Fitch (la terza agenzia di rating)”.
  
Un’ipotesi interessante, quella di Limes. Che getta una luce nuova su tanta parte della narrazione di questi anni sulla Germania, l'Europa e i PIIGS, a partire dalle polemiche di quell'agosto bollente, con Merkel e Sarkozy fustigati da  Giuliano Amato sul Sole24Ore - Amato che in quel 2011 era fra l'altro senior advisor proprio di Deutsche Bank (e chissà che senza la decisione di Deutsche Bank di vendere i titoli di Stato di Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna, la tempesta finanziaria non sarebbe iniziata). 
 
Un'ipotesi realistica, che apre altri interrogativi, sugli intrecci fra potere finanziario e politico, sul “potere sovrano” degli stati, anche della potente Germania. E sulla composizione azionaria di questi istituti - banche varie, fondi, superfondi: di chi sono? Chi decide che cosa, al di là dei luoghi comuni ripetuti delle narrative ufficiali? Proviamo solo ad aprire qualche spiraglio qua e là. Cominciando dalla banca tedesca.
  
L’ANGLO-AMERICANIZZAZIONE DI DEUTSCHE BANK e la trasformazione dell' istituto nato nel 1870, da banca che storicamente  ha per missione il finanziamento dell’industria a banca che genera metà dei suoi profitti dal trading di derivati , valute, titoli, cartolarizzazioni, è storia non troppo lontana. Risale a quando, col crollo dell’URSS, l’attenzione della finanza angloamericana si concentra sull’Europa. E avviene a seguito di misteriosi omicidi.     
 
Alfred Herrhausen, presidente della banca e consigliere fidato del cancelliere Khol aveva in mente uno sviluppo della mission tradizionale e stilò addirittura un progetto di rinascita delle industrie ex comuniste, in Germania, Polonia e Russia. Andò persino parlarne a Wall Street.  Venne improvvisamente freddato fuori dalla sua villa, a fine 1989. Si disse dalla RAF, magari invece dalla Stasi, come qualcuno scrisse, o da altri.

Stessa sorte tocca al suo successore, un altro economista che si era opposto alla svendita delle imprese ex comuniste elaborando piani industriali alternativi alla privatizzazione. Ucciso nel 1991 da un tiratore scelto. 

Dopo di lui a Deutsche Bank - alla sua sede londinese - arriva uno squadrone di ex Merril Linch, compreso il capo che diventa presidente, riorganizzando tutto in senso ‘moderno’, anche troppo? La banca che deve portare sfortuna, perché anch’egli muore, a soli 47 anni in uno strano incidente del suo aereo privato. Va meglio al suo giovane braccio destro, Anshu Jain, un indiano, jainista, passaporto britannico, cresciuto professionalmente a New York, tutt’oggi presidente della banca diventata prima al mondo per quantità di derivati, spodestando JPMorgan: è esposta per 55.000 miliardi, 20 volte il Pil tedesco, a fronte di depositi per 522 miliardi. 
 
LO SCONTRO COL POTERE POLITICO. “Quanto è pericoloso il potere di mercato delle maggiori banche di investimento?” Se lo chiedeva due anni fa lo Spiegelriportando un durissimo scontro fra Deutsche Bank e il ministro tedesco dell’ Economia Wolfgang Schauble. Scriveva il settimanale: “Un pugno di società finanziarie domina il trading di valute, risorse naturali, prodotti a interesse. Migliaiaia di investitori comprano, vendono, scommettono. Ma le transazioni sono in mano a un club di istituti globali come Deutsche Bank, JP Morgan, Goldman Sachs.  Quattro banche maneggiano la metà delle transazioni di valute: Deutsche Bank, Citigroup, Barclays e UBS.
  
BLACKROCK COMPRA IN ITALIA (o l’Italia?) “Un’altra ragione che dovrebbe farci prestare attenzione alla Roccia Nera è che ha messo radici in molte realtà imprenditoriali nel nostro paese”, scrive Limes. “Che si sta comprando l’Italia”, titolava più spiccio Europa quotidiano , quando un certo allarme si spargeva nel Bel Paese ( qui l'Espresso). 

A fine 2011 la Roccia aveva il 5,7% di Mediaset, il 3,9% di Unicredit, il 3,5% di Enel e del Banco Popolare, il 2,7% di Fiat e Telecom Italia, il 2,5% di Eni e Generali, il 2,2% di Finmeccanica, il 2,1% di Atlantia(che controlla Autostrade) e Terna, il 2% della Banca Popolare di Milano, Fonsai, Intesa San Paolo, Mediobanca e Ubi. 
 
E oggi? Molte di queste quote sono cresciute e BlackRock è ormai il primo azionista di Unicredit col 5,2%, il secondo azionista di Intesa-SanPaolo, col 5%. Al 5% anche la partecipazione di Atlantia, al 9,4% sarebbe quella di Telecom. “Presidi strategici che permetteranno a BlackRock di posizionarsi al meglio in vista delle privatizzazioni prossime venture invocate da molti ‘per far scendere il debito’” scrive Limes. 

La nuova ondata, dopo quella del 1992-93 a prezzi di saldo, seguita alla brutale speculazione sulla lira che ne aveva tagliato il valore del 30%? La Grecia c’è già dentro, ma resiste. La crisi dei PIIGS a che altro serve se no? 
 
NON E’ IL SOLO. Aggiungiamo che State Street Corporations, un altro colosso americano, non un fondo di investimenti ma una storica ‘banca di custodia’ basata a Boston che nel 2003 aveva   acquistato la divisione Securities di Deutsche Bank, nel 2010 ha comprato   l’ attività di “banca depositaria” di Intesa SanPaolo(custodia globale, controllo di regolarità delle operazioni, calcoli, amministrazione delle quote dei fondi e di servizi ausiliari come gestione dei cambi e del prestito di titoli, qui Sole24Ore ). 
 
BLACKROCK E GLI INTRECCI CON LE MEGABANCHE.  La Roccia Nera di chi è, chi sono i suoi  azionisti principali? Cercando nel web ci si ritrova in un labirinto di scatole cinesi, un terreno opaco e cangiante. 
 
Azionista n. 1 di BlackRock, nel prospetto di Yahoo finanza (il più chiaro, dic.2014) col 21,7% è PNC Financial Services Group Inc. ,  antica banca di Pittsburg, la 5°per grandezza negli Usa, pur meno nota. PNC era proprietaria della RocciaNera fino al 1999, racconta Bloomberg (nov 2010, parla di PNC e Bank of America che ne vendono quote).   Azionisti n. 2 e 3 sono Norges Bank, la Banca Centrale di Norvegia, e Wellington ManagementCo., altro fondo di investimenti, di Boston (2100 investitori istituzionali in 50 paesi, $869 miliardi di asset, investimento minimo $5 milioni, per dire). 
 
Poi però tra gli azionisti ‘istituzionali’ - i più rilevanti - troviamo State Street Corporation, FMR-Fidelitye Vanguard Group   (ancora una società di investimenti, gestisce $3000 miliardi di assets), fondata nel 1977 dal presidente di quella Wellington a cui   appare legata in varie combinazioni.  Le stesse quattro società Vanguard, BlackRock, State Street e FMR-Fidelity con Wellington sono gli unici azionisti istituzionali di PNC!   Non solo. 
 
I magnifici quattro.  Queste quattro società si ritrovano con varie quote fra gli azionisti delle principali megabanche. I “Big Four” li chiamava un post in cui ci siamo imbattuti tempo fa, riproposto negli ultimi anni da vari blog. Un titolo di sapore complottista (“Le grandi famiglie che governano il mondo”) e la scoperta che era apparso nel 2011 anche su Pravda.ru, induceva ai peggiori sospetti.   Scansando i pregiudizi abbiamo fatto delle verifiche. 
 
Ebbene, i Big Four effettivamente costituiscono un nucleo sempre presente nelle maggiori banche ‘sistemiche’.   Non solo le prime quattro – JP Morgan, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo - ma anche in banche d’affari come Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of NY Mellon. 

Le stesse State Street, Vanguard e BlackRock, FMR-Fidelity che non sono propriamente banche tranne la prima, sembrano possedersi  a vicenda.   
 
A ricorrere nell’azionariato istituzionale di questi istituti  ci sono anche altre società e banche, ma i magnifici quattro non mancano mai. Neppure nella compagine azionaria di Moodyse  di Standard& Poors ( del gruppo Mc GrawHill che la controlla, dove tra i 4 spicca FMR-Fidelity, vedi anche qui).
 
In America e anche in Europa, a quanto pare. 
 
BARCLAYS, PER ESEMPIO. Prendiamo Barclays, la megabanca britannica che risale al 1690.

( trai suoi azionisti, accanto ai soliti  BlackRock, Vanguard, e a Capital Research & Management   ce n’è uno speciale, col  6,18%, : Qatar Holding LLC, sussidiaria del fondo sovrano qatarino specializzata in investimenti strategici . La stessa holding qatarina è anche maggior azionista di Credit Suisse, seguita dall’ Olayan Group dell' Arabia Saudita   che ha partecipazioni in una caterva di società di ogni genere, mentre nell’altra megabanca elvetica, UBS , si ritrova BlackRock, una sussidiaria di JPMorgan, una di Singapore e la Banca di Norvegia di cui sopra, ma non divaghiamo troppo). 
 
Ebbene Barclays Investment Group compariva tra i grandi azionisti di BlackRock, e viceversa, ma PRIMA della crisi del 2008.   Dopo, non più, almeno in apparenza. Così racconta un post di Global Research(di Matthias Chang), che propone tabelle interessanti che mostrano come nel 2006   ‘Barclays Octopus'- come la chiamava il post -  fosse davvero la piovra che allarga i suoi tentacoli ovunque . Insieme alla sua alleata State Street. 
 
Barclays IG era tra i maggiori azionisti di 10 grandi banche (n.1 di Bank of America, n.2 di Wells Fargo, n.3 di Wachovia, e poi JP Morgan Bank of New York Mellon ecc), mentre State Street era in buona posizione in 7 di queste). Presente poi nell’azionariato di banche d’affari (da Goldman Sachs a Merril Linch, Morgan Stanley, più Lehman e Bear Sterns poi stritolate dalla crisi). Nonché presente in un lungo elenco di multinazionali di ogni genere americane ed europee, compresi i grandi contractors  della Difesa , senza dimenticare   le  miniere, di ogni genere. 
 
DOPO la crisi, che ha parecchio rimescolato le carte dell’élite finanziaria dell’1%, concentrandola ulteriormente, il paesaggio muta. Barclays Global Investors, comprata nel 2009 da BlackRock  (questo post indica la RocciaNera come salvatore di un fondo in fallimento -SIV- dietro il quale allude ci fosse  BGI ) sparisce dalle tabelle.  
 
Ricorrono invece i “Magnifici Quattro”- come abbiamo verificato anche noi. In ascesa in particolare State Street – segnala il post - che  ha scalzato l’alleato con $19.000 miliardi di assets in custodia e amministrati,   e $1,9 in gestione. BlackRock che nel  2006 aveva appena svoltato il trilione di $ di assets, dal 2010 al 2014 cresce ancora fino a $4600 miliardi. In ascesa anche Vanguard Group (anche in Deutsche Bank). 
 
E’ solo un pezzetto del mosaico, la punta dell’iceberg, avvisa il post. E invita a riflettere sugli spostamenti, a “seguire i soldi”, come si dice in gergo poliziesco, e a “esaminare i giocatori”. Chi c’è dietro? “Scopritelo voi, se lo scrivessi io passerei per un cospirazionista”.
 
PRIVATIZZARE/ACQUISIRE I BENI DEGLI INDEBITATI.  Senza dilungarci ulteriormente, segnaliamo che attraverso il crescente indebitamento degli Stati queste megabanche e/o superfondi collegati già azionisti di multinazionali stanno entrando nel capitale di controllo  di un numero crescente di banche, imprese strategiche, porti, aeroporti, centrali e reti energetiche.
  
Solo per bilanciare l’espansione dei Cinesi?
 
Un processo che va avanti da anni, accelerato molto dalla “crisi” del 2007-8 e dalle politiche controproducenti come l’austerità, che sempre più si rivela una scelta politica.  Evidentissimo nei paesi del Sud Europa, Grecia in testa, ma presente anche altrove e negli stessi Stati Uniti, come segnalato a varie riprese dal blogger Matt Taibbi ( es qui) e dall’economista americano (‘di sinistra’) Michael Hudson - titolo di un post/intervista  del 2011 "Greece now, US soon", ultimo Greece: Austerity for the bankers”, un'intervista.
("Non è la Germania contro la Grecia. E’ la guerra delle banche nei confronti del lavoro. La continuazione del Thatcherismo e del neoliberismo") 
 
Del resto nel 2011 la rivista scientifica New Scientist traendo spunto da un vasto e serissimo studio svizzero sulla concentrazione dell’economia globale (con dati del 2007 però) raccontava che 147 corporations controllano il 40% dell’economia globale ed elencava le prime 50, la maggioranza delle 20 al top erano banche. 
 

Un'Economia che tradisce se stessa

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Le parole crescita e decrescita non hanno alcuna connotazione di valore. Indicano rispettivamente un aumento e una diminuzione quantitativa. Acquistano una valenza qualitativa, di miglioramento o di peggioramento, quando sono riferite a fenomeni cui si attribuisce una connotazione di valore. In questi casi, la crescita di un fenomeno che si considera positivo è un miglioramento, ma la crescita di un fenomeno che si considera negativo è un peggioramento; viceversa, la decrescita di un fenomeno che si considera positivo è un peggioramento, ma la decrescita di un fenomeno che si considera negativo è un miglioramento.
 
Per fare qualche esempio, la crescita del numero delle persone che guariscono dal cancro è un miglioramento, ma la crescita del numero dei malati di cancro è un peggioramento. La decrescita del numero dei globuli rossi nel sangue indica un peggioramento della salute, ma la decrescita della febbre indica un miglioramento.
 
Sono considerazioni banali, su cui non varrebbe la pena soffermarsi, ma non si può evitare di ricordarle per cercar di capire come mai nell’immaginario collettivo alla parola crescita si annetta automaticamente una connotazione di valore positiva e alla parola decrescita una connotazione di valore negativa.
 
Come mai la parola crescita sia utilizzata come sinonimo di miglioramento e la parola decrescita come sinonimo di peggioramento. Per sostenere la valenza positiva del concetto di crescita, e di conseguenza la valenza negativa del concetto di decrescita, un importante giornalista scientifico ha affermato: “crescono gli alberi, crescono i bambini”, omettendo di aggiungere che, come sa per esperienza diretta anche chi non ha una cultura scientifica, nessun organismo vivente continua a crescere per tutta la vita.
 
Un altro importante giornalista, cui è stato anche affidato l’incarico di dirigere un importante istituto di cultura italiano all’estero, ha scritto in un articolo polemico: “la decrescita no, no”, come un bambino capriccioso davanti a una minestra che non vuol mangiare. La connotazione positiva della parola crescita raggiunge l’apoteosi quando viene esplicitamente riferita all’economia di un paese.
 
Non c’è economista, sociologo, politico, industriale, sindacalista, rappresentante di associazione di consumatori, che non ripeta come un mantra in ogni discorso pubblico che l’obiettivo della politica economica è la crescita; che non veda, nei periodi di recessione, i segnali di una ripresa in atto, una lucina in fondo al tunnel; che non concateni la crescita del Pil alla crescita del benessere e dell’occupazione.
 
Ma da dove deriva questa convinzione, che non può ricevere naturalmente alcuna autorevolezza dal solo fatto di essere ripetuta dalla maggioranza delle persone? Che cos’è la crescita economica? Cosa misura il parametro con cui si misura? Misura davvero la quantità dei beni che vengono prodotti e dei servizi che vengono forniti da un sistema economico nel corso di un periodo temporale di riferimento, come generalmente si crede? Aumenta il benessere? Fa crescere l’occupazione?

Il prodotto interno lordo

Il parametro con cui si misura la crescita economica è il prodotto interno lordo, il Pil, un indicatore che misura il valore monetario degli oggetti scambiati con denaro. Cioè delle merci comprate e vendute. Poiché nei paesi occidentali da alcune generazioni le persone sono abituate a comprare tutto ciò di cui hanno bisogno per vivere, tendono a confondere il concetto di merce col concetto di bene.
 
Nella lingua inglese entrambi sono ormai normalmente espressi con la parola goods, che significa beni, per quanto nel vocabolario persista come un relitto fossile la parola commodities, che significa merci. In realtà i due concetti sono diversi, ma non alternativi. Le merci sono oggetti e servizi che si comprano.
 
I beni sono oggetti e servizi che rispondono a un bisogno o soddisfano un desiderio. Ma non tutto ciò che si compra risponde a un bisogno o soddisfa un desiderio. Non tutte le merci sono beni. L’energia termica che si disperde dalle pareti, dal tetto e dagli infissi degli edifici mal coibentati è una merce che si paga sempre più cara, ma non è un bene perché non serve a riscaldarli. E non tutto ciò che risponde a un bisogno o soddisfa un desiderio si può solamente comprare. La frutta e la verdura coltivate in un orto familiare per autoconsumo sono un bene, ma non una merce. Non tutti i beni sono merci.
 
Alcuni si possono autoprodurre, o scambiare reciprocamente sotto forma di dono nell’ambito di rapporti fondati sulla solidarietà. Il prodotto interno lordo contabilizza il valore monetario delle merci comprate e vendute, anche se non sono beni, ma non può prendere in considerazione i beni che non vengono scambiati con denaro. Tuttavia una merce che non ha nessuna utilità non migliora il benessere, anche se fa crescere il Pil, mentre lo migliora un bene autoprodotto o scambiato come forma di dono, che non lo fa crescere. Il Pil non può pertanto essere considerato un indicatore di benessere.
 
Nel tentativo di ridargli un po’ di credibilità, alcuni economisti sostengono che sia un indicatore insufficiente perché prende in considerazione solo il benessere materiale, ma non i fattori di benessere che, pur avendo un’importanza decisiva nella qualità della vita, non possono avere un valore commerciale.
 
Per esempio la qualità dell’aria, il livello medio dell’istruzione, la durata della vita. Pertanto, se oltre ai beni materiali calcolati dal Pil, si prendono in considerazione anche questi elementi, si possono elaborare, secondo questi economisti, indicatori di benessere più significativi. Gli indicatori che sono stati elaborati sulla base di queste considerazioni, non sono pertanto alternativi, come si cerca di far credere, ma integrativi del Pil.
 
Pur essendo doverosa, questa precisazione è meno significativa del fatto che gli indicatori integrativi del Pil si basano su un errore di fondo, perché il Pil non è un indicatore insufficiente del benessere, ma un indicatore sbagliato. Non misura nemmeno i beni materiali, ma solo gli scambi commerciali. Aumenta se aumentano gli incidenti stradali e le malattie.
 
Diminuisce se aumenta il consumo di ortaggi coltivati per autoconsumo, che in genere sono migliori qualitativamente di quelli comprati, diminuisce se diminuisce il consumo di medicine perché le persone si ammalano di meno, diminuisce se si rafforzano i rapporti di solidarietà tra vicini. Il Pil non misura il benessere, ma il tantoavere e un’economia finalizzata al tantoavere non può che generare malessere, perché deve indurre le persone a desiderare sempre di più, a non accontentarsi mai di ciò che hanno, a invidiare chi ha di più.

Una volta ristabilita la differenza tra i concetti di merce e di bene, si può vedere che tra le merci e i beni ci possono essere quattro tipi di relazioni:

1. alcune merci non sono beni;

2. alcuni beni possono non essere merci;

3. alcuni beni si possono avere solo sotto forma di merci;

4. alcuni beni non si possono avere sotto forma di merci.

Le merci che non sono beni

Per riscaldare gli edifici in Italia si consumano mediamente 20 litri di gasolio o 20 metri cubi di gas (200 kilowattora) al metro quadrato all’anno. In Germania (e in Italia in Alto Adige) non viene data la licenza di abitabilità a edifici che ne consumino più di 7, ma ai migliori ne bastano 1,5. Se per legge si può imporre che un edificio non consumi più di 7 litri/metri cubi al metro quadrato all’anno, quelli che ne consumano 20 vuol dire che ne disperdono all’esterno i 2/3. Un edificio mal costruito, che spreca 13 litri/metri cubi su 20 fa crescere l’economia più di un edificio ben costruito, che ne consuma 7.
 
Se un edificio mal costruito viene ristrutturato e i suoi consumi scendono da 20 a 7 litri/metri cubi al metro quadrato all’anno, il prodotto interno lordo decresce, ma il comfort termico non si riduce, perché l’energia che si spreca non offre nessuna utilità, e la qualità della vita migliora, perché si riducono dei 2/3 le emissioni di anidride carbonica, quindi si riduce l’effetto serra. Per avere idea della grandezza di questi sprechi basta pensare che in Italia, nei cinque mesi invernali gli edifici consumano la stessa quantità di energia consumata da tutte le automobili e tutti i camion nel corso di un anno.
 
In Italia il valore monetario del cibo che si butta è il 3 per cento del Pil. Se si evitasse di buttare cibo, il Pil decrescerebbe del 3 per cento, ma non ci sarebbe nessuna diminuzione del benessere, perché il cibo che si butta non offre nessuna utilità, e la qualità della vita migliorerebbe perché si ridurrebbe la parte putrescibile dei rifiuti, quella più difficile da gestire.
 
Se si riduce la morbilità attraverso la prevenzione, si riducono le spese sanitarie e l’acquisto di medicine, per cui si può ridurre la fiscalità. Il Pil diminuisce, ma il benessere migliora e aumenta anche il reddito pro capite!
 
La decrescita si realizza in prima istanza riducendo la produzione e il consumo di merci che non sono beni. A differenza della recessione, che è una diminuzione generalizzata e incontrollata di tutta la produzione di merci, la decrescita implica l’introduzione di criteri qualitativi di valutazione del lavoro umano.
 
Non ritiene che il lavoro possa essere un fare privo di connotazioni qualitative finalizzato a fare sempre di più (la crescita del Pil), anche quando ne derivi un peggioramento della qualità della vita (vedi le recenti alluvioni conseguenti alla cementificazione del territorio), ma ritiene che debba essere un fare bene finalizzato a migliorare la qualità della vita.
 
Il fare non è un valore in se stesso, perché si può anche fare male. Solo il fare bene è un valore. Tra la recessione e la decrescita c’è una differenza analoga a quella che intercorre tra una persona che non mangia perché non ha da mangiare e una persona che non mangia perché ha deciso di fare una dieta. Se la conseguenza socialmente più drammatica della recessione è la disoccupazione, la decrescita comporta invece, al contrario di quanto generalmente si crede, l’aumento di un’occupazione con caratteristiche di grandissimo interesse. Innanzitutto si tratta di un’occupazione utile perché riduce sprechi che causano danni. Inoltre richiede l’adozione di tecnologie più evolute di quelle attualmente in uso, finalizzate però non ad aumentare la produttività, ma a ridurre, a parità di benessere:

1.1. il consumo di materie prime;

1.2. il consumo di energia;

1.3. la quantità di oggetti portati allo smaltimento (incenerimento e interramento).

Infine paga i costi d’investimento che richiede con la riduzione dei costi di gestione, senza aumentare i debiti pubblici. Se si ristruttura una casa e i suoi consumi di riscaldamento diminuiscono da 20 a 7 litri di gasolio / metri cubi di metano al metro quadrato all’anno, i costi della sua bolletta energetica si riducono dei due terzi e in un certo numero di anni i risparmi consentono di ammortizzare i costi d’investimento. In termini generali il fare bene e l’occupazione utile, finalizzati alla riduzione selettiva della produzione e del consumo di merci che non sono beni, liberano del denaro che oggi si spende per acquistare risorse che si sprecano e di pagare con quel denaro i salari e gli stipendi di chi lavora per ridurre gli sprechi di quelle risorse.
 
La decrescita selettiva della produzione e del consumo di merci che non sono beni è l’unico modo per superare la crisi che dal 2007 affligge i paesi industrializzati.

I beni che possono non essere merci

Alcuni beni e servizi si possono ottenere più vantaggiosamente non sotto forma di merci, ma con l’autoproduzione o mediante scambi non mercantili fondati sul dono e la reciprocità. I beni autoprodotti e i beni scambiati sotto forma di doni reciproci non solo non fanno crescere il Pil, ma lo fanno decrescere perché fanno diminuire la domanda delle merci corrispondenti. Pertanto le economie finalizzate alla crescita non possono non indurre a sostituire i beni autoprodotti con merci e gli scambi non mercantili con scambi mercantili. Pur rimanendo all’interno di libere scelte, queste sostituzioni sono state rese pressoché inevitabili attraverso due tipi di interventi.
 
In primo luogo sono stati sradicati dal patrimonio delle conoscenze condivise quei saperi che per millenni hanno consentito agli esseri umani di autoprodurre molti beni essenziali per la sopravvivenza quotidiana: l’orticoltura e l’allevamento per autoconsumo, l’utilizzo controllato delle fermentazioni per produrre cibo e bevande (pane, formaggio, vino, birra), le tecniche di conservazione dei cibi deperibili, le manutenzioni e le piccole riparazioni, le tecniche di base del cucito ecc.
 
Nel giro di due generazioni gli esseri umani inseriti nei sistemi economici finalizzati alla crescita sono stati deprivati di queste abilità e sono diventati totalmente dipendenti dal mercato per la soddisfazione dei bisogni più elementari. In questo passaggio le perdite sono state superiori ai vantaggi, perché i beni autoprodotti costano meno e sono qualitativamente migliori delle merci che li hanno sostituiti, ma soprattutto perché è venuta meno la caratteristica distintiva della specie umana rispetto a tutte le altre viventi: la capacità di fare delle cose utili che non esistono in natura adoperando le mani sotto la guida dell’intelligenza progettuale, e la capacità di farle sempre meglio rielaborando le informazioni che le mani, quando fanno, offrono all’intelligenza attraverso le due funzioni del tatto e della prensione.
 
Il secondo modo in cui si è accresciuta la dipendenza degli individui dall’acquisto di merci è stata la distruzione delle reti di protezione offerte dalle relazioni di carattere comunitario basate sul dono del tempo e la reciprocità. Anche questo processo, che ha isolato gli individui costringendoli ad acquistare sotto forma di merci molti servizi che prima venivano scambiati reciprocamente senza l’intermediazione del denaro, è stato spacciato e vissuto a livello di massa come un processo di emancipazione, mentre in realtà poneva un ulteriore limite, ancora più forte, all’autonomia delle persone, accrescendone la dipendenza dal mercato e trasformando tutte le relazioni in rapporti commerciali, cioè competitivi, e non più collaborativi.

In seconda istanza la decrescita si realizza pertanto aumentando la produzione e l’uso di beni che non sono merci.

I beni che si possono avere solo sotto forma di merci

I beni a tecnologia evoluta, o che richiedono competenze tecniche specialistiche, si possono avere solo sotto forma di merci. Se si ha bisogno di un computer, di un orologio, di una risonanza magnetica, non si può fare a meno di acquistarli. La decrescita non implica la riduzione dei beni che si possono avere solo sotto forma di merci, perché ciò comporterebbe un peggioramento della qualità della vita. La decrescita comporta un miglioramento della qualità della vita solo nei casi in cui il meno coincide col meglio. La decrescita indiscriminata non è concettualmente alternativa alla crescita indiscriminata. Non costituisce un cambiamento di paradigma culturale.
 
Tuttavia, anche nell’ambito dei beni che si possono ottenere solo in forma di merci si può realizzare una decrescita che costituisce un miglioramento:

1. contrastando l’obsolescenza programmata, ovvero progettando oggetti che durano più a lungo, possono essere riparati, possono essere resi più performanti sostituendo soltanto i componenti che accrescono l’efficienza;

2. producendo oggetti riparabili;

3. progettando oggetti che al termine della loro vita utile possano essere smontati in modo da suddividere per tipologie omogenee i materiali di cui sono composti, al fine di poterli riutilizzare per costruire altri oggetti, riducendo così i rifiuti e il consumo di materie prime.

I beni che non si possono avere sotto forma di merci

Nel famoso discorso tenuto il 18 marzo 1968 all’Università del Kansas, Robert Kennedy disse che il Pil «misura tutto eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta». Si riferiva alla creatività e alle relazioni umane, ai legami familiari in particolare, che rappresentano il nocciolo duro dei rapporti comunitari, scalfiti ma non del tutto smantellati dalla mercificazione.
 
In realtà i sistemi economici finalizzati alla crescita del Pil non si limitano a ignorare il contributo insostituibile fornito al benessere delle persone dai rapporti d’amore, di solidarietà, di empatia nei confronti degli altri. S’impegnano attivamente a ridimensionarli, perché ritengono che possano costituire fattori di distrazione rispetto alla dedizione totale che gli individui nella fascia d’età produttiva devono dedicare alla produzione di merci. Non per cinismo, ma perché valutano e inducono a credere che quello sia il parametro del benessere. Per far sì che le energie migliori siano dedicate al lavoro, affidano a una serie di istituzioni il compito di gestire, sotto forma di servizi mercificati, le relazioni più intime che gli esseri umani hanno da sempre vissuto nell’ambito della famiglia.
 
I primi a essere privati delle connotazioni relazionali familiari sono stati gli uomini, che da padri, figli, fratelli, mariti sono stati ridotti esclusivamente a produttori di merci. I loro elementi connotativi sono diventati il lavoro e il reddito. La conseguenza più evidente di questo impoverimento è stata la perdita della figura paterna, che ha creato gravi problemi, non solo all’educazione dei figli, diventando un potente fattore di disgregazione a livello sociale. La riduzione al ruolo di produttori e consumatori di merci si è poi gradualmente estesa anche alle donne e la famiglia si è trasformata da struttura comunitaria in un soggetto di spesa sempre più dipendente dal mercato per la soddisfazione dei bisogni vitali dei suoi componenti.
 
Per il benessere delle persone, i beni relazionali, la creatività e la spiritualità sono molto più importanti dell’aumento del reddito, e la felicità, come è stato dimostrato da numerose ricerche empiriche, non è influenzata significativamente dalle variazioni di quest’ultimo. In particolare, nel 1974 l’economista Richard Easterlin, ha documentato che all’aumento del reddito la felicità umana aumenta fino a un certo punto, poi comincia a diminuire, seguendo una curva a U rovesciata. Il risultato di questa ricerca contraddiceva l’assunto fondante del sistema di valori che identifica il benessere con la crescita del Pil, tanto che fu definito il paradosso della felicità.
 
La quarta modalità di realizzare la decrescita consiste nella riduzione del tempo dedicato alla produzione di merci e nell’aumento del tempo dedicato alle relazioni umane.

Decrescita felice non è austerità, rinuncia, pauperismo

Solo la consapevolezza della differenza tra il concetto di merce e il concetto di bene consente di introdurre elementi di valutazione qualitativi del fare umano evitando di confondere la decrescita con l’austerità, la rinuncia, l’impoverimento, perché se la crescita può essere considerata fattore di benessere solo da chi identifica il più col meglio - e non è vero – la decrescita non è l’identificazione del meno col meglio – che non è vero ugualmente – né la scelta del meno anche se è peggio, per ragioni etiche, perché si configurerebbe come rinuncia e la rinuncia implica la valutazione positiva di ciò a cui si rinuncia, ma è il rifiuto del più quando si valuta che sia peggio e la scelta del meno quando si valuta che sia meglio.
 
La decrescita non si identifica nemmeno con la sobrietà, anche se la sobrietà è un valore che contribuisce a realizzare la decrescita mediante la riduzione degli sprechi negli stili di vita, né col pauperismo, come sostengono alcuni critici prevenuti. Se si fonda sulla distinzione tra i concetti di merce e bene, presuppone scelte edonistiche.
 
È maggiormente felice chi lavora tutto il giorno per avere un reddito che gli consenta di comprare più merci da buttare sempre più in fretta, o chi lavora di meno e trascorre più tempo con le persone a cui vuole bene, perché compra solo le merci che gli servono e può vivere con un reddito inferiore? Quale dei due rinuncia a qualcosa?

Decrescita, ricchezza e povertà

Nelle società in cui l’economia è finalizzata alla crescita del Pil, il denaro è, inevitabilmente, la misura della ricchezza. Se la maggior parte dei beni si ottengono sotto forma di merci, chi ha più soldi può comprarne di più. Ma i beni possono essere identificati con le merci solo da chi non può contare su una rete di solidarietà ed è incapace di autoprodurre alcunché. Per chi sa autoprodurre una parte dei beni di cui ha bisogno e può contare su una rete di solidarietà il denaro non è la misura della ricchezza, ma il mezzo per poter acquistare quei beni che si possono avere solo sotto forma di merci. Chi non sa autoprodurre nulla e non può contare su una rete di solidarietà dipende totalmente dal mercato per la soddisfazione dei suoi bisogni.
 
Chi sa autoprodurre ed è inserito in una rete di solidarietà è più autonomo. L’Italia importa il gas di cui ha bisogno dalla Russia e dalla Libia. Tra una famiglia con più soldi che riscalda la propria abitazione con un impianto alimentato a gas, e una famiglia con meno soldi che coltiva un pezzo di bosco da cui ricava la legna per alimentare delle stufe, quale è più ricca se Putin e i successori di Gheddafi decidono di chiudere i rubinetti dei gasdotti? Si può farcire un panino con un biglietto di dieci euro?
 
I sistemi economici fondati sulla crescita della produzione di merci misurano la ricchezza con il valore monetario del Pil pro-capite. In realtà il valore del Pil pro-capite misura il livello di mercificazione di un sistema economico e produttivo. Un popolo in cui l’autoproduzione soddisfa la massima parte del fabbisogno alimentare e i rapporti di solidarietà riducono al minimo i litigi e le spese legali ha un Pil pro-capite inferiore a quello di un popolo in cui tutta la popolazione deve comprare cibo coltivato chissà come e le spese legali sono alte perché è alto il tasso di competizione e di litigiosità. Ma quale dei due ha una migliore qualità della vita?

La finalizzazione dell’economia alla crescita è la causa della crisi ambientale.
 
La crescita economica non è di per sé un fatto negativo e, anzi, offre dei vantaggi, se:

- la quantità di risorse rinnovabili che vengono trasformate in merci non eccede la loro capacità di rigenerazione annua,

- le emissioni dei cicli produttivi che sono metabolizzabili dai cicli biochimici non eccedono le loro capacità di metabolizzarli,

- non vengono prodotte ed emesse sostanze non metabolizzabili dai cicli biochimici,

- i materiali contenuti negli oggetti dismessi e negli scarti non si accumulano in qualche matrice della biosfera, ma vengono riutilizzati per produrre altre merci.

Se si rispettano questi vincoli entropici, la qualità della vita migliora se aumentano i beni e i servizi che consentono alla specie umana di non patire la fame, il freddo e il caldo, di alleviare il dolore e la fatica, di curare le malattie, di ampliare i saperi e il saper fare, di togliersi dei capricci, di oziare.
 
È la finalizzazione dell’economia alla crescita a creare problemi sempre più gravi sia al pianeta terra, sia alla specie umana, perché, se l’obiettivo delle attività economiche e produttive è accrescere di anno in anno la produzione di merci, il consumo delle risorse rinnovabili cresce di anno in anno fino ad eccedere la loro capacità di rigenerazione, le emissioni metabolizzabili aumentano fino ad eccedere la capacità di assorbimento da parte della biosfera, si utilizzano quantità crescenti di risorse non rinnovabili fino al loro esaurimento, si sintetizzano sostanze non metabolizzabili dai cicli biochimici, per tenere alta la domanda di merci se ne accelera la trasformazione in rifiuti, si intasa l’atmosfera di gas nocivi, si ricoprono superfici sempre più vaste del pianeta di incrostazioni di materiali inorganici, di sostanze putrescenti, di sostanze non biodegradabili, di sostanze inquinanti.
 
Un sistema economico e produttivo finalizzato alla crescita ha le caratteristiche di un tumore: si nutre sottraendo quantità crescenti di sostanze vitali all’organismo in cui si sviluppa, ne altera progressivamente le funzioni e i cicli biochimici, lo fiacca riducendone giorno dopo giorno la capacità di nutrirlo e muore nel momento in cui lo fa morire. Che la crescita economica abbia già ridotto la capacità della biosfera di nutrirla e di assorbire i suoi scarti è testimoniato da alcuni indicatori fisici ampiamente documentati:

- dal 1987 la specie umana consuma prima del 31 dicembre una quantità di risorse rinnovabili pari a quelle rigenerate annualmente dal pianeta e, da allora, si avvicina di anno in anno la data del loro esaurimento: è stata il 21 ottobre nel 1993, il 22 settembre nel 2003, il 20 agosto nel 2013;

- nel settore petrolifero il rapporto tra l’energia consumata per ricavare energia e l’energia ricavata (eroei: energy returned on energy invested) tra il 1940 e il 1984 (data dell’ultima rilevazione pubblicata da una rivista scientifica internazionale), è sceso da 1 a 100 a 1 a 8; dal 1990 ogni anno si consuma una quantità di barili di petrolio molto superiore a quanta se ne trovi in nuovi giacimenti: 29,9 miliardi a fronte mediamente di meno di 10 miliardi (dato 2011);

- le emissioni di anidride carbonica eccedono in misura sempre maggiore la capacità dell’ecosistema terrestre di metabolizzarle con la fotosintesi clorofilliana, per cui se ne accumulano quantità sempre maggiori in atmosfera: sono state 270 parti per milione negli ultimi 650 mila anni, sono diventate 380 nel corso del XX secolo, nel mese di maggio del 2013 hanno raggiunto il valore di 400, lo stesso del Pliocene, circa 3 milioni di anni fa, quando la specie umana non era ancora comparsa, la temperatura media del pianeta era più calda dell’attuale di 2 – 3 °C, il livello dei mari era più alto di 25 metri;

- in conseguenza dell’aumento delle concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera, nel secolo scorso la temperatura media della terra è aumentata di 0,74 °C e, secondo l’Unione Europea, se si riuscirà a ridurre le emissioni del 20 per cento entro il 2020, obbiettivo pressoché impossibile da raggiungere perché non rientra tra le priorità politiche di nessun partito, l’aumento della temperatura terrestre in questo secolo potrà essere contenuto entro i 2 °C, quasi il triplo del secolo scorso;

- negli oceani Atlantico e Pacifico galleggiano ammassi di frammenti di plastica estesi come gli Stati Uniti, con una densità di 3,34 x 106 frammenti al km²;

- la fertilità dei suoli agricoli si è drasticamente ridotta e la biodiversità diminuisce di anno in anno (si estinguono 50 specie al giorno, a un ritmo da 100 a 1000 volte superiore rispetto a quello naturale).

La finalizzazione dell’economia alla crescita è la causa della crisi economica dei paesi industrializzati
Il 6 ottobre il capo del personale della Volkswagen, Horst Neumann, ha dichiarato in un’intervista che nei prossimi anni andranno in pensione 32.000 dipendenti, ma non potranno essere rimpiazzati da nuovi assunti perché la concorrenza internazionale non lo consente. Nell’industria automobilistica tedesca il costo del lavoro è superiore a 40 euro all’ora, mentre nell’Europa dell’est è di 11 euro e in Cina di 10. In queste condizioni l’unica possibilità per rimanere competitivi è la sostituzione degli operai con robot, che attualmente per lo svolgimento dei lavori ripetitivi hanno un costo orario di 5 euro, destinato ad abbassarsi in conseguenza dell’evoluzione tecnologica del settore.

Ma i robot comprano anche le automobili che contribuiscono a produrre? Hanno bisogno di cibo e vestiti? Di una casa, di un letto e delle coperte? Vanno al cinema o in vacanza al mare? Mandano i figli a scuola? Non ci vuole molto a dedurre che la sostituzione delle operaie e degli operai con macchine che producono di più e costano di meno, comporta un aumento dell’offerta e una diminuzione della domanda di merci.
 
Questa è la causa della crisi iniziata nel 2008, che in Italia ha già comportato una riduzione del Pil superiore a quella causata dalla grande depressione del 29. Una crisi da cui non si riesce a venir fuori, né ci si riuscirà se si continuerà a pensare che il fine dell’economia sia la crescita della produzione di merci e la globalizzazione sia una cosa buona. Il fatto è che i due fenomeni sono inscindibili: le economie dei paesi industrializzati non possono continuare a crescere se non cresce il numero dei produttori e dei consumatori di merci al di fuori dei loro confini, se non possono continuare a rifornirsi al di fuori dei loro confini delle quantità crescenti di materie prime e di fonti fossili di cui hanno bisogno, se non possono vendere quantità crescenti dei loro prodotti al di fuori dei loro confini. Ovvero, se il modo di produzione industriale non si estende a percentuali sempre maggiori della popolazione mondiale.
 
Ciò implica il coinvolgimento nelle dinamiche del mercato globale di paesi in cui costi e tutele dei lavoratori sono inferiori. Senza globalizzazione le economie dei paesi di più antica industrializzazione non crescerebbero più, ma la globalizzazione le mette in crisi. Per sostenere la concorrenza internazionale, questi paesi hanno tre possibilità: sostituire i lavoratori con macchine aumentando la disoccupazione, trasferire le proprie aziende nei paesi in cui il costo del lavoro è più basso, ridurre il costo e le tutele dei lavoratori nei propri paesi.
 
In tutti e tre i casi, le condizioni di vita dei loro popoli sono destinate a peggiorare e la domanda interna a diminuire. Per questo le loro economie sono entrate in crisi e non riescono a venirne fuori.

La finalizzazione dell’economia alla crescita causa uno squilibrio permanente tra aumento dell’offerta e diminuzione della domanda di merci, che è stato compensato facendo ricorso per decenni ai debiti pubblici e privati per sostenere la domanda, fino a quando il loro ammontare ha raggiunto un valore così alto da mettere in difficoltà il sistema bancario, facendo fallire nel 2008 alcuni tra i più importanti istituti di credito del mondo. Dal quel momento la crescita, che, pur mantenendosi positiva, aveva registrato tassi d’incremento decrescenti dopo i livelli raggiunti nei trent’anni seguenti alla fine della seconda guerra mondiale, si è bloccata e le misure tradizionali di politica economica non sono state in grado di farla ripartire, perché se sono finalizzate a ridurre il debito pubblico deprimono la domanda e l’aggravano, se sono finalizzate a sostenere la domanda per rilanciare la produzione richiedono un aumento dei debiti. Nei paesi industrializzati la crescita è arrivata al livello in cui si blocca da sé.
 
La finalizzazione dell’economia alla crescita è la causa della povertà dei popoli poveri e delle guerre per il controllo delle risorse

Per sostenere la loro crescita economica, i paesi industrializzati hanno depredato per secoli le risorse di cui avevano bisogno da tutti i luoghi del mondo in cui si trovavano. I metodi che hanno utilizzato sono quanto di peggio gli esseri umani hanno fatto nel corso della storia. Dagli ultimi decenni del secolo scorso, e con un’accelerazione crescente dall’inizio di questo secolo, questa dinamica, che ha causato sofferenze inenarrabili, si è accentuata, perché il fabbisogno di materie prime da trasformare in merci ha avuto un impulso straordinario dalla crescita economica di quattro paesi in cui vive quasi la metà della popolazione mondiale: Brasile, India, Cina e Russia.
 
Oltre ad aver aggravato tutti i fattori della crisi ecologica, l’aumento dei pretendenti ha moltiplicato le guerre per il controllo delle risorse. A ragione papa Francesco ha parlato di una terza guerra mondiale in corso, benché frammentata in una serie crescente di conflitti locali. Oltre ad accrescere la povertà dei popoli poveri e le guerre, il fabbisogno crescente di risorse per sostenere la crescita economica dei paesi di antica e di recente industrializzazione sta compromettendo drammaticamente la vita delle generazioni future: gli abitanti dei paesi che hanno finalizzato le loro economie alla crescita stanno mangiando non solo nei piatti dei popoli poveri, ma anche nei piatti dei loro nipoti e pronipoti.

La fine dell’epoca storica iniziata tre secoli anni fa con il modo di produzione industriale

Le considerazioni svolte sino ad ora inducono a ritenere che si stia concludendo l’epoca storica iniziata circa tre secoli fa con la rivoluzione industriale. Tutte le crisi in atto – la crisi ecologica e climatica, la crisi economica e occupazionale, la crisi dei rapporti internazionali e la moltiplicazione delle guerre, la diffusione delle povertà, delle iniquità e della violenza, le crisi umanitarie, le migrazioni di massa – sono intrecciate tra loro, si rafforzano a vicenda ed hanno un’unica causa nella finalizzazione dell’economia alla crescita della produzione e del consumo di merci.
 
Se si continuerà a ritenere che questo sia il fine dell’economia e la ristretta élite che governa il mondo continuerà a impiegare tutto il suo potere nel tentativo di farla ripartire, tutti i fattori di crisi sono destinati ad aggravarsi, come sta succedendo da qualche decennio, e questa epoca storica si chiuderà con un crollo, come è accaduto all’impero romano, ma le conseguenze saranno molto più drammatiche.
 
L’alternativa è un grande slancio creativo e progettuale finalizzato all’elaborazione di un nuovo paradigma culturale in cui il patrimonio delle conoscenze scientifiche e tecnologiche accumulato dall’umanità sia indirizzato a connotare qualitativamente il lavoro umano, trasformandolo dal fare finalizzato a fare sempre di più cui è stato ridotto, a un fare bene per aggiungere bellezza alla bellezza originaria del mondo. In questa prospettiva la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche dovranno essere indirizzate ad accrescere l’efficienza nell’uso delle risorse, a ridurre gli sprechi, a sostituire le sostanze inquinanti con sostanze metabolizzabili dai cicli biochimici, a ridurre le emissioni di sostanze metabolizzabili in misura compatibile con le capacità della biosfera. A una decrescita selettiva della produzione di merci che non sono beni.
 
Ma per dare questo nuovo slancio alla scienza e alla tecnica occorre elaborare un sistema di valori che promuova e renda desiderabili la collaborazione, la solidarietà, la misura, la convivialità, la creatività, la contemplazione. Occorre riscoprire che gli esseri umani non sono soltanto produttori e consumatori di merci, ma hanno una dimensione spirituale che non può essere subordinata e sacrificata al lavoro.
 
Non possono essere ridotti a mezzi di un sistema finalizzato alla crescita della produzione di merci, ma la produzione di merci deve tornare ad essere il mezzo di cui essi si servono per ridurre la loro dipendenza dalla necessità, migliorare la qualità della loro vita, realizzare le proprie esigenze conoscitive, creative, relazionali. La decrescita, così come abbiamo cercato di descriverla, è la strada che consente di raggiungere questa meta.

Viaggio nella Storiografia dei contatti tra Terrestri ed Extraterrestri

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La disputa filosofica tra gli aristotelici e i seguaci di Seneca, (ma ancora più forte con i platonici se non ricordo male) in merito alla visione del mondo (e ovviamente anche dei fenomeni UFO che da sempre hanno caratterizzato la storia) dimostra che la forma mentis degli esseri umani e il contesto di riferimento nel quale il pensiero e la ragione si confrontano è e rimane uguale.


Vi sono addirittura i diversi nomi per le varie forme. C'erano i termini per descrivere i dischi, quelli per descrivere i sigariformi (Trabes) ed addirittura i crociformi. Sembrano resoconti moderni.

Sono rimasto davvero meravigliato dalle descrizioni di "eventi" ufologici dalla lucidità di queste persone nel descrivere il fenomeno senza attribuirgli alcuna connotazione mistico-religiosa... 

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